15 dicembre 2009

Situazione Call Center outsourcer: Parlano il Segretario Generale SLC/CGIL ed il Segretario responsabile Area TLC

Care/i compagne/i,

nei giorni scorsi la segreteria nazionale della Slc/cgil ha cercato di rendere evidente,attraverso una nota la situazione di mercato dei call center in outsourcing nel nostro paese, evidenziando anche il nuovo fenomeno delle delocalizzazioni.

Si tratta di una prima documentazione utile per completare una riflessione sul mondo dei call center e sui temi che stanno alla base dei segni preoccupanti di crisi ormai quotidiani. Nei prossimi mesi si profila, proprio nel mondo dei call center, un quadro pesante che rischia di essere devastante, soprattutto nel Mezzogiorno, perché ormai si incrociano tre questioni importanti: il calo della domanda telefonica, la stretta sui costi e, nel corso del 2010, l’esaurimento degli incentivi sull’occupazione che graveranno per il 27% sul costo del lavoro nel mezzogiorno e per l’11% al Nord, solo in riferimento alle stabilizzazioni previste dalla“ circolare Damiano”. Com’è noto, nel Mezzogiorno, sono stati erogati bonus che hanno pesato per 7/8000 euro per chi era escluso dai benefici previsti dalla legge 407/90.Il tutto accompagnato dal ritorno alle peggiori pratiche delle gare di appalto al massimo ribasso e dal comportamento irresponsabile dei grandi committenti, che sistematicamente rifiutano di affrontare il tema vero nel settore: l’inserimento di

clausole sociali a livello di filiera. L’incrocio e la contestualità di queste tre questioni, se non adeguatamente monitorate e governate, produrranno un cambiamento profondo ed un drastico taglio nel numero dei call center e dell’occupazione.

La tendenza dei grandi gruppi telefonici è quella, per fare fronte alla crisi, di delocalizzare chiedendo agli outsourcer di produrre all’estero oppure di scaricare su società minori commesse e lavoratori da gestire al di fuori da regole e diritti acquisiti in questi anni.

In ogni caso la nostra preoccupazione è che il mondo dei call center possa rischiare un brutto passo all’indietro, alle condizioni precedenti alla circolare Damiano, che previde la stabilizzazione di 20000 lavoratori, aggravate, sul piano del modello, dalle delocalizzazioni ed al ricorso a vere e proprie ragnatele societarie tali da fare svolgere ai call center tradizionali la funzione di stazioni subappaltanti. Decine e decine di società a basso costo in grado di alimentare un secondo mercato del lavoro non garantito. In questo senso ed in questa congiuntura sarebbe necessario un confronto con gli operatori telefonici in sede politica, che stiamo sollecitando, perché si possa mettere ordine attraverso un sistema di clausole sociali che impedisca il subappalto non autorizzato che ormai si sta imponendo “di fatto”. Se non riusciremo a governare i processi di societarizzazione, infatti, rischiamo di assistere supinamente sia ai processi di delocalizzazione all’estero che al subappalto, nel mercato domestico, delle commesse.

Sarebbe il fallimento dell’idea che abbiamo perseguito in questi anni, di una organizzazione su base sempre più solida del call center, in grado di offrire servizi sempre più sofisticati ed integrata con gli operatori di tlc, collocati lungo una scala di

valore sempre più ampia. In questi anni abbiamo favorito questa crescita combattendo il dumping e la concorrenza sleale, favorendo la crescita professionale di migliaia di lavoratrici e lavoratori, operando per favorire crescita e stabilità.

La crisi economica generale e la congiuntura di settore, dunque, rischiano di produrre disoccupazione di massa che nel mezzogiorno può trasformarsi in una vera e propria “bomba sociale” capace di mettere in ginocchio centri e città importanti, intere aree territoriali. Abbiamo denunciato più volte il rischio dello scoppio di una bolla territoriale pesante. Ma questo riguarda anche aree a forte intensità di presenza di call center in outsourcing nel resto del paese.

E’ necessario che il Governo Nazionale si occupi subito di questo tema e lo faccia inaugurando un confronto con imprese di call center, gruppi di tlc e sindacato poiché ormai si tratta di un tema di forte valenza politica. E’ ovvio che bisognerà trovare modi e forme perché il governo continui a sostenere la crescita di questo settore evitando di staccare la spina.

Chiediamo che possa avvenire al più presto e sosterremo con tutte le iniziative del caso la nostra richiesta di confronto per evitare che nei prossimi mesi succeda il peggio.


Emilio Miceli

Segretario Generale SLC/CGIL


Alessandro Genovesi

Segretario responsabile Area TLC

Ars, ddl contro violenza sulle donne

PALERMO - Aiutare le donne che hanno subito violenza in famiglia o sul posto di lavoro e sostenere i loro figli, accompagnarle in un percorso di reintegrazione sociale, promuovere strutture di sostegno e campagne di sensibilizzazione su tutto il territorio regionale.

Sono gli obiettivi del disegno di legge regionale presentato questa mattina all'Ars, nella Sala Rossa. L'iniziativa è stata promossa da Concetta Raia, deputato regionale del Pd, e sostenuta dalle altre due parlamentari regionali, Giulia Adamo del Pdl Sicilia e Marianna Caronia, iscritta al gruppo misto. "Siamo di fronte ad un fenomeno - ha detto Concetta Raia - molto più diffuso di quanto si possa immaginare, specie in Sicilia. La nostra iniziativa nasce dal dialogo con chi, quotidianamente, affronta questo tipo problemi. Mi auguro che il disegno di legge possa trovare una corsia preferenziale all'Ars ed essere approvato in tempi rapidi".

