30 novembre 2013

LAVORO IN CUFFIA: POSTURA, MOVIMENTI RIPETITIVI, SPAZI, MICROCLIMA


LINEE DI INTERVENTO NAZIONALE
I lavoratori di call-center possono essere esposti a rischi di disturbi dell’apparato muscolo scheletrico dovuti a una postura scorretta, statica, caratterizzata da movimenti ripetitivi. Nelle indagini effettuate, disturbi del collo e della schiena sono presenti nei lavoratori di call-center con prevalenze assolutamente significative.
Possibili linee di intervento
􀂾 Utilizzare attrezzature e arredi completamente adattabili (sedie, scrivanie, monitor)
􀂾 Fornire poggiapiedi se ciò è indicato per una sistemazione ergonomica
􀂾 Consultare gli operatori nella sistemazione della postazione di lavoro
􀂾 Provvedere ad addestramento e aggiornamenti su come sistemare correttamente arredi e attrezzature in funzione delle singole esigenze
􀂾 Permettere che ci sia il tempo, prima di iniziare il turno, per sistemare ogni postazione di lavoro in funzione delle singole necessità
􀂾 Allestire postazioni di lavoro in cui è possibile che gli operatori mentre parlano possono alternare la posizione seduta a quella eretta
􀂾 Quando possibile assegnare agli impiegati compiti diversi (es. amministrativi)
􀂾 Programmare pause regolari
Molto frequenti anche i disturbi della mano e del polso: secondo il NIOSH negli ultimi venti anni i problemi di dolore alle mani e al polso dovuti a danni da sollecitazioni ripetitive sono triplicati nei lavoratori che digitano sulla tastiera e parlano al telefono con i clienti. Per ridurre il rischio di danni da sollecitazioni ripetitive:
􀂾 Ricorrere a uso di tastiere apposite che aiutano a mantenere una posizione dei polsi naturale
􀂾 Permettere frequenti e brevi interruzioni (perpermettere ai lavoratori di alzarsi, stirarsi, aggiustarsi la posizione)
􀂾 Assegnare lavori che permettano di interrompere l’uso del telefono e della tastiera Abbiamo visto come l’insufficienza degli spazi viene segnalata da un’ alta percentuale di operatori come una fonte di disagio.
Criteri per definire adeguati gli spazi di lavoro:
􀂾 Giudizio dei lavoratori sulla possibilità di svolgere senza impedimenti il proprio lavoro
􀂾 Spazi di passaggio adeguati per uscire e muoversi agevolmente (minimo 80 cm in uffici con meno di 25 persone, 130 cm in uffici con più di 25 persone
􀂾 Spazio vitale non inferiore a 7/8 mq  (Norma UNI 10339)
􀂾 Pulire e sanificare le postazioni di lavoro prima dell’utilizzo
􀂾 Concedere il tempo necessario per sistemare correttamente la postazione di lavoro
􀂾 Provvedere all’addestramento necessario per sistemare correttamente la postazioni di lavoro
􀂾 Provvedere a una assistenza nella sistemazione della postazione di lavoro quando venisse richiesta
􀂾 Tener conto nella definizione dei carichi di lavoro della necessità di procedere alla pulizia ed alla sistemazione delle postazioni di lavoro.
Rumore ambientale
Diversamente dal contesto industriale, il rumore di fondo nel call-center ha una dominante componente vocale. L’accumularsi di una molteplicità di conversazioni contemporanee, se non controllato, è in grado di disturbare la necessaria concentrazione rendendo più difficoltoso l’ascolto in cuffia, e come tale è un sicuro fattore di stress. Costringe poi ad alzare la voce contribuendo all’affaticamento vocale (in un evidente circolo vizioso) e/o ad alzare il volume delle cuffie causando affaticamento uditivo.
Linee di intervento:
􀂾 Garantire che il call-center sia costruito con materiali fonoassorbenti
􀂾 Garantire che macchine come fotocopiatrici, fax siano separate dall’ambiente di lavoro del callcenter
􀂾 Provvedere a un adeguata compartimentazione del rumore (pannelli divisori, adeguata distanza fra operatori)
􀂾 Prevedere che riunioni o incontri si svolgano fuori dal call-center
􀂾 Dare preferenza a cuffie dotate di microfono del tipo a cancellazione del rumore, in grado di migliorare il segnale trasmesso e minimizzare il rumore di fondo anche nel ritorno locale in cuffia (parte del suono ascoltato dall’operatore è infatti costituito da quanto captato dal proprio
microfono)
􀂾 Prevedere la possibilità, in base alla tipologia di chiamate gestite e all’ambiente circostante, di adoperare cuffie bilaterali (binaurali) a favore di un maggiore isolamento acustico.
􀂾 Addestramento a un corretto posizionamento dei microfoni
C’è una posizione ottimale del microfono davanti alla bocca dell’operatore per evitare un eccesso di impegno vocale per chi sta al telefono. Una posizione scorretta può costringere l’operatore ad alzare la voce per essere sentito dal cliente. Ciò
determina un affaticamento vocale e un aumento del rumore di fondo. Ogni operatore del call-center deve essere addestrato sul corretto posizionamento del microfono.
Gli interrogativi che ogni singolo lavoratore deve chiedere alla propria Azienda su: Microclima – qualità dell’aria – spazio
􀂃 Qualità dell’aria, velocità dell’aria, temperatura, umidità sono regolarmente controllati?
􀂃 Microclima e qualità dell’aria sono analizzate ed eventualmente migliorate a seguito della richiesta degli operatori?
􀂃 Gli operatori sono consultati in merito alle caratteristiche dell’ambiente di lavoro?
􀂃 Ci sono procedure chiare per segnalare qualsiasi danno alla salute collegabile alle condizioni ambientali?
􀂃 Lo spazio a disposizione permette agevoli spostamenti fuori dalla postazione di lavoro?
􀂃 Il pavimento è libero da ingombri (cavi, ecc…) che possono causare intralcio e pericolo?
􀂃 Esiste ed è stato oggetto di informazione agli operatori un programma di pulizia di ambienti, arredi, materiali?
􀂃 Postazione di lavoro e aree immediatamente circostanti sono regolarmente pulite?
􀂃 Tutte le attrezzature (tastiera, telefono, scrivania) sonocostantemente pulite?
􀂃 C’è qualcuno che provvede alla regolare pulizia delle cuffie e alla sostituzione dei cuscinetti auricolari e dei filtri coprimicrofono?
􀂃 Tutti gli operatori sono informati sul potenziale rischio di infezioni causato dalle cuffie e dalla necessità della loro accurata pulizia?
􀂃 Gli operatori sono addestrati e hanno il tempo per verificare la pulizia di cuffie e microfoni all’inizio del turno?
􀂃 Gli operatori sono addestrati e hanno i materiali necessari per pulire eventualmente cuffie e microfoni?
Diritti
Non tutti conoscono esattamente i propri diritti legati al lavoro, ed essendo in genere il rapporto di lavoro il contratto dalla durata più lunga che si stipuli nella vita è fondamentale la  conoscenza della tutela che lo Stato garantisce con regole e leggi ben precise che bisogna rispettare per il benessere di ogni singolo posto di lavoro.

