30 ottobre 2014

Camusso: "Renzi abbassi i manganelli"

Il presidente del Consiglio dovrebbe provare ad abbassare i manganelli dell'ordine pubblico". E' quanto ha affermato oggi (30 ottobre) Susanna Camusso, segretario Cgil, intervenendo a Radio Anch'io su Radio1, il segretario generale della Cgil commentando gli scontri di ieri alla manifestazione dei lavoratori Ast.
“Non capisco questo riferimento ad abbassare i toni" - ha continuato - perché "se c'è qualcuno che ha alzato i toni sono quelli che non sanno leggere gli articoli e che usano i titoli per fare polemica. Direi che questo appello il presidente del Consiglio lo deve rivolgere in casa sua". Secondo Camusso poi, gli episodi di ieri riguardanti Ast sono "un segnale pericoloso per una situazione economica e sociale molto difficile".
La leader sindacale ha inoltre esortato il Governo ad intervenire sulla vertenza parlando direttamente con Berlino. "Il governo - ha detto infatti - invece di fare ping pong tra le parti, dovrebbe sentire direttamente il governo tedesco e muoversi sulla multinazionale". Piazza San Giovanni, ha detto - "ha molto innervosito il governo: quella piazza parla dell'emergenza sociale non di tessere di partito".
“Questo governo - ha concluso Camusso - ha fatto cose importanti ma non coglie il tema fondamentale di come si crea lavoro: noi vorremmo aiutarlo questo governo. Il nostro obiettivo non è creare muri ma trovare soluzioni migliori. Cominciamo a sospettare che il governo abbia paura di misurarsi con altre proposte mentre c'è proprio bisogno di aiutarsi per trovare insieme le soluzioni migliori".


Cgil denuncia cariche polizia, solidarietà a lavoratori coinvolti

“La Cgil denuncia con forza e sdegno le cariche della polizia sugli operai della Ast e di diversi dirigenti sindacali, avvenute oggi a Roma nel corso di una pacifica protesta dei lavoratori delle acciaierie ternane, coinvolti in una difficile vertenza, ed esprime piena vicinanza e solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori in piazza, specie nei confronti di coloro che sono stati violentemente caricati dalle forze dell’ordine”. E' quanto si legge in una nota del sindacato di corso d'Italia.
“Per accertarsi dello stato di salute dei lavoratori e dirigenti colpiti oggi - prosegue la nota -, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, si è recata in queste ore nell’ospedale Policlino Umberto I di Roma dove sono stati ricoverati. Allo stesso tempo il segretario generale ha telefonato al ministro degli Interni, Angelino Alfano, per chiedere conto di quanto avvenuto oggi. Il governo, infatti, deve rispondere pubblicamente dei fatti di oggi e convocare il Comitato permanente per l'ordine e la sicurezza pubblica per dare esplicite indicazioni di attenzione e rispetto”.

Per la Cgil, conclude la nota, “molteplici sono le vertenze aperte senza soluzioni e in una situazione così drammatica, in un paese che non riesce a interrompere la caduta in una spirale di crisi, quanto registrato oggi in piazza è di una gravità inaudita. Il governo faccia al più presto chiarezza”.

27 ottobre 2014

"BELLINI": LAVORATORE TENTA DI DARSI FUOCO


l segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota, il segretario della Slc Cgil Davide Foti e il segretario confederale della Cgil, Giovanni Pistorio commentano la notizia del lavoratore del teatro "Bellini" che poco fa ha tentato di darsi fuoco.
"La situazione è drammatica, i lavoratori sono allo stremo e non è più tempo che le istituzioni rimandino soluzioni e dialogo con chi negli anni ha fatto grande il Teatro Massimo "Bellini" di Catania. Una situazione purtroppo aggravata anche da una delle gestioni commissariali che  ha penalizzato la prosecuzione dei rapporti di lavoro.
Ci rivolgiamo però al presidente della Regione, Crocetta, ricordandogli che fino ad oggi la Regione non ha progettato alcuna soluzione concreta per il salvataggio di un ente di caratura internazionale, importante per il territorio, per la cultura (che non è un peso ma una risorsa per lo sviluppo, se compresa e trattata nel modo giusto)   e per la sopravvivenza di centinaia di famiglie. Siamo certi che esistono sempre spazi di manovra e soluzioni, anche nella più difficile delle circostanze. Girarsi dall'altra parte e perdere altro tempo non è un atteggiamento utile, e meno che mai democratico".   

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NOTA SI REDAZIONE
Nella foto il segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota

26 ottobre 2014

La Piazza della Cgil


di Guido Iocca
Che non sarebbe stata un’ordinaria giornata di mobilitazione, lo si era capito fin dalle prime ore dell’alba, con l’arrivo nella capitale dei treni speciali e delle migliaia di pullman stracolmi di uomini e donne provenienti da tutta Italia per riempire la Piazza della Cgil. Tanti. Tantissimi. Molti più del previsto. A colpo d’occhio, quei coloratissimi cortei improvvisati diretti dai più diversi angoli della città nei luoghi stabiliti per i concentramenti, avevano fatto pensare già di buon mattino a una cifra sicuramente eccedente le 150.000 unità di partecipanti “organizzati” indicati alla vigilia dell’evento.

Sensazioni confermate appieno alla vista dei giganteschi serpentoni umani che, procedenti da piazza della Repubblica e da piazzale dei Partigiani, sarebbero sfilati più tardi pieni di vita, di musica, di creatività, e anche di rabbia, per le vie di Roma, con moltissimi che avrebbero fatto addirittura fatica a trovar posto già alle 11 nella stracolma piazza San Giovanni. Una manifestazione imponente come non la si vedeva da anni. Quasi una competizione a chi riusciva a rendersi più visibile: gli operai dell’edilizia – uno dei settori più colpiti dalla crisi – con i loro tradizionali cappelli di carta calcati sulla testa, i giovani (riuscitissimo il loro flash mob, con la scritta fatta dei corpi di ragazze e ragazzi a comporre il titolo della campagna “X Tutti”) e gli studenti (con i loro slogan e gli striscioni in favore del diritto all’istruzione, rimesso in discussione dalle scelte del governo), i lavoratori delle aziende in crisi, i “nonni per il lavoro”.

Sotto il tiepido sole di un ottobre alle ultime battute, in quella che è stata una splendida giornata di festa all’insegna della protesta, ma soprattutto della proposta (non di sola Leopolda, evidentemente, si nutre la pars costruens di un’Italia sempre più interessata – e nel modo giusto – a cambiare verso), da tutti è arrivato lo stesso messaggio: il mondo del lavoro, i pensionati, le nuove generazioni, gli atipici e le partite Iva – insomma, il paese reale – hanno uno straordinario bisogno di voltare pagina. Non si arrendono alla deriva di un’Italia dove la disuguaglianza è aumentata negli ultimi 20-30 anni molto di più che in altre economie occidentali e dove la linea di confine tra chi è povero e chi non lo è appare sempre più labile.

