Saluto tutti voi compagne e compagni, delegati ed invitati al nostro 4° Congresso Provinciale a cui arriviamo in un momento particolarmente difficile per la crisi occupazionale, sociale e valoriale in atto e vi ringrazio.
Grazie soprattutto per il fatto che il dibattito politico, nelle assemblee in cui si sono confrontati i relatori delle due mozioni congressuali nazionali, si è sempre svolto in maniera pacata e serena e non si è mai trasformato in scontro per la ricerca di assetti, equilibri, percentuali e numeri.
Debbo dire che siamo stati tutti particolarmente bravi in ciò, forse io lo sarò stato meno degli altri, certamente sono stato meno bravo dei più giovani tra voi, di voi giovani che avete modo di partecipare alle attività interne della Camera del Lavoro di Catania nel periodo in cui, dopo anni di lacerazioni e divisioni interne, la direzione politica è stata affidata a Francesco Battiato.
Francesco, forza ed equilibrio, che sin dalla data del suo insediamento ha dimostrato di essere al di sopra delle piccole beghe interne, ha avuto il grande merito di far cessare gli scontri interni che poco o nulla avevano a che fare con l’attività sindacale ed ha messo tutti noi nelle condizioni ideali di poter agire nell’interesse di ciò che rappresentiamo; e perciò è da noi tutti considerato soprattutto un vero e grande Maestro di vita.
Francesco adesso non è più il Segretario Generale della CGIL di Catania, ha avuto la fortuna e la capacità di poter lasciare l’incarico prima del Congresso e prima di lasciare l’incarico ha promosso un grande ringiovanimento nei gruppi dirigenti delle categorie provinciali. Il suo ruolo adesso è stato affidato al nostro amico Angelo Villari che all’insegna della continuità di fare e pensare, aggiungerà del suo a quanto è stato sin qui reso possibile, ci aspettiamo ulteriori grandi cose da tutto ciò.
Dicevamo in premessa che svolgiamo il nostro Congresso, il congresso che vede attivamente partecipe questa platea quasi per intero rinnovata e ringiovanita, in un momento in cui incombe una crisi che non ha precedenti in quanto è globale, che vede coinvolte industrie ed occupazione e che mette realmente in crisi la società, così come noi fino ad oggi l’abbiamo partecipata ed i valori che ne sottendevano il vissuto sociale.
Ma nel trattare il tema della crisi dobbiamo tener presente che a volte siamo chiamati a discutere di due questioni ben distinte e separate.
Infatti, c’è una crisi reale, che come ogni crisi di carattere epocale ha dentro di sé anche i fattori del cambiamento, e c’è un utilizzo strumentale delle paure indotte dalla crisi.
Alcune aziende, troppe, stanno utilizzando, grazie all’assenza di regole e principi, lo spauracchio della crisi per comprimere i costi del personale e provano a far ciò attraverso il tentativo costante di demolire alcuni diritti fondamentali dei lavoratori, che per tali aziende rappresentano esclusivamente dei costi in bilancio. Mi ha particolarmente impressionato nell’ultima sessione per il rinnovo del CCNL delle TLC vedere all’opera, in una stanza riservata alle aziende del settore, una decina di consulenti ed esperti aziendali che continuavano a trasformare in cifre e denaro qualsiasi richiesta che veniva formulata dai sindacalisti presenti al tavolo negoziale.
Sia ben chiaro a tutti che rispetto a tali rozzi tentativi portati avanti da certa parte datoriale e da qualche rappresentante del governo nazionale, la CGIL risponde, all’unisono ed in maniera chiara che non si barattano i diritti per il salario.
C’è quindi una crisi reale la cui responsabilità è da ascrivere esclusivamente ad un certo modo di essere del capitalismo, cosiddetto avanzato, attento solo ai profitti ed ai dividendi, che ha fatto sì che pian piano, nel tempo, venisse meno il potere regolatore degli stati nazionali e per il quale l’uomo continua ad essere solo un ingranaggio del sistema produttivo.
Rispetto ai due modi d’essere della crisi industriale in atto, dobbiamo formulare le nostre proposte che si tradurranno nei nostri modi di essere ed interpretare le vertenze a livello territoriale.
Uno scrittore di fantascienza nel 1972 (H.Brinis – Il passo dell’ignoto a cura di Fruttero e Lucentini) descrisse di come la fortuita restituzione, da parte di una famiglia al commerciante, di un surgelatore rosso ciliegia, poteva innescare una congiuntura sfavorevole nei mercati, da cui poi si sarebbe potuti uscire solo attraverso una ripresa del potere di acquisto di salari e stipendi. Nel racconto la ripresa , infatti, viene avviata grazie ad un contributo che il Presidente USA invia alla famiglia che attraverso la restituzione del congelatore aveva innescato la crisi.