Sicurezza e prevenzione in ogni luogo di lavoro, la figura del RLS
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è la persona eletta o designata all'interno della RSU per rappresentare i lavoratori sugli aspetti che concernono la salute e la sicurezza durante il lavoro.
È una figura resa obbligatoria in tutti i luoghi di lavoro dal D.Lgs 626/94. La legge e il CCNL (art. 71) attribuiscono al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza una serie articolata di compiti e funzioni. Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza gode delle stesse e identiche tutele previste dalla legge per il delegato sindacale.
Quattro sono i diritti fondamentali riconosciuti al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza:
- diritto all'informazione;
- diritto alla formazione;
- diritto alla consultazione e alla partecipazione;
- diritto al controllo e alla verifica.
Gli obblighi a cui deve adempiere, invece, sono:
-avvertire il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nello svolgimento del suo ruolo;
-mantenere il segreto d'ufficio.

RLS
l legislatore italiano, all’atto del recepimento della Direttiva 89/391/CEE con il D.Lgs. 626/94, ha individuato i nuovi soggetti destinati a far funzionare il sistema di sicurezza aziendale, quali: il Datore di lavoro, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, il Medico Competente e il RLS.
Per quest’ultimo, sono state operate due precise scelte:
- quella di optare per la partecipazione mediata (“i lavoratori e/o i loro rappresentanti”);
- quella di far coincidere, dove possibile, il RLS con la RSU/RSA costituita in azienda (art. 18, comma 3) con l’evidente intenzione di trasferire sul RLS la tutela propria del delegato sindacale e l’agibilità necessaria per svolgere l’attività per cui ha ricevuto il mandato dai lavoratori.
Le peculiarità del RLS si differenziano da quelle della RSU/RSA in almeno quattro aspetti:

1.       Al RLS si assegnano funzioni specifiche senza dargli contemporaneamente funzioni contrattuali. In seguito, l’apparente “funzione non contrattuale” è stata riconsiderata in alcuni CCNL (vedi anche Piattaforma Aziendale).

2.       Le RSU (introdotte dal protocollo trilaterale del 23 luglio 1993 e disciplinate dall’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993) sono organismi dotati d’esplicita legittimazione conflittuale, rivendicativa e partecipativa, mentre, per quanto riguarda il RLS appare evidente la caratterizzazione non conflittuale, partecipativa e collaborativa espressa nel decreto 626 nonché da Confindustria, CGIL, CISL e UIL nella premessa dell’accordo del 22 giugno 1995.

3.       Per la prima volta è creata, dalla stessa legge e dagli accordi applicativi, una forma istituzionalizzata e formale di rappresentanza dei lavoratori alla quale sono riconosciuti diritti di partecipazione nell’ambito dei processi decisionali.

4.       Il RLS dovrà operare ed essere in qualche modo presente, anche nei luoghi dove non esistono le RSU/RSA.

Le relazioni industriali, riferite alle attività di prevenzione nel campo della sicurezza, si devono basare su di un rapporto tra azienda e lavoratori che pur mantenendo da una parte il tradizionale aspetto dialettico (la RSU rimane tale e quale), dall’altra deve trovare specifiche forme di collaborazione e di partecipazione attiva per la valutazione, gestione dei rischi lavorativi ed ambientali.

In definitiva, si devono trovare le modalità per costruire un altro canale relazionale attraverso il confronto con il Rappresentante dei lavoratori per le tematiche di A&S.

La prima funzione del RLS è di rappresentare i lavoratori in tutto ciò che riguarda la prevenzione e tutela di A&S. Però, tra i compiti e diritti che la stessa legge gli attribuisce, ve ne sono alcuni che rivestono particolare importanza e che vale la pena di ricordare:

     - Promuovere iniziative per l’attuazione delle misure di prevenzione.

        - Formulare osservazioni in occasione delle visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti.

        Partecipare alla riunione periodica indetta almeno una volta l’anno. In quest’occasione, il RLS se non ha potuto partecipare direttamente alla valutazione generale della valutazione dei rischi (per esempio nel caso che la sua elezione sia avvenuta dopo la stesura del Documento di Valutazione dei Rischi), dovrà tutelarsi chiedendo di evidenziare, nel previsto verbale di consultazione, il fatto di prendere atto della situazione esistente, riservandosi di fare osservazioni ufficiali quando sarà in grado (conoscenze, capacità) e posto in condizione (agibilità, rapporti, informazioni) di farne perché, in questo caso, la sottoscrizione del RLS senza espressione di riserva ha valore legale d’esplicita approvazione.

-        Avvertire il Datore di lavoro dei rischi individuati, sempre ed “anche nel caso di opere o servizi conferiti in appalto”, e ricorrere agli Organi competenti qualora ritenga che le misure adottate non siano idonee a garantire la sicurezza.

-       Accedere liberamente a tutta la documentazione aziendale, alle informazioni sui flussi d’attraversamento (materia prima, energia e risorse trasformate in prodotto dall’entrata all’uscita della fabbrica e rifiuti), al registro infortuni ed a tutti i luoghi di lavoro.

-        Disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico.

Il RLS deve sviluppare il proprio operato in modo d’essere parte attiva del sistema aziendale, entrando in modo propositivo nell’organizzazione e nella gestione delle attività lavorative e divenendo il “filo d’unione”, una vera e propria interfaccia, tra gli Enti preposti (nella loro doppia attività di controllo-verifica e informativo-assistenziale), l’Organismo Paritetico Provinciale, il Datore di lavoro, il Medico Competente, il RSPP/SPP, i lavoratori e, quando necessario, con la Magistratura.

Il RLS può avere a sua disposizione, se tutto funziona come previsto, un’enorme quantità d’informazioni su A&S e divenire un preciso riferimento per l’azienda, la quale dovrà assumersi il compito di farlo diventare una figura preparata e competente per poter così sviluppare un sistema partecipativo, efficace e produttivo.

Per esercitare efficacemente il proprio mandato, il RLS deve acquisire capacità che gli consentano di essere in grado di:

-        Cercare, trovare, catalogare, analizzare, smistare, indirizzare tutte le informazioni ricevute.

-        Sensibilizzare i lavoratori affinché destinino parte delle loro capacità professionali all’individuazione del rischio ed alla concreta collaborazione per la definizione delle misure migliorative, alla loro realizzazione, al loro mantenimento nel tempo. Da qui costruire, con il supporto dei lavoratori interessati, la mappatura dei rischi su A&S da inserire nel DVR.

-        Sollecitare e preparare la consultazione, coinvolgimento e collaborazione.

-        Coinvolgere tutti i soggetti operanti nell’impresa affinché l’attenzione sulle tematiche di A&S, diventi parte integrante del lavoro e continui a crescere ed affinarsi.

-        Stimolare le varie funzioni deputate alla Sicurezza (Datore di lavoro, RSPP, MC, Tecnologia aziendale e Dipartimento di prevenzione) affinché, a seguito della valutazione dei rischi (presenti e potenziali), siano approntati i percorsi migliorativi previsti e necessari.