E non si rassegnano nemmeno all’idea che la riduzione dei diritti e delle tutele possa far bene al paese, perché – non c’è bisogno di un Nobel per l’economia per comprenderlo –, oltre a rappresentare un’insopportabile forma di ingiustizia, non serve a migliorare le condizioni di lavoro, né può costituire una prospettiva per la crescita dell’occupazione. Ma soprattutto una missiva le persone che hanno affollato stamane la storica piazza romana dei raduni sindacali – e con loro, sicuramente, un pezzo importante di Italia stremata da 7 anni di recessione – hanno voluto far pervenire alla classe dirigente del paese: non ne possono più di annunci, promesse e proclami, poi puntualmente smentiti dai fatti, a cominciare dal caso della legge delega sul lavoro (quasi in bianco) accompagnata da affermazioni sulla fine dell’articolo 18 e da improbabili (e irraggiungibili) modelli europei cui ispirarsi.

Che senso ha, si chiedono a questo punto in molti, sostenere di voler creare buona occupazione e poi non intervenire per ridurre le ingiustizie sociali e le storture del mercato del lavoro, insistendo su un modello di paese che compete al ribasso e non scommette sull’innovazione e la ricerca? Al centro della piattaforma alla base della manifestazione nazionale di oggi, la Cgil ha inserito un pacchetto di proposte “semplici, ma efficaci, in grado di restituire – ha scandito dal palco di piazza San Giovanni Susanna Camusso – dignità a chi lavora e ripristinare il principio indispensabile dell’uguaglianza”: un piano straordinario per l’occupazione finanziato da uno spostamento della tassazione sulle grandi ricchezze, la riforma per ammortizzatori sociali universali, l’estensione a tutti dei diritti e delle tutele garantiti dallo Statuto dei lavoratori, un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Nulla di tutto questo è presente in nessuno dei provvedimenti messi a punto dal governo. C’è poco da stupirsene, naturalmente: è noto che il confronto con il mondo del lavoro e con le sue rappresentanze non ha mai rappresentato una priorità per Matteo Renzi, impegnato con pervicacia – praticamente fin dal giorno del suo insediamento a Palazzo Chigi – nella messa in soffitta di ogni forma di dialogo sociale. Ciononostante, il sindacato (la Cgil sicuramente) continua a perseguire con convinzione l’obiettivo di migliorare il testo del Jobs Act.


Certo, non sarà affatto semplice, considerando che – dopo il passaggio in Senato – la legge delega sul lavoro verrà con ogni probabilità blindata anche alla Camera. Lo sanno bene a corso d’Italia. E allora? Come portare l’affondo in direzione di una modifica ritenuta, anche in taluni ambienti accademici e del mondo della ricerca, indispensabile? È stata ancora la segretaria della Cgil, dal palco di Roma, a indicare quella che a molti, anche all’interno della sua organizzazione, appare come la risposta più logica da mettere in campo. “Nessuno, neanche il governo, può cancellare la voce del lavoro. Ci vedremo ancora, in piazza e negli scioperi che faremo. La nostra vertenza è solo l'inizio di un cammino”.

Manifestazione Cgil 25 ottobre 2014


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"Oggi c'è una straordinaria piazza colorata. Questi sono i colori del lavoro, sventoliamo le nostre bandiere e i nostri abiti da lavoro. Siamo qui a dire al paese e al suo governo che il lavoro è l'unico centro importante. Se vogliamo un futuro dobbiamo costruirlo, per questo abbiamo sfilato nelle strade di Roma: per dire che il futuro ce l'abbiamo in testa". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha aperto il suo intervento dal palco di San Giovanni a Roma, concludendo la manifestazione nazionale della Cgil.

"Sul lavoro si giocano i nostri destini personali - ha spiegato - Siamo un paese bellissimo, con tanti pregi e problemi: se vogliamo pensare al futuro dobbiamo metterci in gioco, l'unica possibilità è creare lavoro". Camusso ha poi criticato il presidente del Consiglio: "Renzi con toni irrispettosi verso questa piazza, ha detto che è la Leopolda a creare lavoro. Ma noi sul lavoro non deleghiamo nessuno. Non siamo ossessionati dal numero 'ottanta', ma dalle cifre della disoccupazione, dai ragazzi che non hanno futuro. Il volto del cambiamento è nei lavoratori davanti alle fabbriche che proteggono il loro posto di lavoro. La preoccupazione vera - invece - è quella degli studenti che si chiedono se il loro studio avrà risultati, dei giovani che preparano la valigia e si sentono costretti a diventare migranti, come i loro nonni. Per tutti loro vogliamo cambiare verso. L'unico modo per farlo è creare lavoro, che riconosca dignità alla persone".

LA LEGGE DI STABILITA' NON CAMBIA VERSO
“La crisi e l’austerità mantengono e manterranno questo paese nella stagnazione e nella recessione. La legge di stabilità non cambia verso: è costruita con qualche taglio in più e qualche bonus in più, ma questo non basta per cambiare strada, per ricostruire giustizia e uguaglianza”. “La piazza di oggi – ha continuato – sa che senza lavoro non si cambia, bensì si arretra. E questa piazza non è la ‘passerella’ di qualcuno: è la piazza del lavoro organizzato di questo paese, che chiede e rivendica risposte”.

Camusso ha poi aggiunto che la Cgil porterà avanti in ogni sede le sue proposte sul lavoro, “costruendo alleanze, sperimentando tutte le forme di lotta possibili”, e se necessario continuerà “anche con lo sciopero generale, ma con il passo giusto, quello che usa la giusta forza e la fa valere”. Intanto, ha continuato, “saremo con i pensionati in piazza il 5 novembre prossimo, mentre l’8 novembre saremo con i lavoratori pubblici, e continueremo a proporre anche alle altre confederazioni le nostre proposte”.

L'ARTICOLO 18 E' TUTELA CONCRETA, VA ESTESO A TUTTI
Per Susanna Camusso "il governo è incoerente. E' assillato dai bonus, dall'articolo 18, ma questa è un'idea regressiva della funzione del governo sull'economia. C'è l'idea di una delega in bianco. Non si esce dalla crisi rendendo il lavoro più povero. Si ha davvero un'idea di come portare il paese fuori dalla crisi? Forse nella sua idea di futuro, al governo manca una memoria del passato. Il diritto del lavoro serve a riequilibrare un rapporto dispari tra il datore e il lavoratore. La nostra Costituzione dice chiaramente che il governo deve stare dalla parte dei più deboli, non di chi è già forte. Quando si tolgono le regole si dà l'idea che il lavoratore è una macchina: invece è una persona, ha i propri diritti dentro e fuori i luoghi di lavoro".

"Nessuno in buona fede può dire davvero che togliere l'articolo 18 e controllare i lavoratori con le telecamere possa servire per la crescita - prosegue il segretario -. L'articolo 18 difende la libertà del lavoratore e il suo essere cittadino, sono tutele vere e non ideologie, va esteso a tutti. Non sono i lavoratori che bloccano il paese. E' giusto fare la riforma della giustizia, ma che riforma è senza falso in bilancio e lotta alla corruzione? Sulla riforma della pubblica amministrazione, abbiamo la nostra proposta per un'amministrazione moderna".

DALLA PATRIMONIALE RISORSE PER LO SVILUPPO
"È troppo facile per il governo contrapporre cittadini e pezzi del mondo del lavoro anziché guardare dove si annida la corruzione, a chi gaudagna su caporalato, lavoro nero, o sulle gare al massimo ribasso - questo un altro passaggio dell'intervento -. Chiediamo al governo di fare come in Europa, perché l'Italia è l'unico paese a non avere una tassa sulle grandi ricchezze che va fatta". Proprio attrverso una patrimoniale, secondo Camusso, si avrebbero le risorse "per un Piano del lavoro  che determini posti di lavoro qualificati, che curano il paese, producono innovazione, mettano in sicurezza le scuole, gli argini dei nostri fiumi". Servono, insomma, scelte di politica industriale che "facciano davvero misurare il paese con un'innovazione rispettosa di ambiente e diritto lavoro".