Attraverso la citazione di tale racconto ho cercato di rendere evidente il fatto che, sin da allora un intero mercato come quello USA poteva, così come è ai giorni nostri avvenuto, essere messo facilmente in crisi dalla perdita di potere di acquisto di salari e stipendi e che la ripresa è possibile a patto che si mettano le famiglie in condizione di poter spendere.
Quindi, anche a livello locale, va fatto sì che venga aumentato il potere di acquisto delle famiglie , sia attraverso una contrattazione di secondo livello, da negoziare all’interno di tutti i posti di lavoro, che attraverso il potenziamento della rete dei servizi resi alla famiglia. Su quest’ultimo punto dobbiamo fare in modo di essere più presenti ed incisivi nella contrattazione sociale.
Per quanto riguarda in generale il modo attuale di declinare il capitalismo che si è affermato tra le imprese e nel mercato vorrei, fare insieme a voi, qualche riflessione ed avanzare proposte.
Il profitto non può essere l’indicatore del risultato dell’azienda. Per l’azienda sono molti gli interessi convergenti, dai dipendenti ,ai fornitori, ai finanziatori, al territorio interessato,alle facilitazioni concesse dal pubblico. Pertanto, non si deve parlare più di portatori di capitali ma di portatori di interessi. L’azienda, quindi, non può essere eticamente considerata in funzione dei risultati immediati, ma il suo reale valore deve essere desunto per la cooperazione di tutti gli agenti. L’attuale crisi è originata anche dal fatto che le aziende hanno deciso di puntare sul profitto e quindi solo sul breve termine; mordi e fuggi.
Alcune tra queste aziende, soprattutto quelle che operano nel settore delle telecomunicazioni, pur mantenendo inalterati i livelli occupazionali sul territorio, sposano a tal punto queste filosofie del profitto e del breve termine che laddove il sindacato ha provato a proporre loro di guardare al territorio di Catania in maniera diversa, invitandole ad investire in loco anche nelle attività ‘pregiate’ del proprio gruppo industriale (penso ad esempio ai settori della IT e della ricerca), pur potendo contare sulla disponibilità di Enti Locali, Università e centri di ricerca, hanno fatto venire meno le condizioni di poter discutere di ciò. Ed inoltre, a dimostrazione della disaffezione che dette imprese, nutrono nei confronti delle attività sociali di impresa, ogni qual volta siamo riusciti ad iniziare ad avviare una discussione sul radicamento sociale e territoriale di impresa, a causa della prassi della mobilità territoriale dei propri quadri e dei propri referenti, ci siamo trovati costretti a far ripartire dall’inizio le discussioni avviate. Una vera e propria tela di Penelope.
Direi, imprese sempre pronte a togliere gli ormeggi e a salpare verso porti migliori, alla ricerca dell’eldorado. Il modello al quale noi guardiamo è naturalmente diverso.
Noi chiediamo che le aziende che hanno deciso di investire a Catania pratichino il principio della responsabilità sociale nella declinazione più evoluta del termine. Fair play, etica della lealtà ed etica della responsabilità, lealtà nei confronti del tessuto sociale che ha concesso benefici ed agevolazioni ed è stato modificato anche grazie all’impianto industriale e responsabilità nei confronti dei dipendenti e delle loro famiglie.
A Catania, negli ultimi tempi ci siamo dotati di una linea di azione che tiene conto dell’analisi fatta e dell’impostazione condivisa. Cerchiamo, in maniera convinta, ed a volte ci riusciamo, di far valere non soltanto il rapporto negoziale interno al posto di lavoro, ma anche di far passare il principio che l’impresa deve interessarsi dei soggetti attivi sul territorio e delle specificità che sul territorio insistono.
Vi confesso che non è un percorso facile quello che stiamo praticando, cercare di far valere un atteggiamento diverso è un esercizio per certi versi simile a quello che in guerra si adotta quando si vuol cercare di far cambiare all’avversario il terreno di confronto ed i tempi dell’intervento.
E non è solo la resistenza che le aziende oppongono al cambiamento a rallentare l’iniziativa, spesso all’interno delle aziende presenti sia sul territorio regionale che nazionale, abbiamo fatto fatica a far valere i principi che condividiamo talvolta anche all’interno del nostro stesso gruppo dirigente.
