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Sicilia, terra del sole. Ma anche terra delle ombre e dell'invisibilità: terra nerra.
Nera come l'espressione del volto dei lavoratori a cui sembra che sia stato tolto tutto e nera come l'attività svolta. Nera è anche l'ambientazione del docu-film che non poteva trovare espressione migliore nel titolo Terranera realizzato dai registi Riccardo Napoli e Massimo Malerba in collaborazione con la Cgil e la Flai di Catania, proiettato nella città etnea in un gremito Teatro San Giorgi. Una inchiesta e una denuncia da brividi. Neri, pure quelli.
Un terra sfruttata e di gente sfruttata. Gente dal cuore nero ormai, come neri sono diventati i pensieri di fronte alle immagini di quella che potremmo definire una guerra fra poveri. Perchè se è vero che lo sfruttamento c'è e c'è sempre stato, e probabilmente ci sarà sempre in questo mondo di ineguaglianza, quello che merita considerazione è il parere degli autoctoni della campagne dell'hinterland catanese e degli stranieri che fanno emergere, appunto, non solo il problema e il dramma dello sfruttamento del lavoro ma un vero e proprio scontro fra civiltà povere e disperate, intorno "a una totale assenza delle istituzioni" come ha sottolineato il segretario generale della Camera del lavoro di Catania Giacomo Rota.
Alla domanda dei sindacalisti rivolta a dei lavoratori del comune di Paternò su quale fosse la retribuzione del lavoro nelle campagne la risposta è stata "Quanto mi pagano? Meno dei rumeni. Loro se la fanno la spesa noi no". Aggiugnendo che le loro buste della spesa sono sempre più piene delle sue. Motivo? "Loro lavorano in nero e guadagnano". Ancor prima che sorga il sole, nella piazza davanti a un bar e ai primi caffè, secondo qualcuno la prova del lavoro nero sta nel fatto che alle domande dei sindacalisti questi, al contrario degli abitanti del luogo, scappano.
E se prima, proseguono altri, la paga era di 50 euro al giorno adesso si viene pagati a cassetta. Ogni cassetta 5 euro. Ancora il sole non è sorto ma già c'è chi si prepara a salire sui furgoni. Su ogni furgone di solito viaggiano verso le campagne circa 15 persone. Fra questi anche bambini in età scolastica. Nessuno escluso. E si paga circa 5-10 secondo quanto dichiarato da un testimone. Ma vediamo il guadagno effettivo. Alla luce di quanto esposto da Pino Mandrà, uno dei "sindacalisti di strada" che ha partecipato alla realizzazione del docu-film, la paga è di circa 30 euro (in alcuni casi anche 25) per dodici ore di lavoro. Da queste 30 euro va decurtato il 50% che va al caporale. Questo vuol dire che si lavora per 5-10 euro al giorno, visto che le miserabili spese di trasporto non sono incluse.
Una realtà nera e invisibile, come dichiarato dal regista Riccardo Napoli "Mi sono confrontato con una realtà che altrimenti sarebbe stata invisibile. Abbiamo filmato qualcosa che, poi appunto, alla luce del sole era invisibile". E Terranera, nella parole di Alfio Mannino è nato proprio per far luce, per accendere i riflettori su realtà in cui, domina l'anarchia e una sorta di scontro fra civiltà.
Rassegnazione e dignità, rabbia e impotenza. Sono le emozioni e le sensazioni di chi ha osservato, di chi vive in delle dimore di fortuna, nella sporcizia più totale. Sono state rappresentate crude immagine di disumanità, non degne certamente di un paese che sta ripartendo, di dice. Ma tutto ciò per un pezzo di pane.
Se per Cesare Damiano, presente all'incontro, è importante la forza della cultura dell'inchiesta dovrebbe essere altrettanto importante che si declinasse la cultura delle trite parole. Di fronte a certe immagini non possono esserci parole o commenti. Del resto le leggi esistono, pensiamo al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro introdotto nel codice penale nel 2011. Trovata la legge, allora, dove sta l'inganno?
Inchieste come queste, seppur importanti, come sottolineato da Damiano restano dei documenti fini a se stessi o a risvegliare a giorni alterni le coscienze se poi concretamente non si fa nulla per cambiare. Inchieste come queste avranno peso non solo quando scalfiranno le coscienze ma quando con la stessa forza e la stessa rabbia potranno contribuire al risveglio, a stimolare un lavoro sinergico fra mondo politico, istituzionale, del lavoro. Soprattutto dopo aver "travalicato quella linea rossa che nessuno voleva vedere" per dirla con le parole di Rota.
L'auspicio, oltre alla sinergia e alla volontà di intenti da parte di tutti, è che il sindacato in questo territorio non sia solo sindacato di strada ma soprattutto "per" la strada e "per" chi versa in questo disagio disumano.
Se è vero che "la Sicilia è la chiave di tutto" (Goethe) si riparta dagli ultimi. Si riparta dalla terranera.
NOTA DI REDAZIONE:
Nella foto Alfio Mannino, classe 1972, dal 2007 componente della segreteria provinciale, è il Segretario Generale della FLAI CGIL di Catania. L’elezione è avvenuta nella riunione del Comitato Direttivo della Federazione Lavoratori dell’Agro Industria etnea, del 26 luglio 2010, svoltasi nel salone della Cgil “Sebastiano Russo“ di via Crociferi.
Laureato in giurisprudenza, sin da giovane si è distinto per un forte impegno nel sociale. Dall’ottobre del 2004 è coordinatore della Camera del Lavoro di Randazzo. Nel giugno del 2007 entra nella segreteria provinciale FLAI; si è occupato del settore agricolo e delle relative politiche contrattuali, delle politiche forestali e dell’ambiente e dello sviluppo rurale.