19 novembre 2015

Licenziamento al dipendente che registra conversazioni sul lavoro

La legge consente a chiunque di registrare le conversazioni tra presenti purché fuori dall’abitazione, residenza, dimora, ufficio, automobile o in qualsiasi altro luogo ove si svolge la vita privata della persona “intercettata”. Tale divieto si estende anche al posto di lavoro. Il dipendente, infatti, non può effettuare registrazioni clandestine di conversazioni fra colleghi o con il superiore o, addirittura, con lo stesso datore di lavoro. Ciò in quanto l’uso di impianti o strumenti di controllo dell’attività dei lavoratori è consentito solo al datore di lavoro per ben individuate esigenze organizzative e produttive o per tutelare la sicurezza del lavoro e la tutela del patrimonio aziendale, in forza di accordo sindacale o di autorizzazione della direzione territoriale del lavoro. Il chiarimento è stato più volte fornito dalla Cassazione. Pertanto è vietato al lavoratore di utilizzare registratori in ufficio per finalità proprie. Il divieto vale anche se la registrazione serve per precostituirsi prove da far eventualmente valere in causa contro il proprio datore di lavoro o contro i propri colleghi, in quanto tale comportamento implica la lesione del diritto dei lavoratori a non essere sottoposti a controlli a distanza al di fuori delle ipotesi contemplate dalla legge.   La registrazione dei colleghi o del datore di lavoro, all’insaputa di questi, può però legittimamente avvenire fuori dall’azienda, in qualsiasi altro luogo (purché, come detto, non si tratti della loro dimora, residenza o ufficio). Infatti, come chiarito dalla Cassazione [2], “chi dialoga accetta il rischio che la conversazione sia registrata”. Non c’è quindi alcuna violazione della privacy.