-        Valutare l’idoneità delle misure di protezione e prevenzione, formazione e informazione adottate, per poter essere in grado di verificarne l’efficacia e la corrispondenza alla “miglior conoscenza”, richiedere l’intervento delle Autorità ed Organi competenti (per esempio, secondo quanto previsto dall’art. 19, comma 1, lettera “o” del D.Lgs. 626/94) o adire all’OPP (accordo interconfederale, parte II, punto 2).

Analizzando la situazione esistente in senso generale, è evidente che spesso, non solo da parte della componente aziendale ma anche da quella sindacale e dagli stessi lavoratori, si dimentica (o si fa finta di dimenticare) che la figura del RLS non è di natura esclusivamente politico-contrattuale, non è specificatamente tecnica, non è un ispettore delle istituzioni, non è (visto dall’azienda) un “rompiscatole legalizzato” e non è (visto dalla RSU e dai lavoratori) colui a cui demandare tutto ciò che riguarda il tema sicurezza. Il RLS è, invece, fondamentalmente un lavoratore che ha le capacità (date dalla formazione, agibilità, conoscenze, motivazione, ecc.) per essere un eccezionale veicolo d’informazioni, ossia un potente mezzo per tentare di risolvere i problemi, trovando le soluzioni più adeguate interfacciando funzioni, culture, conoscenze e specificità diverse tra loro (e raramente tra loro comunicanti) ma allo stesso tempo complementari.

 RLS territoriale
Oltre alla notevole presenza, sul territorio nazionale, di piccole e piccolissime imprese, è abitudine diffusa, tra le piccole-medie imprese, frammentare l’attività in tanti altri piccoli “pezzi”, di solito inferiori alle 15 unità operative e spesso in esternalizzazione (outsourcing), in modo da ottenere le più svariate “agevolazioni” (non presenza sindacale, divisione e diverso inquadramento fiscale, maggior “controllo” sulle risorse umane, ecc.). In questi casi, spesso ci si trova di fronte ad un’interpretazione particolare dell’articolo 18, comma 2, del D.Lgs. 626/94, ovvero la convinzione che più aziende, di norma presenti nello stesso ambito territoriale e facenti capo ad un unico datore di lavoro, possano legittimamente avvalersi della collaborazione di un solo RLS, eletto o designato dai lavoratori d’una di queste. Quest’interpretazione “letterale” dell’articolato dimentica che la figura del RLS è regolata da tutto l’articolo 18, conseguentemente, un corretto inquadramento delle relative problematiche interpretative può scaturire solamente da una lettura sistematica e complessiva dello stesso.

D.Lgs. 626/94 - Art. 18. “Rappresentante per la sicurezza”.

Comma 1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.

Comma 2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente da lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti, il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale, ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

Comma 3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda.

In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.

Comma 4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

Comma 5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standard relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

Comma 6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:

a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;

b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti;

c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.

Comma 7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all’art.22, comma 7.

Ciò premesso, non è di poco rilievo la dichiarazione d’apertura (comma 1) secondo la quale il RLS è eletto in tutte le aziende o unità produttive. Tale dichiarazione costituisce il principio cardine della rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza (tra l’altro, ribadita anche in “Carta 2000” - Genova 5 dicembre 1999).

La specifica materia dell’elezione/designazione del RLS è regolata dal secondo comma, il quale riconosce due possibilità:

1 - elezione/designazione a livello aziendale;

2 - “individuazione per più aziende nell’ambito territoriale ovvero del comparto produttivo”.

Il quarto comma rimanda alla contrattazione collettiva il numero e le modalità di designazione o di elezione del RLS. In attuazione di questo, l’Accordo interconfederale Confindustria/CGIL, CISL e UIL del 22 giugno 1995, ha previsto, al punto 1.1 “per aziende o unità produttive fino a 15 dipendenti”, la sola modalità d’elezione/designazione a livello aziendale, rimandando alla contrattazione collettiva di settore la scelta di modalità diverse. Considerato che i principali CCNL (Meccanico, Chimico, Alimentare) ed anche gli altri accordi interconfederali (ad esempio Confapi/CGIL, CISL e UIL), non hanno ancora regolato l’elezione, è ovvio come la “modalità aziendale” rimanga l’unica di riferimento.

In ogni caso, anche nei settori e ai livelli nei quali tali accordi sono stati raggiunti (per esempio nell’artigianato) il processo di designazione, e successiva ratifica, dei RLS Territoriali (RLST) si svolge esclusivamente da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori territoriali.

Il RLST, oltre che ad essere una figura quasi sconosciuta (ad oggi pochissimi Territori si sono “dotati” di quest’importante riferimento per i lavoratori), vede amplificati nei lavoratori del proprio bacino di competenza e nei confronti dei RLS di aziende più ampie e consolidate, i problemi legati alla diffidenza, non conoscenza ed ostacoli culturali estremamente radicati, spesso sono i lavoratori che faticano a dargli un’identità diversa dalla semplice figura ispettiva, pertanto con esclusiva attività di vigilanza e controllo anche nei loro confronti, mentre i piccoli imprenditori lo assimilano alla “classica” figura del “rompiscatole” sindacale.

Call center e delocalizzazione, il sindacato prepara un sondaggio

La Cgil insieme alla Slc Cgil e al Nidil Cgil hanno preparato un sondaggio sulla monitorizzazione del processo di delocalizzazione e il rischio privacy nei call center. Catania, come è noto, è una delle città più esposte al fenomeno delle delocalizzazioni. Migliaia di lavoratori, soprattutto giovani donne ed uomini con un tasso di scolarizzazione medio-alto, per i quali lavorare nei call center rappresenta l’unica possibilità di occupazione, rischiano dall’oggi al domani di perdere il lavoro. Spiegano il segretario confederale della Cgil Giovanni Pistorio, il segretario della Slc Cgil Davide Foti e il segretario del Nidil Giuseppe Oliva: “Chiediamo ai lavoratori, addetti e cittadini di darci una mano e segnalarci alcune informazioni relative alla natura di queste delocalizzazioni semplicemente scrivendo alla mail stopdelocalizzazione@gmail.com . Le informazioni di cui abbiamo bisogno riguardano il particolare la nazione verso cui si delocalizza; il nome della committente che delocalizza; il nome dell’ azienda che gestisce la commessa (se dato in possesso); il numero di numero di occupati per ogni singola azienda che opera all’estero”.
 Il fenomeno delle delocalizzazioni, ossia il trasferimento delle aziende all’estero, sta gravemente lacerando il tessuto produttivo con grave perdita di posti di lavoro, atipico e a tempo indeterminato; lavoro che “migra” verso altri paesi nei quali i lavoratori non vengono adeguatamente retribuiti e tutelati e sono spesso sfruttati.“E tuttavia, quello del crollo dell’occupazione non è l’unico elemento che ci preoccupa. A questo infatti si aggiunge il tema delicato della privacy dei cittadini italiani i cui dati sensibili vengono trattati senza alcuna garanzia in call center – sottolineano Pistorio, Foti e Oliva- che hanno sede soprattutto nei paesi dell’est e del nord africa, prive di leggi adeguate di tutela dei dati personali: dati anagrafici, fiscali, bancari. E’ del tutto evidente che occorre porre un freno a questa continua emorragia di posti di lavoro, come peraltro abbiamo già provato a fare attraverso diverse iniziative anche di natura parlamentare. Per farlo abbiamo bisogno di conoscere la reale dimensione del fenomeno. Per questo chiediamo ai lavoratori, addetti e cittadini di segnalarci alcune informazioni relative alla natura di queste delocalizzazioni”.

