27 marzo 2010

Call center sul territorio siciliano. 20.000 posti di lavoro sono a rischio.

Cari compagni,

mi scuso anticipatamente per lo sfogo. Sin dal mese di luglio c.a., forse prima ancora, abbiamo sollevato nella Regione Sicilia, insieme a Fistel e Uilcom regionali la questione che riguarda la crisi che sta investendo il settore dei call center in outsourcing sul territorio siciliano. 20.000 posti di lavoro sono a rischio.

Nonostante i ripetuti allarmi e le continue richieste d'incontro,inviate a tutti i livelli, la Regione Siciliana continua ad ignorare il problema e a sottovalurne la portata.

Adesso siamo alla "canna del gas", la crisi è venuta fuori, cosi come avevamo previsto, e nessuna delle nostre proposte è stata adeguatamente presa in considerazione.

Ritengo, pertanto, di sottoporre alla comune valutazione (in Sicilia per fortuna abbiamo avuto sempre posizioni unitarie, pur nelle differenti sfumature) la possibilità di mettere su una mobilitazione generale del settore, di portare in piazza la crisi e di manifestare il disagio.

La Regione Sicilia e chi la governa ha l'obbligo morale e civile di dare risposte alla "nostra gente". Penso che il momento dell'attesa sia da intendersi concluso.

Giovanni Pistorio

Slc Cgil Catania

NOTA DI REDAZIONE:

Ho letto bene le carte: l'Ass Reg al Lavoro ha presentato il pianino marshallino. Pensa che attraverso il finanziamento di cantieri di lavoro trimestrali può contribuire a rilanciare l'economia nell'Isola. Traduco:Il Governo Regionale non ha nessun progetto per il rilancio dell'economia e dell'occupazione. Dichiara la propria incapacità gestionale e la propria mancanza di fantasia nel governo della cosa pubblica. Dio ce ne guardi, riescono a volte solo a fare gestione.

Giovanni Pistorio

Slc Cgil Catania. Richiesta di incontro Almaviva Contatc spa

26 marzo 2010

Con lo scopo di poter procedere, a livello locale, ad una attenta analisi sulle dinamiche che stanno investendo il settore dei call center in outsourcing ed al fine di poter meglio valutare le eventuali ricadute che potrebbero determinarsi sul territorio della provincia di Catania e quindi valutare le reciproche proposte che potrebbero venir fuori dal confronto, Vi chiediamo di convocare una riunione presso la vostra sede.

Chiaramente la riunione dovrebbe tenersi unitariamente e quindi con la partecipazione delle sigle sindacali locali.In attesa di riscontro, colgo l'occasione per porgerVi distinti saluti.

Giovanni Pistorio

Slc Cgil Catania

26 marzo 2010

Emilio Miceli: dichiarazione su management Telecom Italia

DICHIARAZIONE DI EMILIO MICELI

SEGRETARIO GENERALE SLC/CGIL


“E’ davvero sconcertante che il management di Telecom da un lato esternalizzi attività core (informatica etc), si appresti a denunciare esuberi di personale e dall’altro annunci modifiche statutarie al fine di distribuire unilateralmente utili ai dipendenti sotto forma di azioni. Insomma: si danno più soldi a chi rimane in azienda, anzi si guadagna sulle sfortune e i licenziamenti dei colleghi.”

“Consiglieremmo al dott. Bernabè di occuparsi di più dei problemi industriali del gruppo piuttosto che di quelli finanziari perché l’eccessiva attenzione alla finanza è stata la vera causa del debito e delle sfortune di Telecom. Chiediamo un ripensamento e promettiamo che svolgeremo fino in fondo la nostra opposizione a misure che tendono a dividere i lavoratori. Detto questo non è che le azioni Telecom abbiano brillato negli ultimi tempi!”


