16 settembre 2016

Licenziate e riassunte con meno diritti e meno soldi


di Maria Lardara
L'orario di lavoro non sarà più come prima. Lo stipendio, neanche. Figuriamoci la tutela dell'articolo 18: solo un ricordo. Per 31 lavoratrici del call center di Estra domani (venerdì 16 settembre) sarà l'ultimo giorno di lavoro. O meglio, martedì 20 torneranno alla loro postazione di microfono e cuffietta per rispondere alle chiamate degli utenti. Ma avranno un datore di lavoro diverso, un contratto diverso: non più Metamarketing ma le tre nuove società di contact center (Gepin, Wemay, One) che si sono aggiudicate la gara di Estra. Licenziate e riassunte ma con meno diritti, in barba alla "clausola sociale" normata dalla legge 11 del 2016 che nelle gare d'appalto impone al subentrante l'obbligo di riassumere il personale alle stesse condizioni contrattuali.
Nel frattempo, Estra ha deciso di tagliare il servizio per delocalizzare in Albania l'attività di outbound (commerciale). Ce n'è quanto basta per aprire lo stato di agitazione e proclamare una mattina di sciopero con l'adesione totale del personale. Centralini di Estra muti per tre ore mentre le donne radunate in Cgil agitavano un cartello con lo slogan: "La mia voce, il tuo servizio". Una voce che dall'altra parte della cornetta non risuonerà più per venti ex dipendenti di Metamarketing (che non gestiva solo il numero verde di Estra, ma anche quello di Asm, Regione Toscana, Centria Reti Gas e altre aziende private) che rimangono a casa: 13 posti in fumo perché 10 lavoratrici del gruppo "misto" (aziende private) non sono state più richiamate (tra queste tre categorie protette), altri 7 sono di personale già impiegato per il call center di Estra che non ha accettato le nuove condizioni. Come Silvia Bouyahia, che si è vista ridurre l'impegno settimanale da 40 a 20 ore con una drastica sforbiciata di stipendio, anche del 40-50% (da 1200 a 600 euro).
«Inaccettabile la proposta di un contratto al secondo livello delle telecomunicazioni a venti ore settimanali quando in Metamarketing - racconta la donna - ero inquadrata con il commercio a quaranta ore settimanali. Cinquecento euro in meno ti cambiano la vita». Secondo i calcoli della Slc-Cgil e Filcams-Cgil, nel call center di Estra si andrebbero a perdere 200 ore di lavoro settimanali a fronte delle 1095 previste quando il servizio era affidato a Metamarketing.
«La nostra prima battaglia è il ripristino del vecchio orario di lavoro - incalza Samuele Falossi della Slc-Cgil - sensibilizzando i sindaci di 15 Comuni coinvolti e soci indiretti di Estra alla difesa dei posti di lavoro. Per questo abbiamo già scritto una lettera chiamando in causa il loro ruolo all'interno di Consiag e quindi di Estra. Di fronte alla mancata applicazione della legge sulla "clausola sociale" speriamo che sia sufficiente l'azione sindacale ma non è esclusa la possibilità di fare vertenza».
Una storia che da viene lontano perché su 69 lavoratrici messi in mobilità a fine maggio da Metamarketing (sedi Firenze e Prato), 36 dovevano essere ricollocate nei nuovi tre contact center a partire dal 19 settembre. Com'è possibile che sia saltata la "clausola sociale"? «Nel mondo dei call center - spiega Falossi - si cerca di aggirare la norma mascherando le gare d'appalto con una manifestazione d'interesse. In realtà si tratta di un modo per risparmiare sulla pelle dei lavoratori e sui servizi dei cittadini».

A fronte di un taglio del monte orario del personale, da martedì potrebbero crearsi disagi per l'utenza con attese prolungate al telefono. Brucia lo spostamento dell'outbound in Albania perché, secondo il delegato Filcams-Cgil Alberto Vignoli, «invece che delocalizzare si poteva lasciare qui il lavoro per non diminuire le ore del personale del front-office».