29 novembre 2013

Inps - Congedi straordinari ai parenti oltre il terzo grado

Con la circolare n. 150, l'Inps comunica che il congedo straordinario di durata non superiore a due anni per assistere una persona disabile in situazione di gravità, può essere chiesto, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti che prioritariamente ne hanno titolo, anche da parenti e affini entro il terzo grado purché conviventi con la persona disabile.
La decisione dell'Istituto fa seguito a quanto indicato dalla sentenza n. 203/2013 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42 c. 5 del T.U. delle disposizioni legislative in materia di sostegno e tutela della maternità e della paternità, nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona disabile in situazione di gravità, non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario il parente o l'affine entro il terzo grado convivente della persona disabile.

Permessi allattamento negati ad agente, ministero condannato


I giudici del Tar Sardegna i hanno riconosciuto anche a un uomo il diritto ad avere i permessi per l'allattamento dei propri figli. Alla consigliera per le pari opportunità si era rivolto un poliziotto al quale erano stati negati direttamente dal ministero dell'Interno i permessi per l'allattamento dei suoi due gemellini, nonostante ne avesse chiesti solo per uno.
Il ministero è stato, quindi, condannato e, visto che i due bambini adesso hanno due anni e i permessi non possono più essere chiesti, dovrà pagare lo stipendio di ogni singolo giorno di cui non ha potuto usufruire.
Nel provvedimento del Tar Sardegna si parla di questione controversa, si ricordano diversi orientamenti giurisprudenziali a favore e contro, per poi scegliere quello favorevole alle richieste del poliziotto perché "più rispettoso del principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura e all'educazione dei figli".
Il poliziotto infatti aveva chiesto i permessi per assistere la moglie. Nella fattispecie la sentenza è importante anche perché riafferma la pari dignità del lavoro casalingo rispetto a ogni altro lavoro. Il diritto del padre non è infatti stato applicato perché la madre dei bambini è casalinga, laddove dei riposi giornalieri può usufruire anche il padre a determinate condizioni, una di queste è che la madre non sia lavoratrice dipendente. In questo caso di parto plurimo, tra l'altro, i riposi sono raddoppiati, ma il padre, con grande senso di responsabilità, li ha chiesti per uno solo dei suoi figli".



Cig: Cgil, incomprensibile tagliare strumenti contro crisi


"Non c'è alcun segnale che indichi una ripresa dell'occupazione nei prossimi mesi, appare quindi incomprensibile la scelta di tagliare proprio ora tutti gli strumenti di contrasto alla crisi". Così il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, ha  commentato  le notizie relative alla bozza del decreto sulla Cig in deroga e sulle misure legate al lavoro nella legge di Stabilità.
"In assenza di misure alternative, togliendo tutti gli strumenti di contrasto alla crisi - chiede la Cgil al Governo -
come sarà possibile tutelare l'occupazione e combattere i licenziamenti? Le organizzazioni sindacali presenteranno a ore le osservazioni al decreto sulla deroga ma sarebbe opportuno utilizzare già le prossime per aprire un tavolo tecnico sugli ammortizzatori che risolva per sempre il tema della deroga e del sostegno ai lavoratori che oggi non hanno neanche quella". "Si taglia - spiega Serena Sorrentino - il fondo ai contratti di solidarietà di tipo b, quelli previsti dalla legge 236/93, e non si finanzia per nulla la misura prevista dalla legge 102/09 che consente l'integrazione dal 60% all'80 % dei contratti di solidarietà (previsti dalla legge 863/94) che hanno consentito di evitare licenziamenti e ricorso alla cassa in deroga. In più si taglia la piccola mobilità togliendo quegli incentivi utili alla assunzione agevolata per le imprese dei lavoratori licenziati individualmente e collocati in mobilità".
Quanto agli ammortizzatori in deroga "si fa una doppia operazione: non ci sono le risorse per coprire il 2013 e non sono abbastanza per il 2014, mentre si presenta una bozza di decreto con il quale si tagliano le mensilità di copertura per il 2014, 2015 e 2016".
La Cgil ribadisce anche "la contrarietà ad un taglio così pesante sulla mobilità in deroga e sulla cassa in deroga" e sottolinea che "inoltre ci sono delle cose bizzarre come il massimale dei dodici mesi nel biennio mobile con il vincolo di massimo 8 mesi nel 2014 e 6 nel 2015 e 2016. Sarà una lotteria e un incentivo a fare domanda appena emanato il decreto per ottenere il massimo di copertura, dall'altro una spinta ai licenziamenti visto che le coperture non coprono il tempo di una crisi o di una ristrutturazione. Se ci sono sprechi o abusi, questi vanno combattuti: non tagliando alla cieca ma introducendo maggiore controllo sugli accordi e più selettività.
Così invece gli unici a pagare le spese di una politica economica sbagliata, e della mancanza di coraggio nel fare una riforma universale ed inclusiva degli ammortizzatori, saranno imprese e lavoratori lasciati senza strumenti per combattere la crisi. Anche per questo - conclude Sorrentino - il prossimo 14 dicembre saremo in piazza per chiedere un'altra politica economica".

Mobbing: Elisabetta: "Licenziata perché rifiutai di fare sesso con il capo e l'amante"