24 marzo 2010

Concetta Raia:“Misure per favorire l’assistenza sanitaria psichiatrica”

INTERROGAZIONE N. 1088 (primo firmatario On. Concetta Raia)


Premesso che

in Sicilia appare evidente lo scarto tra la normativa e l’effettiva realtà delle strutture sanitarie per cui la valutazione va fatta partendo dall’effettivo sviluppo dell’assistenza sanitaria:

in Psichiatria dove, finito l’effetto propulsivo della L. 180 la rete territoriale ha subito una progressiva marginalizzazione da parte delle AUSL con l’effetto di spostare risorse verso altri ambiti assistenziali creando una situazione assistenziale più arretrata rispetto al progetto obiettivo nazionale del 1994;

per le Tossicodipendenze la normativa regionale ha istituito i servizi per le tossicodipendenze all’interno dei Servizi Territoriali di Tutela di Salute Mentale. I Ser.T. istituiti con Legge 309/90 in Sicilia sono stati meramente recepiti senza alcuna contestualizzazione alla realtà regionale e, pur avendo una buona diffusione sul territorio sono rimasti a un modello di assistenza di tipo ambulatoriale, mentre nel 2002 l’organizzazione delle tossicodipendenze ha avuto dal Piano sanitario regionale una ulteriore sistemazione che è stata disattesa dalla esistenza attuale di almeno tre tipologie di organizzazione: Settore Salute Mentale, Dipartimento Salute Mentale e Tossicodipendenze, Dipartimento per le Dipendenze;

nell’ambito della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (NPIA) si registra in Sicilia una frammentazione e una disomogeneità assistenziale in seguito alla collocazione dei servizi NPIA o nei distretti, nell’area Materno –Infantile, o nella Salute Mentale con estreme diversità organizzative, di dotazioni d’organico e strutturali. Va ricordato per altro che nell’unico piano sanitario regionale, quello del 2002, questi servizi sono assolutamente assenti e lo stesso mancano dalle linee guida per la riorganizzazione territoriale (PTA) del 2009;


Considerato che

Per tali ragioni i servizi, pur garantendo una effettiva presa in carico ambulatoriale, non sono in grado di fornire interventi più complessi e articolati

per sapere

quali misure intende adottare per superare i problemi

della gravissima carenza di posti letto per la Psichiatria, che comporta ricoveri anche a centinaia di chilometri di distanza, e per le NPI;

della differenza tra il modello adottato dal privato accreditato e quello pubblico in psichiatria per le CTA e l’assenza di residenzialità per le NPI e per le tossicodipendenze relativamente ai pazienti con doppia prognosi;

della presenza formale delle strutture di semiresidenzialità in Psichiatria, per altro senza alcun rispetto dei parametri previsti dalle normative, e dell’assenza di tali strutture negli altri ambiti, NPI e tossicodipendenze;

della ridotta presenza degli ambulatori e degli interventi domiciliari sul territorio;

del sottodimensionamento del personale per oltre il 30% su quello previsto dalle normative e dall’assenza diffusa di figure professionali dedicati agli aspetti riabilitativi;

dalla mancata attivazione dei tre dipartimenti (Psichiatria, NPI e Dipendenze), così come previsto anche dalle linee guida recepite nel 2009;

dall’assenza d’integrazione tra Comuni e ASP con gravissimi problemi che investono la residenzialità (Comunità-alloggio,gruppi appartamento, ecc), gli interventi di reinserimento lavorativo e risocializzazione, l’attività domiciliare integrata.

Concetta Raia

www.concettaraia.com

22 marzo 2010

CALL-CENTER: ODG SULLA CRISI OCCUPAZIONALE NEL SETTORE DEI CALL CENTER IN OUTSOURCING

A seguito della circolare n. 17 del ministro Damiano del 2006, in Sicilia molte aziende hanno provveduto a stabilizzare gradualmente, con contratto di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato, migliaia di lavoratori..

