21 marzo 2016

Call Center: Slc Cgil, con 3000 licenziamenti Almaviva, Governo avvii patto di settore

“Come annunciato da mesi, la crisi del settore dei call center sta producendo effetti drammatici: Almaviva ha aperto le procedure per licenziare 2988 persone. 918 a Roma, 400 a Napoli e 1670 a Palermo. A questi si aggiungono i 450 licenziamenti avviati dal Gruppo Gepin che gravano sempre su Napoli e Roma.” Così una nota della segreteria nazionale Slc Cgil.
“Il risultato è una situazione insostenibile per le tre città coinvolte, che già vivono una situazione occupazionale difficile e che oggi si trovano a dover affrontare la vertenza più complicata con migliaia di licenziamenti che coinvolgono molte donne in una fascia d’età ricompresa tra i 35 e i 50 anni.”
“Il Governo ha avviato nei giorni scorsi una serie di iniziative per dare le risposte che il settore chiede da anni – prosegue la nota. Rispetto delle leggi esistenti e contrasto all’illegalità crescente, che sempre più caratterizza l’attività di call center, sono le parole chiave per impedire tali situazioni.
“Se gli impegni assunti dovessero essere sostenuti dai fatti, si creerebbero le condizioni per rilanciare un settore importante e guidarlo verso la concreta trasformazione verso una dimensione industriale, attraverso l’innovazione tecnologica ed una maggior attenzione alla qualità del servizio ai clienti, ponendo fine alla barbarie con cui è stato gestito nell’ultimo periodo.”
“Per ottenere questo risultato è necessario che tutti gli attori protagonisti di questa durissima vertenza si assumano le proprie responsabilità – continua il comunicato. Dalla committenza che vede coinvolte tutte le più grandi imprese del Paese, che non possono continuare a sostenere di voler contribuire al rilancio dell’occupazione e, invece, essere la principale causa di quanto accade.”
“Le aziende committenti e del settore hanno enormi responsabilità: dalle nebbiose pratiche degli uffici acquisti alle politiche retributive dei dirigenti, alle gare al massimo ribasso, proposte da un lato ed accettate dall’altro, che non permettono di sostenere neanche il costo del lavoro. E’ stato un errore clamoroso che ha portato l’intero settore nel baratro.”
“Tutte le imprese del settore, hanno i conti in rosso per la gestione delle attività prestate sul territorio nazionale, salvo che non si siano prestate a delocalizzare all’estero le attività o a gestirle con modelli “creativi” al di fuori delle leggi e delle regole.”
“Il Governo deve proporre un patto di sistema: anche le istituzioni hanno la loro fetta di responsabilità. Un patto tra committenza, oltre il 70%% delle attività è generato dalle dieci più grandi imprese di servizi del Paese, imprese fornitrici del servizio e parti sociali che consenta di scongiurare le migliaia di licenziamenti e trasformare il settore da una logica di costo a un’opportunità di business, esattamente come avvenuto negli Stati Uniti o in Francia.”

“Le tre città interessate vedranno, nei prossimi giorni, un crescere di iniziative di mobilitazione a sostegno della difficile vertenza. Già domani, sotto la sede romana di Poste Italiane sfileranno le “mamme” del gruppo Gepin e di Uptime accompagnate dai loro figli, vere vittime di un sistema malato e distorto.”

Telecom: Azzola (Slc Cgil), il Governo ha svenduto Telecom ai Francesi?

“In queste ore si è dimesso l’Amministratore Delegato di Telecom, Marco Patuano. Le dimissioni arrivano a valle dell’acquisizione del 24,9% delle azioni da parte di Vivendi. E’ del tutto evidente che non siamo in presenza di una acquisizione “normale” trattandosi dell’azienda ex monopolista, che ancora oggi governa l’intera rete sui cui corrono tutte le informazioni del Paese.” Così commenta Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, la conferma delle dimissioni dell’AD Patuano.

“E’ la prima volta che in un Paese Europeo viene acquisita l’azienda di Tlc che detiene il controllo della rete (negli altri Paesi europei lo Stato controlla quote significative delle aziende omologhe): è pertanto del tutto evidente che nessun investitore straniero possa aver neanche immaginato di acquisire Telecom Italia senza il consenso del Governo Italiano.”