  "Per noi – ha detto la leader Cgil – non c’è una via di uscita dalla crisi se non si crea buon lavoro, mentre il governo pensa sempre a una via bassa allo sviluppo che non cerca investimenti e non compete su ricerca". Quanto all'Europa, non è sufficiente battersi sui decimali del deficit, occorre che Renzi dica chiaramente "che bisogna cambiare i trattati che, pensati per un'Europa in crescita, ma che ora non vanno più bene, non funzionano. Bisogna tornare all'Europa dei popoli, della Carta di Nizza, dei diritti".

LEGGE DELEGA SUL LAVORO NON VA BENE
“La delega sul lavoro non va bene. Non va bene per come interviene sullo Statuto dei lavoratori, perché non offre soluzioni sulla precarietà, perché vuole aggiungere il contratto a tutele crescenti alle già tante forme precarie esistenti”. Camusso ha aggiunto che se “davvero si vuole intervenire sulla precarietà occorre partire dall’abolizione di tutte le forme precarie, dalla riduzione della dualità, dal porre ed estendere le tutele, dall’affermazione del principio fondamentale che se due lavoratori svolgono lo stesso lavoro devono avere la stessa retribuzione”.

Il segretario si è poi concentrata sulla necessità di riformare e rendere universali gli ammortizzatori sociali: “ma questo nella delega non c’è, mentre invece ci sono meno risorse e una sostanziale riduzione, senza dimenticare che le norme sulla cassa integrazione rimangono quelle stabilite dalla Fornero”. Come fa il governo, ha continuato, a “sostenere che l’indennità di disoccupazione sarà per tutti, quando il conto è fatto per settimane, escludendo così tanti lavoratori, come quelli a chiamata o a termine?”. Ha poi aggiunto, riferendosi all’ipotesi del governo di inserire il Tfr dei lavoratori direttamente in busta paga, che questo viene proposto “per ricavare due miliardi di nuove tasse, oltre al fatto che in questo modo si sfasciano i fondi di previdenza complementare”.

INIZIA LA BATTAGLIA PER IL LAVORO
"Sappiamo che tante idee della legge delega sul lavoro vengono da Confindustria. E pensiamo che gli scioperi e le lotte vanno collegate all'azione sindacale in azienda, dove bisogna contrattare affinché la produttivitè si costruisca con la qualità degli investimenti, mentre puntare sulla precarietà non rappresenta un investimento sul futuro". "Qualcuno – ha aggiunto – ci dice che i lavoratori che rappresentiamo noi sono quelli forti e tutelati: bene vorrà dire che metteremo la forza e l'esperienza che abbiamo acquisito in tanti anni di lotta a disposizione dei lavoratori più deboli o addiriittura invisibili".

Camusso si è rivolta anche a Confindustria: "Gli industriali dicono che dobbiamo stare insieme. Ma perché non dicono una parola quando le industrie vanno all'estero? Perché rifiutano le clasuole sociali nei cambi di appalto? Probabilmente perché hanno sposato l'idea che basta intervenire sull'articolo 18...". Poi, rivolta a Renzi, la leader Cgil ha detto: "Al presidente del Consiglio, che vedremo lunedì, dico che noi non abbiamo nostagia della concertazione, perché questa si può esercitare quando si condividono obiettivi e finalità. Non è così: la nostra idea del paese è diversa da quella di questo governo. La nostra si fonda sui diritti e sul lavoro e su questo chiediamo confronto e contrattazione".


"Sappiamo – ha concluso –, che la situazione non è semplice, ma la nostra vertenza è solo l'inizio di un cammino. Nessuno, neanche il governo, può cancellare la voce del lavoro. Ci vedremo ancora, in piazza e negli scioperi che faremo. Al lavoro e alla lotta, dunque".

25 ottobre 2014

Insieme contro la violenza sulle donne


Sabato 24 novembre, dalle ore 10, ci ritroveremo in piazza Università per una grande iniziativa contro la violenza sulle donne. Questi gli eventi previsti:
- microfono aperto, letture di poesie e interventi
- flash mob/installazione, deporremo scarpe femminili tra piazza università e piazza duomo, chi ha scarpe vecchie le porti
- biciclettata: un gruppo di ciclisti girerà tra piazza Duomo e piazza Università con dei cartelli contro la violenza sulle donne. Se volete potete venire in bicicletta
All'iniziativa, promossa da Cgil, Udi e Arci hanno aderito decine di associazioni e forze politiche catanesi. Vi aspettiamo

23 ottobre 2014

Teatro Stabile di Catania: "Il Fichera stia sereno"


Per quanto ci riguarda,  in quanto tirati in ballo,   con lo scopo di tranquillizzare il Fichera e chi attentamente lo legge  rispetto alle nostre azioni così come sulle nostre intenzioni vi chiediamo di pubblicare le seguenti note.
Non siamo stupiti per quanto dichiarato da Cosimo Fichera, rappresentante UGL Spettacolo, la cui adamantina figura si potrebbe prendere ad esempio.
Infatti, “La via d’imparare è lunga se si va per regole, breve ed efficace se si procede per esempi” e quale migliore esempio ci può essere dato da seguire se non quello che ci viene da Fichera, uomo certamente da non seguire per la lunga via delle regole ma di grande esempio nella condotta pubblica, e di …corta memoria.
C’era forse, infatti, anche lui tra noi quando nel 2012 in un paio di giorni il Governo Lombardo tagliò a tutti i Teatri siciliani, e a stagione avviata quindi con impegni già assunti, il 17% dei contributi che però nel caso dello Stabile salirono al 34% cosicché fu avviata una lunga infruttuosa battaglia con il governo di allora per il recupero dei contributi tagliati.  Ma se ci fosse stato anche lui allora e se ne fosse dimenticato questo potrebbe essere imputabile forse solo alla sua corta memoria
Chissà?
E se invece, in quello e nei precedenti periodi, fosse stato affaccendato in altre importanti questioni e perciò per questo non ha potuto prendere parte attiva nel tentativo di difendere il Teatro Stabile nella giusta battaglia per la riassegnazione delle risorse “scippate”?
Per quanto ci è dato ricordare la questione di allora fu talmente delicata che si rischiò, a causa del taglio di alcune attività, di poter perdere quota parte del contributo del Fus ed è quasi per miracolo, che il Teatro Stabile si salvò dal collasso.
Ma a tal punto ci viene da chiederci quale possa essere stata, nel periodo, l’alta ragione di un altro così tanto alto impegno di lotta tale da costringere all’ affaccendamento l’esemplare Fichera?
Su tante cose non siamo stati in grado di seguire l’esempio del Fichera. 
Per quanto ci riguarda, lo rassicuriamo, in nessun incontro pubblico o privato siamo mai stati gli artefici delle fortune nostre o delle altrui carriere né siamo stati promotori, attraverso azioni nei consigli di amministrazione, di delicate e fortunate beneficenze elargite nei confronti di società sportive all’interno delle quali hanno operato parenti ed amici.
E a noi che viviamo, perlopiù, di regole la memoria non difetta.
Quindi del Fichera, che sibillinamente afferma che ci siano stati incontri preventivi tra i sottoscritti ed il Teatro Stabile di Catania, purtroppo ancora non ne comprendiamo il genio.
Infatti, anche a voler seguire il suo esempio avremmo delle grandi difficoltà a non seguire le regole che ci impone il ruolo.
Davide Foti - Segr Gen Slc Cgil Catania
Giovanni Nicotra -  Seg Gen Uilcom Catania

Cgil, Flai Cgil, Fiom Cgil e Filctem Cgil: "Lavoro, dignità, uguaglianza"

(di Fabio Patanè) - Si è tenuta mercoledì 22 ottobre una nuova iniziativa dedicata alla preparazione del 25 ottobre organizzata da Cgil, Flai Cgil, Fiom Cgil e Filctem Cgil dal titolo: "Lavoro, dignità, uguaglianza. Le aziende non muoiono di articolo 18. Verso il 25 ottobre". L'appuntamento è avvenuto alle ore 11 davanti i locali della St Microelectronics (Statale Primosole 20) : Erano presenti il segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota, con la segretaria confederale Pina Palella per le aziende confiscate alle mafie, Fabrizio Potetti della Fiom nazionale. Ha concluso il segretario regionale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro.


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20 ottobre 2014

Roma Calling, i diritti non arretrano 25 ottobre 2014


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 Un videospot di pochi secondi, un piccolo thriller sindacale, interamente interpretato da attori non professionisti - lavoratori, precari e pensionati - dedicato alla manifestazione nazionale del 25 ottobre a Roma.Il video è prodotto dalla Camera del Lavoro di Catania. La regia del video è firmata da Riccardo Napoli, lo stesso regista del riuscitissimo videospot "Buongiorno, sono Lucia" dedicato alla grande mobilitazione dei lavoratori dei call center che impazzò sul web e sui media lo scorso giugno.

18 ottobre 2014

Almaviva: Dichiarazione Stampa di Michele Azzola

Confronto presso Ministero Sviluppo Economico
Presso il Ministero dello Sviluppo Economico, alla presenza del Vice Ministro Claudio De Vincenti, è ripreso il confronto con Almaviva Contact per analizzare le ricadute sull’azienda rispetto alla competizione di mercato ed alla forte riduzione dei margini di profitto del settore che stanno ingenerando forti perdite anche per l’azienda in questione.
In apertura l’azienda ha ricordato come la mancata definizione del decreto attuativo per erogare le risorse previste per le stabilizzazioni effettuate nel 2007, l’incertezza sulla possibilità di accedere alla decontribuzione per i contratti di solidarietà, l’assoluta inadempienza rispetto all’applicazione dell’art. 24 bis del Decreto 83/2012 in materia di delocalizzazione e i diversi regimi contributivi cui le aziende sono sottoposte, stanno creando una distorsione del mercato che avrà conseguenze rilevanti per Almaviva Contact. In assenza degli interventi richiesti, i 2500 esuberi, oggi gestiti con la solidarietà in scadenza a maggio del prossimo anno, diventeranno strutturali con la conseguenza che sarà inevitabile avviare la riduzione dei costi.
Il Vice Ministro ha ricordato che il Governo intende agire sulle gare al massimo ribasso, per via di direttiva o legislativa, e che è in corso una indagine conoscitiva sullo stato di applicazione dell’art. 24 bis al termine della quale il Governo assumerà le determinazioni del caso.
Al Vice Ministro abbiamo espresso preoccupazione per i continui rinvii attuati dal Governo sulle regole per il settore, rinvii che hanno determinato l’esplodere di diverse crisi occupazionali, con procedure di licenziamento già avviate e che si moltiplicheranno nelle prossime settimane. Il Governo non si è attivato su nessuna richiesta e su quella che rappresenta il vero nodo del settore in Italia, il mancato recepimento della Direttiva Europea 2001/23 che tutela i lavoratori nel caso di successione di appalti, ha dichiarato di avere forti perplessità.
Abbiamo invitato De Vincenti ad un confronto aperto e trasparente su quali siano le perplessità anche analizzando la situazione della committenza rispetto ai competitor europei, che invece operano garantendo il diritto al lavoro e alla dignità delle persone.
Il Governo si sta assumendo la grave responsabilità di gettare nella disperazione migliaia di giovani lavoratrici e lavoratori che, figli di una generazione cui il Paese non ha dato alcuna possibilità, sono oggi nelle condizioni di perdere anche l’unico lavoro che gli è stato offerto.

VODAFONE Comunicato Unitario 17 ottobre 2014


COMUNICATO NAZIONALE
Cari lavoratori come OO.SS. Nazionali riteniamo doveroso fare chiarezza su diversi importanti argomenti.
PIANIFICAZIONE FERIE E FA/ROL
I residui pregressi hanno come termine ultimo di esigibilità il 30 Aprile 2015, così come prevede l’accordo di Maggio 2013 e così come ricordato nelle comunicazioni ultime dell’Azienda, che invita si i Lavoratori a programmare tutto entro il 31 dicembre 2014, ma ricorda anche che il termine ultimo per l’esigibilità dei residui pregressi è il 30 Aprile 2015.
Se l’azienda continuerà nella “forzatura” di non abilitare il tool ad una programmazione anche per il periodo Gennaio-Aprile 2015, i lavoratori sono invitati a programmare i loro residui, che volontariamente volessero portare nel primo quadrimestre 2015, avendo cura di scrivere una mail al loro responsabile diretto e specificando le loro desiderate.
Ai responsabili di linea l’invito è a non fare affermazioni del tipo “qualora non si programmino i residui entro il 2014 si perde la possibilità di usufruirne”, perché si genera confusione inutile e si affermano cose non vere.
RESTITUZIONE FORZOSA ANTICIPO DI CASSA PERMANENTE
In questi giorni molti Lavoratori hanno ricevuto una comunicazione dal dipartimento “Finance Operation” per la restituzione dell’anticipo permanente ad personam delle spese rimborsabili. La parola “permanente” lascerebbe intendere che tale quota messa a disposizione del Lavoratore debba cessare solo ed esclusivamente al termine del rapporto di lavoro tra le due parti o in un cambio di mansione dove non si determini la necessità di tale anticipo, ci lascia perlomeno perplessi che questa azienda decida a distanza di 15 anni di recuperarlo stile Equitalia.
A noi invece preme sottolineare alcuni aspetti di natura operativa che consigliamo di seguire ai Lavoratori che hanno ricevuto richiesta di restituzione anticipo:
1. Il lavoratore deve fare richiesta a chi ha generato la comunicazione di avere evidenza del cedolino dove risulta l’accredito (o più accrediti) dell’anticipo permanente.
2. Una seconda comunicazione in cui il Lavoratore scrivendo al proprio responsabile e per conoscenza ad HR e FINANCE evidenzia che all’estinzione del debito non potrà, suo malgrado, procedere in attività di trasferta, pagamento pedaggi, acquisto
marche da bollo, etc… dato che in quel momento non avrà più nessuna somma a sua disposizione per pagare spese vive.
3. Solo ed esclusivamente DOPO che sarà stato appurato l’evidenza dell’accredito consigliamo di procedere, se si ritiene necessario, a chiedere uno rateizzazione maggiore rispetto alle sei comunicate dall’azienda.
Confidiamo nel fatto che l’azienda riveda la sua posizione e tenga conto che si potrebbero generare contenziosi, che certo non gioverebbero all’organizzazione lavorativa, tanto più che fino ad ora a nessun Lavoratore Vodafone che usufruiva dell’anticipo permanente e che sia uscito dall’azienda E’ MAI STATO CHIESTO di restituire codesto anticipo.
POLITICHE MERITOCRATICHE
Contrariamente a quanto pattuito negli accordi 2013, l’azienda ha ricominciato una politica di elargizioni unilaterali. Siamo contrari perché è in netto contrasto con quanto convenuto in materia di contenimento dei costi. Si richiede all’azienda un passo indietro altrimenti dovremo riaprire una stagione di rivendicazioni economiche.
Roma, 17 Ottobre 2014
LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC CGIL FISTEL CISL UILCOM UIL






Call center: Sindacati, sciopero nazionale e notte bianca dei call center il 21 novembre

Le Segreterie Nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno deciso di dichiarare la seconda giornata di sciopero nazionale del settore con manifestazione da tenersi a Roma il prossimo 21 novembre, nell’ambito di un evento più ampio, una vera e propria NOTTE BIANCA DEI CALL CENTER In cui le organizzazioni sindacali inviteranno mondo della cultura, dello spettacolo, della società civile e della politica ad incontrare e confrontarsi con i lavoratori del settore e a solidarizzare con loro nella dura vertenza che li contrappone al Governo.

Mentre la vertenza che vede contrapposte British Telecom e Accenture con 262 licenziamenti non ha ancora trovato una soluzione, oggi E-Care ha annunciato la volontà di procedere alla chiusura della sede Milanese con il licenziamento di oltre 500 persone. Nelle prossime settimane la chiusura delle gare di Enel, Comune di Roma e il continuo ribasso delle tariffe praticato dai clienti porterà all’avvio di ulteriori centinaia di dipendenti.

Quanto sta accadendo era stato previsto e preannunciato tanto che il Governo aveva avviato, nel mese di giugno, un tavolo di crisi per il settore. In tale occasione le Organizzazioni Sindacali avevano evidenziato come, l’errata trasposizione della Direttiva Europea 2001/23 sulla tutela dei lavoratori, con la mancata estensione delle tutele previste dall’articolo 2112 del c.c. in occasione della successione o cambio di appalti ha creato in Italia un vuoto normativo che consente di creare crisi occupazionali esclusivamente per ridurre il salario dei lavoratori e ridurne i livelli di diritti.

A ciò si aggiungono gli incentivi per le nuove assunzioni già oggi previsti dalla legislazione, legge 407/90, per le regioni del sud che prevedono il mancato versamento contributivo per i primi tre anni.

Il combinato disposto delle due norme crea le crisi occupazionali odierne, che non sono determinate da un calo dell’attività lavorativa, ma unicamente dall’opportunità concessa al committente di cambiare liberamente il fornitore del servizio senza essere tenuto a garantire la continuità occupazionale a quei lavoratori che già prestavano la propria attività.

In questo modo il committente mantiene basso il costo con gli sgravi contributivi permanenti e le retribuzioni dei lavoratori ai minimi contrattuali e senza anzianità mentre lo Stato paga due volte, gli ammortizzatori sociali per i disoccupati e gli incentivi per le nuove assunzioni, senza creare nemmeno un posto di lavoro nuovo.

In nessun Paese Europeo ciò è possibile in quanto il recepimento della direttiva su citata ha portato al varo di leggi che direttamente, come nel caso della TUPE inglese, o con rimandi ai contratti di lavoro, come nel caso spagnolo, impone di garantire continuità occupazionale in caso di successione di appalti per le stesse attività. In questo modo quei mercati hanno deciso di premiare le aziende che investono in tecnologia e che riescono ad essere efficaci sviluppando ed investendo in IT e ricerca.

In Italia no! L’Italia premia l’imprenditore più spregiudicato che viola regole e leggi e in questo modo comprime il costo del lavoro, chi invece prova a competere nel rispetto delle regole viene messo fuori mercato con la conseguenza che i lavoratori saranno licenziati.

Il Governo, in una prima fase, aveva  ritenuto giuste le rivendicazioni sindacali nonchè doveroso provare a dare una risposta ai lavoratori. Dopodiché, le pressioni esercitate dalla committenza che immaginiamo non esser mai state effettuate alla luce del sole, hanno portato il Governo a ritirarsi e non convocare più il tavolo sui Call Center che invece viene sbandierato nelle risposte alle interrogazioni parlamentari dal ministro di turno.




Legge di Stabilità: il taglio al fondo patronati è un grave attacco ai diritti dei cittadini

COMUNICATO STAMPA
(Dichiarazione di Morena Piccinini, presidente Inca)
“Quello che riportano oggi alcuni quotidiani circa un taglio strutturale di risorse al fondo Patronati, di oltre il 30 per cento, va ben oltre ogni previsione negativa; è gravissima, inaccettabile e immotivata”. E' quanto afferma Morena Piccinini, presidente Inca. “Se venisse confermato il testo della legge di Stabilità, così come è stato pubblicato dai principali quotidiani – precisa - per i patronati si tratta di una stangata che pregiudicherà l'attività di assistenza e di tutela che questi istituti offrono in forma gratuita a milioni di cittadini e cittadine ogni anno, così come prevede la legge 152 del 2001”.
“Una scelta scellerata – spiega la presidente dell'Inca - che mal si concilia con le dichiarate intenzioni del governo di mettere a punto una manovra finanziaria espansiva per favorire la ripresa occupazionale e lo sviluppo economico, mostrando particolare attenzione alle famiglie più bisognose.  Il governo ignora quanto il lavoro dei Patronati incida positivamente sulla pubblica amministrazione che lui stesso intende riformare, tagliando gli sprechi”.
“Soltanto qualche giorno fa – precisa Piccinini -, in occasione della presentazione del bilancio sociale dell'Istituto previdenziale,  è stato sottolineato che, senza l'attività dei Patronati, la pubblica amministrazione dovrebbe aprire e gestire circa 6 mila uffici permanenti e per l'Inps, questo si tradurrebbe in un aumento degli organici di 5.350 unità. In termini economici, il sistema dei patronati garantisce un risparmio annuo di 564 milioni di euro per l'Inps occorrenti per garantire annualmente gli stessi servizi”.             
Secondo la presidente dell'Inca, “il taglio di 150 milioni di euro e la riduzione dell'aliquota di prelievo dei contributi previdenziali obbligatori, già a partire dall'anno in corso, significa mettere in ginocchio la rete degli sportelli dei Patronati che in questi anni di crisi ha rappresentato l'unico istituto di welfare al servizio soprattutto di coloro che non possono permettersi di pagare un consulente privato per ottenere le prestazioni previdenziali e assistenziali cui hanno diritto e che stanno soffrendo più di molte altre categorie le conseguenze di una crisi disastrosa”.
“Altro che manovra espansiva se venisse confermato la bozza data alla stampa – conclude la presidente Inca -, si tratterebbe invece di duro attacco senza precedenti ai diritti più elementari costituzionalmente garantiti, per tutti e, in particolare, per le fasce più deboli della popolazione. Questa legge di Stabilità ci consegna una ragione ancor più significativa per partecipare alla giornata di mobilitazione indetta  dalla Cgil per il 25 ottobre”.
Roma 17 ottobre 2014

E‐CARE: LICENZIATI 489 LAVORATORI DEL CALL CENTER

Con la dichiarazione della chiusura della storica sede di Cesano Boscone del call center ECare ed il conseguente licenziamento di 489 lavoratori si giunge all’ultimo atto di una vertenza aperta oltre un anno fa per far fronte, con i sacrifici sostenuti dai lavoratori, alla decisione di Fastweb di cambiare fornitori, non per problemi di qualità o di costi incompatibili, ma per scelte strategiche della società.
Ancora un caso diretta conseguenza della normativa sugli appalti che, in contrasto con le indicazioni dell’UE recepite quasi ovunque, consente libertà di licenziare ad ogni cambio appalto.
A fronte della pur legittima scelta di Fastweb di cambiare fornitori (ci auguriamo non per abbattere le tariffe e quindi impoverire i lavoratori), i lavoratori non devono perdere il lavoro perché è stato semplicemente trasferito ad altra azienda.
E’ inspiegabile che il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero del Lavoro non abbiano mai convocato le parti nonostante lo scorso 14 luglio gli fosse stato richiesto un incontro unitariamente dalle organizzazioni sindacali che avevano già paventato la situazione che purtroppo si è concretizzata ieri.
E‐Care ha spiegato ai lavoratori che tra le ragioni che hanno condotto alla decisione di chiudere e licenziare vi è l’alto costo del lavoro del sito, tralasciando che i lavoratori avevano già subito notevoli decurtazioni alle retribuzioni con gli ammortizzatori sociali e con il blocco degli istituti economici di secondo livello.
Se il nostro ordinamento giuridico riconosce la libertà d’impresa, e la garantisce con norme, mentre non ci sono norme che definiscano in concreto la responsabilità sociale dell’impresa nel cambio di appalto, ciò non obbliga certo alcuno dei soggetti a scaricare sulla collettività il costo sociale di 489 licenziamenti per scelte commerciali, ancorché legittime. Si impegnino dunque tutti, stazione appaltante, appaltatore uscente e appaltatori subentranti, a trovare le soluzioni occupazionali in tempo utile.
Roma, 16 Ottobre 2014

SEGRETERIA NAZIONALE SLC‐CGIL

E-CARE: COMUNICATO SINDACALE. NON POSSIAMO ACCETTARE ALTRI 489 LICENZIAMENTI

La cessazione delle attività operative della storica sede di E‐Care a Cesano Boscone con l’avvio delle procedure per il licenziamento di 489 lavoratori sono un fatto di estrema gravità per le Persone coinvolte e per l’impatto sociale sul territorio, per le possibili conseguenze sugli assetti aziendali complessivi e perché, purtroppo, altre morti annunciate seguiranno nelle prossime settimane nel settore dei Call Center.
Quella che abbiamo di fronte non è una semplice crisi di mercato dovuta alla contrazione della domanda di servizi, ma una guerra che si combatte ormai in campo aperto per l’abbattimento delle tariffe al di sotto del costo del lavoro e che in ogni gara d’appalto apre un nuovo fronte. Per questo i sacrifici cui si sono sottoposti per un anno i lavoratori di Cesano Boscone, con gli ammortizzatori sociali in deroga e con il congelamento degli istituti economici di secondo livello, non sono andati a buon fine.
Ad una riduzione dell’attività si può rispondere con gli ammortizzatori sociali, sebbene in deroga, ma se i ricavi scendono ad attività costante vuol dire che il sistema è malato e la malattia del sistema si chiama assenza di regole sui cambi di appalto. C’è bisogno di una terapia d’urgenza, ma il governo finora ha fatto tanti annunci e niente fatti.
Le difficoltà dovute a tale stato di cose, oltre che alla situazione del cambio appalto della commessa Fastweb, ci avevano portato a richiedere già lo scorso 14 luglio un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero del Lavoro, ma non abbiamo mai avuto risposte.
Le Segreterie Nazionali invitano pertanto il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero del Lavoro a convocare immediatamente il tavolo finalizzato a trovare tutte le soluzioni possibili che impediscano il licenziamento di 489 lavoratrici e lavoratori scaricandone sulla collettività il costo sociale.
Proprio perché non è ancora stato in grado di definire norme generali che, recependo le indicazioni UE, garantiscano la continuità lavorativa in caso di cambio appalto, il Governo deve intervenire nelle singole vertenze e costruire azioni delle parti coerenti con gli annunci fatti.
Certamente E‐Care non può chiamarsi fuori dalle sue responsabilità, né può pensare di mettere sulla strada 489 famiglie in questo momento di grande difficoltà del Paese, noi non glielo permetteremo mai. Né può pensare di spostare impunemente attività e commesse, oggi svolte su Cesano Boscone, in altre sedi.
Chiedono infine a tutte le società coinvolte nella vicenda del cambio appalto, dalla stazione appaltante, all’appaltatore uscente fino agli appaltatori subentranti, di farsi carico della responsabilità di assicurare a tutti i lavoratori coinvolti una prospettiva lavorativa.
Convocano il Coordinamento Unitario delle Rsu E‐Care il 30 ottobre 2014 per decidere le iniziative volte a trovare una soluzione per i licenziamenti di Milano e a prevenire ulteriori conseguenze occupazionali nel gruppo.
Roma, 17 ottobre 2014
Le Segreterie Nazionali
SLC‐CGIL   FISTEL‐CISL   UILCOM‐UIL   UGL

15 ottobre 2014

Telecom Divisione Caring Services: Opportunità o Costo

Durante l’incontro del Coordinamento delle RSU di Telecom tenutosi il 16 e 17 luglio, l’azienda, in ottemperanza a quanto previsto dagli accordi sottoscritti il 27 marzo 2013, ha avviato un confronto finalizzato a definire le strategie inerenti il futuro di Caring
Service con particolare riferimento alla decisione di procedere alla societarizzazione della divisione.
L’accordo del 27 marzo oltre ad aver previsto l’azzeramento degli esuberi alla scadenza del periodo di solidarietà, stabiliva una moratoria della decisione di procedere alla societarizzazione per un anno, con una serie di interventi finalizzati a recuperare
produttività, misurati i quali l’azienda avrebbe definito la sua posizione sul futuro della divisione.
In tale incontro l’azienda ha evidenziato come gli interventi realizzati abbiano consentito un ingente recupero di produttività (misurabile in oltre 60 milioni di euro) pur lamentando un costo eccessivo rispetto al mercato esterno.

08 ottobre 2014

Lettera di Massimo Cestaro ai lavoratori per Manifestazione 25 ottobre 2014

Alle Lavoratrici, Ai Lavoratori
Stiamo tutti preparando la MANIFESTAZIONE DEL 25 OTTOBRE.
Come è tradizione antica e consolidata della CGIL, tutte le nostre manifestazioni sono di protesta e di proposta. Oggi però c’è qualcosa in più per cui la risposta deve essere più larga e più forte possibile. Vi è infatti una esplicita azione, anche mediatica e su larga scala, tesa a delegittimare il nostro sindacato su uno degli aspetti per noi più sensibili: Saremmo i difensori dei “garantiti” contro i giovani e contro i precari.
Anzitutto verrebbe da chiedere a tutti quegli assidui frequentatori di talk show, se qualche volta hanno avuto anche il buon gusto di volgere lo sguardo dentro le sedi dove le parti sociali hanno dovuto affrontare gli effetti drammatici della crisi sull’occupazione e vedere lì le facce dei “garantiti” che perdevano il posto di lavoro.
Ma quella che appare davvero come una volgare mistificazione ‐ non sappiamo se per calcolo o per pura ignoranza, probabilmente per entrambi ‐ è la domanda retorica che ci viene posta: quando si allargava il precariato, voi dove eravate?
Bene, noi eravamo lì, con gli occupati, con i disoccupati e con i precari: cioè con tutti coloro i quali hanno in mente il lavoro come condizione irrinunciabile per dare dignità alla propria vita. Abbiamo dovuto combattere contro una legislazione che, scientificamente, ha puntato a sottrarre intere generazioni dalla sfera dei più elementari diritti di cittadinanza. Questi nuovi esponenti di una politica ottocentesca farebbero bene ad andare a riguardare le nostre azioni sindacali (nostre, di SLC, ma solo per parlare di cose che conosciamo bene!) sui Call Center, sull’editoria, sull’emittenza, sulla produzione culturale! Andassero a rivedersi le interviste televisive ai precari, ripresi di spalle e con la voce contraffatta per non farsi riconoscere: da chi? Da noi? O piuttosto dalle imprese, spesso cooperative, per le quali lavoravano? Eppure l’attenzione di oggi è tutta rivolta al sindacato che, colpevolmente, non avrebbe associato e quindi rappresentato quel lavoratore precario, mentre nessuno sembra porsi la domanda di quanto quel lavoratore fosse davvero LIBERO di esercitare compiutamente i suoi diritti costituzionali.
Siamo perfetti? No. Errori ne abbiamo fatti anche noi e forse non siamo stati una “sponda” sufficientemente solida per quei lavoratori. Ma nessuno dica che non abbiamo provato ad opporci, anche con la contrattazione collettiva e con qualche risultato, al dilagare del precariato, voluto fortemente e consapevolmente dalle imprese come strumento competitivo sul mercato del lavoro per abbassare le tutele di tutti e col sostegno della Legge che, com’è noto, è sempre sovraordinata rispetto ai contratti.
Diamo una risposta forte e autorevole per riaffermare il valore della rappresentanza di milioni di cittadini! Portiamo in piazza gli occupati, i precari, i disoccupati. Portiamo i fatti, la loro realtà e le loro condizioni materiali che sono sempre più dure delle chiacchiere! Il Paese non lo si cambia senza di noi e solo una politica stolta e miope può pensare di cambiarlo CONTRO di noi.
 Massimo Cestaro
Segretario Generale SLC‐CGIL Nazionale

Vertenza Servizi Postali Sicilia

Nel settore dei servizi postali siano essi pubblici (Poste Italiane) che privati (Appalti Privati), da qualche anno si sta navigando a vista con gravi contraccolpi complessivi sull’occupazione e la qualità del servizio all'utente, ciò non a causa della crisi finanziaria, ma per le strane politiche industriali che Poste Italiane ha imposto negli ultimi anni.
Poste Italiane, società di fatto controllata dal Ministero del Tesoro e principale concessionaria dello stato nel settore, infatti, sta riorganizzando la propria presenza sul mercato puntando al mero recupero economico a danno della qualità del servizio verso i cittadini consumatori.
Va purtroppo in questa direzione l’ultima scelta operata da Poste sull’internalizzazione, a partire  dal 1 ottobre, del servizio raccomandate, servizio sino ad oggi svolto in appalto da ditte esterne.
Tutto ciò causerà disagio sia tra i propri addetti sia nell'utente. Sono stati, infatti, ridotti i centri di smistamento così come le zone con conseguente ampliamento delle porzioni di territorio assegnate al proprio organico. L'internalizzazione dei prodotti ad alto valore aggiunto come le raccomandate e la pesante ed incessante incentivazione all'esodo del proprio personale, oggi chiamato esodato, ha fatto si che il carico di lavoro continua a diventare sempre più insostenibile ed ha determinato il crollo dei livelli occupazionali del settore servizi privati.
Infatti, dal 2000, anno in cui lo Stato ha ritirato le concessioni a tante aziende private, Poste Italiane ha affidato in appalto a ditte esterne circa il 35-40% del mercato delle raccomandate a fronte di un prezzo quantomeno discutibile.  L'appalto viene, infatti, assegnato a circa 0,97 euro a raccomandata a fronte di un incasso che varia da 3,5 euro a 15 euro, tanto viene pagato dall'utente.
A causa di tutto ciò si è venuto a creare nel settore del recapito privato un settore povero, con un CCNL diverso da quello applicato ai dipendenti di Poste Italiane e che schiaccia verso il basso il costo del lavoro per gli addetti del recapito privato. Ciò ha voluto anche dire maggiori ricavi a costi fissi per Poste Italiane SPA e maggiore qualità del servizio per le conseguenze determinate sul perimetro, non più infinito, delle zone di recapito.
A questo punto ci chiediamo quale sia la strategia di Poste Italiane e se tale strategia miri esclusivamente all'utile immediato con pari nocumento per la qualità del servizio reso al cittadino, per la salute dei propri lavoratori e per i livelli occupazionali degli addetti al recapito privato.
Se anche Poste Italiane pensa di poter evadere dalle sue responsabilità sociali e pensa che la propria azione possa essere indirizzata verso l'esclusiva produzione di un utile economico, che poi comunque non ci sarà, siamo davvero alla canna del gas.

Palermo,08/10/2014

TLC: Swisscom valuta la cessione di Fastweb a Vodafone

Swisscom sta valutando la cessione di Fastweb a Vodafone. E' quanto si legge su organi di stampa elvetici, come l'Handelszeitung, che rilanciano indiscrezioni in circolazione ormai da alcuni mesi sul possibile interesse del gruppo britannico, guidato da Vittorio Colao, per l'operatore di banda larga fondata a Milano nel 1999.
La novità delle ultime indiscrezioni è però rappresentata dalla discesa in campo di Ubs. La compagnia svizzera sta lavorando con la banca di Zurigo, advisor di lunga data di Vodafone, per facilitare un'operazione dal valore potenziale fino a 5 miliardi di euro sulla base di un multiplo di settore di 8/10 volte l'Ebitda 2013 di 510 milioni di euro registrato da Fastweb.
Vodafone ha più volte smentito trattative in corso ma, secondo quanto finora emerso, rimane interessata all'acquisto di Fastweb e ad aprire negoziati con Swisscom. Il gruppo britannico ha avviato negli ultimi anni un nuovo percorso strategico che prevede l'acquisizione di reti a banda larga per accelerare la convergenza fisso-mobile e quindi la fornitura di servizi cosiddetti triple-play (internet, televisione, telefono).
Il gruppo britannico ha per esempio acquisito lo scorso marzo per 7,2 miliardi l'operatore via cavo iberico Ono e l'anno scorso per 7,7 miliardi Kabel Deutschland. Vodafone, che da ieri è stata inserita tra i pretendenti anche di Portugal Telecom, può contare su un enorme liquidità, frutto del maxi-accordo da 130 miliardi di dollari per la cessione del 45% di Verizon Wireless al partner statunitense Verizon Communications che portato nelle casse del gruppo britannico ben 60 miliardi in contanti.
La notizia fa volare il titolo di Swisscom a Zurigo. Sul listino elvetico il titolo del gruppo viaggia in rialzo del 2% a 544 franchi dopo aver toccato nel corso della seduta un massimo a 557 franchi, su livelli che non vedeva da 14 anni. Segno che il mercato crede che la capogruppo si stia muovendo per valutare la cessione a Vodafone, da oltre un anno indicata periodicamente come interessata all'azienda italiana. Dal quartier generale del gruppo svizzero, come d'abitudine, non arrivano peraltro commenti.
La vendita della controllata secondo gli analisti consentirebbe a Swisscom di ridurre gli investimenti in conto capitale e di distribuire un dividendo straordinario. Guardando poi alle possibili sinergie c'è chi è convinto che Fastweb possa valere più per Vodafone che per Swisscom.