Chiaramente tali aziende, al momento dell’assunzione, hanno utilizzato tutti i benefici previsti per legge compreso quelli di cui alla L.488/92 in conto capitale e quelli di cui alla L. 407/90

Come ben noto, i benefici di cui alla L.407/90 sono utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi , quindi i benefici stanno per venire meno, per cui a partire dal 2010, nel momento in cui i costi per il personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente, potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio per trasferirle altrove. Ed è quello che sta già avvenendo.

Inoltre, sempre in tale settore è già in corso una delocalizzazione delle attività verso l’estero. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky) molte tra queste ultime operano anche nel nostro territorio.

Il motivo che sta dietro questa sollecitazione alla delocalizzazione, messa in atto dalle committenti, è semplice: fare profitto attraverso la compressione verso il basso del valore delle singole commesse assegnate agli outsourcer; tutto ciò anche a discapito della qualità del servizio reso all’utente.

In sintesi, per ritornare al punto,di che cosa ci preoccupiamo?

Da qui a fine anno con il lievitare dei costi del lavoro e soggiogati dalle committenti che comprimono verso il basso il valore della commessa assegnata, molti call center in outsourcing potrebbero dismettere gradualmente le proprie attività per riavviarle in altre regioni d’Italia e/o all’estero.

Migliaia di posti di lavoro sono da subito a rischio, è per tali ragioni che chiediamo ci si impegni per far si che la Regione Sicilia intervenga prendendo in considerazione le seguenti proposte:

1)prevedere la copertura finanziaria per gli ammortizzatori sociali in deroga in maniera tale che possano beneficiarne i lavoratori che da qui a fine anno rischiano di perdere il posto di lavoro in tale settore di attività. Migliaia di giovani occupati nella nostra regione rischiano concretamente di essere risucchiati dal vortice della disoccupazione e dell’esclusione sociale.

2) Black List . Prevedere che non vengano concessi i benefici di cui alla L.488/92 a tutte quelle aziende i cui assetti societari sono sostanzialmente coincidenti con le società che già hanno utilizzato detti benefici ma non hanno mantenuto i livelli occupazionali previsti;

3) Chiedere al Ministro delle Attività Produttive di intervenire su chi sostiene ed alimenta le delocalizzazioni all’estero (Telecom, Vodafone, Sky, Wind etc). Queste ultime operano gestendo servizi di pubblica utilità, utilizzando licenze nazionali e soprattutto, usufruiscono di benefici accordati dallo Stato.

4)sostenere l’esigenza che vengano disciplinati nazionalmente per legge, capitolati e contratti di appalto nel settore delle TLC in maniera tale da traguardare i seguenti obiettivi:

a) maggiore qualità del servizio reso al cittadino/utente;

b) certezza nella corresponsione, ai lavoratori dipendenti, della retribuzione prevista dal CCNL

c) prevedere l’istituzione delle clausole sociali di salvaguardia su base territoriale e volontaria. Il lavoratore che perde il lavoro per il venir meno di una commessa deve aver la possibilità di seguire il destino della commessa sul territorio.

d) trasparenza dei rapporti commerciali e nelle transazioni finanziarie nel settore delle TLC all’interno del quale gira oramai un flusso incommensurabile di dati sensibili che riguardano i cittadini e una valanga di denari e che non è ancora affatto immune da eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e del conseguente riciclaggio di denaro di illecita provenienza.

I sottoscrittori del presente O.d.G in considerazione di tale grave crisi occupazionale che rischia di investire il settore dei call center in outsourcing nel territorio siciliano nel quale sono impiegati almento 20.000 addetti, chiedono che vengano sostenute tali proposte da far valere quali misure utili al sostegno dell’occupazione, per tale settore di attività e valide per il contrasto alla conseguente esclusione sociale causata dalla mancanza delle normali coperture normalmente garantite dal welfare.