“Le dimissioni dell’Amministratore Delegato sono la conferma che il socio francese ha acquisito il pieno controllo dell’azienda. Ci chiediamo a questo punto – prosegue il sindacalista - quale sia la contropartita che ha consentito ai francesi la scalata su Telecom.”

“Il Governo italiano ha l’obbligo di fare chiarezza – incalza Azzola. Ha l’obbligo di dire perché non ha consentito l’ingresso nel capitale sociale di Cassa Depositi e Prestiti che avrebbe consentito di superare l’anomalia italiana, l’unico Paese a non essersi dotato di strumenti idonei per indirizzare e programmare lo sviluppo delle reti digitali.”
“Deve spiegare perché l’ultimo biennio è stato trascorso a ragionare di “banda ultralarga” a tavolino, con un decreto mai approvato, la scesa in campo di soggetti sempre diversi e, nella realtà, uno sviluppo ancora non avviato.” 

“Cosa succederà ora dell’azienda? Il controllo della rete resterà di Telecom e l’azienda sarà protagonista della realizzazione della rete di nuova generazione? – chiede Azzola.

“Telecom da lavoro ad oltre 100.000 persone, di cui 50.000 alle dirette dipendenze. Accordi raggiunti in segreto sugli assetti futuri delle telecomunicazioni rischiano di generare migliaia di esuberi che sarebbero diretta conseguenza e responsabilità delle decisioni assunte dal Governo. Già in queste ore indiscrezioni giornalistiche parlano un ridimensionamento del personale di migliaia di unità.”

“E’ ora che il Governo, che pochi mesi or sono si è reso strumento di un’inutile mediazione sugli ammortizzatori sociali da applicare al personale, apra senza ulteriori ritardi un tavolo con tutti le parti coinvolte per spiegare quali politiche intende adottare.”

“Telecom è e resterà un’azienda strategica per il Paese: il Presidente del Consiglio non può gestirla senza la trasparenza necessaria e in assenza di un dibattito pubblico che coinvolga tutti i soggetti interessati. Renzi si assume una grave responsabilità, poiché, a questo punto, eventuali tagli agli organici non potranno che essere imputati a lui e alle politiche del Governo.”