"C'era un vuoto legislativo - ha aggiunto Marianna Caronia - questo ddl aiuta a colmarlo, almeno in parte". Della scarsa presenza di donne in politica, invece, ha parlato Giulia Adamo: "non credo dipenda alla volontà degli uomini di escluderci, piuttosto dalla poca volontà di molte donne di passare dalla politica vissuta come volontariatò ad un impegno a tempo pieno".

Il disegno di legge prevede, fra l'altro, l'istituzione di un Forum permanente contro le molestie e la violenza di genere, la creazione di centri anti-violenza, la diffusione di vere e proprie case d'accoglienza in grado di ospitare donne e i loro figli, nonchè iniziative mirate a formare personale in grado di sostenere le vittime. Alla presentazione del ddl è intervenuto Francesco Cascio, presidente dell'Ars.

"Questo ddl affronta un tema che spesso 'leggiamò attraverso statistiche, ma sappiamo che le statistiche si basano sulle denunce, - ha detto - e che spesso gli episodi di violenza non vengono denunciati dalle donne, soprattutto in Sicilia. Per questo è importante con leggi mirate". Il presidente della commissioni Affari istituzionali, Riccardo Minardo, ha sostenuto che "il testo potrà essere approvato dalla commissione entro 10 giorni".

Da: Sicilia Web

Contro la violenza sulle donne, incontro all’Ars: Raia, Caronia e Adamo presentano disegno di legge

“Il problema della violenza sulle donne deve essere affrontato in primo luogo sul piano culturale. L’evoluzione della mentalità passa attraverso la presa di coscienza collettiva, la consapevolezza individuale e l’educazione delle generazioni future, ma anche attraverso strumenti legislativi che abbiano come obiettivo la tutela e la valorizzazione delle donne”. Lo dice la parlamentare regionale del PD, Concetta Raia che sull’argomento ha promosso assieme alle parlamentari regionali, Marianna Caronia (Gruppo Misto) e Giulia Adamo (PDL Sicilia) un disegno di legge su ‘Interventi contro la violenza sulle donne’.

Il tema della violenza e le possibili iniziative istituzionali a tutela delle donne che subiscono maltrattamenti e brutalità sarà trattato domani, 15 dicembre 2009, a partire dalle 9.30 presso la Sala Rossa di Palazzo dei Normanni. L’incontro sarà l’occasione per presentare il ddl, firmato dalle deputate e un’occasione utile di confronto per raccogliere proposte e suggerimenti ed individuare iniziative da proporre a qualunque livello territoriale. Alla riunione, a cui parteciperanno donne impegnate nelle istituzioni pubbliche, nei sindacati e nelle associazioni sarà presente anche il presidente della prima commissione affari istituzionali all’Ars, Riccardo Minardo.

13 dicembre 2009

Call center: Telecom, Vodafone e Wind portano all'estero parte delle chiamate oggi gestite dal mercato italiano

Tlc: Campagna Nazionale per una moratoria contra le delocalizzazioni dei Call Center!

Per il Documento della campagna clicca qui

Per il Volantino della campagna clicca qui

Romania o Albania, soprattutto. Ma anche Brasile, Tunisia o Argentina. Chi dovesse rivolgersi al call center di qualsiasi operatore italiano ha sempre più probabilità che la propria richiesta venga evasa da operatori di quei paesi. Nulla da obiettare, ovviamente, sull’attività chi sarà dall’altra parte della cornetta. Tuttavia le scelte di Wind, Telecom, Vodafone e compagnia che, per risparmiare sul costo del lavoro, hanno deciso di trasferire all’estero una parte delle chiamate, mettono a rischio almeno 4mila posti nei call center italiani. A lanciare l’allarme è il sindacato delle telecomunicazioni Cgil dopo numerosi segnali arrivati dai delegati di tutta Italia. Da qui un lungo lavoro da cui è nata una prima mappa delle delocalizzazioni (vedi in fondo all’articolo). Al momento non è possibile quantificare con precisione quanti siano i lavoratori che operano all’estero per aziende italiane, e questo è già un primo indicatore di come in questo settore manchi trasparenza. La certezza è che in queste settimane vanno predisponendosi i sistemi operativi e le postazioni, molte delle quali partiranno col nuovo anno.


LA CATENA DEI SUBAPPALTI. Le esternalizzazioni non si svolgono sotto forma di appalto diretto: i grandi committenti (Telecom, Sky, Fastweb, Vodafone ecc) operano infatti tramite subappalti con i loro principali fornitori (tra cui Almaviva, Comdata, Teleperformance, E-Care e Wsc) e sono poi questi ultimi a traslocare oltre confine. Va chiarito che, almeno sulla carta, gli obiettivi sarebbero differenti: ci sono quelli dei committenti, che per risparmiare indicono gare al massimo ribasso spingendo indirettamente gli outsourcer a lasciare l’Italia. L’obiettivo di questi ultimi è opposto: rimanere sul mercato interno risulterebbe infatti più redditizio e permetterebbe di operare su territori meglio controllati senza il rischio di rimanere ostaggio dei committenti. C’è poi una terza ipotesi, cioè che i diversi livelli del subappalto possano in qualche modo accordarsi, in particolare con aiuti nella fase di start-up e nella formazione. A conti fatti, il costo del lavoro dei paesi emergenti è circa un quarto di quello italiano e spostarsi lì potrebbe convenire a molti.