15 marzo 2010

Art. 18: Il disegno di legge n. 1167-B, agli articoli 30, 31 e 32

Il disegno di legge n. 1167-B, agli articoli 30, 31 e 32, introduce delle modifiche che mirano a svuotare di significato le tutele dei lavoratori: il risultato sarà quello di lasciare il lavoratore ancora più solo nella "libera" dinamica dei rapporti di forza con il datore di lavoro, al quale viene attribuita mano libera rispetto a leggi e contratti collettivi.

La norma "manifesto" è il comma 9 dell'art. 31, dove si prevede la possibilità di privare il lavoratore della tutela giudiziaria, affidando le controversie non ai giudici, bensì ad arbitri. Questi ultimi potranno addirittura giudicare "secondo equità", che significa: secondo il loro buon senso, senza applicare le norme di legge e dei contratti collettivi. Questo vuol dire privare il lavoratore di garanzie certe e universali quali quelle date dai contratti nazionali e dalle leggi, minando anche la stessa la tutela dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Ma vi è di più: anche se un lavoratore dovesse riuscire ad andare davanti ad un giudice, quest'ultimo non potrà sindacare le scelte del datore di lavoro e dovrà tener conto dei concetti di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento che saranno dettati non più dalla legge e dalle norme costituzionali, bensì dalla contrattazione collettiva (anche separata) e, ancor peggio, dal contratto di lavoro

individuale stipulato all'atto dell'assunzione, qualora certificato da apposite commissioni (art. 30). E' evidente che in quest'ultimo caso, data la disparità contrattuale tra datore e lavoratore, il contratto certificato potrà benissimo sanzionare con il licenziamento anche una minima mancanza del lavoratore.

Vengono in questo modo letteralmente capovolti i fondamenti stessi del diritto del lavoro, nato per tutelare il contraente debole nel rapporto di lavoro.

Il disegno di legge contiene, inoltre, una ridefinizione dei termini per l'impugnazione dei licenziamenti, dei contratti di collaborazione, dei contratti a termine e dei trasferimenti che renderà assai difficile (se non impossibile) al lavoratore la tutela giurisdizionale dei propri diritti (art. 32).

Se a tutto ciò si aggiunge che, dopo la legge n. 69/2009, sarà possibile condannare il lavoratore alle spese di giudizio quando vorrà ricorrere al tribunale per fendere un suo diritto, appare ancor più urgente e necessaria una presa di posizione netta e precisa di fronte a questa serie di provvedimenti che minano alla radice l'ispirazione costituzionale del nostro diritto del lavoro. In questa lotta la CGIL sarà sempre in prima fila.


14 marzo 2010

TELECOM: NO ALL’ ESTERNALIZZAZIONE DI IT OPERATION.