GIULIANA GRIMALDI:
Trovare un lavoro non sempre vuol dire raggiungere la soddisfazione personale e la serenità. Soprattutto quando il luogo di impiego diventa il teatro di abusi e ingiustizie. Come quando il tuo capo ti invita a partecipare a una notte di sesso a tre e tu perdi il posto solo perché declini l'invito e fai finta di niente. È quello che è successo all'ingegnere Elisabetta Ferrante, informatica presso una multinazionale di Torino, e impegnata a difendersi su sei fronti legali per far valere i propri diritti di donna e di lavoratrice.
Il suo calvario è cominciato nel 2000 con l'arrivo di un nuovo direttore che l'ha messa subito al centro delle sue "attenzioni": complimenti e avances esplicite  da subito, davanti ai colleghi ma anche in privato, durante le riunioni ad arte prolungate fino a notte inoltrata. Poi una trasferta di lavoro in Olanda, con il direttore, la sua amante e quella richiesta sessuale tanto sfacciata.
A Tgcom24 così ricorda quell'episodio che poi è stato all'origine del suo calvario: "Avevo 40 anni, due figli e pensavo di far carriera grazie alle mie capacità, queste proposte non erano proprio nelle mie corde. Rifiutai il sesso e fu la mia rovina. Di ritorno dal viaggio mi sono trovata senza ufficio, con i documenti in un scatolone, una scrivania contro il muro, senza mansioni, senza collaboratori e via via senza i progetti ai quali stavo lavorando".
Dopo le prime civili lamentele sporte all'azienda e le scuse formali da parte del direttore molestatore, l'improvviso trasferimento di Elisabetta in un'altra sede. "In quel momento sono crollata: ho avuto una prima crisi di panico e mi sono smarrita con l'auto. Non dormivo e non mangiavo più. I medici del lavoro hanno capito subito che si trattava di mobbing aziendale". E non era nemmeno quello il fondo dell'abisso: entra in malattia e a seguito di questo periodo viene licenziata.
"Ho deciso di far causa alla mia azienda, ma non è stato facile andare contro un colosso così grande, radicato nella città e capace di sconvolgere l’esistenza personale e familiare. Alla fine sono stati i giudici della Cassazione a darmi ragione e a confermare l'ipotesi di mobbing. La sentenza è arrivata nel 2008, sono stata reintegrata sul posto di lavoro (anche se con una mansione inferiore a quella che ricoprivo un tempo) ma il risarcimento non l'ho ancora visto: i giudici del tribunale incaricato di determinarlo hanno disatteso le linee guida dettate dalla Cassazione e l'incubo non è ancora finito".
Tempi biblici quelli dei tribunali e conti salatissimi scoraggiano molti lavoratori dal prendere misure contro capi molesti o situazioni di illegalità: "Il processo non se lo possono permettere tutti, è vero - commenta l'ingegnere Ferrante. - Io sono rimasta senza impiego dal 2005 all'inizio del 2009 e soltanto per la causa sul mobbing ho speso 100 mila euro tra primo e secondo grado di giudizio. Una cosa però, mi permetto di consigliarla a chi è vittima di soprusi e ha paura: 'Reagite', magari rivolgendovi allo 'Sportello dei diritti', ma fate sentire la vostra voce, i vostri diritti, la vostra denuncia".
Mobbing e non solo
Quello subito da Elisabetta Ferrante è uno dei primi casi che la giurisprudenza italiana ha inquadrato come mobbing, termine che definisce le condotte aggressive e frequenti nei confronti di un lavoratore compiute dal datore di lavoro, superiori o colleghi: una forma di “terrore psicologico” per emarginarlo o escluderlo.
Nello specifico, le vittime di mobbing subiscono una serie di vessazioni diverse che vanno dal demansionamento alla completa inattività; dall’assegnazione di eccessivi carichi di lavoro alle frasi ingiuriose e alle aggressioni verbali; dall’assegnazione a turni e mansioni penose alle critiche continue e umilianti; dall'isolamento dei colleghi al collocamento in postazioni di lavoro inidonee; dal trasferimento illegittimo al distacco illegittimo, dalla minaccia e dall’esercizio illegittimo del potere disciplinare all'abuso di controlli; dall'esclusione ingiustificata da benefici e incarichi alla sottrazione di strumenti di lavoro; dal rifiuto delle ferie o la loro sistematica collocazione in periodi non graditi al rifiuto immotivato di permessi. Per finire con il licenziamento ingiustificato.
Non sono considerate mobbing in senso stretto una serie di attività spiacevoli, vessatorie e comunque vietate, con cui qualche volta lo si confonde: discriminazioni, stress, straining, stalking.
Discriminazioni: l’articolo 15 dello Statuto dei lavoratori vieta al datore di lavoro atti discriminatori che colpiscono lavoratori e lavoratrici per ragioni politiche, razziali, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basate sull’orientamento sessuale o su convinzioni personali.
Stress: è la reazione fisiologica dell’individuo alle sollecitazioni dell’ambiente di lavoro. Spesso sfocia in gravi patologie fisiche e psichiche.
Straining: il termine viene dal verbo inglese to strain (“tendere”, “mettere sotto pressione”) e indica quei comportamenti del datore di lavoro o dei superiori stressanti per il lavoratore sottoposto a tensioni superiori a quelle richieste dalla propria mansione. Mentre il mobbing è caratterizzato da vessazioni intense e sistematiche, lo straining si riferisce a una singola azione ostile.
Stalking: si tratta di una serie di comportamenti molesti e persecutori, come l’essere seguiti o controllati, ricevere continure telefonate o visite, che provocano un senso di ansia e minaccia per l’incolumità propria, di un familiare o di un’altra persona legata da una relazione affettiva. Mentre il mobbing si realizza sul luogo di lavoro, lo stalking riguarda la vita privata della vittima.

28 novembre 2013

Tv connesse, i nuovi televisori che ci spiano dentro casa

Spiati dal nostro televisore? Potrebbe sembrare fantascienza ma in realtà accadde davvero, complici le Tv connesse. La nostra privacy violata, quindi, anche nel posto più intimo, quale può essere la nostra casa.
Dietro il televisore potrebbe esserci chiunque, criminali o grandi aziende che studiano e analizzano tutte le nostre abitudini, magari anche i nostri segreti. E tutto questo sta già avvenendo e le vittime, come sempre, sono le ultime a saperlo.

Il caso
La scorsa settimana un consulente IT, Jason Huntley, che vive in una cittadina nei pressi di Hull, in Gran Bretagna, ha scoperto che il televisore che aveva comprato in estate, stava invadendo segretamente la vita privata della sua famiglia.
Dopo essersi accorto che sulla schermata iniziale di questa smart tv LG da 400 sterline comparivano sempre più spesso annunci pubblicitari mirati, legati a programmi che aveva appena finito di guardare in televisione, Huntley ha deciso di approfondire la cosa.
Ha monitorato le informazioni che la sua smart tv spediva e riceveva, usando il suo pc come ponte tra il televisore e il server internet.
Il suo laptop gli ha così mostrato tutti i dati che venivano 'sottratti' dal suo televisore e ha scoperto che tutte le informazioni sui programmi guardati o sui tasti del telecomando pigiati erano state inviate alla sede centrale di LG in Corea del Sud. Per quale ragione, denaro?

Huntley, come tutti quelli che possiedono una smart tv, aveva inviato a sua insaputa una serie di informazioni strettamente personali, come quelle riguardanti la sua collezione privata di video, visti sul suo televisore, o le riprese della sua videocamera con le feste di famiglia e le immagini di sua moglie e dei suoi due bambini.
La cosa ancora più preoccupante è che il dispositivo ha continuato a inviare i dati in Corea anche dopo che Huntley ha disattivato dal suo televisore la funzione per la condivisione dei dati.

LG ammette e si scusa
Dopo che la notizia è circolata sui media, LG ha detto d'aver aperto un'inchiesta. "La privacy dei nostri clienti è una priorità assoluta", ha detto l'azienda in una nota, annunciando: "Stiamo esaminando i rapporti perché alcune informazioni degli utenti di smart Tv LG sono state condivise senza consenso".
Successivamente LG ha anche rimosso dal proprio sito un video promozionale rivolto ai clienti commerciali dove si spiegava che i dati personali degli utenti venivano usati per fornire 'the ad experience you have always dreamed of'.

Il Garante Privacy indaga
Il Garante Privacy britannico ha fatto sapere che è stata aperta un'indagine su LG perchè potrebbe aver violato la legge sul data protection.
Ma chissà cosa altro fanno queste smart tv che noi non sappiamo. Quello che ha scoperto Huntley potrebbe essere solo la punta dell'iceberg.
A questo punto fa paura pensare che ormai quasi tutte le tv vendute sono connesse e, solo per il Regno Unito, si prevede che tra due anni saranno in oltre la metà delle case. In Italia sono già 4,3 milioni.
E' anche vero che le smart tv possono essere molto utili agli utenti, prevedendo una serie di app per far shopping su Amazon, per esempio, per ascoltare la musica di iTunes o guardare i video di YouTube o i film di Netflix. Anche la BBC si può guardare in streaming e si può video telefonare agli amici con Skype.