IL CASO SICILIA. L’emergenza lavoro rischia di travolgere tutto il comparto già nei prossimi mesi e soprattutto al Sud. Specie in Sicilia, dove al call center non lavorano soltanto gli studenti che vogliono arrotondare ma anche molti padri di famiglia. “Da qui a pochi mesi rischia di saltare tutto”, afferma Giovanni Pistorio, segretario regionale Slc Cgil, il quale ci ricorda che nell'isola c’è anche un altro problema: “I call center che resistono sul mercato nazionale si stanno spostando in altre regioni d’Italia che garantiscono condizioni migliori per il sostegno alla formazione”, prosegue Pistorio. L’azienda più grande del settore nell’isola principale è Almaviva, il cui ufficio stampa tranquillizza: “Anche se i margini sono risicati al momento non è prevista cassa integrazione” né “sono in vista situazioni di difficoltà particolare”. A rischio, però, ci sarebbe il call center Wind di Catania che secondo fonti sindacali rischia di chiudere i battenti già l’anno prossimo.


GENOVESI (SLC): SERVE UNA MORATORIA. “Una moratoria contro ogni delocalizzazione di attività di customer care e di lavorazioni di back office per i prossimi anni”. È quanto chiede il segretario nazionale della Slc Cgil, Alessandro Genovesi, ricordando che la sigla di categoria sta mettendo in piedi una campagna nazionale “che nei prossimi mesi ci vedrà impegnati a tutti i livelli”. Alla luce di questi dati, il dirigente sindacale parla poi di uno “scandalo nello scandalo”. Da un lato, dice, “assistiamo da parte di diverse aziende come Telecom, H3g e Bt a una politica di riduzione dei livelli occupazionali interni; dall’altra, vi è una politica di sistematica riduzione di attività fino a oggi lavorate in casa (per esempio, Telecom) su cui potrebbero essere riconvertiti gli esuberi dichiarati. Un’evidente contraddizione”. Tra le altre richieste della Slc: "Un intervento sul fisco per sostenere l’occupazione, soprattutto al Sud, e un avviso comune sugli appalti che salvi i livelli salariali e sancisca tutele occupazionali minime”.


LA MAPPA DELLE DELOCALIZZAZIONI. Wind ha annunciato il trasferimento di attività in Romania e in Albania per un equivalente di almeno 300-400 lavoratori: dirigenti di società romene sono già in contatto con il centro di lavoro di Pozzuoli e il tutto dovrebbe partire nel 2010. H3g, società guidata da Vincenzo Novari, già oggi lavora in outsourcing circa la metà delle chiamate grazie a contratti con aziende di Tirana, Bucarest e Tunisi per un totale di 400 operatori (tra cui la Wsc). Nel corso di un recente incontro con i sindacati, l’azienda ha comunicato che intende lavorare in house esclusivamente i clienti a “cinque stelle”. Al momento, sono in corso trattative per portare ad almeno 600 il totale della forza lavoro estera (sviluppo in Argentina). Nel caso di Bt, invece, la catena del subappalto è quanto mai complessa da ricostruire; ciò che si può affermare è che oggi sono circa un centinaio gli operatori in Romania e in Albania. Vodafone-Tele 2: tramite i suoi principali fornitori (Comdata, Comdata Care, E-Care, Transcom) sono già attivi subappalti in Romania per circa 300 addetti, e in programma ci sono ulteriori ampliamenti; in corso di definizione ci sarebbero anche altri subappalti in Albania. Quanto a Telecom Italia, una stima di massima identifica in almeno 500-600 i lavoratori che opereranno per l’azienda in Tunisia (dove sono già iniziate le selezioni del personale), Albania e Romania, mentre ci sono trattative con un’azienda operante in Turchia. Per Fastweb ci sono diverse attività in subappalto sono attualmente lavorate sempre in Albania e in Romania, anche se per soli picchi produttivi da parte di fornitori. Infine Sky: attualmente i suoi clienti a maggior valore sono dirottati su call center operanti in Albania per circa 200 operatori.

Da: Rassegna.it

Leggi pure:

02 dicembre 2009

Angelo Villari è il nuovo Segretario della CGIL-CATANIA

Oggi 02-Dicembre-2009 è stato eletto il nuovo Segretario della CGIL Catania Angelo Villari. Da parte mia, dalla redazione del blog, dalla Segreteria e gli iscritti SLC vanno i più sinceri e sentiti auguri di buon lavoro e di una vita piena di soddisfazioni sia in ambito lavorativo che personale.

A Francesco Battiato va un caloroso e doveroso grazie per il grande lavoro svolto sino ad oggi.