CHIUSA CON ESITO NEGATIVO LA PROCEDURA DI LEGGE:
Il giorno 11 marzo 2010 si è svolto un incontro, nell’ambito delle procedure di legge per la cessione del ramo d’azienda IT Operation a SSC, tra Telecom Italia e le Segreterie Nazionali di SLC FISTEL e UILCOM unitamente alle RSU interessate.
Nel corso dell’incontro l’azienda ha ribadito la decisione di non procedere più alla vendita di SSC e di cedere invece alla stessa SSC, dal 1 aprile 2010, il ramo d’azienda denominato IT Operations composto da circa 2150 lavoratori oggi in Telecom Italia, nell’ambito di una complessiva riorganizzazione dell’informatica di gruppo.
La nuova SSC così composta costituirà la “fabbrica” del software del gruppo, mentre le funzioni legate alla parte di progettazione dei processi informatici e di interfaccia con la nuova SSC rimarranno all’interno di Telecom Italia.
Sempre da parte aziendale è stato anche confermato che, una volta realizzata la suddetta operazione di cessione di ramo, sarà necessario procedere nella nuova SSC ad operazioni di “efficientamento” per riportare il costo del lavoro a livelli paragonabili con quelli del mercato esterno, e che tali interventi saranno necessari, alla luce del piano industriale previsto per fine mese, anche in diversi settori di Telecom Italia (customer, aree di staff, rete, nel resto del versante informatico interno, ecc). Tali esigenze sarebbero determinate dalla situazione di mercato attuale, dalla persistenza di un debito importante, dalla riduzione dei margini.
Le RSU presenti hanno denunciato nel merito le ondivaghe politiche industriali susseguitesi nel corso degli anni nel settore informatico, i fenomeni di depauperamento professionale causati da scelte industriali sbagliate, la storica presenza di un elevatissimo ricorso alle consulenze, scelte manageriali sbagliate che hanno determinato sprechi ed inefficienze, temi da sempre denunciati dal sindacato e che hanno sempre trovato scarso riscontro da parte aziendale.
Inoltre la delegazione ha confermato a Telecom Italia l’assoluta non rispondenza tra le attività effettivamente svolte da molti lavoratori e le recenti “attribuzioni” al settore in questione ed ha denunciato con forza una situazione determinata esclusivamente da esigenze aziendali di budget, per le quali a questi lavoratori sono state date nel corso del tempo precise disposizioni di attribuzione dei tempi lavoratovi.
Le Segreterie nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL hanno ribadito che:
➢ La vertenza che ha visto protagonista SSC nel corso dello scorso anno aveva lo scopo di ottenere una maggiore integrazione di SSC dentro Telecom Italia e non l’opposto.
➢ La disponibilità dei lavoratori e del sindacato a confrontarsi seriamente sul tema del costo del lavoro in SSC (manifestata anche in occasione degli incontri al Ministero per lo sviluppo economico) era stata già evidente in occasione dei processi di armonizzazione effettuati all’inizio del 2009 e conclusi con accordi sindacali dopo un articolato confronto.
➢ La scelta di Telecom Italia di ricreare un polo informatico nell’ambito del gruppo - ma esterno a Telecom - oltre a contraddire scelte industriali che solo qualche anno fa avevano riportato IT Telecom all’interno della casa madre, riapre scenari incerti per il futuro di migliaia di lavoratori.
➢ Risulta incomprensibile il perché tale operazione veda la luce senza che il sindacato ed i lavoratori abbiano chiaro lo scenario complessivo che sarà determinato, tra pochi giorni, dal nuovo piano industriale.
➢ Le affermazioni aziendali intorno alla necessità di razionalizzazione dei costi industriali ed “efficientamento” degli organici in vaste aree di Telecom, oltre che di SSC, non fanno che confermare i timori di una nuova stagione caratterizzata da pesanti dichiarazioni di esuberi.
➢ Non è più possibile pensare che, anche a fronte di scelte manageriali palesemente sbagliate, nell’Informatica come nel resto di Telecom Italia, qualcuno pensi che a pagare debbano essere ancora solo ed esclusivamente i lavoratori
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL hanno quindi chiesto il ritiro della procedura di cessione di ramo d’azienda in questione ed il rientro in Telecom Italia dei lavoratori SSC, allo stesso modo in cui Pirelli aveva reinternalizzato le proprie risorse dopo lo scioglimento della società consortile.
L’azienda ha invece confermato l’intenzione di procedere allo scorporo del settore IT Operazions in SSC a partire dal 1 aprile p.v..
A questo punto la delegazione sindacale ha dichiarato di considerare chiusa la procedura di legge con esito negativo, non sussistendo più le condizioni per una eventuale prosecuzione del confronto, preannunciando a Telecom Italia una durissima stagione di lotta.
Per dare un primo chiaro segnale della contrarietà dei lavoratori e del sindacato a questa grave decisione aziendale,
SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL proclamano
un primo sciopero nazionale intero turno dell’intera funzione Information Technology in ambito Technology & Operation per martedì 23 marzo 2010
Per lo stesso giorno viene proclamato anche lo sciopero nazionale intero turno dei lavoratori di SSC
Nei prossimi giorni verranno effettuate le assemblee dei lavoratori in tutto il territorio nazionale per una informativa più puntuale della situazione e per decidere ulteriori iniziative territoriali a sostegno della vertenza.

LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC-CGIL FISTel-CISL UILCOM-UIL

13 marzo 2010

Fulvio Fammoni e Claudio Treves (Cgil) su: Firma separata su “dichiarazione comune”

Oggetto: firma separata su “dichiarazione comune”

in materia di arbitrato

Care compagne e cari compagni,

nella giornata di oggi 11 marzo si è consumata una grave rottura tra le organizzazioni sociali. Approfittando di una convocazione del Ministro del lavoro per discutere di “modulazione dell’orario di lavoro in funzione della conciliazione delle necessità di conciliazione”, su iniziativa della Cisl, cui si sono accodate le altre organizzazioni sindacali e cui ha fatto riscontro la condivisione di quelle datoriali, si è proceduto alla stipula di una “Dichiarazione comune” in materia di arbitrato. Secondo questo testo, le parti si impegnano a dare corso al negoziato per definire linee guida per l’utilizzo, convenendo che l’arbitrato secondo equità non dovrà applicarsi alle “controversie in materia di risoluzione del rapporto di lavoro”. Il Ministro ha “preso atto con favore” e si è impegnato a fare propri i contenuti del futuro avviso comune come base per il decreto che spetterà a lui emanare.

La Cgil ha espresso il suo netto dissenso sul metodo, davvero inaccettabile, e si è dichiarata indisponibile sul merito, giudicando la legge pessima e le norme sull’arbitrato e sulla certificazione, non toccata dalle parole della dichiarazione comune, a forte rischio di incostituzionalità. Di seguito di riportiamo il comunicato emesso al termine dell’incontro:

“La legge sulla certificazione e l’arbitrato è sbagliata e incostituzionale, per questo non solo la via dell’avviso comune non è percorribile ma svilupperemo tutte le iniziative necessarie per cambiarla, a partire dallo sciopero generale”. E’ quanto afferma Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, dopo la dichiarazione di intenti per un avviso comune in materia di arbitrato, siglata oggi dalle parti sociali ad esclusione della Cgil.

“In una riunione convocata al ministero del Lavoro su altro argomento - aggiunge il dirigente sindacale - si è consumato un accordo separato sull’applicazione di una legge che, come è noto, la Cgil non condivide. Perché lo si è voluto fare e proprio oggi? La legge, che per altro non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, prevede un anno di tempo prima di entrare in vigore. Tutto questo lascia pensare che si sia voluto operare in modo preordinato una grave rottura tra le parti, con la complicità del governo, alla vigilia dello sciopero generale”.

“A questa legge sbagliata, e a questo accordo sbagliato, - conclude Fammoni - reagiremo con tutte le iniziative necessarie, a partire dallo sciopero di domani, con una capillare informazione, con assistenza legale ai lavoratori e attivando i percorsi per fare emergere la sua incostituzionalità”.

Seguirà nei prossimi giorni un esame dettagliato dei problemi lasciati irrisolti dalla “Dichiarazione comune”.

Cordialmente

Il Segretario Confederale: Fulvio Fammoni

il Coordinatore del Dipartimento: Claudio Treves


Perché la dignità dei lavoratori non può essere messa in discussione da nessuno!

Il disegno di legge 1167-B, definitivamente approvato dal Senato, chiude e completa l’opera di destrutturazione del diritto del lavoro avviata nel 2001. In quell’anno soprattutto vede la luce il Libro Bianco di Maroni, i cui principi vengono tradotti prima nel così detto “Patto per l’Italia”, poi nella legge 30/03 e nel suo decreto attuativo (dlgs. 276/03). In quell’anno si stabilisce che il contratto a tempo indeterminato non è più la regola e le altre forme di contratto a termine l’eccezione: l’avviso comune firmato solo da Cisl e Uil e Confindustria sui contratti a termine porterà infatti al dlgs. 368/01 che riduce la funzione del CCNL fino allora principale fonte di deroga.