Smart tv nel mirino degli hacker
Come avviene per ogni tipo di computer, però, anche le smart tv possono essere facilmente violate. In più, mentre i pc sono di solito protetti da buoni antivirus, quasi tutte le smart tv non sono dotate di software di difesa come del resto ha anche dimostrato Luigi Auriemma, un esperto di sicurezza informatica di Malta, facendo dei test su diversi tipi di smart tv di Samsung.
Accedendo da internet, Auriemma ha dimostrato come fosse facile entrare in questi televisori e nei dati che essi contenevano sulle abitudini dei proprietari.
Se fosse stato un criminale, avrebbe potuto ottenere facilmente anche i dati delle carte di credito usate per i servizi pay-per-view o altro.

Webcam che spiano in casa
Altri esperti hanno addirittura scoperto che è possibile accedere da remoto alle webcam integrate in migliaia di televisori smart e spiare gli utenti nelle loro case.
La notizia è stata confermata da un esperto IT, Kurt Stammberger, che lavora per l'azienda Mocana, alla quale un produttore di televisori ha chiesto di effettuare questo tipo di test sui propri device.
"Abbiamo solo potuto vedere quali programmi stavano guardando o avevano guardato gli utenti, ma istallando uno spyware potremmo vedere attraverso le webcam".
Simili possibilità potrebbero non solo essere sfruttate da hacker interessati a sottrarre numeri di carte di credito o da voyer interessati a spiare nelle case della gente, ma anche dalle potenze straniere per attività di intelligence.

Il proprio salotto come la casa del Grande Fratello
Secondo Roger Grimes, che ha scritto otto libri sulla sicurezza informatica e ha lavorato nel settore per 28 anni, "ciò che abbiamo cominciato a scoprire è davvero solo un assaggio di quello che potrebbe succedere nei prossimi venti anni".
"Grazie ai dispositivi mobili, e adesso alle smart tv, stiamo entrando in un nuovo mondo, dove ci saranno computer di tutto il mondo. I 'cattivi ragazzi' potrebbero sfruttare questa cosa e potremmo non essere più al sicuro neanche nel nostro salotto di casa".
Raffaella Natale



BT Italia Comunicato Unitario incontro 27 novembre 2013

COMUNICATO
In data 27 novembre si è svolto il previsto incontro presso il Ministero del Lavoro tra SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL nazionali e territoriali, unitamente al Coordinamento delle RSU nazionali e British Telecom Italia assistita da
Assolombarda e da Unindustria di Roma.
La data segnava anche il termine della procedura per i licenziamenti collettivi avviata unilateralmente dall'azienda.
Il capo del personale e la linea HR, hanno dichiarato che nell'ultima settimana le adesioni dei lavoratori sono passate da 49 a 55, numero ancora insufficiente rispetto agli obbiettivi per cui l'azienda sarebbe passata alla fase successiva dei licenziamenti
collettivi.
Le OO.SS. hanno dichiarato la loro ferma opposizione a tale progetto contestando i dati forniti dall'azienda anche rispetto alle disponibilità volontarie dichiarate e, affermando che BT sarebbe unica nel panorama delle aziende di TLC a licenziare i
lavoratori senza soluzioni condivise e senza l'utilizzo di ammortizzatori che lo stesso Ministero si è dichiarato disponibile a mettere a disposizione.
Il Ministero viste le nette distanze tra le parti ha chiesto una sospensione invitando l'azienda ad una riflessione con loro.
La riflessione ha prodotto una nuova proposta aziendale che prevede, la chiusura della procedura in corso per licenziamenti collettivi. L'apertura di una fase durante la quale proporrà un esodo incentivato (mobilità volontaria col criterio della non
opposizione), con le cifre già a conoscenza dei lavoratori che decrescerebbero ogni mese fino a metà febbraio, data ultima di accettazione delle disponibilità, con l'uscita dall'azienda il 31 marzo. Tale proposta però spostando i tempi inciderebbe sui costi
aziendali previsti, c'è quindi l'esigenza, ha affermato il capo del personale, di riequilibrare i costi mediante alcune "flessibilità" da introdurre in merito a ferie, ROL, EF.
Inoltre per il personale che non aderirà all'esodo potrà essere previsto un “demansionamento inquadramentale”.
Il sindacato e la delegazione, hanno chiesto se la proposta mettesse fine per il futuro o, quanto meno, per un periodo di anni da concordare a dichiarazioni di ulteriori esuberi, in tal caso ci sarebbe la disponibilità ad affrontare una discussione nel
merito dell'intera proposta ma, sul tema delle garanzie, British Telecom ha affermato di non essere nelle condizioni di fare accordi.
E’ del tutto evidente quindi, secondo le OO.SS., che BT Italia è intenzionata a continuare nella sua opera di riduzione del personale che va avanti ormai da anni.
Essendo la situazione delicata ed arrivata allo spartiacque decisivo, l'intera delegazione sindacale ha deciso di fare assemblee su tutti i luoghi di lavoro per illustrare la proposta aziendale e ricercare un mandato tra lavoratori.

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL

HUAWEI: Comunicato Unitario inc 25-11-13 (integrativo aziendale)