Molto belle le parole rivolte a Francesco da parte del nostro Segretario della SLC di Catania,Giovanni Pistorio, di cui riporto fedelmente il testo:

" Francesco Battiato,un autentica autorità morale per tutti noi, chiude un periodo nel corso del quale la CGIL di Catania, dopo tanti anni e grazie soprattutto alla sua direzione, ha ritrovato quella serenità interna all'nterno del proprio gruppo dirigente che è necessaria per poter meglio governare i processi politico-sindacali in corso"

Salvo Moschetto

02-Dicembre-2009


Angelo Villari è il nuovo segretario generale della Camera del lavoro di Catania. Villari è stato eletto stamattina a scrutinio segreto dal direttivo della Cgil ottenendo 91 voti a favore su 94 votanti (in particolare, c’è stato un solo voto contrario, un astenuto e una scheda bianca). L’elezione è avvenuta stamattina nel salone “Russo” al termine dell’intervento del segretario uscente Francesco Battiato, che-così come aveva già annunciato nei giorni scorsi- ha rimesso il suo mandato in un clima di grande serenità e di apprezzamento per il lavoro svolto. Battiato, che ha ricoperto il ruolo di segretario generale per oltre sette anni, ha ricevuto un lunghissimo applauso con tanto di stand-up dai membri del direttivo. “Ho anticipato di qualche mese la scadenza naturale- ha detto- perché è importante che prima dell’avvio della stagione congressuale, si abbia un segretario con un mandato intero davanti a sé”.

Villari ha anche chiesto a Battiato di diventare responsabile dell’Ufficio di programma della Camera del Lavoro, che lavora in stretto contatto con la segreteria e con l’IRES (a Catania recentemente costituito) con l’obiettivo di “elaborare un nostro progetto per Catania e la sua provincia, in modo da perseguire un nuovo e diverso modello di sviluppo che miri al rilancio economico e sociale di cui la nostra comunità ha bisogno”. All’incontro di stamattina hanno partecipato anche il segretario regionale della Cgil Mariella Maggio e il segretario nazionale Enrico Panini. La segreteria è stata confermata.

Angelo Villari ha 50 anni, è catanese, e già giovanissimo è stato assunto in Sip. In quegli anni si iscrive alla Cgil e diventa rappresentante sindacale nel 1978. Nel 1981 diventa segretario generale dei telefonici di Catania; nel 1984 segretario regionale del sindacato delle Poste e delle telecomunicazioni in Sicilia. Ritorna a Catania nel 1988 ricoprendo l’incarico di direttore dell’Inca e, poi a seguire, diviene vicesegretario del sindacato dei pensionati (SPI).

Nel 1996 è segretario dell’agroindustria (Flai) e subito dopo, per la prima volta, segretario confederale (1999). Nel 2002 diventa segretario generale dello Spi ( sindacato dei pensionati) e nel 2008 rientra come segretario confederale nella Cgil, con lo specifico incarico di responsabile del dipartimento settori produttivi, servizi e commercio. “Sono consapevole che dobbiamo lavorare molto- ha spiegato Villari alla platea- I problemi che affrontiamo quotidianamente sono tanti, e vanno intrecciati con le iniziative delle categorie e della confederazione a tutti i livelli, nonché con la scadenza congressuale che sarà molto impegnativa”.

Nella sua relazione programmatica, il neo segretario ha ricordato le importanti scadenze dell’iter congressuale che si concluderà con le assise della CGIL provinciale il 25 e il 26 febbraio prossimo, e con quelle regionali e nazionali previste tra marzo e maggio 2010. “Sarà un intenso lavoro democratico fatto di assemblee nei luoghi di lavoro e nel territorio che coinvolgerà i lavoratori, pensionati, precari, tutte le iscritte e gli iscritti alla nostra confederazione per discutere i documenti congressuali e far decidere il nostro popolo sulle scelte che dovremo compiere nel prossimo futuro”, ha aggiunto Villari, che non ha tralasciato di lanciare qualche critica al sindaco (“la scelta che il primo cittadino ha fatto di ricoprire contestualmente la carica di sindaco e quella di senatore, dimostra chiaramente la scarsa voglia di impegnarsi”) e alle associazioni imprenditoriali (“facciano a Catania seriamente il loro mestiere ed anziché pensare alla gestione delle infrastrutture, si occupino di più del lavoro e dello sviluppo economico di questa comunità”). “Dico a questi autorevoli interlocutori che a Catania è necessario puntare allo sviluppo investendo in tutti i settori, quello agricolo, quello industriale e quello commerciale, dei servizi e del turismo, insieme a quelli della ricerca, della conoscenza e della formazione, per investire sul fattore umano che rappresenta il vero valore aggiunto della nostra terra. Ognuno faccia il proprio mestiere e lo faccia con responsabilità e con impegno”.

23 novembre 2009

Telecom: Dichiarazione di Alessandro Genovesi su vicenda TILS

COMUNICATO STAMPA

TELECOM: SLC-CGIL “AZIENDA RISPETTI IMPEGNI PRESI”


“L’azienda Telecom Italia prima di pianificare scelte per il futuro dovrebbe avere la decenza di rispettare gli accordi sottoscritti. Ci riferiamo agli accordi sottoscritti nel settembre del 2008 e nel luglio 2009. Con quegli accordi si concordarono diverse punti: non solo 5000 mobilità volontarie, non solo la messa in contratto di solidarietà dei lavoratori della Directory Assistance, ma anche 300 stabilizzazioni di interinali, 600 nuove assunzioni e la risoluzione della vertenza di TILS, la ex Reiss Romoli (i lavoratori, esternalizzati da Telecom, sono oggi licenziati). Al riguardo gli accordi prevedevano una verifica degli impegni presi, da fare a Luglio e Settembre. Sul primo punto tutto tace, sul secondo (con decine di lavoratori oggi per strada, malamente licenziati) l’azienda continua a tergiversare e a rinviare, facendo per ogni passo avanti, due indietro”. Così dichiara Alessandro Genovesi, Segretario Nazionale di SLC-CGIL.