15 marzo 2016

TELECOM: SI FACCIA CHIAREZZA SULL’ORGANIZZAZIONE DI OPEN ACCESS


Lo scorso 11 marzo si è svolto l’incontro fra la dirigenza di Tima e le Segreterie Nazionali di SLC‐CGIL, FISTEL‐CISL e UILCOM‐UIL. L’incontro, sollecitato dalle OO.SS. ha avuto come oggetto la situazione di Open Access, soprattutto alla luce dei recentissimi cambi al vertice che hanno visto l’uscita dall’Azienda del massimo responsabile di Open Access e di quello della AOU Centro.
L’incontro purtroppo non ha fornito quelle delucidazioni sulle prospettive complessive di un settore vitale per l’azienda. I responsabili hanno, di fatto, ribadito quanto già detto lo scorso dicembre in sede di incontro tecnico sui razionali del “remediation planning”, presentato da Tim alla AGCOM ed alla AGCM, per garantire la parità di trattamento fra clienti retail e clienti OLO nelle attività di delivery ed assurance.
Il piano, come già abbiamo avuto modo di specificare in queste settimane, apporta dei cambiamenti che incideranno nel quotidiano dei lavoratori ma che, a nostro parere, non si comprende se e come possano davvero incidere un reale cambiamento in una organizzazione che, non da ora, ha mostrato evidenti limiti, quando non delle vere e proprie storture operative.
Il raggiungimento di queste condizioni dovrebbe avvenire sia attraverso l’estensione dell’orario di servizio (in ambito ASA e field operation); sia attraverso il rafforzamento delle attività di back office per le attività di delivery e con un ulteriore ingresso di personale in ASA.
Come SLC‐CGIL abbiamo ribadito ciò che diciamo per la verità da mesi e che, ormai, è dinanzi agli occhi di tutti. Quello che da mesi ormai sta avvenendo in open access non può essere attribuito a casualità o ad un destino beffardo. Una organizzazione del lavoro sempre più asservita alle logiche dei canvass ha portato ad una frammentazione della filiera con la costruzione di vere e proprie “aziende nell’azienda”. Dopo la parentesi seguita al 27 marzo, quando si pensava fosse patrimonio comune la volontà di riportare ad una linea “comune” tutta l’organizzazione del lavoro, purtroppo da diversi mesi a questa parte si è assistito invece ad un ritorno a vecchie pratiche che continuiamo a ritenere sbagliate. Abuso degli straordinari; rapporto con le imprese esterne non sempre lineare con l’ottimale utilizzo della manodopera sociale; progressivo abbandono delle politiche di reinternalizzazione; perdurare di pratiche gestionali che di certo non hanno facilitato il rapporto fra l’azienda e gli altri operatori.
In questa situazione va inquadrata poi la vicenda delle multe milionarie e del complesso rapporto dell’azienda con tutto il sistema regolatorio nonchè il piano predisposto da Tim per evitare multe più onerose e interventi delle autority più traumatici. Anche qui, purtroppo, nulla di nuovo. Il progressivo svincolo degli Operatori alternativi dal rapporto con Tim per le attività di delivery ed assurance (ad oggi circa il 40% dei volumi di lavoro di open access) potrebbe avere un ritorno diretto sulla stessa tenuta occupazionale nonché sull’organizzazione del lavoro del personale sociale con l’aumento della competizione con le imprese esterne che, già oggi, operano con costi decisamente compressi (frutto delle politiche commerciali di Tim) e procedure di conseguenza decisamente diverse.
E’ quindi di tutta evidenza come un serio confronto su open access (comprese le turnistiche) non possa più prescindere dall’affrontare i veri motivi che bloccano di fatto una macchina complicata. Aumentare le ore di presidio ed aumentare gli organici in ASA e nel contempo continuare a voler imporre un ammortizzatore sociale che per definizione ingessa i processi ormai non è più sostenibile. Così come non si comprende più la condizione dei progettisti di rete, anche essi sottoposti ad ammortizzatore sociale in un momento nel quale la progettazione della NGN dovrebbe vedere il loro pieno coinvolgimento nell’attività, con inevitabili fuoriuscite di lavorazioni pregiate verso le imprese.
Per non parlare della “manutenzione” degli accordi del 27 marzo, a partire dalla verifica delle franchigie e del più generale tema delle professionalità.
Tutti questi temi ormai non sono in alcun modo eludibili perché semplicemente ne va della funzionalità dell’intera macchina organizzativa come è ormai di tutta evidenza. L’improvviso cambio ai vertici di open access difficilmente può essere derubricato ad un normale avvicendamento previsto dai contratti individuali dei singoli manager. La disponibilità pur dichiarata dall’azienda ad iniziare un confronto aperto su tutto il perimetro open access deve necessariamente passare da una fase scarsamente produttiva di “buoni propositi” ad una fase fattiva che porti ad effettivi cambiamenti. Ma è evidente che per cambiare occorre che ci siano progettualità e volontà. Due elementi che al momento non riusciamo a scorgere con nettezza nel management aziendale.
Per parte nostra non possiamo che ribadire con forza la nostra disponibilità immediata al confronto, confronto che, per l’importanza dei temi in discussione, non potrà che svolgersi a valle dell’elezione del nuovo coordinamento nazionale delle RSU. Nel frattempo non riteniamo sussistano le condizioni per sospendere le conflittualità aperte in tutti i territori che , anzi, dovranno vedere il massimo e coordinato coinvolgimento di tutti i lavoratori interessati. La perdurante assenza di un chiaro progetto di impresa sulla rete non può più essere sottaciuto o sostituito con interventi parziali sulla turnistica, di cui non sottovalutiamo l’importanza ma che lo stato di totale confusione e di profonda frustrazione che si registra tra i lavoratori subordina necessariamente ad una forte revisione di tutta l’organizzazione del lavoro per recuperare una reale condizione di efficacia organizzativa.
Roma, 15 marzo 2016

