LINEE DI INTERVENTO NAZIONALE
I lavoratori di call-center possono essere esposti a rischi di disturbi dell’apparato muscolo scheletrico dovuti a una postura scorretta, statica, caratterizzata da movimenti ripetitivi. Nelle indagini effettuate, disturbi del collo e della schiena sono presenti nei lavoratori di call-center con prevalenze assolutamente significative.
Possibili linee di intervento
Utilizzare attrezzature e arredi completamente adattabili (sedie, scrivanie, monitor)
Fornire poggiapiedi se ciò è indicato per una sistemazione ergonomica
Consultare gli operatori nella sistemazione della postazione di lavoro
Provvedere ad addestramento e aggiornamenti su come sistemare correttamente arredi e attrezzature in funzione delle singole esigenze
Permettere che ci sia il tempo, prima di iniziare il turno, per sistemare ogni postazione di lavoro in funzione delle singole necessità
Allestire postazioni di lavoro in cui è possibile che gli operatori mentre parlano possono alternare la posizione seduta a quella eretta
Quando possibile assegnare agli impiegati compiti diversi (es. amministrativi)
Programmare pause regolari
Molto frequenti anche i disturbi della mano e del polso: secondo il NIOSH negli ultimi venti anni i problemi di dolore alle mani e al polso dovuti a danni da sollecitazioni ripetitive sono triplicati nei lavoratori che digitano sulla tastiera e parlano al telefono con i clienti. Per ridurre il rischio di danni da sollecitazioni ripetitive:
Ricorrere a uso di tastiere apposite che aiutano a mantenere una posizione dei polsi naturale
Permettere frequenti e brevi interruzioni (perpermettere ai lavoratori di alzarsi, stirarsi, aggiustarsi la posizione)
Assegnare lavori che permettano di interrompere l’uso del telefono e della tastiera Abbiamo visto come l’insufficienza degli spazi viene segnalata da un’ alta percentuale di operatori come una fonte di disagio.
Criteri per definire adeguati gli spazi di lavoro:
Giudizio dei lavoratori sulla possibilità di svolgere senza impedimenti il proprio lavoro
Spazi di passaggio adeguati per uscire e muoversi agevolmente (minimo 80 cm in uffici con meno di 25 persone, 130 cm in uffici con più di 25 persone
Spazio vitale non inferiore a 7/8 mq (Norma UNI 10339)
Pulire e sanificare le postazioni di lavoro prima dell’utilizzo
Concedere il tempo necessario per sistemare correttamente la postazione di lavoro
Provvedere all’addestramento necessario per sistemare correttamente la postazioni di lavoro
Provvedere a una assistenza nella sistemazione della postazione di lavoro quando venisse richiesta
Tener conto nella definizione dei carichi di lavoro della necessità di procedere alla pulizia ed alla sistemazione delle postazioni di lavoro.
Rumore ambientale
Diversamente dal contesto industriale, il rumore di fondo nel call-center ha una dominante componente vocale. L’accumularsi di una molteplicità di conversazioni contemporanee, se non controllato, è in grado di disturbare la necessaria concentrazione rendendo più difficoltoso l’ascolto in cuffia, e come tale è un sicuro fattore di stress. Costringe poi ad alzare la voce contribuendo all’affaticamento vocale (in un evidente circolo vizioso) e/o ad alzare il volume delle cuffie causando affaticamento uditivo.
Linee di intervento:
Garantire che il call-center sia costruito con materiali fonoassorbenti
Garantire che macchine come fotocopiatrici, fax siano separate dall’ambiente di lavoro del callcenter
Provvedere a un adeguata compartimentazione del rumore (pannelli divisori, adeguata distanza fra operatori)
Prevedere che riunioni o incontri si svolgano fuori dal call-center
Dare preferenza a cuffie dotate di microfono del tipo a cancellazione del rumore, in grado di migliorare il segnale trasmesso e minimizzare il rumore di fondo anche nel ritorno locale in cuffia (parte del suono ascoltato dall’operatore è infatti costituito da quanto captato dal proprio
microfono)
Prevedere la possibilità, in base alla tipologia di chiamate gestite e all’ambiente circostante, di adoperare cuffie bilaterali (binaurali) a favore di un maggiore isolamento acustico.
Addestramento a un corretto posizionamento dei microfoni
C’è una posizione ottimale del microfono davanti alla bocca dell’operatore per evitare un eccesso di impegno vocale per chi sta al telefono. Una posizione scorretta può costringere l’operatore ad alzare la voce per essere sentito dal cliente. Ciò
determina un affaticamento vocale e un aumento del rumore di fondo. Ogni operatore del call-center deve essere addestrato sul corretto posizionamento del microfono.