“Per quanto riguarda, più nello specifico, la vertenza TILS la posizione dell’azienda è quanto mai “curiosa”: da un lato Telecom annuncia la costituzione di una nuova società, HRS, una scatola “vuota” che svolgerà la formazione per Telecom Italia (cioè quanto fatto finora dai dipendenti ex Telecom di TILS), dall’altra l’azienda dichiara però che non ha ancora deciso se farvi confluire o meno i lavoratori licenziati. Non vorremmo che Telecom pensi di contrattare ancora quanto già convenuto, di “scambiare” nuovamente cioè quanto già deciso”.


“Tutto ciò – continua Genovesi – la dice lunga sulla confusione e spregiudicatezza che regna in una Telecom sempre meno affidabile. L’azienda non può prendersi dagli accordi solo ciò che più gli piace, ma deve rispettarli in tutte le sue parti. Troppo facile e troppo comodo prendere e non dare”.


“Al riguardo, per risolvere definitivamente la vicenda TILS, siamo anche pronti ad una proposta di merito a costi praticamente “zero” per l’azienda: poiché non ci risultano essere state fatte tutte le 600 nuove assunzioni, proponiamo che siano riassunti i lavoratori di TILS di Roma in Telecom o in altre società del gruppo (i lavoratori dell’Aquila hanno già avuto garanzie al riguardo). Per noi come sindacato varrebbero come nuove assunzioni”.


“Sta ora all’azienda – conclude Genovesi – dimostrare senso di responsabilità e mantenere gli impegni presi, per di più anche più volte in sede pubblica e al cospetto dei lavoratori da parte di alti dirigenti dell’azienda. Mi auguro che nessuno, insomma, voglia strumentalizzare la condizione di persone oggi prive di un lavoro”.


TILS Manifestazione 10-11-2009:

13 novembre 2009

Violenza: quello che le donne dicono

Inchiesta
di Carlo Cipiciani


Sara, Lucia, Francesca, Veronica, Teresa, Noemi. E tante altre. Giovani e meno giovani, laureate o meno, dirigenti d’azienda e semplici commesse. Le donne lo sanno: nel destino di molte di loro c’è la violenza. Quella fisica, dalle sole minacce agli strattoni, fino all’essere picchiata o soffocata, ustionata o minacciata con le armi. Quella sessuale, dallo stupro alla molestia o a rapporti sessuali “consenzienti” ma in realtà non desiderati. Quella psicologica, dall’essere denigrata al controllo dei comportamenti, fino all’intimidazione o peggio. L’Istat ha dato loro voce, pubblicando recentemente il rapporto “La violenza contro le donne”. Le donne lo sanno. E lo raccontano.


STORIE DI VIOLENZA QUOTIDIANA – Sono racconti già sentiti, ma fanno sempre venire i brividi. Dietro le cifre secche delle statistiche dell’Istat ci sono infatti donne in carne ed ossa. Giovani e meno giovani, istruite o no, sposate e single. Le donne lo sanno: poco meno di una su 3 di loro ha subito una qualche forma di violenza: sono 6 milioni e 743 mila. Quasi 4 milioni hanno subito violenza fisica (il 18,8% delle donne italiane, il 16% se si esclude la sola minaccia), circa 5 milioni (il 23,7%) hanno subito una violenza di tipo sessuale. Lo stupro e il tentato stupro ha riguardato il 4,8% della popolazione femminile, oltre un milione di donne. Il dato è probabilmente sottostimato: nel sud e nei centri minori (che presentano incidenze più molto più basse di centro nord e aree urbane) sembra esserci una minor propensione e disponibilità delle donne a riconoscere e a parlare della violenza subita. La violenza fisica sulle donne è fatta di strattonamenti o spinte (56,7% del totale), ma anche di serie minacce di violenza (52,0%). Per molte si è arrivati agli schiaffi, calci o pugni (36,1% del totale delle violenze fisiche, quasi un milione e mezzo di donne coinvolte), o al lancio di oggetti (24,6%), fino a quelle che sono state minacciate o colpite con armi (8%) o addirittura alle ustioni o tentativi di strangolamento (5,3 %).


I PARTNER SONO I PEGGIORI – Incrociando i dati tra le diverse forme di violenza fisica e l’autore, si nota che il partner è il principale responsabile di queste violenze. Quello che vive in casa, il compagno o padre dei propri figli. Il 14,3% delle donne che hanno o hanno avuto un partner, 2 milioni 938 mila fra i 16 e i 70 anni d’età, hanno subito nel corso della relazione o dopo la sua fine almeno una violenza fisica o sessuale dal marito, dal convivente o dal fidanzato (questi ultimi sono più “violenti”). Spesso si tratta di storie calate all’interno di vite violente, mariti o fidanzati maneschi, attaccabrighe o con guai giudiziari. Ma non mancano purtroppo i casi di donne che sono l’unico oggetto di violenza da parte di quegli uomini. Le donne lo sanno: il partner non solo è il principale responsabile, ma è quello che mette in atto le violenze più gravi. E molto spesso l’autore di strattonamenti e spinte (per il 63,4% delle vittime), di schiaffi, pugni o calci (il 47,8% rispetto al 15,4% per uomini non partner), di tentativi di strangolamento o di ustione (6,6% contro il 2,6%). Se invece passiamo alla violenza sessuale, la frequenza degli stupri e dei tentati stupri è rilevante rispetto alle altre forme di violenza (sono il 26,6% e il 21,1%, il che caratterizza la violenza sessuale domestica come complessivamente più grave rispetto a quella subita da uomini non partner. E si tratta non di episodi singoli, ma di episodi che si ripetono: ad esempio per la violenza sessuale, la percentuale di vittime che l’ha subita più di una volta raggiunge il 78,7% tra quelle “con il partner”.


