27 luglio 2015

Telecom Italia: siamo già alle comiche finali?

Gira in queste ore un rabbioso comunicato firmato dalla Fistel-Cisl, dalla Uilcom –Uil e dalla Ugl Telecomunicazioni ( sarebbe interessante capire quale, fra le tante Ugl che vanno presentandosi in questi giorni nei vari tavoli sindacali, dando vita a siparietti imbarazzanti quali quello cui abbiamo dovuto assistere proprio al tavolo ministeriale su Telecom).
Un comunicato “pragmatico” , come scrivono loro, ma non di meno sorprendente.
Eh si perché ora il problema è la CGIL che vorrebbe disdire l’accordo del 27 marzo. Sarà forse il caso di mettere in fila due o tre cosucce anche ad uso di chi, in preda al pragmatismo più spinto, rischia di dimenticare aspetti importanti di una vicenda che rischia di avvitarsi si, ma nel grottesco.
Partiamo dagli esuberi dichiarati (sempre su una base di autocertificazione, tanto fra “amici” mica servono certe formalità!).
150 esuberi dichiarati in Directory Assistance. L’accordo del 27 marzo 2013, nel concordare il ricorso a soluzioni non traumatiche, neanche in caso di interruzione del servizio 1254, prevedeva un percorso di riprofessionalizzazione dei lavoratori in altre attività in ambito “caring services”. Riprofessionalizzazioni perseguite per qualche mese e poi interrotte fino all’odierna dichiarazione di esuberi.
200 esuberi dichiarati in Telecom Italia Information Tecnology. Anche qui il 27 marzo aveva previsto un preciso percorso fatto di uscite volontarie, riprofessionalizzazioni ed internalizzazioni utili a raggiungere la “saturazione della capacità produttiva interna”. Percorso in questo caso portato a termine tanto da far dichiarare ai responsabili di TIIT di aver effettuato internalizzazioni addirittura di gran lunga superiori al fabbisogno dato dall’iniziale esubero interno ( sarà il caso chei due terzi della “coalizione dei pragmatici” vadano a rileggersi i comunicati nazionali sul tema firmati anche da loro).
1200 esuberi dichiarati nelle aree di staff. A parte l’assoluta genericità del bacino presentato dall’azienda, anche qui giova ricordare che il 27 marzo l’azienda aveva preso il preciso impegno di iniziare il confronto sulle aree di staff a patrtire dall’aprile 2013. Quel confronto serviva ad analizzare nel dettaglio le evoluzioni di un mondo professionale molto composito e di predisporre programmi di miglioramento dei processi (anche attraverso percorsi di riprofessionalizzazione). Sono occorsi numerosi comunicati nazionali e altrettanti comunicati delle RSU di staff per portare l’azienda, solo pochi mesi fa, ad iniziare un confronto del tutto generico, vago e reticente. Ed ora…voilà! 1200 esuberi.
Anche sui 150 esuberi dichiarati nelle c.d. “Cross Activity” di open Access ci sarebbe molto da dire. Un settore appositamente creato dall’azienda soltanto a dicembre 2011 a supporto dell’attività core di Open Access. Risulta almeno curioso che, essendo aumentate (anche grazie al programma di reinternalizzazione deciso il 27 marzo 2013) le attività tecniche della divisione per le quali svolgere attività di supporto ed avendo, qualche mese fa, drenato dalle cross activities circa 50 persone verso i micromagazzini, risultino oggi 150 esuberi su 400 persone. O qualcuno in azienda ha sbagliato grossolanamente i conti nel 2011 o li sta sbagliando ora.
Potremmo continuare con altri aspetti del 27 marzo totalmente disattesi dall’azienda: la gestione degli straordinari in ambito tecnico; la richiesta che starebbero avanzando in queste ore al personale selezionato nel job posting per Open Access di “rinunciare” all’assegnazione della Panda (si, avete capito bene! Prima hanno preteso l’estensione del progetto Panda a tutti i tecnici, oggi si accorgono, in questo caso su Roma, che il loro personale non abita tutto in zona Colosseo e quindi si rimangiano nei fatti l’impianto organizzativo voluto due anni fa). Per non parlare del premio di risultato, una vicenda imbarazzante per tutti.