Gli interrogativi che ogni singolo lavoratore deve chiedere alla propria Azienda su: Microclima – qualità dell’aria – spazio
Qualità dell’aria, velocità dell’aria, temperatura, umidità sono regolarmente controllati?
Microclima e qualità dell’aria sono analizzate ed eventualmente migliorate a seguito della richiesta degli operatori?
Gli operatori sono consultati in merito alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro?
Ci sono procedure chiare per segnalare qualsiasi danno alla salute collegabile alle condizioni ambientali?
Lo spazio a disposizione permette agevoli spostamenti fuori dalla postazione di lavoro?
Il pavimento è libero da ingombri (cavi, ecc…) che possono causare intralcio e pericolo?
Esiste ed è stato oggetto di informazione agli operatori un programma di pulizia di ambienti, arredi, materiali?
Postazione di lavoro e aree immediatamente circostanti sono regolarmente pulite?
Tutte le attrezzature (tastiera, telefono, scrivania) sonocostantemente pulite?
C’è qualcuno che provvede alla regolare pulizia delle cuffie e alla sostituzione dei cuscinetti auricolari e dei filtri coprimicrofono?
Tutti gli operatori sono informati sul potenziale rischio di infezioni causato dalle cuffie e dalla necessità della loro accurata pulizia?
Gli operatori sono addestrati e hanno il tempo per verificare la pulizia di cuffie e microfoni all’inizio del turno?
Gli operatori sono addestrati e hanno i materiali necessari per pulire eventualmente cuffie e microfoni?
Diritti
Non tutti conoscono esattamente i propri diritti legati al lavoro, ed essendo in genere il rapporto di lavoro il contratto dalla durata più lunga che si stipuli nella vita è fondamentale la conoscenza della tutela che lo Stato garantisce con regole e leggi ben precise che bisogna rispettare per il benessere di ogni singolo posto di lavoro.
Sicurezza e prevenzione in ogni luogo di lavoro, la figura del RLS
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è la persona eletta o designata all'interno della RSU per rappresentare i lavoratori sugli aspetti che concernono la salute e la sicurezza durante il lavoro.
È una figura resa obbligatoria in tutti i luoghi di lavoro dal D.Lgs 626/94. La legge e il CCNL (art. 71) attribuiscono al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza una serie articolata di compiti e funzioni. Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza gode delle stesse e identiche tutele previste dalla legge per il delegato sindacale.
Quattro sono i diritti fondamentali riconosciuti al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza:
- diritto all'informazione;
- diritto alla formazione;
- diritto alla consultazione e alla partecipazione;
- diritto al controllo e alla verifica.
Gli obblighi a cui deve adempiere, invece, sono:
-avvertire il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nello svolgimento del suo ruolo;
-mantenere il segreto d'ufficio.
RLS
l legislatore italiano, all’atto del recepimento della Direttiva 89/391/CEE con il D.Lgs. 626/94, ha individuato i nuovi soggetti destinati a far funzionare il sistema di sicurezza aziendale, quali: il Datore di lavoro, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, il Medico Competente e il RLS.
Per quest’ultimo, sono state operate due precise scelte:
- quella di optare per la partecipazione mediata (“i lavoratori e/o i loro rappresentanti”);
- quella di far coincidere, dove possibile, il RLS con la RSU/RSA costituita in azienda (art. 18, comma 3) con l’evidente intenzione di trasferire sul RLS la tutela propria del delegato sindacale e l’agibilità necessaria per svolgere l’attività per cui ha ricevuto il mandato dai lavoratori.
Le peculiarità del RLS si differenziano da quelle della RSU/RSA in almeno quattro aspetti:
1. Al RLS si assegnano funzioni specifiche senza dargli contemporaneamente funzioni contrattuali. In seguito, l’apparente “funzione non contrattuale” è stata riconsiderata in alcuni CCNL (vedi anche Piattaforma Aziendale).
2. Le RSU (introdotte dal protocollo trilaterale del 23 luglio 1993 e disciplinate dall’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993) sono organismi dotati d’esplicita legittimazione conflittuale, rivendicativa e partecipativa, mentre, per quanto riguarda il RLS appare evidente la caratterizzazione non conflittuale, partecipativa e collaborativa espressa nel decreto 626 nonché da Confindustria, CGIL, CISL e UIL nella premessa dell’accordo del 22 giugno 1995.
3. Per la prima volta è creata, dalla stessa legge e dagli accordi applicativi, una forma istituzionalizzata e formale di rappresentanza dei lavoratori alla quale sono riconosciuti diritti di partecipazione nell’ambito dei processi decisionali.