SCONOSCIUTI, PARENTI, AMICI – Di minor dimensione quantitativa, la violenza che proviene da non partner è anche “qualitativamente” diversa. Essa intanto si caratterizza di più sul versante “sessuale” che su quello “fisico”. Le donne lo sanno: gli “sconosciuti”, ovvero gli aggressori casuali sono responsabili però soprattutto di molestie sessuali più che di stupri o tentativi di stupro. I “conoscenti” (cioè persone che si conoscono ma diverse da amici, parenti e colleghi) sono invece più spesso autori di stupro e tentato stupro. Anche parenti, amici e colleghi di lavoro sono autori di violenza fisica o sessuale. Mentre i primi (più frequentemente con età compresa tra i 45 e i 54 anni) risultano più frequentemente responsabili di violenza fisica, i colleghi sono prevalentemente autori di violenza sessuale. Gli amici (per lo più di giovani sotto i 25 anni) sono autori di violenza fisica o sessuale in misura pressoché analoga. Le violenze subite da un uomo che non è il partner si concentrano in particolare sulle donne tra i 25 e i 44 anni, più frequentemente nubili, separate o divorziate o vivono sole. Dai dati sembrano più frequentemente vittime di violenza le donne istruite, con almeno un diploma superiore, le studentesse, le occupate o che sono state tali e cercano una nuova occupazione e, tra le occupate, le donne con qualifiche professionali elevate (dirigenti, imprenditrici, comunque con ruoli direttivi). Le differenze di rischio potrebbero però anche essere legate ad una diversa capacità di focalizzare e riconoscere la violenza.


CARAMELLE DA UN CONOSCIUTO – Un dato che merita un’attenzione particolare è quello della violenza sessuale subita prima dei 16 anni. Riguarda il 6,6% delle donne, un dato davvero impressionate. Un quarto delle vittime ha segnalato come autore della violenza un conoscente (anche di vista), un altro quarto un parente, il 9,7% un amico di famiglia, il 5,3% un amico della donna. Solo il 24,8% delle vittime ha segnalato come autore delle violenze uno sconosciuto. Le donne lo sanno: tra i parenti emergono gli zii (7%), seguiti dal padre, dal fratello/fratellastro, dal nonno e dal patrigno mentre nel 12,2% dei casi si tratta di altri parenti non specificati. Il 3,8% delle ragazze ha inoltre subito violenza sessuale da vicini di casa, il 3,7% da compagni di scuola, l’1,7% da insegnanti o bidelli e l’1,6% da un religioso. I casi di violenza sessuale segnalati come molto gravi sono in maggioranza relativi alle persone più vicine alla vittime, come il padre, il fratello, l’amico di famiglia, il nonno, gli zii, un religioso. Il 53% delle vittime ha dichiarato di non aver mai parlato con nessuno dell’accaduto. Quando siamo preoccupati per l’incolumità delle nostre ragazze, più che ai clandestini dovremmo guardare attorno a noi.


LA VIOLENZA PSICOLOGICA – Tre milioni 477 mila donne – il 21,1% delle donne che attualmente hanno un partner – nel corso della relazione hanno subito spesso, qualche forma di violenza psicologica. La cifra arriva a 7 milioni 134 mila (il 43,2%) se si considerano anche le donne che hanno subito meno di frequente (qualche volta) questi comportamenti. Le donne lo sanno: si tratta di cose quasi “invisibili” all’esterno: limitare i rapporti della donna con la famiglia o con gli amici, impedirle di lavorare o studiare (46,7% del totale, 1 milione seicento mila donne). I comportamenti di controllo (il partner le impone come vestirsi o pettinarsi, la segue e controlla i suoi spostamenti, si arrabbia se parla con un altro uomo) riguardano un consistente 40,7% delle vittime. Non mancano le violenze economiche (30,7% delle vittime) e le “umiliazioni” (23,8%). Infine, le forme più gravi di violenza psicologica rappresentate da vere e proprie intimidazioni e ricatti (tra cui le minacce di far del male alla donna o ai suoi figli) riguardano una quota decisamente inferiore (il 7,8% ma sempre piuttosto consistente (circa 272 mila donne).


LE DONNE LO SANNO – Sara, Lucia, Francesca, Veronica, Teresa, Noemi e le altre. Quelle poco più che adolescenti, quelle già adulte, quelle più vicine alla menopausa. Donne che hanno fatto faticosamente carriera o che hanno lasciato i sogni da parte e pensato solo alla famiglia, contribuendo con un lavoro poco “importante”. Donne che s’incontrano e si raccontano, a volte abbassando lo sguardo. Le donne lo sanno: nel destino di molte di loro c’è la violenza. Ogni tanto ci scappa pure di morire, e pazienza. Guardando alle storie di questa straordinaria metà del cielo, e all’indifferenza bipartisan che spesso le accompagna, indifferenza che si specchia nello scarso rilievo dato alle conclusioni di questo rapporto dell’Istat, ricordiamo che dietro queste aride cifre, c’è dolore, umiliazione, visi e storie di migliaia di donne. Le donne lo sanno. E parlano, ed è un pezzo d’Italia che pochi conoscono. Perché è più comodo non vedere.

di Carlo Cipiciani

Disegno di Legge:

3 novembre 2009

Assemblea Regionale Siciliana

Disegno di legge n. 485 (primo firmatario On. Concetta Raia)

“Interventi contro la violenza sulle donne“

Presentato dai deputati: Raia, Adamo, Caronia

12 novembre 2009

Concetta Raia: “Interventi contro la violenza sulle donne“ - Disegno di legge n° 484 Presentato all'ARS. ( www.concettaraia.com )

Onorevoli colleghi,

In Sicilia solo due donne su cento che hanno subito violenze fisiche o sessuali dal proprio partner denunciano il reato. Una percentuale drammatica, che cresce solo di poco quando a commettere la violenza è un uomo che non è legato sentimentalmente alla donna: in questo caso è il 3,4 per cento delle vittime a rivolgersi alle forze dell’ordine. Considerate comunque entrambe le situazioni, l’Isola si guadagna il triste primato della regione italiana con la più alta quota di donne vittime di violenze che, invece di denunciare il proprio carnefice, preferiscono tacere, chiudersi nel silenzio. Per paura, certo, ma soprattutto perché non considerano un reato la violenza subita, anche nei casi in cui hanno avuto la sensazione di essere in pericolo di vita.

I dati disponibili riferiti al 2006 disegnano un quadro preoccupante della condizione femminile in Sicilia.

Sono 520 mila le donne dell’Isola che sono state vittime di violenza nel corso della loro vita, il 23,3 per cento del totale delle residenti. La violenza è di carattere prevalentemente sessuale. Il dato più agghiacciante è che tre donne su cento dichiarano di aver subito almeno una volta uno stupro o un tentato stupro. In generale, sono le mura familiari a far da scenario alle violenze e 51 volte su 100 è il partner o l’ex partner a commettere il reato. Un altro dato rilevante è che solo una bassa percentuale denuncia il proprio aguzzino; la maggior parte delle donne vittime di violenze preferiscono non rivolgersi alle forze dell’ordine.

Sono dati che vengono fuori da una rielaborazione effettuata da Arcidonna sui dati che l’Istat ha pubblicato nella recente indagine “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia”.

Sono dati molto allarmanti e la politica e le istituzioni devono al più presto trovare risposte adeguate per contrastare il fenomeno. Al primo posto deve essere messa la prevenzione, perché è innegabile che “la violenza é strettamente legata ad un problema culturale che non è più solo riconducibile a quelle residue forme di patriarcato presenti nella società siciliana, ma alla crescente diffusione di atteggiamenti e comportamenti misogini anche tra le fasce della popolazione più agiate e istruite”. Occorre dare vita ad azioni di informazione e formazione rivolte alle scuole e alle famiglie, consci che più che la strada, sono le mura domestiche a far da scenario al maggior numero di violenze.

Il presente disegno di legge intendere colmare una carenza legislativa con una iniziativa rivolta ad affrontare efficacemente la situazione sempre più allarmante. Con l’articolo 1 si definisce il concetto di violenza e si assicura alle vittime della violenza ed ai loro figli minori un sostegno per consentire loro di recuperare la propria autonoma individualità e di riconquistare la propria libertà nel pieno rispetto della riservatezza e dell’anonimato. Vengono individuate le funzioni e le iniziative necessarie (art. 2) ed un Forum permanente contro le molestie e la violenza di genere (art. 3). La Regione promuove la diffusione delle iniziative mediante specifiche campagne informative (art. 5). Con gli articoli 6 e 7 vengono individuati ed organizzati centri antiviolenza operanti nel territorio regionale garantendo la promozione di nuovi nuclei per la lotta, la prevenzione e l’assistenza delle donne vittime di violenze. Successivamente sono definite le case di accoglienza di cui all’articolo 9 della l.r. 31 luglio 2003, n. 10 in cui deve essere offerta ospitalità temporanea alle donne, sole e con figli minori, vittime di violenza. Negli articoli 9 e 10 si prevedono interventi finalizzati all’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza nonché iniziative e moduli formativi finalizzati alla formazione di operatori che intervengono sul fenomeno della violenza sulle donne. Infine si prevede la concessione di contributi per il finanziamento dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza garantendone la diffusa e articolata presenza sul territorio regionale, puntando sulle iniziative di prevenzione, di informazione, di rilevanza regionale anche a carattere sperimentale e sulle attività di monitoraggio degli episodi di violenza attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai centri antiviolenza e dagli altri soggetti pubblici e privati.

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11 novembre 2009

Ipotesi d’accordo del 25 ottobre 2007, relativa al trasferimento di ramo d’azienda Vodafone-Comdata

Leggi documento originale Ipotesi d’accordo del 25 ottobre 2007...

- La sintesi dell'ipotesi di Accordo -

Il giorno 25 Ottobre 2007, presso il Ministero dello Sviluppo Economico alla presenza del Sottosegretario Alfonso Gianni, dei rappresentanti del Ministro Bersani e del Ministro Damiano, si è svolto l’incontro tra Vodafone Italia, le OO.SS. SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, il Coordinamento Nazionale delle RSU. L’incontro seguiva il difficile confronto tenutosi con l’azienda durante il quale era emersa una insufficiente disponibilità dell’azienda in relazione alle garanzie sociali e alla politica industriale (in particolare a possibili future esternalizzazioni). La garanzie sociali sono infatti, per SLC, Fistel e Uilcom, elemento essenziale per garantire i lavoratori che non si tratti di licenziamenti collettivi camuffati.In tarda serata è stata quindi raggiunta un’ipotesi di accordo, che sarà ora sottoposta al giudizio sovrano dei lavoratori interessati.