Tutto questo per dire cosa? Che è l’azienda ad aver, nei fatti, disdettato il 27 marzo mettendo a rischio i lavoratori. E francamente riesce difficile immaginare come si possa far finta di niente quando Telecom tradisce l’aspetto più importante di quell’accordo, quel “patto per l’occupazione” che a fronte di una aumento della produttività ed il ricorso ai CDS eliminava gli esuberi. Un accordo, peraltro in questo caso molto sofferto dai lavoratori, non è una “cena a buffet”dove mi scelgo cosa prendere e cosa mi conviene lasciare. Ma questa cosa non dovremmo sostenerla solo noi!
Veniamo poi al secondo aspetto interessante del “bollettino dei pragmatici”, forse il più importante.
Cosa scrivono ancora in buona sostanza “i nostri”? La casa (Telecom ) brucia (costo del lavoro eccessivo per il caring tanto da rendere non più utile lo stesso “salto culturale” del cloud delle competenze, come dichiarato il 23 luglio dal capo del personale di Telecom; esuberi per il resto dell’azienda) ed occorre agire in fretta. E loro come lo vanno a spegnere l’”incendio”? Con i passaggi da part time a full time e la nuova occupazione (con buona pace dei nuovi esuberi sui quali i “pragmatici” comunque mettono la mano sul fuoco), con i passaggi di livello (alla faccia del differenziale di costo del caring usato come pretesto dall’azienda per l’ennesimo ricatto). E meno male che sono preoccupati per lo stato tremendo in cui versa l’azienda! Verrebbe da chiedersi se ci credono davvero a quello che scrivono. Che poi sarebbe interessante capire come farebbero materialmente i passaggi da part time a full time nel caso in cui, per esempio, riuscissero nel” miracolo di salvare” il caring, magari scambiandolo con i contratti di solidarietà (aggiungendo ad occhio altri 1500 esuberi ai 1700 già dichiarati e “digeriti”). Ad agosto aumentano le ore lavorate ed a settembre li mettono in solidarietà dichiarando comunque un eccesso di ore lavorabili? E l’Inps e gli ispettorati del lavoro come la prenderebbero? Ma soprattutto, cosa penserebbero i lavoratori ai quali si impone l’ammortizzatore sociale per ridurre il costo del lavoro e “salvarli” dalla societarizzazione (CHE L’AZIENDA AFFERMA DI VOLER FARE PER L’ECCESSIVO COSTO DEL LAVORO) e si rivendica nel contempo una serie di manovre che quel costo non possono che aumentarlo! Ma per favore!
Noi crediamo invece che, per dirla con Flaiano, la situazione oggi in Telecom ” sia grave ma non seria”. L’azienda andrebbe salvata si ma da un gruppo dirigente che invece di concentrarsi sulla costruzione di un futuro credibile continua ad immaginare manovre di bassissimo cabotaggio per racimolare qualche risparmio dai soliti noti. In questa vicenda manca completamente la capacità di vedere oltre il proprio naso, di identificare le vere sfide (per le quali tutti, sindacati e lavoratori, sarebbero di buon grado disponibili a fare sacrifici) per adeguare Telecom al cambiamento. Cosa rimane oggi del piano di impresa presentato da Patuano solo pochi mesi fa? Basta leggere i titoli dei giornali all’indomani dell’incontro al Mise del 23 luglio per cogliere la disillusione dell’opinione pubblica dinanzi ad una marcia indietro talmente sconcertante. Il mercato italiano delle Telco potrebbe a breve essere interessato da imponenti processi di aggregazione; importanti competitor iniziano a rivedere segnali di ripartenza nei propri business; e Telecom che fa? Rispolvera, come in un de ja vu, il pallottoliere degli esuberi non sempre coerenti con la realtà.
La si smetta una buona volta con queste pantomime. Telecom accantoni la storia della societarizzazione. Si affrontino, dove davvero serve, i percorsi di riprofessionalizzazione e ammodernamento delle competenze e si provi a ricostruire un clima di condivisione con le lavoratrici ed i lavoratori di Telecom.
P.S.
Nei processi di depurazione dalle ideologie occorrerebbe stare molto attenti a non lavar via anche i pensieri e con essi quel tanto di spirito critico e di senso della misura. Altrimenti si rischia di superare anche la fase “pragmatica” ed arrivare direttamente alla inconsapevolezza.
Roma,27 Luglio 2015
La Segreteria Nazionale di SLC-CGIL