05 settembre 2012

Almaviva: Il call center va in Calabria e manda a casa 632 persone


Cassa integrazione straordinaria a Roma e nuove assunzioni “low cost” al sud. E’ questa la dolorosa beffa che spetta a 632 operatori di call center del gruppo Almaviva, ex Atesia, della sede romana di Via Lamaro, a Cinecittà. La comunicazione ufficiale dell’azienda ai lavoratori è dello scorso 28 agosto: un anno di cassa integrazione come ammortizzatore sociale per i dipendenti della sede romana dell’azienda. Poi a casa. In nome di una cessazione di attività che, però, non esiste.
Almaviva, infatti, non chiude. Anzi apre a nuove assunzioni nella sede di Rende, in provincia di Cosenza. Dove, entro dicembre, entreranno in contratto circa 250 lavoratori destinati al servizio assistenza clienti del “119 Tim”. Esattamente lo stesso servizio che veniva svolto dai 632 neo-cassintegrati romani.
Perché, allora, liberarsi di oltre un terzo dei 2200 dipendenti totali romani, arrivando a chiudere una delle tre sedi della capitale? Le ragioni, secondo i lavoratori, sono due. Una è politica: la sede di via Lamaro e’ stata negli anni il cuore pulsante del movimento a favore della stabilizzazione dei lavoratori dei call center. L’altra ragione e’ economica: il personale di Roma ha la maggiore anzianità e quindi un costo del lavoro più elevato.
Non c’è la fine di un appalto, nè una riduzione delle commesse, ma una decisione calcolata dell’azienda. La strategia preoccupante è la scelta mirata di chiudere una sede che costa di più per spostare la stessa produzione in un un posto dove produrre costa meno, grazie agli incentivi delle leggi regionali di cui usufruiscono molte regioni del Sud“, spiega Barbara Cosimi, Slc-Cgil e Rsu di Almaviva Roma. “Siamo alla delocalizzazione non più all’estero, ma Italia-Italia, Nord-Sud. Non si chiude perché non ci sono le commesse. Si chiude perché conviene aprire da un’altra parte“.
E i neo-assunti calabresi? Guadagneranno meno dei romani? Lavoreranno a condizioni peggiori? “Saranno fatti contratti di secondo e non di terzo livello e ovviamente senza nessuno scatto di anzianità. Questo significa a spanne quasi cento euro in meno in busta paga. Ma non è questo il punto. Il punto è il risparmio dell’azienda e le logiche con cui si licenzia e si assume“.
I lavoratori di Almaviva sono in agitazione. Ci sono venti giorni ancora per trovare un accordo con l’azienda. Ieri, il primo sciopero a tema, che ha coinvolto tutti i lavoratori romani e non solo il gruppo di via Lamaro, con una partecipazione dell’80% e oltre 500 persone che hanno protestato davanti alla sede del X municipio, a Cinecittà, con un corteo spontaneo lungo via Tuscolana. Si cerca la mediazione delle istituzioni e un ruolo centrale potrebbe essere giocato dalla Regione Lazio. E proprio negli uffici della Regione si recherà oggi una delegazione di lavoratori in cerca di risposte certe sul destino dei propri contratti e sui termini della cassa integrazione.
Crediamo ancora che ci siano i margini per evitare questa chiusura“, insiste Barbara Cosimi. “Anche perché ad andare a casa sarebbero lavoratori con un’età media di 42 anni, di cui il 65% donne, alcune madri separate con figli a carico. La gran parte lavora 4 ore al giorno, arrivando a uno stipendio di 650 euro. E solo ora iniziava, dopo anni, ad accedere ai primi scatti di anzianità. Non a caso, l’azienda sceglie di non sostenere questi costi e preferisce spostare tutto da un’altra parte. In nome del risparmio. Senza nessun rispetto per i diritti acquisiti“.
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Almaviva Contact: cessazione attività sede aziendale romana di Via Lamaro.

- COMUNICATO SINDACALE -
La dirigenza di Almaviva Contact ha comunicato alle Segreterie Nazionali e Regionali di Roma di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e UGL Telecomunicazioni l’intenzione di voler aprire martedì 28 agosto le procedure per la Cassa Integrazione
Guadagni Straordinaria per cessazione di attività per la sede aziendale romana di Via Lamaro.
La procedura riguarderà 620 operatori e 12 lavoratori dello staff ed è stata giustificata dall’azienda con l’elevato costo del lavoro, la asserita diminuzione della qualità erogata, il continuo peggioramento del conto economico e dei margini generati dal
sito di via Lamaro (sito del quale a dicembre scade il contratto di locazione). Sempre secondo l’azienda questo quadro complessivo rende non più procrastinabile un intervento più incisivo di quanto fatto sino ad oggi.
L’azienda ha in oltre risposto alla richiesta di chiarimenti avanzata dalle OO.SS. specificando come il prestito appena ottenuto da un pool di banche sarà quasi completamente utilizzato a consolidamento del debito precedente. Con l’attivazione delle procedure di CIG l’azienda ha dichiarato che interromperà l’accordo sui Contratti di Solidarietà attualmente in atto sulle sedi di Roma.
Le OO.SS. hanno dal canto loro espresso la più totale contrarietà verso un provvedimento che, semplicemente, continua a scaricare solo sui lavoratori inefficienze proprie della gestione aziendale.
Forti dubbi sono stati espressi in oltre sulle motivazioni della CIG dal momento che le commesse presenti ad oggi su via Lamaro non sono state perse dall’azienda ma sono state, o saranno, a breve spostate su altri siti aziendali. Le OO.SS. territoriali si attiveranno, al ricevimento della procedura di CIG, per richiedere in tempi strettissimi l’incontro con la Regione Lazio.
LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC-CGIL FISTel-CISL UILCOM-UIL UGL-Telecomunicazioni