In particolare:


- è stata ribadita la contrarietà delle OO.SS. al progetto di esternalizzazione, confermando il parere negativo già espresso durante la procedura;


- Vodafone si impegna a non esternalizzare più attività e lavoratori per la rete e per il customer per tutto il periodo coperto dal piano industriale (2010);


- In caso di nuove assunzioni a Comdata Care, che diverrà entro pochi giorni una SPA (con tutte le connesse garanzie societarie e di capitale) non vi sarà il doppio regime, cioè si applicheranno anche a eventuali nuovi assunti tutti i diritti e le norme conquistate dai lavoratori di provenienza Vodafone;


- Ai lavoratori ceduti si applicheranno tutti i diritti e le tutele economiche e normative previste dai diversi accordi collettivi nazionali e aziendali (compreso il Premio di Risultato) nonché diversi benefit erogati dall’azienda, a partire dagli asili nidi, e dall’accelerazione delle azioni del piano “all shares” ;


- Per i 7 anni della commessa, fatte salve le dimissioni volontarie e i licenziamenti per giusta causa, Vodafone e Comdata garantiscono la piena stabilità occupazionale;


- In caso di risoluzione anticipata della commessa, Vodafone garantirà che le attività saranno date a un soggetto terzo a cui passeranno i lavoratori, senza soluzione di continuità (cioè con tutti i diritti e le tutele attuali) con il diritto a seguire le attività garantito a tutti i lavoratori oggetto della cessione;


- In caso di fallimento del gruppo Comdata (che risponde in solido della sua controllata Comdata Care) Vodafone si impegna o a trovare un soggetto terzo presso cui far transitare senza soluzioni di continuità tutti i lavoratori o a riassumere tutti i lavoratori in Vodafone.


- I lavoratori ceduti hanno il diritto a non essere trasferiti fuori dal comune dove lavorano a questo momento (cioè non potranno essere trasferiti, rispettivamente fuori da Padova, Ivrea, Milano, Napoli, Roma);


- La commessa durerà 7 anni e sarà rinnovabile ed in ogni caso le attività non potranno essere subappaltabili.


- E’ riconosciuto il principio condiviso per cui lavoratori ed attività sono tra loro legati e un anno prima del termine della commessa le OO.SS. e Vodafone si incontreranno per preservare anche per il futuro la continuità occupazionale (oltre quindi i primi 7 anni).

Si tratta di un’ipotesi di accordo tra le più avanzate nel settore delle TLC e in generale nel settore privato, per le garanzie sociali e occupazionali.

Si sancisce per la prima volta il principio che per 7 anni non si può ridurre l’occupazione dopo un’esternalizzazione e che tale garanzia occupazionale - in base al principio per cui “il lavoratore segue la commessa” - si proroga nel tempo.

Si stabilisce inoltre il precedente che in caso di fallimento di Comdata, Vodafone ne rimane responsabile, fino alla riassunzione di tutti i lavoratori ceduti.

Punti importanti per i lavoratori di Vodafone e per tutte le aziende che si andranno riorganizzando e un precedente importante nel settore e più in generale nei rapporti con imprese private, con tutto ciò che questo potrà comportare in termini di maggiori diritti e tutele per i tanti lavoratori degli outsourcer e degli appalti.


Veniamo ad oggi ed alla memoria corta della Proprietà Comdata Care:

COMUNICATO SINDACALE:


Le Segreterie Nazionali SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL denunciano il processo di delocalizzazione attuato da Comdata Care e su cui si hanno oramai prove palesi; questa scelta miope e irresponsabile mette seriamente a rischio i livelli occupazionali in Italia, pregiudicando anche la qualità del servizio offerto.

Tale scelta e' grave in sé e rappresenta una palese violazione dell'accordo siglato al momento della cessione, chiamando in causa anche la responsabilità di Vodafone e di tutto il gruppo COMDATA. Comdata Care, forse non ricorda cosa ha sottoscritto solo due anni fa al Ministero ? Proviamo a ricordarlo noi : "il contratto di servizio tra Vodafone Italia e Comdata Spa potrà essere rinnovato e non prevede il ricorso al sub-appalto per l'esecuzione delle attività oggetto del trasferimento".

Il paradosso che tutto ciò avviene per di più in un momento in cui Comdata Care chiede alle proprie lavoratrici e ai propri lavoratori una maggiore produttività e più attenzione alla qualità; ci chiediamo, quindi come ciò possa conciliarsi con una scelta finalizzata solo al mero risparmio sui costi . Insomma al danno anche la beffa ! Vista la gravità della situazione riteniamo urgente e indispensabile la convocazione del tavolo triangolare Sindacato-Vodafone-Comdata Care, previsto dall'accordo di cessione. In quell’occasione chiederemo di interrompere ogni processo di sub appalto e delocalizzazione e di avviare un piano di sviluppo di Comdata Care. Anche il committente deve infatti assumersi tutte le proprie responsabilità sulla vicenda. Se oltre a non voler riconoscere il contributo dei lavoratori con un PDR realmente raggiungibile, l’attuale direzione di Comdata Care pensa anche di venir meno agli impegni presi, come Sindacato agiremo allora in tutte le sedi sia vertenziali che legali.

Roma, 9 novembre 2009

Le Segreterie Nazionali

SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL