11 settembre 2012

La società trasferita all’estero può essere dichiarata fallita in Italia: tutelati tutti i dipendenti


Studio Legale Avv. Angelo Greco
Con un precedente coraggioso e interessante (nel quale, peraltro, ho avuto l’onore di difendere gran parte dei dipendenti), il Tribunale di Cosenza [1] ha dichiarato il fallimento di una società nonostante avesse già trasferito la propria sede all’estero.
La società aveva dimostrato gravi indici di insolvenza già quando era in Italia, interrompendo tutti i pagamenti nei confronti dei propri creditori e cedendo tutte le proprie consistenze patrimoniale. Nello stesso tempo, si era cancellata dal registro delle imprese italiano e aveva spostato la propria sede sociale in uno Stato extracomunitario (nella fattispecie la Moldavia).
Se le cose fossero rimaste così, i creditori avrebbero visto sfumare ogni speranza di recuperare i propri crediti, non potendo presentare dichiarazione di fallimento nei confronti di una azienda che ha sede all’estero. I giudici italiani infatti hanno giurisdizione sulle società la cui sede è stabilita nel territorio italiano.
In particolar modo, sarebbero rimasti privi di tutela i lavoratori dipendenti i quali, solo in caso di fallimento del datore di lavoro in Italia, avrebbero ottenuto il pagamento del TFR e delle ultime tre mensilità da parte del Fondo di Garanzia presso l’Inps.
Ma le cose non sono andate così. Il tribunale ha accertato che il trasferimento della sede della società era solo “fittizio“. Esistevano infatti una serie di circostanze [2] che facevano ritenere che la società avesse preordinato il tutto per scopi diversi da quelli di una normale operazione societaria. Insomma, la cancellazione dal registro delle imprese italiane e lo spostamento in Moldavia erano solo “sulla carta“.
Così il tribunale di Cosenza ha dichiarato che il trasferimento della sede di una società in uno Stato extracomunitario non esclude la giurisdizione italiana quando tale trasferimento sia stato solo fittizio. In parole più semplici, sono competenti a dichiarare il fallimento non i giudici stranieri ma quelli italiani, cui i creditori si possono quindi rivolgere per chiedere tutela.


[1] Trib. Cosenza, sent. n. 26/2012, depositata il 26.07.2012.
[2] Per esempio: il Ministero della Repubblica Moldava aveva attestato che l’azienda non era registrata nel Registro Statale delle persone giuridiche; dopo il trasferimento, l’azienda – per il tramite del suo procuratore generale, che in realtà non era che un amministratore di fatto – aveva continuato a svolgere operazioni commerciali in Italia; presso la sede estera, in realtà, non veniva scolta alcuna attività d’impresa o commerciale.