4. Il RLS dovrà operare ed essere in qualche modo presente, anche nei luoghi dove non esistono le RSU/RSA.
Le relazioni industriali, riferite alle attività di prevenzione nel campo della sicurezza, si devono basare su di un rapporto tra azienda e lavoratori che pur mantenendo da una parte il tradizionale aspetto dialettico (la RSU rimane tale e quale), dall’altra deve trovare specifiche forme di collaborazione e di partecipazione attiva per la valutazione, gestione dei rischi lavorativi ed ambientali.
In definitiva, si devono trovare le modalità per costruire un altro canale relazionale attraverso il confronto con il Rappresentante dei lavoratori per le tematiche di A&S.
La prima funzione del RLS è di rappresentare i lavoratori in tutto ciò che riguarda la prevenzione e tutela di A&S. Però, tra i compiti e diritti che la stessa legge gli attribuisce, ve ne sono alcuni che rivestono particolare importanza e che vale la pena di ricordare:
- Promuovere iniziative per l’attuazione delle misure di prevenzione.
- Formulare osservazioni in occasione delle visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti.
Partecipare alla riunione periodica indetta almeno una volta l’anno. In quest’occasione, il RLS se non ha potuto partecipare direttamente alla valutazione generale della valutazione dei rischi (per esempio nel caso che la sua elezione sia avvenuta dopo la stesura del Documento di Valutazione dei Rischi), dovrà tutelarsi chiedendo di evidenziare, nel previsto verbale di consultazione, il fatto di prendere atto della situazione esistente, riservandosi di fare osservazioni ufficiali quando sarà in grado (conoscenze, capacità) e posto in condizione (agibilità, rapporti, informazioni) di farne perché, in questo caso, la sottoscrizione del RLS senza espressione di riserva ha valore legale d’esplicita approvazione.
- Avvertire il Datore di lavoro dei rischi individuati, sempre ed “anche nel caso di opere o servizi conferiti in appalto”, e ricorrere agli Organi competenti qualora ritenga che le misure adottate non siano idonee a garantire la sicurezza.
- Accedere liberamente a tutta la documentazione aziendale, alle informazioni sui flussi d’attraversamento (materia prima, energia e risorse trasformate in prodotto dall’entrata all’uscita della fabbrica e rifiuti), al registro infortuni ed a tutti i luoghi di lavoro.
- Disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico.
Il RLS deve sviluppare il proprio operato in modo d’essere parte attiva del sistema aziendale, entrando in modo propositivo nell’organizzazione e nella gestione delle attività lavorative e divenendo il “filo d’unione”, una vera e propria interfaccia, tra gli Enti preposti (nella loro doppia attività di controllo-verifica e informativo-assistenziale), l’Organismo Paritetico Provinciale, il Datore di lavoro, il Medico Competente, il RSPP/SPP, i lavoratori e, quando necessario, con la Magistratura.
Il RLS può avere a sua disposizione, se tutto funziona come previsto, un’enorme quantità d’informazioni su A&S e divenire un preciso riferimento per l’azienda, la quale dovrà assumersi il compito di farlo diventare una figura preparata e competente per poter così sviluppare un sistema partecipativo, efficace e produttivo.
Per esercitare efficacemente il proprio mandato, il RLS deve acquisire capacità che gli consentano di essere in grado di:
- Cercare, trovare, catalogare, analizzare, smistare, indirizzare tutte le informazioni ricevute.
- Sensibilizzare i lavoratori affinché destinino parte delle loro capacità professionali all’individuazione del rischio ed alla concreta collaborazione per la definizione delle misure migliorative, alla loro realizzazione, al loro mantenimento nel tempo. Da qui costruire, con il supporto dei lavoratori interessati, la mappatura dei rischi su A&S da inserire nel DVR.
- Sollecitare e preparare la consultazione, coinvolgimento e collaborazione.
- Coinvolgere tutti i soggetti operanti nell’impresa affinché l’attenzione sulle tematiche di A&S, diventi parte integrante del lavoro e continui a crescere ed affinarsi.
- Stimolare le varie funzioni deputate alla Sicurezza (Datore di lavoro, RSPP, MC, Tecnologia aziendale e Dipartimento di prevenzione) affinché, a seguito della valutazione dei rischi (presenti e potenziali), siano approntati i percorsi migliorativi previsti e necessari.
- Valutare l’idoneità delle misure di protezione e prevenzione, formazione e informazione adottate, per poter essere in grado di verificarne l’efficacia e la corrispondenza alla “miglior conoscenza”, richiedere l’intervento delle Autorità ed Organi competenti (per esempio, secondo quanto previsto dall’art. 19, comma 1, lettera “o” del D.Lgs. 626/94) o adire all’OPP (accordo interconfederale, parte II, punto 2).