07 ottobre 2014

BT-ACCENTURE: AZZOLA (SLC CGIL), AZIENDE CARNEFICI, GOVERNO INETTO

“Nella serata di ieri si è rotto il tavolo di trattative sulla vertenza British Telecom e Accenture – lo annuncia Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil. “La decisione di BT di portare via il lavoro svolto dal sito di Palermo per spostarlo in un altro territorio, peraltro mai comunicato, si conclude nel modo più tragico: il licenziamento di 262 lavoratori, mediamente quarantenni e con percentuale molto elevata di donne, fra cui molte mamme.”
“Il tutto si è consumato nel totale silenzio del Governo che di fronte a un’azienda che ha ricattato le istituzioni, i lavoratori e le loro rappresentanze cercando di ottenere il massimo profitto dal bisogno di lavoro che attraversa l’Italia e in particolare aree come quella palermitana, non ha ritenuto di spendere una parola a favore della permanenza sul sito dell’attività lavorativa.”
“Il Ministro Guidi, che è stato molto attivo per tracciare la mediazione su quanti soldi Accenture dovesse riconoscere a British Telecom per assumere il 70% dei lavoratori interessati, non ha detto una parola per denunciare il ricatto messo in atto dalle due aziende: accettare, attraverso la firma di un accordo transattivo tombale, condizioni di minor salario (cancellando gli scatti di anzianità e i livelli retributivi), di minori diritti (attraverso il controllo a distanza delle performance dei lavoratori) per continuare a fare il lavoro che già fanno da anni oppure perdere il posto di lavoro.”
“L’idea espressa dalle due aziende è che il conto del loro accordo lo avrebbero dovuto pagare i lavoratori e che per continuare a lavorare avrebbero dovuto perdere anche la loro dignità – avvisa Azzola. E questi invece, seppur in lacrime per la consapevolezza di aver perso ogni speranza nel futuro, hanno ritenuto di rifiutare l’elemosina offerta dimostrando una dignità che i vertici delle due aziende presenti non conoscono e non comprendono: “potete comprare le nostre braccia, il nostro tempo e la nostra intelligenza ma mai la nostra dignità” hanno detto al termine della trattativa. Con l’unica eccezione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando che orgogliosamente ha definito gravi le posizioni assunte da British Telecom, il rappresentante del Governo ha chiuso asetticamente dicendo che la competenza sulla vertenza passerà ad altra istituzione, denunciando l’incapacità a dirimere la controversia. In verità nemmeno una telefonata è stata fatta ai vertici di British Telecom rispetto a quanto stava accadendo.”
“In nessun Paese Europeo operazioni come quelle orchestrate da British Telecom sono possibili, perché in tutti quei Paesi il recepimento di una direttiva europea del 2001 tutela i cambi e le successioni di appalto con una norma di civiltà:se il lavoro continua a esserci, il lavoratore segue il lavoro pur cambiando l’azienda che lo svolge.  In Gran Bretagna British Telecom mai farebbe operazioni di questo tipo perché pesantemente sanzionate dalla legge (TUPE). La debolezza e l’incapacità del Governo permettono, invece, in Italia i peggiori comportamenti privi di qualsiasi elemento di responsabilità sociale e, anzi, British Telecom è il fornitore di servizi telefonici del Ministero del Lavoro.”
“In un primo momento anche il Governo Italiano aveva ritenuto tale strada necessaria per tutelare migliaia di lavoratori (giovani e donne) ma le pressioni esercitate nelle segrete stanze dalla committenza ha portato il Governo a sfilarsi dalla vertenza lasciando soli i lavoratori e le lavoratrici del settore a piangere e disperarsi – ricorda il sindacalista. In testa a tutti la committenza delle telecomunicazioni che mostra il viso buono e responsabile nella gestione del personale diretto, elogiando in ogni intervista la responsabilità dimostrata dal sindacato, per diventare il peggior carnefice nei confronti dei lavoratori che operano in appalto. E’ evidente che tale discrasia non potrà che vedere una risposta durissima del sindacato a ogni singola azienda e a un’associazione di rappresentanza che si rifiuta ostinatamente di voler provare a governare i processi.”
“E’ finito il periodo della pace sociale e della responsabilità nel settore delle TLC per aprire la stagione del conflitto sulle contraddizioni che non si vuole risolvere.”
“Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha chiesto nei giorni scorsi una mano a spingere la macchina per rimetterla in moto: peccato che lui e il suo Governo rifiutino l’aiuto della parte migliore del Paese che vorrebbe costruire l’Italia che lui stesso descrive ma si rendono conto che dietro agli slogan si nascondono incompetenze e incapacità che lasciano soli i lavoratori davanti ai poteri economici.”
“E in questo modo, mentre nel Paese reale migliaia di giovani donne e uomini perdono il posto di lavoro ogni giorno perché le imprese li vogliono sostituire con lavoratori meno costosi e magari collocati in Paesi esteri, Renzi impone una discussione sulla libertà di licenziamento degli imprenditori chiedendo l’ulteriore modifica dell’articolo 18. Il teatrino della politica, che ha molto migliorato la sua immagine pubblica, non ha perso i peggiori vizi del passato – conclude Azzola.


06 ottobre 2014

Comunicato Teatro dell'Opera di Roma


Qualcuno ha deciso non di dare l’esempio ma di indicare la linea politica da seguire su tutte le questioni relative alla Cultura in Italia.
Con il licenziamento collettivo di coro ed orchestra del Teatro dell’Opera di Roma si è infatti deciso non solo che di Cultura non si mangia ma che alla cultura usa e getta , di quella che si piega alle logiche del consumo e dell’intrattenimento , ci si vuole piegare.
Tutto ciò con l’aggravante che si è pure deciso di scaricare sugli artisti il peso delle proprie responsabilità, delle proprie negligenze e delle proprie colpe per gestioni allegre e clientelari.
Ad una grande nazione , che ha fatto del proprio patrimonio culturale materiale ed immateriale e del lavoro l’elemento portante della propria coesione sociale viene , in una unica soluzione, negato il diritto al lavoro e la memoria stessa.
La furia cieca di chi mette al fuoco le biblioteche, di chi distrugge i monumenti, di chi riorganizza i saperi piegandoli alla propria volontà va fermata.
La libertà e la difesa di saperi e conoscenze va tutelato e difeso ed è anche per questo che è necessario mobilitarsi a difesa del Teatro italiano che non deve essere svuotato ma valorizzato e rilanciato.

Segreteria Provinciale Cgil Catania                               Segretario Generale  Slc Cgil Catania
     Giovanni Pistorio                                                                 Davide Foti