La Segreteria Nazionale di SLC‐CGIL

14 marzo 2016

CALL CENTER: MISE-eria e futuro


Giornata amara per i lavoratori dei call center quella di giorno 9 Marzo in via Molise davanti alla sede del Ministero allo Sviluppo Economico. La SLC CGIL non può sentirsi soddisfatta rispetto alle vaghe promesse e alle blande risposte che il governo attraverso il Vice Ministro Teresa Bellanova evidenziato in sede di convocazione.
Tutte le difficoltà palesate nel corso degli ultimi due anni dalla SLC CGIL al governo sono state messe in campo ma nessun passo in avanti è stato fatto. Il MISE sembra un enorme freezer in cui tutto si mantiene bene ma allo stato in cui lo
conservi, e non una serra capace di far maturare idee e sviluppare percorsi.
Il sistema call center è sul punto di implodere ed il piano inclinato su cui ci si muove sembra a breve poter mietere, con più virulenza rispetto al passato, migliaia di posti di lavoro, almeno 4000 prima della metà dell’anno.
Nella nostra Sicilia il settore rischia di essere sconvolto dagli accadimenti e migliaia di giovani famiglie siciliane rischiano di svegliarsi senza futuro, senza lavoro.
Il governo di questo paese e quello di questa regione la smettano di far finta di niente o di minimizzare.
Noi non moriremo silenti, non cederemo terreno!
Parlano di sviluppo per il SUD e lasciano chiudere le nostre aziende, parlano di rilanciano e favoriscono la delocalizzazione con il mancato rispetto del 24 bis, parlano di occupazione e ci lasciano licenziare senza far rispettare le clausole sociali, parlano di regole sugli appalti e le assegnano non tenendo conto del vero costo del lavoro italiano dandole al massimo ribasso, parlano di meridione, Sicilia, donne, giovani e famiglie e chiudono il nostro futuro. 
LA NOSTRA LOTTA NON SI FERMERA’ LA NOSTRA LOTTA NON DIMENTICHERA’.
Il Coord. Reg. Gen. SLC CGIL SICILIA
Davide Foti
Il Coord. Reg. Call Center in Outsourcing
Natale Falà

10 marzo 2016

Call center: Azzola (Slc Cgil), incontro col governo non risolutivo per la crisi call center


"Forte preoccupazione per la crisi dei call center oggetto dell'incontro presso il Mise - dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, all'uscita dal tavolo convocato dal Ministero.

"Il governo ha proposto un percorso che traccia possibili modifiche di scenario, restando nel contempo troppo vago e indefinito nei tempi di realizzazione. Slc non ha potuto condividerne i contenuti in quanto l'aleatorietà della realizzazione degli stessi non consentirà di provare a gestire i 500 licenziamenti già avviati dal gruppo Gepin Contact nè misure atte a definire soluzioni per gli oltre 3500 licenziamenti che saranno aperti da Almaviva Contact."

"Un intervento deciso su Poste ed Enel - prosegue il sindacalista - affinchè applichino le clausole sociali nelle gare già effettuate, non è più rinviabile e il governo appare invece su questo tema troppo timido. Per quanto riguarda l'applicazione delle norme contro le delocalizzazioni, che sarebbe in grado di riportare un po' di occupazione in Italia, il governo si è limitato all'idea di rilanciare i controlli senza dare certezze sull'effettiva erogazione delle sanzioni che la violazione sistematica della normativa comporterebbe."

"Infine per gli ammortizzatori sociali, la previsione di convocare un tavolo tecnico che valuti l'estensione della Cigs ai lavoratori dei call center, rischia di allungare troppo i tempi e non farlo diventare uno strumento utile per la soluzione delle vertenze in corso."


"Il governo - conclude Azzola - ha individuato una corretta agenda dei temi da affrontare ma non è stato determinato a definire tempi e modalità che ne garantiscano una corretta applicazione. In questo modo 4000 licenziamenti aperti nel mese di marzo non potranno trovare alcuna soluzione se non concludersi con la perdita del posto di lavoro per tutte queste migliaia di persone. Il governo deve farsi carico della grave crisi ed intervenire con tutte le determinazioni del caso."

01 marzo 2016

Aumentano i costi del telefono fisso


Telecom Italia è diventata Tim con un nuovo logo, una nuova sede e una nuova campagna pubblicitaria. Tutti contenti anche molti utenti che hanno apprezzato la novità del panino rosso che rappresenta una T e il nome TIM in bianco su uno sfondo blu. Lo stesso logo Tim dunque copre non solo i cellulari ma anche il telefono fisso.

Saranno meno contenti coloro che hanno solo la vecchia linea telefonica di base e non hanno quindi aderito alle offerte a forfait. Per loro, ex clienti Telecom e neo clienti Tim, l’azienda ha riservato la sorpresa del raddoppio dei costi delle chiamate da casa.

Stando a quanto si legge in un annuncio pubblicato sui principali quotidiani nazionali, dal prossimo primo aprile (e non è un pesce d’aprile) il prezzo delle chiamate a consumo verso i telefoni fissi e i cellulari nazionali dell’offerta Voce e della linea Isdn aumenterà da 10 a 20 cent al minuto e sarà anche previsto uno scatto alla risposta pari a 20 centesimi.

Sul piede di guerra Federconsumatori che con una nota scrive senza mezzi termini: “La misura è colma! Gli utenti Tim non possono essere più presi in giro e subire continue ed unilaterali modifiche del contratto.”

Gli aumenti, secondo l’associazione, sarebbero continui e durano da maggio scorso. “La politica in materia di telefonia fissa sul contratto Voce (19 € al mese) è ormai chiara: con il nuovo aumento del costo al minuto che passerà dal 1 aprile 2016 da 0,10 cent/minuto a 0,20 cent/minuto e l’introduzione dello scatto alla risposta (ancora lui) a 0,20 cent, si vogliono obbligare i clienti a passare al contratto Tutto Voce, che ha sì chiamate illimitate ma che è ben più dispendioso per i consumatori, con un costo fisso mensile di € 29!”

“Il comportamento di Tim … va proprio a colpire tutte le fasce deboli della popolazione, quali anziani e persone sotto o sulla soglia della povertà.”

Il contratto Voce base “non solo è quello che ha sostituito il caro e vecchio canone (e che a maggio scorso aveva già subito un aumento di 0,50 cent/mese), ma è anche il contratto tipico di tutte le fasce sociali che non possono (per età, cultura o assenza di infrastrutture) usare mezzi più tecnologici per comunica. Infine i clienti di Tim, che presumibilmente non usufruiranno della domiciliazione bancaria, si vedranno aumentare anche il costo per la spedizione della fattura, oltre ad aver già subito il raddoppio del costo del bollettino postale con l’invio mensile della fattura!”






Call center: a rischio oltre 8000 posti di lavoro. 11 marzo sciopero e manifestazione a Roma


La decisione di Poste Italiane ed Enel, aziende controllate dallo stato Italiano, di assegnare le attività di call center senza rispettare la clausola sociale contenuta nel DDL “appalti” approvato dal Parlamento, la volontà del Governo di non far applicare quanto previsto dalle leggi italiane in tema di delocalizzazioni di attività di call center, la scelta politica di privare il settore degli ammortizzatori sociali ordinari, provocheranno nei prossimi mesi oltre 8000 licenziamenti nel settore dei call center, di cui almeno la metà vedrà aprire le procedure di licenziamento già nel mese di marzo.

Questo l’allarme lanciato dai segretari nazionali di categoria in merito alla mancata convocazione da parte del Governo di un tavolo di crisi richiesto dalle OO.SS nello scorso mese di gennaio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

“E’ del tutto inaccettabile, dichiara Massimo Cestaro, che due aziende controllate dallo Stato italiano come Poste ed Enel, possano assegnare attività di call center senza rispettare le clausole sociali approvate dal Parlamento. Se passa il principio che le aziende pubbliche non rispettano le leggi perché mai dovrebbero farlo quelle private.”

“Da quattro anni, continua Vito Vitale, stiamo chiedendo il rispetto dell’articolo 24 bis della Legge 134 del 2012 in tema di delocalizzazione delle attività di call center. Nonostante i ripetuti annunci dei vari Ministeri che avevano anche comunicato l’avvio delle sanzioni previste dalla Legge, la normativa rimane totalmente disattesa. Si è consentito in questo modo, a tantissime attività di essere delocalizzate all’estero e si è impedito ai cittadini italiani un diritto di scelta a loro garantito dalla legge. Questo ha ingenerato migliaia di esuberi ingiustificati, perché il lavoro non è cessato ma è stato spostato, senza rispettare le leggi, in Paesi con basso costo del lavoro e insufficiente garanzia sul trattamento dei dati personali e sensibili.”

“Aver deciso di togliere, incalza Salvo Ugliarolo, gli ammortizzatori ordinari al settore è una scelta miope e assurda che comporterà nelle prossime settimane l’avvio di migliaia di licenziamenti nelle aree più deboli del Paese, tanto accanimento contro le lavoratrici e i lavoratori di un intero settore davvero non si comprende. E’ evidente che il sindacato non starà a guardare passivamente l’indolenza o la complicità di chi ha condannato migliaia di lavoratrici e lavoratori alla certezza di perdere il lavoro per favorire imprese spregiudicate.”

Questa strada, concludono i tre Segretari Generali, porterà l’intero settore al limite della legalità perché è evidente che non esiste un solo imprenditore serio disponibile ad assumere attività in perdita. Questo in un ambito economico che conosce, controlla e gestisce dati personali e sensibili di milioni di cittadini italiani.

Siccome il rispetto delle leggi è un elemento fondamentale per ogni democrazia e considerando che “la legge è uguale per tutti” e che nessun cittadino e nessuna azienda può essere collocata al di sopra delle leggi, venerdì  11 marzo, in occasione dello sciopero nazionale di settore, manifesteremo a Roma con un solo slogan: fate rispettare le leggi che il Parlamento Italiano ha votato.


Call Center: Azzola (Slc Cgil), arrivati i primi 450 licenziamenti nell'indifferenza delle istituzioni

Venerdì 26 febbraio, Gepin Contact e Uptime hanno aperto le procedure per il licenziamento di oltre 450 lavoratori occupati nelle sedi di Roma e Napoli.” Lo annuncia in una nota Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil.

“Licenziamenti annunciati, cui ne seguiranno già dal mese di marzo altre migliaia, diretta conseguenza delle gare di attività per attività di customer gestite da Poste ed Enel senza prevedere l’applicazione della clausola sociale votata dal Parlamento italiano.”

“Nelle stesse ore, mentre il sindacato attende la convocazione dal Governo per individuare le soluzioni necessarie a evitare gli oltre 8000 licenziamenti che si concretizzeranno nei prossimi mesi, è giusta la notizia che Poste ha deciso di assegnare i lotti 3 e 4 della gara realizzata (il 4 è proprio quello relativo a Gepin) senza minimamente affrontare il tema delle clausole sociali, scaricando su Governo e Sindacato gli esuberi causati da tale irresponsabile comportamento – prosegue il sindacalista.

“Nel caso del lotto 3, peraltro, si assegnano ad altri le attività gestite da Abramo CustomerCare, che ha rilevato pochi mesi fa il ramo d’azienda gestito da Infocontact, fallito con oltre 60 milioni di debito nei confronti dello Stato. Così, lavoratori già passati attraverso le procedure concorsuali dell’azienda precedente, si vedranno recapitare le lettere di licenziamento a soli 8 mesi dal salvataggio precedente.”

“E’ inaccettabile che aziende quali Poste ed Enel – prosegue Azzola - il cui controllo è tuttora riferibile allo Stato, decidano di scaricare sulle Istituzioni migliaia di licenziamenti che produrranno veri e propri drammi sociali in aree del Paese già difficili e particolarmente esposte sul piano dell’occupazione.”

“Tutto questo avviene non per scelte strategiche o industriali, ma soltanto per garantire ai responsabili degli uffici acquisti delle aziende committenti ingenti premi di risultato per i risparmi conseguiti, sulle spalle delle persone occupate e del futuro stesso del Paese.”

“E’ evidente che il procedere di queste scelte determinerà una condizione di difficile tenuta sociale, caricando la manifestazione del prossimo 11 marzo di tensioni e attese prive di ogni risposta – incalza il sindacalista. Stupisce che il Governo latiti consentendo il licenziamento di migliaia di persone e la proliferazione di nuove aziende che offrono tariffe sotto il costo del lavoro, giocando sulla violazione delle regole e il mancato rispetto dei diritti e delle leggi di questo Paese.”

“Le lavoratrici e i lavoratori del settore, insieme alle loro rappresentanze sindacali e alle organizzazioni sindacali non subiranno passivamente le scelte scellerate di chi non ha a cuore gli interessi sociali del Paese perseguendo solo l’interesse del profitto personale nè consentiranno all’ignavia delle Istituzioni di permettere l’uscita di scena di migliaia di persone nel silenzio.”

“Il sindacato sarà alla guida della vertenza che ha come unico obiettivo quello di chiedere che le Leggi dello Stato siano rispettate da tutti, a partire dalle grosse aziende il cui controllo resta nelle mani dello Stato – conclude Azzola. Il Governo fermi lo scempio che si sta compiendo e apra immediatamente un tavolo di confronto per evitare le migliaia di licenziamenti del settore.”