Analizzando la situazione esistente in senso generale, è evidente che spesso, non solo da parte della componente aziendale ma anche da quella sindacale e dagli stessi lavoratori, si dimentica (o si fa finta di dimenticare) che la figura del RLS non è di natura esclusivamente politico-contrattuale, non è specificatamente tecnica, non è un ispettore delle istituzioni, non è (visto dall’azienda) un “rompiscatole legalizzato” e non è (visto dalla RSU e dai lavoratori) colui a cui demandare tutto ciò che riguarda il tema sicurezza. Il RLS è, invece, fondamentalmente un lavoratore che ha le capacità (date dalla formazione, agibilità, conoscenze, motivazione, ecc.) per essere un eccezionale veicolo d’informazioni, ossia un potente mezzo per tentare di risolvere i problemi, trovando le soluzioni più adeguate interfacciando funzioni, culture, conoscenze e specificità diverse tra loro (e raramente tra loro comunicanti) ma allo stesso tempo complementari.
RLS territoriale
Oltre alla notevole presenza, sul territorio nazionale, di piccole e piccolissime imprese, è abitudine diffusa, tra le piccole-medie imprese, frammentare l’attività in tanti altri piccoli “pezzi”, di solito inferiori alle 15 unità operative e spesso in esternalizzazione (outsourcing), in modo da ottenere le più svariate “agevolazioni” (non presenza sindacale, divisione e diverso inquadramento fiscale, maggior “controllo” sulle risorse umane, ecc.). In questi casi, spesso ci si trova di fronte ad un’interpretazione particolare dell’articolo 18, comma 2, del D.Lgs. 626/94, ovvero la convinzione che più aziende, di norma presenti nello stesso ambito territoriale e facenti capo ad un unico datore di lavoro, possano legittimamente avvalersi della collaborazione di un solo RLS, eletto o designato dai lavoratori d’una di queste. Quest’interpretazione “letterale” dell’articolato dimentica che la figura del RLS è regolata da tutto l’articolo 18, conseguentemente, un corretto inquadramento delle relative problematiche interpretative può scaturire solamente da una lettura sistematica e complessiva dello stesso.
D.Lgs. 626/94 - Art. 18. “Rappresentante per la sicurezza”.
Comma 1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.
Comma 2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente da lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti, il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale, ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
Comma 3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda.
In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
Comma 4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
Comma 5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standard relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
Comma 6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
Comma 7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all’art.22, comma 7.
Ciò premesso, non è di poco rilievo la dichiarazione d’apertura (comma 1) secondo la quale il RLS è eletto in tutte le aziende o unità produttive. Tale dichiarazione costituisce il principio cardine della rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza (tra l’altro, ribadita anche in “Carta 2000” - Genova 5 dicembre 1999).
La specifica materia dell’elezione/designazione del RLS è regolata dal secondo comma, il quale riconosce due possibilità:
1 - elezione/designazione a livello aziendale;
2 - “individuazione per più aziende nell’ambito territoriale ovvero del comparto produttivo”.
Il quarto comma rimanda alla contrattazione collettiva il numero e le modalità di designazione o di elezione del RLS. In attuazione di questo, l’Accordo interconfederale Confindustria/CGIL, CISL e UIL del 22 giugno 1995, ha previsto, al punto 1.1 “per aziende o unità produttive fino a 15 dipendenti”, la sola modalità d’elezione/designazione a livello aziendale, rimandando alla contrattazione collettiva di settore la scelta di modalità diverse. Considerato che i principali CCNL (Meccanico, Chimico, Alimentare) ed anche gli altri accordi interconfederali (ad esempio Confapi/CGIL, CISL e UIL), non hanno ancora regolato l’elezione, è ovvio come la “modalità aziendale” rimanga l’unica di riferimento.
In ogni caso, anche nei settori e ai livelli nei quali tali accordi sono stati raggiunti (per esempio nell’artigianato) il processo di designazione, e successiva ratifica, dei RLS Territoriali (RLST) si svolge esclusivamente da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori territoriali.
Il RLST, oltre che ad essere una figura quasi sconosciuta (ad oggi pochissimi Territori si sono “dotati” di quest’importante riferimento per i lavoratori), vede amplificati nei lavoratori del proprio bacino di competenza e nei confronti dei RLS di aziende più ampie e consolidate, i problemi legati alla diffidenza, non conoscenza ed ostacoli culturali estremamente radicati, spesso sono i lavoratori che faticano a dargli un’identità diversa dalla semplice figura ispettiva, pertanto con esclusiva attività di vigilanza e controllo anche nei loro confronti, mentre i piccoli imprenditori lo assimilano alla “classica” figura del “rompiscatole” sindacale.