31 gennaio 2017

Disagi e disservizi Belpasso, la Slc Cgil: "Colpa di Poste italiane"

Sulla protesta da parte dei cittadini di Belpasso causata dalla mancata erogazione del servizio da Parte di Poste Italiane, intervengono la segretaria alla Organizzazione della Slc Cgil di Catania, Lucia Torrisi e il responsabile al Dipartimento ai Recapiti Privati, Antonino Gelardi.
Dal 2014, anno del licenziamento dei lavoratori utilizzati in appalto per il servizio della consegna delle raccomandate, i disagi e i disservizi si sono susseguiti fino alla esasperazione degli utenti.
A partire da allora lavoratori utilizzati in appalto per questo servizio da parte di Poste, sono stati licenziati a causa di una distorta politica di internazionalizzazione che ha penalizzato da un lato ben 2000 lavoratori a livello nazionale (di cui 60 a Catania, dipendenti ex Palma S.r.l.) escludendoli dal giro produttivo, e dall’altro gli stessi utenti ai quali non è stato più possibile garantire la qualità del servizio di recapito.
Per Gelardi e Torrisi, “fa veramente rabbia apprendere di questi disagi agli utenti, sapendo che c’è invece chi, per oltre 15 anni, ha diligentemente svolto questo servizio per conto di Poste Italiane. Lavoratori che, da quasi 36 mesi, sono stati costretti ad entrare in uno stato di disagio sociale ed economico, aggravato dal fatto che gli ammortizzatori sociali sono in via di esaurimento, mentre la più grande azienda di recapito italiana, perde credibilità, qualità e consensi. Invitiamo tutti i parlamentari siciliani, regionali e nazionali, ad intervenire a sostegno del servizio pubblico universale che dovrebbe erogare Poste Italiane, e di tutti i lavoratori di Poste e degli appalti, al fine di scongiurare queste politiche scellerate, che hanno permesso il licenziamento di centinaia di lavoratori nel nostro territorio”.


Slc Cgil Catania: Lettera ai lavoratori del Segretario Generale Davide Foti

Care lavoratrici e cari lavoratori,
giorno 1 febbraio per tutti noi sarà una giornata importante,una giornata di lotta e rivendicazione che mira a bloccare ladestrutturazione del nostro CCNL delle TLC da parte di Asstel. Unrinnovo contrattuale difficile e strumentalizzato, che a causa di politiche industriali evanescenti,sia da parte datoriale che da parte governativa,sta creando instabilità a
migliaia di lavoratrici e lavoratori ed alle proprie famiglie.
Le grandi vertenze nazionali come quella di Almaviva, Qè, Ericsson e soprattutto Telecom ci mettono davanti uno scenario catastrofico dal punto di vista sia occupazionale che sociale.
​L'attacco spudorato al costo del lavoro, l'eccessiva flessibilità dell'organizzazione del lavoro, l'assenza di proposte sul rinnovo della parte economica unita alle politiche delle committenti sul massimo ribasso degli appalti, l'immobilità e la sottomissione delle aziende in outsorcing rispetto al potere delle committenti, le delocalizzazioni e la mancanza di leggi e regole diventa una miscela esplosiva per tutti noi. Non rinnovare un CCNL significa lasciare ai “Padroni” la libertà di applicare i propri regolamenti e le proprie iniziative organizzative che impoveriranno ancora di più un popolo di circa 180,000 lavoratori in Italia, di cui circa 20,000 solo a Catania.
​In ultimo, ma solo per una questione narrativa, non possiamo dimenticarci di un popolo di lavoratrici e lavoratori precari che giornalmente viene “sfruttata” per meri obiettivi economici. Lavoratrici e lavoratori che non possono continuare a subire la mancanza di applicazione degli accordi nazionali per l'acquisizione di diritti minimi come quelli salariali.
Per tutto ciò vi chiedo di non perdere l'occasione di dare un segnale attraverso l'adesione e la partecipazione allo Sciopero perché, una mancata risposta alla protesta, significherebbe dare un via libera alle aziende!!!!​
#NONCIAVRETEMAICOMEVOLETEVOI
#CONTRATTO SUBITO
A Catania concentramento ore 9,30 P.zza Michelangelo Corteo fino alla sede di Confindustria
Il Segretario Generale SLC CGIL Catania
( Davide Foti )

Comunicato stampa Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil di Catania su sciopero 1 febbraio

Domani 1 febbraio sciopero generale del settore Telecomunicazioni e corteo da piazza Michelangelo I sindacati catanesi: "Con il contratto indebolito finiremo per lavorare a cottimo"
È stato proclamato per domani, mercoledì 1 Febbraio , lo sciopero generale del settore Telecomunicazioni e Call Center da SLC CGIL, Fistel Cisl e Uilcom Uil nazionali; a Catania le lavoratrici ed i lavoratori protesteranno con una manifestazione e un corteo che partirà da piazza Michelangelo alle ore 9.30 per concludersi davanti la sede di Confindustria, Viale Vittorio Veneto 109.
La rottura del tavolo negoziale sul rinnovo del contratto nazionale del lavoro delle Telecomunicazioni, già scaduto a dicembre del 2015, pone in serie difficoltà i lavoratori del settore rispetto alle proposte di Asstel che punta alla diminuzione del costo del lavoro globale, con misure esagerate di flessibilità al lavoro e un metodo di rinnovo della parte economica " a conguaglio" che impoverirebbe tutti i dipendenti del settore che a Catania sono circa 12.000 compresi lavoratori precari.
Per le segreterie provinciali di SLC CGIL, Fistel Cisl e Uilcom Uil: "Il tentativo di Asstel, ramo di Confindustria che associa le aziende di Telecomunicazioni, è quello di destrutturare il contratto nazionale ed i diritti acquisiti in 20 anni di lotte dai lavoratori. Le grandi crisi aziendali come quella di Telecom, con la disdetta del contratto integrativo con perdite economiche ingenti verso gli stipendi dei lavoratori, la disfatta del settore appalti attraverso l'impiego di politiche del massimo ribasso sia economico che di diritto vedi le vertenze Almaviva e Qè , ci sta riportando indietro di decine di anni dove cottimo diverterà una unità di misura per erogare stipendi all'interno di uno dei settore maggiormente investiti da innovazione e sviluppo. La totale assenza di leggi e regole a supporto, non delle imprese ma dei lavoratori, sta creando una deriva sociale di enormi dimensioni, basti pensare ai 180.000 addetti che giornalmente tentano di garantire servizi ai cittadini italiani. In questo rinnovo il sindacato confederale punta invece alle garanzie minime per tutti i lavoratori senza discriminazione alcuna, ricordando il popolo dei circa 20.000 precari nel settore, punta a normalizzare attraverso strumenti reali e fattibili le gare al massimo ribasso e le delocalizzazione e sopratutto punto ad un recupero salariale per tutte le lavoratrici e lavoratori. I massimi committenti del settore come Telecom, Vodafone, Wind/3 e Fastweb se ne facciano una ragione: o rientrino nelle logiche sociali oppure si assumano le responsabilità della distruzione del settore, un danno non solo per i lavoratori ma soprattutto per i cittadini".


Lavoro: la madre si può licenziare solo con colpa grave

La lavoratrice madre può essere licenziata solo con colpa grave. Non è sufficiente la giusta causa. È questo il principio che si ricava dalla sentenza n. 2004/2017 della Cassazione (qui sotto allegata), chiamata a pronunciarsi sul licenziamento irrogato ad una donna per "assenza ingiustificata".
Nella vicenda, la dipendente, che aveva già alle spalle un licenziamento al quale era seguita la riammissione in servizio, veniva trasferita in un ufficio presso il quale tuttavia non si presentava, rimanendo assente ingiustificata per oltre sessanta giorni consecutivi. Il datore la licenziava invocando la clausola del contratto collettivo che permette la risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente arbitrariamente assente dal servizio.
La donna impugnava il licenziamento in Cassazione, eccependo la nullità per violazione della normativa a tutela della maternità (art. 54 d.lgs. n. 151/2001), che prevede espressamente il divieto di licenziamento della lavoratrice madre, salvo che non ricorra la colpa grave della stessa.
I giudici di merito le davano torto ritenendo che l'assenza ingiustificata risultasse tra le cause di licenziamento per giusta causa previste dalla contrattazione collettiva, e poiché la donna non si era nemmeno presentata al momento del ripristino del rapporto di lavoro, la sua condotta integrava la fattispecie della colpa grave prevista dalla legge.
Ma la Cassazione non è d'accordo. E richiamando i principi espressi in precedenza (cfr. Cass. n. 19912/2011) e la decisione della Corte Costituzionale in materia (cfr. Corte Cost. n. 61/1991), ha accolto le doglianze della donna, statuendo che "la colpa grave della lavoratrice non può ritenersi integrata dalla sussistenza di un giustificato motivo soggettivo, ovvero da una situazione prevista dalla contrattazione collettiva quale giusta causa idonea a legittimare la sanzione espulsiva - essendo, invece, necessario verificare se sussista quella colpa specificamente prevista dalla norma (art. 3, lett. a), d.lgs. n. 151/2001) e diversa, per l'indicato connotato di gravità, da quella prevista dalla disciplina pattizia per i generici casi d'inadempimento del lavoratore sanzionati con la risoluzione del rapporto".
L'accertamento e la valutazione in concreto della colpa grave, ha sottolineato la Cassazione, spettano al giudice di merito, il cui ambito di indagine "deve estendersi ad un'ampia ricostruzione fattuale del caso concreto e alla considerazione della vicenda espulsiva nella pluralità dei sui diversi componenti". E tale più esteso, articolato e completo ambito di indagine "è conseguenza necessaria del carattere autonomo della fattispecie in esame e della sua peculiarità, in quanto la colpa grave, che giustifica la risoluzione del rapporto, è quella della donna che si trova in una fase di oggettivo rilievo nella sua esistenza, con possibili ripercussioni su piani diversi ed eventualmente concorrenti (personale e psicologico, familiare, organizzativo)".
Da qui, la parola al giudice del rinvio che dovrà indagare sulla sussistenza o meno della colpa grave alla stregua di un "adeguato rigore valutativo", giacchè la situazione da verificare oltre a dover "essere di gravità tale da giustificare la risoluzione del rapporto di lavoro, si pone, nella disciplina di cui all'art. 54 d.lgs. n. 151/2001, come causa di esclusione di un divieto di licenziamento che attua la tutela costituzionale della maternità e dell'infanzia".


30 gennaio 2017

Mercoledì 1 febbraio sciopero nazionale delle telecomunicazioni



Difendere il contratto collettivo nazionale di lavoro, incrementare i salari in modo certo e definito,  scongiurare ulteriori delocalizzazioni, respingere l’attacco ai diritti su orari, part-time, flessibilità, inquadramento, scatti di anzianità, elemento di garanzia retributiva
Le grandi vertenze che si stanno susseguendo nel settore vedono mettere a rischio migliaia di posti di lavoro sia nel comparto di customer care che in quello della rete, così come la dispersione di professionalità fondamentali per l’innovazione e lo sviluppo del Paese.
Contemporaneamente TIM ha dato disdetta degli accordi aziendali fino ad oggi esistenti, con una messa in discussione, nei fatti, del CCNL e al contempo della contrattazione aziendale.
Un rinnovo di contratto per un settore che è il perno dell’innovazione del Paese deve basarsi su adeguate basi economiche, su un sistema bilaterale della formazione in grado di sostenere l’occupabilità e la rioccupabilità all’interno del comparto, su un sistema di welfare avanzato.
Vogliamo essere il settore al centro dell’innovazione, della qualità e dello sviluppo del Paese, non di salari e diritti low cost!
Le Segreterie Nazionali di SLC CGIL – FISTEL CISL – UILCOM UIL, in linea con quanto deciso dal Coordinamento unitario dello scorso 22 dicembre, confermano la mobilitazione per il rinnovo del CCNL delle Telecomunicazioni, a seguito della presa d’atto della perdurante distanza tra la piattaforma presentata dalle OO.SS. e le richieste di ASSTEL.
Le Segreterie Nazionali ribadiscono la grande distanza esistente sui temi della normativa, degli orari di lavoro, del part‐time, delle flessibilità, della classificazione professionale, così come la netta contrarietà alle proposte avanzate da ASSTEL sul superamento degli automatismi (scatti di anzianità) e sull’introduzione di soglie di accesso per il pagamento dell’Elemento di Garanzia.
Allo stesso modo si ribadisce il tema fondamentale del modello contrattuale confermando che, in assenza di un protocollo condiviso tra Confederazioni Sindacali e Confindustria, esso debba essere in continuità con quanto fino ad oggi realizzato nell’ambito della nostra categoria.
Le grandi vertenze che si stanno susseguendo nel settore vedono mettere a rischio migliaia di posti di lavoro sia nel comparto di customer care che in quello della rete, così come la dispersione di professionalità fondamentali per l’innovazione e lo sviluppo del Paese.
Contemporaneamente TIM ha dato disdetta degli accordi aziendali fino ad oggi esistenti. Siamo quindi di fronte ad una politica di messa in discussione, nei fatti, del CCNL e al contempo della contrattazione aziendale.

Per questi motivi, per il rinnovo del Contratto Nazionale di lavoro e per la salvaguardia dei livelli occupazionali SLC CGIL‐FISTEL CISL‐UILCOM UIL hanno proclamato uno sciopero per l’intero turno di lavoro.

Telecom Italia Shock. Il risiko finanziario giocato sulla pelle dei lavoratori, le vittime sacrificali


di Mario Galli
I lavoratori Telecom Italia urlano, ma sembra non ascoltarli nessuno. Da tempo stanno manifestando con scioperi sempre più numerosi che hanno visto un’adesione senza precedenti e che ha sfiorato il 75 %. Ma cosa ne sappiamo? Cosa sta accadendo?  
Il destino di migliaia di lavoratori e delle rispettive famiglie dipendono dagli intrecci dell’alta finanza e della politica.È una storia di cui nessuno parla, nessun giornale, nessun organo di informazione televisivo. Eppure ce ne sarebbe da scrivere.

Si tratta di un asset strategico per l’Italia, quello della comunicazione. Si tratta di Telecom Italia. Non è facile ricostruire l’intreccio della compagine societaria che si compone tra gli altri di JP Morgan, Banca Popolare Cinese e Vivendi SA.
Si avete capito bene. Vivendi SA è la società di media e comunicazioni francese che a dicembre 2016 aveva tentato la scalata a Mediaset. Vi ricordate il rumore politico innescato da quella vicenda, con un Berlusconi barricadero come non mai ed un governo a guida PD (Matteo Renzi) che si era detto disposto a difendere un asset italiano importante come Mediaset?
Verrebbe da chiedersi perché tutto quel fragore non vi fu nel 2014, quando la Telco S.p.a., la holding italo-spagnola composta da Assicurazioni Generali, Intesa San Paolo, Mediobanca e Telefònica vendette la propria quota in Telecom Italia proprio al gruppo Vivendi, rendendolo il maggior azionista di una delle principali compagnie di telecomunicazioni italiana nonché asset strategico?
Interessante soffermarci sul termine “asset strategico” poiché il sig. Bolloré, primo azionista di Vivendi (dunque proprietario) e secondo di Mediobanca, è stato al centro di polemiche circa i suoi affari nella cosiddetta Françafrique, in particolare per una inchiesta sulla guerra in Costa d’AvorioStiamo pian piano diventando una colonia francese? Sicuramente questa sarà materia di approfondimento, non vi è dubbio. Quello su cui preme ora soffermarci è la politica di gestione del personale e degli accordi sindacali seguita in Telecom Italia in questo momento.

RACCONTO DI UN TECNICO TELECOM
Un tecnico della Telecom ha spiegato a grandi linee alcune delle scelte che l’azienda si appresterebbe a fare: “Dal demansionamento dei livelli, passando per l’abolizione del mancato rientro, giorni di ferie in meno, ore di permesso cancellate, arriviamo al premio di risultato di quest’anno che paradossalmente non è stato erogato per i dipendenti, ma che sembrerebbe intascato, sotto altra dicitura, dai dirigenti”.
Se ciò risulta vero c’è da chiedere come sia possibile per i dirigenti aver maturato un premio di risultato se non è stato maturato per i dipendenti. Purtroppo non solo per questo motivo da tempo sono stati  programmati scioperi sempre più numerosi che hanno visto un’adesione senza precedenti e che ha sfiorato il 75 %. Quello che sta accadendo in Telecom, con il silenzio degli organi di stampa, potrebbe creare un grave precedente di lesione non solo dei diritti, ma anche della stessa dignità dei lavoratori.
Per capire perché sta accadendo tutto questo in Telecom Italia dobbiamo guardare alla finanza francese. Guardiamo in particolare le mosse di Vivendi che vorrebbe entrare nel capitale societario dell’azienda leader delle telecomunicazioni in Francia, l’Orange. Ma se Orange non è disposta a cedere quote societarie, come può Vivendi convincerla? Dunque Telecom Italia, ed i suoi lavoratori, potrebbero essere le vittime sacrificali del percorso di avvicinamento che vede il Vivendi accostarsi sempre più al colosso delle telecomunicazioni francese Orange!?
Ricapitolando: Vivendi si occupa principalmente di media (cinema, musica, videogiochi), mentre Orange è il leader francese delle telecomunicazioni. Telecom Italia è un settore che interessa di più ad Orange che a Vivendi, ma Vivendi potrebbe cedere le sue quote di Telecom Italia ad Orange in cambio di una massiccia compravendita di quote della stessa Orange. In tal modo Orange diventerebbe un colosso Italo-Francese, mentre Vivendi controllerebbe il mercato interno francese di media e telecomunicazioni.
Il risiko finanziario potrebbe essere giocato sulla pelle dei lavoratori Telecom Italia. Creare una azienda produttiva, con lavoratori semi-asserviti, poco sindacalizzati e con pochi diritti, da rivendere a peso d’oro per diventare leader di media e telecomunicazioni in Francia sembrerebbe una strategia a cui i lavoratori hanno ben fatto comprendere di non voler accettare senza combattere.

Come nel medioevo l’Italia è stata terreno di battaglia per i grandi potentati militari europei, oggi, che la guerra si conduce a colpi di carte bollate, azioni e silurate finanziarie, gli asset del nostro Paese (veri gioielli che dovremmo tutelare) possono diventare la merce di scambio del capitalismo finanziario globale. Al momento nessuno può sostenerlo. Una cosa è certa, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista dell’informazione, la situazione non può passare nel silenzio più assoluto.

27 gennaio 2017

Tim: Nota Asati, cambia il Responsabile delle Relazioni Industriali di TIM

Ma il dott. Mucci non era un uomo di fiducia del dott. Francesco Micheli capo delle risorse umane (ad interim!) di Tim?

Come si apprende da un comunicato della Società del 24 gennaio u.s., il dott. Mucci, responsabile delle relazioni industriali della Società e uomo di grande fiducia del dott. Francesco Micheli (ad interim responsabile della funzione people value) - con il quale aveva già collaborato, per lunghi anni, in Poste e in Banca Intesa – È STATO SOSTITUITO, dopo appena otto mesi dalla sua nomina, avvenuta su indicazione dello stesso dott. Micheli.

A sostituirlo è stato chiamato il dott. Giuseppe De Paoli. Non conosciamo il suo valore professionale ma non possiamo non andare con il pensiero alla sua vicenda in ATAC (allontanamento del 2016), riportata dalla stampa (da Repubblica).

Tralasciando le questioni relative alle modalità dell’assunzione (non essendo pertinenti con il nostro caso), l'attenzione della Corte dei Conti cadde anche sul compenso.

In ATAC aveva uno stipendio di 200.000 di euro. In TIM - azienda con i dipendenti in solidarietà da anni, con nuove condizioni di lavoro

(peggiorative) sul tavolo delle trattative per il rinnovo del CCNL - quale compenso riceverà?

In un momento di politiche di riduzione dei costi – argomentazione costantemente richiamata dai Vertici nell’illustrare la nuova politica nei confronti dei dipendenti -, ci chiediamo se l'operazione " sostituzione Mucci-ingresso De Paoli" sia andata in questa direzione o meno. Se il cambio del responsabile significasse anche cambio dei rapporti con i lavoratori - leggi: ripresa del dialogo e del confronto - nulla questio.

Ma nel comunicato non vi è alcun accenno alle ragioni. Quindi, chiediamo, quali sono le ragioni della decisione presa? I vertici aziendali le hanno condivise?

In un momento così delicato, con la maggior parte dei lavoratori in sciopero a singhiozzo in tutta Italia, ultima e  importante la manifestazione di oggi a Roma piazza fiume( a 100 mt dal head quarter della Telecom di corso d'Italia, dalle 14 alle 18 a cui hanno aderito tutte le sigle sindacali ufficiali compresi cobas, clat e snater, compresa la stessa Asati e con le percentuali monstre di adesione dell’ultimo sciopero nazionale del 13 dicembre 2016, il cambio del responsabile delle relazioni industriali - avvenuto, tra l'altro, appena il giorno dopo l'atteso incontro con le RSU, di fatto, quindi, vanificando quest’ultimo - ci sembra una decisione piuttosto singolare .

Infine, il dott. Mucci lascerà l'azienda e, eventualmente, con una "buonuscita" (e quale?) oppure avrà un nuovo incarico all’interno?

Ragionevole è il dubbio che tali scelte aziendali, anziché calmare gli animi e riavvicinare management e dipendenti, contribuiscano a peggiorare il clima tra i dipendenti con una potenziale ricaduta non positiva sulla performance aziendale.


Roma, 27 gennaio 2017

Sky, grande successo dello sciopero contro la riorganizzazione

“Lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori di Sky della sede di Roma è stato un indiscutibile successo, con punte di adesione media intorno all’80% e interi settori chiusi o sostanzialmente paralizzati dalle assenze”. Così, in una nota, Dino Oggiano e Stefano Cardinali, segretari della Slc Cgil di Roma e del Lazio.
“Lo sciopero - continua la nota - indetto in contemporanea con quello proclamato dai giornalisti del Cdr di Sky TG 24, sebbene preparato in tutta fretta, ha visto l’adesione della quasi totalità delle lavoratrici e dei lavoratori di Sky di Roma, colpiti da questo durissimo piano di ristrutturazione caratterizzato da 120 licenziamenti, 300 trasferimenti e la definitiva chiusura della sede di Roma. Un piano lacrime e sangue, che non risponde ad alcuna logica industriale ma soltanto all’obiettivo di ridurre il perimetro occupazionale per aumentare i profitti di un’azienda che sbandiera ai quattro venti grandi risultati e successi".

Si tratta, continua il comunicato, di "un atteggiamento poco attento alle esigenze delle persone che lavorano e del territorio e che merita una risposta da parte di tutte le forze politiche e sociali della Capitale. Roma non può permettersi una nuova sconfitta sul fronte del lavoro”.

26 gennaio 2017

ASSEMBLEA LAVORATORI TIM CATANIA


Le scriventi OOSS e le RSU convocano l'assemblea (unica per tutti i reparti) delle lavoratrici e lavoratori di TIM S.p.A. del territorio di Catania da tenersi il giorno 30 Gennaio 2017 presso la sala mensa della sede in via Ala 14 dalle ore 10.00 alle ore 11.30 con il seguente ordine del giorno:
- Disdetta unilaterale da parte dell'azienda del contratto di secondo livello come comunicato al coordinamento nazionale RSU TIM in data 23 Gennaio 2017;
- Rinnovo del CCNL TLC;
- Varie ed eventuali.
La presente vale come richiesta locali.
Il personale distaccato usufruirà di 30 minuti per lo spostamento ed è consentito l'utilizzo dell'automezzo sociale per gli aventi titolo.
Catania 26/01/2017
                      
Le Segreterie territoriali e RSU
SLC-CGIL     FISTEL-CISL    UILCOM-UIL


La canzone dello spot Tim in versione integrale....


Impossibile rimanere fermi quando parte la musica, fin dal primo momento il ballo dello spot della Tim ci ha colpito in maniera positiva, ogni tanto fa piacere vedere uno spot pubblicitario che diverte e cattura in modo positivo la nostra attenzione.
Il ballerino dello spot è tedesco ed è già una vera e propria star di You tube, lui è Just Some Motion e ha pubblicato diversi video tutti irresistibili, nel suo canale.
La canzone che è stata utilizzata dalla Tim e dal ballerino è “All Night” di un dee jay austriaco Parov Stelar, il motivo è contagioso e spassosissimo, vi invito a guardare il video integrale del balletto del ballerino Youtuber, è bravissimo e davvero divertente.

Tim: comunicato Slc incontro su disdetta contratto secondo livello

Lunedì 23 Gennaio 2017 si è tenuto l’incontro tra l’azienda TIM, il coordinamento nazionale delle RSU e le segreterie nazionali SLC, FISTEL,UILCOM.
Questo incontro è stato il primo del 2017 ed anche il primo a seguito della vertenza ancora in piedi, dopo la disdetta unilaterale dell’azienda del 6 ottobre del contratto di secondo livello del maggio 2008.
La premessa è quella che si arriva a questo appuntamento senza che l’azienda abbia fornito nel frattempo segnali di distensione o di buon senso, salvo rispondere su pagine aziendali e alcuni quotidiani, affermando che tutto quello che stava accadendo era solo frutto di chi, nell’idea di rappresentare l’interesse dei lavoratori, si lasciava andare a supposizioni ed analisi non veritiere.
La stessa azienda che per distendere il clima comunicava poi il trasferimento di 56 lavoratori delle aree di staff da Torino e Milano a Roma.
La disdetta non era tale ed il merito messo in discussione, ovvero cancellato, non era la verità.
Se così fosse, la riuscita dello sciopero del 13 dicembre, con percentuali mai viste in questa azienda (oltre il 70%) sarebbero state solo il frutto di una infatuazione collettiva.
La cruda realtà dei luoghi di lavoro è ben diversa, e ce lo testimoniano i lavoratori giorno dopo giorno, realtà in cui sempre di più la disaffezione verso l’azienda è in aumento, figlia di una politica aziendale che nel definirsi nuova, con lotta agli sprechi e valutazione del merito delle persone e della correttezza, tutto fa tranne che andar dietro ai propri dettami.
Le linee aziendali vengono messe sotto pressione ogni giorno con disposizioni lavorative sempre meno comprensibili, l’organizzazione del lavoro immutata, piena di anomalie che non permettono ai lavoratori (che devono continuare ogni giorno a tappare le falle di una organizzazione che non funziona) di esprimere in termini di produttività vera quanto realizzano o potrebbero realizzare nonostante tutto ogni giorno.
La disdetta, termine con cui l’azienda inizia l’incontro, viene definita come un riposizionamento coerente delle spese in una logica di razionalizzazione dei costi. La disdetta nelle intenzioni aziendali è solo “uno spunto di riflessione”, per valutare una nuova normativa senza nessuna forzatura !!!.
Avremmo preferito ascoltare queste frasi in una lingua che a noi fosse incomprensibile, questa riflessione aziendale mette le mani nelle tasche e nei diritti dei lavoratori, tramite una serie di manovre che come già scritto il 21 ottobre sanno di ricette tanto antiche quanto sbagliate e controproducenti , nulla è cambiato sotto il sole da quel comunicato in cui abbiamo dichiarato a tutti quali erano e quali sono i nostri obbiettivi primari.
L’azienda espone le materie oggetto dell’esame congiunto, previste dal CCNL delle TLC per esperire la formalità di modo da avere dal suo punto di vista fatto quello che doveva per poi poter procedere sulle materie di: Orario di lavoro, flessibilità tempestiva, ferie collettive coatte, modalità fruizione ef, timbratura in postazione, multi periodale per i tecnici on field e reperibilità.
Viene illustrato anche il nuovo regolamento aziendale , informativa di carattere unilaterale (è solo una informativa e non una forzatura !!!) che cancella le attuali ferie riportando l’azienda a quanto previsto dal contratto di settore, riduce le ef, cancellata la maggiorazione del 7% sul lavoro ordinario feriale fascia 20‐22, eliminato il mancato rientro in sede, entro provincia solo piè di lista a 10,87 fino al 5s, 20 euro per i livelli 6, 7 e Q…… sino al 5s seguono uno stretto regime dietetico. Viene modificato interamente il trattamento fuori provincia e anche il capitolo sui trasferimenti per servizio e quelli a domanda.
Nel fornire chiarimenti l’azienda dichiara come l’illustrazione è quanto già previsto nel documento del 6 ottobre.
Il Sindacato ha contestato per l’ennesima volta tutto, dal metodo al merito, la storia dei tavoli che non ci sono vanno imputati ad un’azienda che dal 21 ottobre, dopo l’uscita del comunicato unitario ed anche in seguito allo sciopero del 13 dicembre, non ha mai provato a chiamare le organizzazioni sindacali per provare a costruire un percorso in cui si partisse da uno stop della disdetta o dal suo ritiro, per aprire un tavolo vero di confronto in cui le parti fossero in grado di discutere dei veri problemi aziendali, a partire dalle esigenze di ambo le parti del tavolo.
Tim ha deciso di sposare la linea della intransigenza e della disponibilità a discutere solo di riduzione dei costi sulle spalle dei soliti noti, senza portare gli elementi che da ottobre abbiamo descritto nelle nostre comunicazioni, premio di risultato, pregresso e futuro, organizzazione del lavoro generale per capire dove vuole andare questa azienda, agcom e sue ricadute nel mondo wholesale, piano industriale.
Chiediamo troppo??!! NON CREDIAMO!!! Forse dovremmo sederci a questi tavoli per elemosinare una riduzione del danno come unica strada vertenziale percorribile dal sindacato, determinando così la funzione quasi esclusivamente notarile, frutto di una logica sbagliata, quella del “ tanto le aziende vanno avanti” rischia di essere una linea pericolosa che si diffonde come un virus in tutte le realtà.
Il settore delle TLC, già dilaniato da vertenze drammatiche, avrebbe bisogno invece di recuperare ed in fretta una discussione vera nella quale le imprese si assumano una volta per tutte le responsabilità sociali anziché scaricarle sulle spalle del sindacato e intraprendano ( non è mai troppo tardi) una strada diversa che valorizzi il lavoro anziché ritenerlo solo un costo da comprimere.
Certe logiche le stanno pagando a caro prezzo, in questa fase, solo i lavoratori, ma la vista lunga ci fa pensare che il sistema delle imprese, quelle vere, pagheranno un prezzo in termini industriali un minuto dopo, travolte dalla logica del massimo ribasso che sta trasformando questo paese in una società di servizi.
Continueremo la lotta con tutti i lavoratori Tim a partire dallo sciopero di settore del primo febbraio; abbiamo oggi aperto le procedure di raffreddamento nei confronti della Tim per un ulteriore pacchetto di scioperi, perché stiamo dicendo all’azienda di sospendere la disdetta unilaterale e riflettere bene sul da farsi, prima di trasformare i luoghi di lavoro in ambienti in cui la rabbia dei lavoratori cova quotidianamente e la disaffezione aumenta ogni giorno di più.
Non siamo quelli del no a prescindere, ma neanche siamo coloro che si limitano a fare i notai che ratificano scelte (sbagliate) altrui.

La Segreteria Nazionale di Slc Cgil

Call Center in outbound nota unitaria



COMPARTO DEI CALL CENTER IN OUTBOUND
AUMENTI ECONOMICI E WELFARE SANITARIO 2017
L’anno 2017 si apre con due novità positive per i collaboratori dei call center in outbound che riguardano sia la parte retributiva che il welfare sanitario.
CORRISPETTIVI
Dal 1° gennaio 2017 aumentano di circa il 14% i corrispettivi fissi minimi orari sulla scorta di quanto previsto dall’Accordo collettivo del 1° agosto 2013 stipulato da SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL con ASSTEL ed ASSOCONTACT. Con l’aumento previsto dalla seconda tranche (quota 80%), tale corrispettivo – esclusa la parte variabile- sarà infatti pari a 1.126,78 euro lordi (per 40 ore settimana su base mensile) pari ad un compenso orario di 6,51 euro.
WELFARE SANITARIO
Dal mese di febbraio 2017 partirà anche il Piano Sanitario rivolto ai Lavoratori del comparto outbound come previsto dall’intesa del 28 giugno 2016 tra OO.SS. e parti datoriali.
Tale accordo prevede per tutti i Collaboratori la possibilità di godere di prestazioni sanitarie integrative al S.S.N. attraverso il “PIANO SANITARIO GARANZIA BASE” con il versamento obbligatorio di un contributo mensile di € 6,30 a totale carico dell’azienda.
Il Piano Sanitario è stato realizzato da FAREMUTUA Società di Mutuo Soccorso, in collaborazione con UniSalute (Società del Gruppo Unipol specializzata in assistenza sanitaria). Le prestazioni vengono gestite ed erogate da Unisalute S.p.A.
Il Piano Sanitario è rivolto sia ai collaboratori il cui rapporto di lavoro al 1° febbraio 2017 é in corso di svolgimento, sia a quelli che attiveranno successivamente a tale data un rapporto di lavoro, a condizione che questo abbia una durata superiore a 30 giorni, comprensivi di eventuali proroghe o rinnovi.
Le garanzie contenute nel “PIANO SANITARIO GARANZIA BASE” sono (vedi brochure in Allegato 1):
- ricovero in Istituto di cura per grande intervento chirurgico;
- ospedalizzazione domiciliare a seguito di Grande Intervento Chirurgico;
- pacchetto maternità;
- protesi ortopediche e acustiche;
- prestazioni odontoiatriche particolari;
- cure dentarie da infortunio;
- sindrome metabolica;
- stati di non autosufficienza consolidata/permanente;
- stati di non autosufficienza temporanea;
- servizi di consulenza.

L’accordo prevede anche la possibilità di godere facoltativamente di PRESTAZIONI SANITARIE AGGIUNTIVE, rispetto a quelle previste dalla Garanzia Base, attraverso il versamento di un contributo mensile di € 7,40 così ripartito:
- quota mensile a carico dell’azienda € 5,40
- quota mensile a carico del lavoratore € 2,00
Le garanzie contenute nel “PIANO SANITARIO PRESTAZIONI AGGIUNTIVE” sono (vedi brochure in Allegato 2):
- alta specializzazione;
- visite specialistiche;
- trattamenti fisioterapici riabilitativi a seguito di infortunio;
- cure oncologiche;
- cure odontoiatriche, terapie conservative, protesi odontoiatriche, ortodonzia e prestazioni diagnostiche di tipo odontoiatrico e ortodontico;
- prestazioni diagnostiche particolari

Si sottolinea il grande valore sia sociale che economico che i due pacchetti (sia quello base che quello aggiuntivo) offrono al lavoratore , oltre che per la copertura sanitaria in sé per il valore di vera e propria “retribuzione differita” che assumono in quanto sono a totale carico dell’Assicurazione tutta una serie di prestazioni medico specialistiche e diagnostiche importanti, senza che ci sia esborso alcuno da parte del collaboratore (garanzia base) o con un esborso decisamente modesto (24 € anno) .

SLC-CGIL, FIDSTEL-CISL e UILCOM-UIL hanno fortemente voluto tale accordo ed operato affinché esso diventasse operativo con l’obiettivo più generale di fornire un quadro minimo di riferimento fatto di regole definite, di diritti e di welfare in un contesto spesso governato dalla “deregulation” più spinta quale è il comparto outbound.
Si ricorda infine che in base al sopracitato Accordo del 28 giugno 2016, dal 1° gennaio 2017 è possibile la partecipazione alle Assemblee anche dei collaboratori outbound ai sensi e nei limiti di quanto previsto dal TU della Rappresentanza del 10 gennaio 2014.

Pertanto le Strutture Sindacali Territoriali, su base unitaria, si faranno artefici di promuovere il più capillarmente possibile l’informativa circa le novità suddette con particolare riguardo al Welfare sanitario che necessita di particolare attenzione nella fase di start up nelle aziende e di grande sforzo per diffonderne la conoscenza presso i lavoratori stessi.
Roma, 26 gennaio 2017
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM- UIL

Va retribuito lo spostamento del lavoratore per ritornare in sede a fine turno

Il tempo necessario per lo spostamento del lavoratore per ritornare alla propria sede di lavoro dal luogo in cui termina il suo turno lavorativo va retribuito come normale orario di lavoro. Lo ha stabilito la Cassazione, con sentenza n. 850 dello scorso 16 gennaio.
Il caso è giunto in Cassazione a seguito di ricorso presentato da alcuni lavoratori di una azienda di trasporto che chiedevano di essere retribuiti per il tempo impiegato a raggiungere la sede aziendale a fine servizio dal cosiddetto “posto di cambio”, ossia dal posto dove il servizio veniva di fatto a cessare, sulla base degli ordini consegnati presso la sede di lavoro ad inizio turno.
Il Tribunale di primo grado come anche la Corte d’Appello rigettavano tale domanda ritenendo insussistente l’obbligo di spostamento del lavoratore ovvero non era obbligatorio per gli autisti presentarsi ad inizio turno o ritornare in sede una volta cessato il servizio alla sede di lavoro.
Non dello stesso pensiero gli Ermellini che, accogliendo il ricorso dei lavoratori riconoscono il diritto dei lavoratori ad essere retribuiti per il tempo necessario per gli spostamenti di lavoro di fine turno giornaliero, per tornare da un posto diverso da quello di inizio lavoro.
E’ chiaro che la non coincidenza tra il luogo iniziale e quello finale di lavoro, non deve essere determinata da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale (restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento).
La norma di riferimento è il regio decreto legge nr. 2328/23, recante disposizioni per la formazione degli orari e dei turni di servizio del personale  addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione, che all’art. 17, computa del lavoro effettivo anche:
“il tempo impiegato per recarsi, senza prestare servizio, con un mezzo gratuito di servizio in viaggi comandati da una località ad un’altra per prendere servizio o fare ritorno a servizio compiuto”.
Per la suprema Corte, il fondamento di questa norma è dato proprio dall’esigenza di “compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall’organizzazione del lavoro riconducibile all’azienda”. Il diritto alla retribuzione, prosegue la Corte,  “dipende dal fatto oggettivo della separazione del luogo di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l’inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo”.
Fatto che non abbisogna di dimostrazione alcuna e su cui non viene ad incidere la scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro (e quindi di recuperarla al termine della giornata).


23 gennaio 2017

Pensioni: Cgil, parole Boeri sconcertanti



Roma, 23 gennaio – “Le dichiarazioni di Boeri sulle misure pensionistiche contenute nella legge di bilancio sono sconcertanti”. Questo il commento del segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli alle parole del presidente dell’Inps di quest’oggi.

Per il dirigente sindacale “utilizzare le parziali, e per noi ancora insufficienti, risposte che il Governo ha iniziato a dare ai pensionati con i trattamenti più bassi, ai lavoratori precoci e a chi svolge lavori gravosi o usuranti, per alimentare una contrapposizione intergenerazionale, è del tutto improprio e strumentale. Sostenere poi – prosegue – che i trattamenti migliorativi riguardino categorie di reddito elevate, come i manager, è una pura invenzione, in quanto la cosiddetta quattordicesima verrà erogata solo a chi ha una pensione non superiore a due volte il minimo (circa 1000 euro al mese)”.

“Con questi primi interventi – spiega Ghiselli – è stato introdotto un minimo di equità, se si tiene conto che in questi anni i pensionati ed i lavoratori dipendenti hanno contribuito oltre misura al risanamento dei conti pubblici. Lo dimostra il fatto che il Fondo pensioni lavoratori dipendenti incrementa costantemente il suo attivo, mentre – sottolinea – altre gestioni, come quella dei dirigenti ad esempio, minacciano la sostenibilità futura dell’Inps”.

“Il tema del futuro previdenziale dei giovani e del lavoro discontinuo e povero – continua il segretario confederale della Cgil – è contenuto nel verbale sottoscritto da Governo e sindacati lo scorso mese di settembre. Il sindacato – ricorda – ha di recente sollecitato il Presidente del Consiglio e il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali a riprendere il confronto su quel tema e ci auguriamo – conclude Ghiselli – che questo possa avvenire al più presto e che si diano risposte certe a chi oggi, con la legge Fornero, queste risposte ancora non le ha”.



TIM - TRASFERIMENTI TERRITORIALI “FORZOSI “ IN AMBITO AREE DI STAFF


Abbiamo appreso che, da un incontro informativo territoriale tenutosi a Milano il 17.01.17, l’azienda intende accentrare le attività relative alle Funzioni FINANZA E ASSICURAZIONI ed INVESTOR RELATIONS in ambito AFC in una unica sede.
Il progetto prevede lo spostamento di attività e persone, dalle attuali sedi di Torino e Milano, verso Roma. Il totale delle risorse coinvolte è di 56, delle quali 21 sono ubicate a Torino e le restanti sono a Milano.
L’azienda ha motivato tale disegno adducendo le seguenti spiegazioni: semplificazione e razionalizzazione delle strutture di head quarter, gestione accentrata delle attività che, secondo TIM, è più efficace rispetto alla gestione “su più sedi” ed il connesso efficientamento che riguarda anche l’aspetto logistico.
Motivazioni del genere, in un contesto dove l’avvento della “multimedialità interattiva” (videoconferenze - servizio TIM Conference ecc) , del “Cloud” , dello Smartworking (TIM coinvolge ad oggi migliaia di dipendenti) sono ormai una consolidata realtà, le riteniamo antiche ed obsolete. NON siamo in presenza di una “banca” che ha una struttura di lavoro ancorata agli anni 80 ma all’interno di una azienda a RETE che è leader in Italia in tecnologie avanzate e promotrice di importanti soluzioni che permettono di superare la necessità di spostare decine di lavoratori per il solo scopo di averli sotto il proprio controllo fisico.
Tra l’altro riteniamo che quanto sopra “mascheri” ben altro: ovvero l’intenzione di accentrare complessivamente tutte le lavorazioni svolte dai lavoratori delle Aree di Staff a Roma, con depauperamento delle stesse e delle relative professionalità negli altri territori.
E’ necessario, quindi, da subito, che l’azienda informi in modo completo le Segreterie Nazionali in merito a quanto sopra e che interrompa immediatamente questo percorso unilaterale.
Sarà nostra cura approfondire la fattibilità di tali manovre sotto tutti i punti di vista e di sentire le lavoratrici, i lavoratori e le RSU di reparto, relativamente alle adeguate azioni da attivare sindacalmente.
Roma, 20 gennaio 2017
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGI FISTel-CISL UILCOM-UIL

22 gennaio 2017

Una nuova frontiera dell'orrore per le donne...è lo "stupro virtuale"(di Barbara Apuzzo)

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di Barbara Apuzzo 
Esiste una nuova frontiera dell'orrore per le donne...è lo "stupro virtuale", un modo con cui alcuni scattano foto a donne ignare (che passeggiano, al mare, etc) o più semplicemente le "ribano" dai loro profili social, per voi commentarle in gruppo, con frasi oscene che eleggono il corpo di queste donne a carne da macello e niente più. La cosa grave è che questi fatti avvengono su Facebook, che anche in presenza di segnalazioni precise non ritiene che queste violazioni rappresentino un fatto grave al punto da rimuovere questi post e chiudere i relativi profili.
Ecco io credo che questo non sia accettabile! Che in un mondo in cui le donne si bruciano vive perché ti lasciano, dove persino una bambina di 7 anni subisce le aggressioni dei compagni (maschi) a scuola sentendosi dire che "sono normali dinamiche di gioco" il limite di sia passato da un pezzo. E allora bisogna agire!
Il mio è un appello a tutte le donne che usano come me questo strumento per condividere idee e informazioni ma anche a coloro che semplicemente postano le foto delle proprie vacanze al mare e devono continuare a sentirsi libere di farlo! Chiediamo che venga riconosciuta la gravità di questi fatti e le violazioni subite dalle donne!
Ogni post che viola una donna viola anche me!

da www.noidonne.org
Il clima di odio sessista che corre spedito sulla rete

Donne come oggetti, bersagli di una valanga gratuita di violenza verbale, un hate speech che fa parte di un fenomeno in crescita costante come il cyberbullismo a sfondo sessuale. Che i social amplifichino le abitudini machiste ostili e violente contro le donne è chiaro a tutti. Tutti ricordiamo le tragiche vicende di donne come Tiziana Cantone o di adolescenti come Carolina Picchio. Tutti sappiamo come siano diventate vittime del tritacarne del web e si siano tolte la vita in seguito a video messi in rete. Conosciamo il fenomeno del revenge porn. I gruppi in cui si agisce lo stupro virtuale sono un tassello di questo ampio fenomeno d’odio contro le donne.
Sembra che nulla si possa fare, ma qualcosa deve essere fatta, perché non possiamo più tollerare che le nostre vite siano alla mercé di questo gioco spregevole, che il diritto a essere rispettate sempre venga continuamente schiacciato e leso.
Non siamo disposte a sopportare ulteriori sottovalutazioni da parte delle Autorità e di chi potrebbe intervenire affinché nessuna donna sia più vittima e oggetto di sfogo degli istinti e delle abitudini più turpi di uomini connotati evidentemente da una concezione della virilità alquanto deviata e sbagliata. Cresciuti a porno e violenza, visto che per i ragazzi la pornografia è una consuetudine socialmente accettata, un modo per costruire la virilità del maschio dominante.
Alcune femministe, come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, hanno individuato come nella pornografia una “rappresentazione ossessiva di donne disponibili, oggettivate, vulnerabili” concorra al “mantenimento della subordinazione femminile”. La rappresentazione della donna nel porno è nella maggior parte dei casi basata su una figura di donna deumanizzata, asservita, oggettivata, mercificata, subordinata e strumentale all’uomo. Numerose indagini scientifiche hanno rilevato come il consumo pornografico produca degli effetti negativi nelle relazioni uomo-donna, porti ad avere delle aspettative distorte del rapporto con le donne reali, ad avere relazioni sessuali senza alcun coinvolgimento emotivo, a considerare le donne come oggetti e ad alimentare i pregiudizi di genere.
Ci sono numerosi studi empirici che hanno dimostrato un legame tra consumo di pornografia e violenza. In Italia, ad esempio, Lucia Beltramini, Daniela Paci e Patrizia Romito hanno condotto una ricerca per analizzare i rapporti tra i sessi, le esperienze di violenza e la sua percezione in un campione di ragazzi e ragazze, studenti dell’ultimo anno di diverse scuole del Friuli Venezia Giulia. I risultati mostrano che le percentuali di adolescenti che consumano materiale pornografico sono elevate, con il rischio che in futuro la violenza sessuale aumenti. La normalizzazione di queste abitudini, che entrano nel quotidiano sin dalla prima adolescenza, consolida un'idea di virilità fondata sul sopruso, l'abuso, il dominio. Non c'è spazio per altro. Ed è alla radice che occorre colpire, a livello culturale che bisogna sanare questo abisso.
Quando però i comportamenti maschili più abietti trovano espressione verbale su Facebook ed altri social si può e si deve intervenire in tempi celeri, creando programmi che vadano a scandagliare in automatico contenuti, parole chiave e che facciano pulizia di certi gruppi chiusi in cui si praticano violenza e stupri virtuali. Bastano semplici accorgimenti tecnici per intervenire. Basta voler cambiare atteggiamento di fronte a un clima nocivo per le donne, ma in maniera similare anche per chi subisce attacchi razzisti o omofobi. Indubbiamente siamo noi donne a essere il primo bersaglio, come emerge dall'indagine di Vox Diritti (qui un video) e questo accade quotidianamente. Non è solo un fenomeno sporadico, né recente, ma che va avanti da anni ed è in costante ascesa, un'ondata d'odio che arriva come la lava incandescente e intrappola le vite delle donne.
Chi gestisce i social può intervenire, deve farlo se ci tiene a rendere quei luoghi virtuali “woman friendly”, a misura di donna, all'insegna del rispetto. Non ci può essere spazio per la violenza, questo deve essere chiaro a tutt*. Siamo tutt* responsabili. Alimentare o assolvere questo clima d'odio contro le donne è complicità alla violenza.
Non basteranno le segnalazioni degli utenti a fermare l'ondata di violenza, se non cambierà l'atteggiamento di chi gestisce i social. Non ci si può nascondere dietro la libertà di espressione. Le donne sono esseri umani al 100% e i loro diritti vanno salvaguardati prima di ogni cosa. Se l'articolo 167 del codice della privacy, che prevede la reclusione da uno a sei mesi per chi pubblica foto senza consenso, non scoraggia queste pratiche e non ferma l'orrore, forse occorre fare pressione dal basso.
Continuare semplicemente a segnalare non cambierà sostanzialmente la situazione: da anni lo facciamo, ci lamentiamo, denunciamo, ma Facebook non muta la sua policy che in sostanza gira la testa dall’altra parte di fronte a questo tipo di situazioni.
Come sosteneva a novembre 2016 il Ministro Orlando, occorre che i gestori dei social media, che veicolano queste informazioni, intervengano direttamente, affrontino e rimuovano certi contenuti.
Laura Boldrini si è già mossa su questo fronte: "Ai vertici di Facebook incontrati il mese scorso, ha fatto tre proposte concrete: mettere un’icona «attenzione odio», che possa essere usata dagli utenti quando riscontrano messaggi di hate speech; una linea telefonica dedicata; un personale ad hoc con sedi nei vari Paesi. «Mi hanno assicurato — racconta — risposte entro fine gennaio»".
Ma forse occorre fare di più. Perché Facebook dalle interazioni tra utenti, da tutte le nostre azioni trae profitto e non ha intenzione di perderlo. Per fargli cambiare rotta e tutelare adeguatamente le donne deve subire un danno economico, quello che potremmo generare non usando il mezzo per una giornata (o più, con un calendario settimanale di sciopero, insomma trovando una modalità adeguata di protesta che sia tangibile e chiara), per esempio, chiedendo il cambio di policy e una legge che sanzioni i social ogni volta che viene creato un gruppo misogino o non viene rimosso un contenuto lesivo dei diritti delle donne. Ma deve essere qualcosa di condiviso, una protesta di massa, altrimenti resterà tutto così com'è.
Di un luogo infestato da attacchi misogini e dove la violenza è tutto sommato tollerata non ne dovremmo sentire il bisogno, dovremmo far di tutto per pretendere un cambiamento significativo da parte degli amministratori e dei gestori dei social affinché regolino in modo adeguato e stringente i loro ambienti. Se non agiamo in qualche modo per sollecitare tutto questo sarà una nostra colpevole omissione.

Non possono esistere luoghi reali o virtuali in cui si tolleri la violenza contro le donne.

19 gennaio 2017

Lavoro dipendente: il tempo di spostamento in busta paga

www.laleggepertutti.it
I lavoratori che terminano il lavoro in un luogo diverso rispetto a quello in cui è iniziato hanno diritto ad una retribuzione che compensi il tempo impiegato per spostarvisi. È quanto chiarito dalla Cassazione con una sentenza di ieri [Cass. sent. n. 850/17 del 16.01.2017]

Il caso tipico è quello di autisti di pullman, costretti durante il turno lavorativo a spostarsi dalla sede di lavoro al cosiddetto “posto di cambio”, nel quale la giornata lavorativa finisce.

Spesso, peraltro, le auto dei lavoratori vengono lasciate là dove la prestazione lavorativa inizia, con conseguente difficoltà e maggior tempo per raggiungere detta sede tutte le volte in cui il lavoro finisce, invece, in un posto diverso. Tutto questo tempo, pertanto, va considerato come lavorativo e va conteggiato in busta paga. Il dipendente potrebbe ad esempio essere costretto a chiedere un passaggio a qualche collega, a prendere un taxi o, peggio, ad andare a piedi. Con maggiori oneri sia di tempo che di denaro. Detto tempo di spostamento ulteriore deve essere quindi compensato.


Per ottenere questo extra sullo stipendio è quindi necessario che il luogo in cui inizia il lavoro sia diverso da quello in cui finisce. È inoltre necessario che tale circostanza sia dettata «non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale». Il riconoscimento del diritto, in questi casi, dipende dal semplice fatto oggettivo della separazione dei due luoghi (di inizio e fine) della prestazione lavorativa, la quale non va dimostrata in alcun modo. Non rileva che il lavoratore si sia recato al lavoro non con la propria auto. L’unico elemento da cui dipende il riconoscimento del diritto alla retribuzione “straordinaria” è la separazione dei luoghi di inizio e fine lavoro.

Sky: Giornalisti votano quattro giorni di sciopero


Giovedì, 19 gennaio 2017
Giornalisti Sky sul piede di guerra: riuniti in assemblea hanno votato all’unanimità l’apertura immediata dello stato d’agitazione della redazione di SkyTg24 e affidato al Comitato di Redazione un pacchetto di 4 giorni di sciopero.

Il piano industriale dell'azienda prevede l'esubero di 120 persone della sede romana  e di altri 80 della sede di Milano. E il trasferimento di 300 dipendenti dalla Capitale a Milano, inclusi i giornalisti di Sky Tg 24 (con l'eccezione della redazione politica e di quella Centro Sud). Via da Roma anche parte della Information Technology e gran parte del settore commerciale.
L’Assemblea dei giornalisti ha espresso la propria netta contrarietà alla chiusura della sede di Roma in Via Salaria del telegiornale. “Il Comitato di Redazione ribadisce la propria preoccupazione per le ricadute occupazionali e per l’impatto sulla vita di centinaia di colleghi e delle loro famiglie”, si legge in una nota Stampa Romana.

“Il piano, così come presentato, porterebbe allo sradicamento del nostro Telegiornale che fin dalla prima edizione nel 2003 va in onda da Roma e che, nella Capitale, ha costruito la sua credibilità dimostrando di essere un protagonista del panorama informativo italiano".

Le reazioni

"Governo, Comune e Regione si impegnino per scongiurare la chiusura della sede romana di Sky e il trasferimento di 300 persone da Roma a Milano. Dopo Almaviva, le istituzioni locali devono fare fronte comune per evitare che Roma perda altre centinaia di posti di lavoro. E mi auguro che anche la sindaca Raggi faccia la sua parte". Lo afferma Stefano Pedica del Pd. "Ben venga l'impegno del ministro Calenda di convocare un tavolo al Mise sulla vertenza Sky. Roma e' la Capitale d'Italia e come tale deve essere trattata. E anche le istituzioni locali devono far sentire forte la loro voce. Devono combattere unite per i lavoratori di Sky cosi' come per quelli di Almaviva. Raggi cosa ne pensa?".

Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia commenta: “Fratelli d'Italia presenterà un'interrogazione in Parlamento e in Campidoglio per chiedere al Governo Gentiloni e al sindaco di Roma Raggi di intervenire per impedire la chiusura della sede romana di Sky e il suo trasferimento a Milano. Evitare che la Capitale subisca un'altra scelta che avrebbe pesanti conseguenze in termini occupazionali e di investimenti deve essere una priorità delle Istituzioni locali e nazionali”.

Sulla vicenda interviene anche capogruppo del PD capitolino Michela Di Biase: “La vicenda del trasferimento di una parte della redazione di Sky a Milano è un danno grave per Roma. La capitale si sta trasformando nella città delle opportunità mancate. Il trasferimento dell’emittente privata di Murdoch è l’emblema del venir meno per Roma dell’interesse di aziende importanti, di cospicui investimenti e di occupazione. L’amministrazione Raggi ha elevato l’immobilismo a progetto, perché incapace di cimentarsi su sfide mondiali come le olimpiadi, sul completamento della linea C della metropolitana o anche semplicemente di cogliere l’opportunità rappresentata dall’investimento privato sul nuovo stadio della Roma. Sono solo alcuni dei deficit di una ‘governance’ impreparata che oltre ad allontanare gli investitori mette in anche pericolo, se non in fuga, asset fondamentali già consolidati. E’ il caso della Rai che come si apprende in queste ore potrebbe seguire lo stesso schema di Sky spostando parte delle redazioni giornalistiche”

"Ai giornalisti, ai tecnici e a tutti i lavoratori di Sky Italia va la mia solidarietà per il momento difficile che stanno attraversando a seguito della decisione dei vertici dell'azienda di mettere in campo un piano lacrime e sangue che prevede 200 esuberi, 300 trasferimenti e il trasloco della sede di Sktg24 da Roma a Milano. Preoccupa, in particolare, che il cuore dell'azienda si sposti a Milano. Roma continua a perdere pezzi e tutto ciò nel disinteresse più totale dell'amministrazione 5 Stelle e del governo nazionale", dice Gianni Alemanno di Azione Nazionale.