Nell’incontro del 25 novembre u.s., il secondo per il Contratto Integrativo, l’azienda ha dato delle prime risposte alle richieste avanzate con la piattaforma unitaria che la delegazione sindacale ha considerato insufficienti per proseguire in modo proficuo il confronto.
In particolare le Segreterie nazionali hanno espresso un giudizio negativo sulla posizione aziendale che considera gli aumenti di merito come sostitutivi della contrattazione collettiva, da un lato vanificando gli effetti economici del Ccnl con gli assorbimenti di nuovo effettuati sugli aumenti di ottobre, dall’altro lato identificando la retribuzione variabile solo con le politiche unilaterali da lei finora seguite, che la porta a ritenere superfluo istituire un Premio di Risultato collettivo.
Tutte le aziende maggiori del settore delle TLC con cui Huawei si raffronta hanno invece istituito, già da molti anni, con le organizzazioni Sindacali un Premio di Risultato.
Sulle altre richieste della piattaforma sindacale l’azienda ha risposto quanto segue:
Trasferte
La direzione aziendale è favorevole ad adeguare gli importi, ma dichiara di attendere l’esito di una verifica legata a policy di gruppo per formalizzare una proposta in tal senso. Nel mentre l’azienda si è dichiarata disponibile a monitorare i tempi di
autorizzazione delle trasferte e a facilitare gli anticipi di cassa.
Reperibilità
L’azienda considera congrui gli importi delle attuali indennità, è disposta a trovare soluzioni per una equa fruizione dei Riposi Compensativi e a fornire i dati a consuntivo delle ore di straordinario.
Sviluppo delle professionalità
L’azienda è disposta a fornire ampia informazione, anche con cadenza periodica, sulla job rotation e ad effettuare la richiesta verifica degli inquadramenti per i lavoratori in forza.
Strumenti e mezzi di lavoro
La policy aziendale non consentirebbe di fornire cellulari a chi ha in dotazione la Sim di servizio, tuttavia si sta ragionando a soluzioni estemporanee per rinnovare il parco cellulari che rappresenterebbe però l’eccezione e non la regola.
Nessuna indicazione è stata data, invece, sulla richiesta di rendere il parco automezzi di ogni sede autosufficiente a rispondere alle esigenze di servizio. Come Sindacato abbiamo ribadito la piena contrarietà all’utilizzo del mezzo privato per motivi di
sicurezza ed assicurazione.
Policy aziendali
L’azienda è disponibile a tradurle in italiano.
Orari
L’azienda ha espresso una generica disponibilità a considerare particolari esigenze dei lavoratori.
Organigramma aziendale
L’azienda ha dichiarato di essere in grado di fornire entro i prossimi 30 giorni lo schema relativo alle sole prime due linee di responsabilità.
Alla luce di quanto sopra le Segreterie nazionali hanno invitato l’azienda ad approfondire ulteriormente ogni punto al fine di formulare risposte concrete. Soprattutto, va rivista profondamente la posizione aziendale sulla retribuzione variabile che deve trovare nel Premio di Risultato collettivo per tutti i lavoratori di Huawei Italia uno dei suoi elementi di riscontro, così come normalmente avviene nel nostro Paese per le aziende importanti e sane che vogliono aumentare la loro competitività e la loro produttività.
Parimenti non può non trovare alcuna risposta l’istanza sindacale della rinuncia da parte aziendale all’assorbimento delle prossime tranche di aumenti contrattuali.
L’azienda, nel prendere atto delle richieste sindacali, si è riservata un ulteriore approfondimento, mentre, ciò premesso le OO.SS. e le R.S.U. hanno chiesto di riconvocare il tavolo in tempi stretti e un successivo incontro a livello nazionale è stato fissato per il prossimo 16 dicembre.
Nel frattempo le OO.SS. e le Rsu si attiveranno in una campagna di informazione e sensibilizzazione dei lavoratori, anche mediante assemblee, sulla base dei contenuti del presente comunicato.
Nell’ambito del sopracitato incontro sarà svolta una verifica dell’accordo sulla cessione del ramo d’azienda di Fastweb e per cercare soluzione alle problematiche relative alla polizza dei Quadri.
LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC‐CGIL FISTEL‐CISL UILCOM‐UIL

BT Italia, corsa contro il tempo per evitare i tagli

Raggiunto un accordo di massima al tavolo sindacati-azienda al ministero del Lavoro per scongiurare i licenziamenti: almeno 80 esodi incentivati, di cui 55 sono preadesioni già acquisite. La parola passa alle assemblee dei lavoratori. Il 4 dicembre una nuova riunione per la firma. Probabile una estensione della mobilità di tre mesi
Una riunione lunga otto ore al ministero del Lavoro dalle 12 alle 20, che si è conclusa, nell’ultimo giorno utile e dopo una serie di altre riunioni, con un rinvio di una settimana per la decisione sulle procedure di mobilità in British Telecom Italia.
Gli esuberi inizialmente annunciati dal gruppo britannico erano 147, poi portati a 122 su un totale di circa 950 lavoratori che l’azienda impiega tra le sedi di Milano, Torino, Roma, Firenze, Napoli e Padova. Ma se si dovessero raggiungere e superare le 80 adesioni agli esodi incentivati (a ognuno dei quali potrebbero andare da 15 a 33 mensilità), l’azienda sarebbe pronta a considerare soluzioni diverse dal licenziamento per gli altri circa 40 mandanti, fornendo ai sindacati nuovi margini di manovra.
Il tempo da qui al 4 dicembre servirà ai sindacati per portare questa proposta di soluzione nelle assemblee in azienda, e ottenere il mandato per chiudere. In questo caso si aprirebbe una ulteriore finestra di mobilità fino a marzo, data entro la quale il percorso delle uscite dovrà essersi completato.

L’azienda, con la proprietà britannica che ha dimostrato finora grande fermezza nel non voler accettare soluzioni come la Cassa integrazione o i contratti di solidarietà, ha voluto mantenersi dei margini di manovra per ridurre i costi, fino a ipotizzare eventuali demansionamenti.

27 novembre 2013

Legge di stabilità, 20 milioni per la banda larga

Alla fine ci sono. I 20 milioni destinati al completamento del Piano nazionale Banda Larga sono stati inseriti (comma 58) nel maxi emendamento alla legge di Stabilità votato dal Senato con 171 voti a favore e 135 contrari. “Per il completamento del Piano nazionale banda larga – si legge nel testo – definito dal Ministero per lo Sviluppo economico /Dipartimento per le Comunicazioni e autorizzato dalla Commissione europea è autorizzata la spesa di 20,75 milioni per 2014”.

L’iter dello stanziamento di tali risorse è stato abbastanza travagliato. Si tratta dei 20 milioni stralciati a luglio con il decreto del Fare. Le modifiche che intervenivano sul taglio alla banda larga erano state testo decise nelle Commissioni Bilancio e Affari e Costituzionali della Camera per coprire alcuni provvedimenti. I 20 milioni facevano parte dei 150 finanziati dal Crescita 2.0 per l’Agenda Digitale che sarebbero serviti a eliminare il digital divide al Centro Nord.

Il recupero della cifra grazie alla legge di stabilità era stato prospettato dal vice ministro allo Sviluppo Economico, Antonio Catricalà: "Non possiamo tornare indietro sulle promesse fatte  - aveva detto - e dobbiamo recuperare questi 20 milioni - tagliati per necessità alla banda larga. Troveremo la copertura nella legge di stabilità".

“L’istituzione dell’Anagrafe Nazionale degli Assistiti è la base fondamentale per portare a compimento l’Agenda Digitale della Sanità, che può valere risparmi stimati fino al 10% della spesa sanitaria” è il commento soddisfatto di Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale, in merito al comma 149 del maxiemendamento alla Legge di stabilità approvato questa notte da parte del Senato.

 Novità anche nel settiore sanitario. Il comma 149 istituisce l'’Anagrafe Nazionale degli Assistiti (Ana). Secondo Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale l'Ana "è la base fondamentale per portare a compimento l’Agenda Digitale della Sanità, che può valere risparmi stimati fino al 10% della spesa sanitaria”.

Con l’Anagrafe unica della sanità - provvedimento in realtà atteso da tempo che è andato in porto ora solo grazie alla tenacia e convinzione del Ministro Lorenzin - che sarà collegata direttamente alla nuova Anagrafe nazionale delle popolazione residente, secondo Parisi: “si supererà l’attuale frammentazione delle anagrafi degli assistiti, la cui regionalizzazione  sconta enormi difficoltà di interoperabilità tra le banche dati comunali e quelle delle Asl”. L’attuale assetto, infatti, accusa gravi situazioni di inefficienza e spreco di risorse pubbliche, che vanno dalle assegnazioni multiple di medici di medicina generale, a persone decedute ancora considerati viventi e – quindi – conteggiate nei compensi riconosciuti ai medici. “Al contrario – precisa Parisi - con l’integrazione delle banche dati aumenteranno le possibilità di monitoraggio da parte della Pa perché tutte le amministrazioni interessate, nonché gli operatori sanitari autorizzati, potranno accedere ai dati dell’Ana, semplificando lo scambio informativo e facilitando i necessari controlli”.

