(Adnkronos) - La Cassazione stila il vademecum per l'impiegato che si fa le canne. E, con una sentenza della sezione Lavoro, spiega che "la natura della sostanza stupefacente detenuta ha un peso non irrilevante dal punto di vista della compromissione dell'elemento fiduciario" tra impiegato e azienda.
Più tolleranza per haschish e marijuana "diversi essendo gli effetti" rispetto all'uso di "eroina o crack". La sezione Lavoro si è così espressa occupandosi di un dipendente della Unicredit Banca di Nuoro che, nel corso di una operazione delle forze dell'ordine, era stato trovato in possesso di rilevanti quantità di haschish e marijuana. Da qui il licenziamento inflitto dall'istituto di credito nel marzo del 1998. Il dipendente è stato reintegrato dalla magistratura.
Per la Corte d'appello di Sassari, giugno 2007, il dipendente andava reintegrato nel suo posto di lavoro perché "l'uso di haschisch e di marijuana non comporterebbe assuefazione, non determinerebbe la modificazione della personalità" e in definitiva "comporterebbe l'inesistenza di alcun pericolo per l'Istituto di credito, anche dal punto di vista della salvaguardia dell'immagine". Inoltre, a detta del giudice di merito, il fatto che l'impiegato si fosse fatto le canne "in piena estate, nella notte tra sabato e domenica", andava inquadrato in una "dimensione rigorosamente privata".
Contro il reintegro del dipendente, l'istituto di credito ha fatto ricorso in Cassazione. Piazza Cavour ha disposto un nuovo esame della vicenda, chiarendo che "per stabilire una giusta causa di licenziamento , occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità dell'elemento intenzionale, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore del lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanziona disciplinare"