Noi vogliamo assumerci direttamente le responsabilità che il ruolo e l’impostazione che ci siamo dati ci impongono, pertanto proponiamo, un po’ in tutte le aziende, di procedere ad una verifica territoriale degli accordi e su questioni di interesse generale rivendichiamo l’apertura del confronto locale anche in sede istituzionale, chiedendo che partecipino alle proposte da noi avanzate anche soggetti esterni, purché portatori di interessi specifici.
Quella degli interessi diversi e specifici è una idea che stiamo maturando da qualche mese a questa parte. Riteniamo infatti che, in talune occasioni, ed in particolare quando gli interessi che ci derivano dal ruolo di lavoratori dipendenti, per talune vertenzialità specifiche, coincidono con quelle che derivano dal ruolo di cittadino/utente, dobbiamo sempre più chiedere il coinvolgimento delle associazioni dei consumatori per condividere gli sviluppi delle vertenze in corso e gli eventuali benefici. Voglio fare un esempio che potrebbe valere anche come iniziativa da portare avanti. Diverse aziende che operano nel settore delle TLC stanno iniziando a chiedere l’utilizzo della registrazione di massa delle chiamate, al fine di poter “monitorare la qualità”, cosa che stiamo contrastando con gli strumenti ed i mezzi a nostra disposizione. Ma da utente che ne penso? Che effetto mi fa aver firmato un contratto di condizione d’uso all’interno del quale non è previsto né che i miei dati sensibili, il timbro della mia voce, possa essere registrato né che le condizioni generali previste dal contratto possano essere modificate? Ed inoltre, da utente, che effetto mi fa non veder risolti i miei reclami solo perché l’azienda, dopo avermi licenziato, ha delocalizzato all’estero le proprie attività e non è più nelle condizioni di rendermi il servizio che io pago? In questi casi gli interessi di lavoratore ed utente, a mio avviso, coincidono. Possiamo chiedere giustizia delle ragioni comuni? Noi pensiamo di si, si può fare.
Qualche tempo fa non c’era sufficiente consapevolezza delle competenze e delle capacità che il territorio di Catania può esprimere, adesso non più.
Faccio ancora un esempio: tre anni fa qualsiasi cosa avvenisse in Telecom così come in Poste e comunque in tante aziende in qualsiasi parte della Sicilia, doveva diventare innanzitutto un problema specifico dell’azienda in questione e comunque di interesse regionale quindi, nel caso in cui non si fossero trovate le soluzioni adeguate, il problema doveva essere trasferito agli onori del livello nazionale. Ritengo che se ci fosse stato un successivo tavolo internazionale probabilmente qualcuno, tra noi, avrebbe sicuramente potuto dire che “era un problema dell’internazionale”. A volte è fin troppo comodo delegare agli altri le nostre responsabilità. Adesso i rapporti velocemente stanno mutando, orgogliosamente possiamo affermare che SLC CGIL Catania non è la sommatoria delle diverse RSU aziendali, ma è un insieme dinamico di dirigenti sindacali che dibatte, negozia, propone e governa il cambiamento possibile. Tra i modelli che tentano di imporre talune imprese ed i nostri punti di vista si è aperto un bel confronto e si sono modificati i rapporti di forza; oggi siamo più forti di ieri.
Sono passati tre anni dall’ultimo congresso provinciale, tre anni vissuti insieme. Ci siamo incontrati da sindacalisti e ci siamo conosciuti da uomini. Abbiamo provato a conoscerci e ci siamo riusciti. Abbiamo imparato a condividere, quotidianamente, le nostre gioie, le nostre speranze, le nostre aspirazioni, il nostro vissuto personale ed anche le nostre debolezze. Siamo riusciti a fare dell’umanità il nostro vero punto di forza così all’interno quanto all’esterno e non solo grazie a noi di SLC. Saluto gli amici che non sono solo colleghi delle altre sigle sindacali presenti, segretari ,dirigenti, RSU e semplici iscritti alle altre sigle. A volte, quando siamo stati chiamati ad affrontare vertenze particolarmente difficili e complicate, sono emerse delle piccole incomprensioni ma grazie all’umanità che reciprocamente ci riconosciamo siamo riusciti, rispettandoci, a venire sempre fuori dalle difficoltà e più forti e risoluti che mai. Siamo stati sempre una vera forza in movimento per la tutela dei lavoratori e la difesa del diritto. Saremo sempre più presenti sui posti di lavoro perché è questo che ci rende più forti, più uniti e umanamente più ricchi. Siamo una forza in movimento che, alla ricerca costante dell’ “umanità” tende verso il vero progresso. Questa è la nostra forza.
Giovanni Pistorio