“Nei rapporti con i cittadini l’Ana rovescia finalmente la logica di funzionamento del servizio pubblico – nota il presidente di Confidnustria Digitale – infatti non sarà più il singolo assistito a dover comunicare i propri dati all’Azienda Sanitaria Locale perché questi sono già in possesso dell’Amministrazione. Quindi il libretto sanitario cartaceo diventerà obsoleto, giacchè il cittadino potrà direttamente accedere in rete per consultare i dati che lo riguardano”. 

“Grazie all’Ana, che verrà resa interoperabile con tutte le altre banche dati già istituite a livello regionale e nazionale –conclude Parisi  -  si potrà finalmente procedere alla digitalizzazione end-to-end di tutti i processi sottesi a un moderno percorso di cura dell’assistito, ivi compreso il Fascicolo Sanitario Elettronico. Ora è importante proseguire al più presto sulla strada segnata dall’Ana anche nelle altre filiere pubbliche quali l’istruzione, il lavoro e la formazione professionale, la giustizia, mettendo alla base un’anagrafica informatizzata contenente le informazioni necessarie all’erogazione digitale del servizio”.



26 novembre 2013

Telecom, sindacati verso il sit-in a Montecitorio

di Antonello Salerno
Un presidio di lavoratori sotto alle sedi di Camera e Senato, fin dai prossimi giorni, per chiedere al Governo e al Parlamento, durante l’approvazione della legge di stabilità, di varare al più presto le nuove norme che regolino le offerte pubbliche di acquisto, sostenendo l’emendamento firmato tra gli altri ma Massimo Mucchetti e Altero Matteoli. Poi il rinnovo della richiesta al Governo per la convocazione di un tavolo di confronto con Telefonica e le Parti sociali per avere garanzie sul futuro industriale del Gruppo Telecom e sulle prospettive occupazionali. E l’inizio del confronto di merito con Telecom Italia per analizzare i singoli aspetti del piano industriale 2014-2016 “per verificare i reali contenuti dello stesso e le coerenze rispetto agli annunci effettuati, soprattutto in termini di investimenti in reti, ricerca e sviluppo, informatica e prospettive occupazionali”. Poi una manifestazione sotto alla sede Telecom il 20 dicembre, giorno in cui è fissata l’assemblea degli azionisti, per far sentire la presenza dei lavoratori il giorno in cui si discuterà della richiesta di azzeramento del Consiglio d’amministrazione presentata dalla Findim di Marco Fossati, che detiene il 5% delle azioni Telecom. Ma i sindacati chiedono anche “la riapertura del confronto sull’applicazione degli accordi del 27 marzo 2013, su cui l’azienda procede unilateralmente con forzature inaccettabili, per permettere un reale monitoraggio sugli interventi e sull’implementazione dello stesso che sia conforme a quanto sottoscritto”. E infine l’individuazione “di opportune soluzioni per i lavoratori oggetto di esternalizzazione negli anni 2000 - 2006, che oggi pagano le conseguenze di scelte sbagliate con la perdita del posto di lavoro a causa della politica degli appalti”.

“Nel caso in cui non fosse modificata la legge sull’Opa e/o il Governo non attivi il tavolo di confronto con Telefonica sarà indispensabile, in accordo con le Confederazioni - si legge nella nota che i sindacati hanno diffuso alla fine della riunione -  arrivare allo sciopero generale dei dipendenti del Gruppo Telecom al fine di preservare il patrimonio occupazionale e aziendale garantendo, nel contempo, al Paese l’opportunità di avere un’azienda di telecomunicazioni in grado di sviluppare le reti di nuova generazione indispensabili per ammodernare il Paese e rilanciarne la competitività”.

Sono questi i punti emersi dalla riunione del coordinamento Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil delle RSU del Gruppo Telecom alla presenza delle strutture territoriali e delle segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, durante la quale è stata presa la decisione di avviare una vertenza su Telecom. Alla base dell’incontro di oggi la necessità di “analizzare - si legge in un comunicato congiunto - la situazione verificatasi a seguito della modifica dell’azionariato di controllo del Gruppo Telecom da parte di Telefonica e della presentazione del Piano Industriale 2014 - 2016 approvato dal Consiglio di amministrazione il 7 novembre” e illustrata ai sindacati dall’Ad Telecom Marco Patuano la scorsa settimana.

“Il Coordinamento - si legge nel comunicato - considera grave che un’azienda del valore di decine di miliardi possa essere acquisita tramite poche centinaia di milioni a causa di una legislazione che consente il controllo di fatto attraverso ‘scatole’ societarie che permettono il controllo di fatto dell’azienda a scapito della maggioranza degli azionisti”.

“La situazione finanziaria – prosegue la nota – (…) richiederebbe un aumento di capitale per reperire risorse aggiuntive finalizzate a rilanciare gli investimenti sulla costruzione di reti di nuova generazione, indispensabili per il rilancio complessivo della competitività del Paese e della riforma della Pubblica Amministrazione”.

“La scelta del Consiglio di Amministrazione di varare un piano industriale 2014 - 2016 con un aumento di capitale molto contenuto e focalizzare gli interventi sull’assetto industriale evidenzia luci e ombre”, affermano i  sindacati. Tra gli apsetti positivi “la scelta di non procedere con lo scorporo della rete ma di lavorare alla realizzazione di un modello che garantisca la parità di accesso mantenendo la rete integrata all’interno dell’azienda, di indirizzare risorse aggiuntive verso lo sviluppo delle reti di nuova generazione per consentire di recuperare il ritardo rispetto agli altri Paesi Europei, la definizione di un nuovo modello di business che consenta all’azienda di recuperare spazi di mercato”. Interventi necessari “a rimettere in condizione l’azienda di recuperare i ritardi accumulati e rilanciarne le potenzialità sul mercato”. Poi le ombre, focalizzate sulle modalità con cui si è scelto di reperire le risorse: “Il ‘convertendo’ per realizzare un mini aumento di capitale non è sufficiente a garantire le adeguate risorse dedicate agli investimenti e allo sviluppo – si legge nel comunicato - l’operazione di vendita delle torri che, in parallelo con gli errori commessi nel passato sul patrimonio immobiliare, potrebbe portare al loro riaffitto a un canone elevato, la vendita della partecipazione in Argentina che ridimensiona l’assetto internazionale dell’azienda e riduce i margini del Gruppo, il remix degli investimenti che sposta dal commerciale alla costruzione di nuove reti ingenti risorse con il rischio di ridimensionare le capacità commerciali dell’azienda”.


Un insieme degli interventi che secondo Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil “ha consentito di recuperare risorse da indirizzare agli investimenti ma inciderà notevolmente sulla redditività dell’azienda e l’indebitamento nei prossimi anni rischiando di comprometterne l’operatività e la capacità di competere sul mercato globale delle telecomunicazioni. In questo caso l