Il principio fondamentale che viene messo sotto attacco è quello che vede il contratto di lavoro come un contratto particolare, dove vi è una parte più debole (il lavoratore o il disoccupato in cerca di lavoro) che va tutelata rispetto a una parte più forte (l’impresa, il datore) il cui potere va limitato. Parliamo quindi di tutele salariali, tutele normative contro le discriminazioni e i licenziamenti illegittimi, per la salute e sicurezza, ecc. sono diritti che non a caso sono dichiarati “diritti indisponibili”, in quanto ne un soggetto collettivo (il Sindacato) ne il lavoratore potrebbe rinunciarci anche se volessero.

Oggi il Governo prova a rimettere in discussione proprio questo principio basilare, introducendo un concetto tanto pericoloso quanto falso: il contratto di lavoro deve diventare un contratto commerciale come tutti gli altri, dove due parti sono libere di accettare o meno.

Alcuni esempi concreti:

Vediamo ora il combinato disposto di più norme, facendo alcuni semplici esempi di cosa potrà capitare da domani ad un lavoratore.

Primo caso: lavoratore assunto con contratto individuale certificato

1) sono un disoccupato e quindi per lavorare accetto di tutto;

2) il mio datore, con l’assistenza del suo consulente, mi porta presso una delle sedi autorizzate a certificare il contratto individuale di lavoro (presso l’Ordine dei Consulenti della propria città, presso una DPL, presso un Ente Bilaterale

“compiacente”) e mi chiede, in cambio del lavoro, di rinunciare ad alcune tutele previste dal Ccnl o dalla legge (magari in materia di orario di lavoro, ecc.). In più nel contratto che sottoscrivo c’è scritto che rinuncio al giudice in caso di controversie e che mi rimetto all’arbitrato (la qualcosa viene scritta così che sia chiaro che “liberamente” ho scelto di rinunciare al giudice). Per chiudere in bellezza, nel contratto individuale vengono aggiunte ulteriori possibili cause di legittimo

licenziamento (oltre quelle già previste dalla legge e dal Ccnl) ed il tutto viene certificato;

3) dopo un po’ tra me e il datore di lavoro sorgono dei problemi: chiedo il rispetto delle norme su ferie, riposi, ecc. E per risposta vengo licenziato, senza una giusta causa;

4) non posso rivolgermi al giudice, ma devo per forza accettare il giudizio che darà l’arbitro. Arbitro che viene nominato in sede stessa di commissione di certificazione (cioè dagli stessi che hanno assistito il mio datore). L’arbitro non dovrà per forza giudicare tenendo conto dell’art. 18 della legge 300/70 o delle leggi su orario di lavoro e riposi (dlgs. 66/03) o di quanto previsto dal Ccnl, ma solo secondo la sua interpretazione di cosa è giusto (e tenendo conto di eventuali clausole presenti nel contratto individuale “certificato”): con poche mensilità (3-4) se sono fortunato, il caso è chiuso (se per di più viene data ragione al lavoratore, che non è scontato). E il lavoratore torna disoccupato per un altro “giro di giostra”.

Secondo caso: lavoratore già assunto ma cui Ccnl (o in caso di non accordo sindacale, dopo un decreto del Ministero del Lavoro) prevede ora l’arbitrato.

1) a fronte di una minaccia qualsiasi (trasferimento, peggioramento dei turni, ecc.) mi viene chiesto di inserire la clausola compromissoria nel mio contratto individuale, dove rinuncio al giudice per rivolgermi all’arbitro;

2) il mio datore mi porta presso una commissione di certificazione e registra la nuova clausola prevista ora dal mio CCNL (o dal decreto del Ministro);

3) si vedano i punti 3 e 4 dell’esempio precedente.

Terzo caso: un lavoratore già assunto, dove ne contratto ne il decreto del Ministero del Lavoro hanno introdotto la possibilità di inserire le clausole compromissorie.

1) L’azienda annuncia una riduzione di personale per motivi economici-produttivi o annuncia un trasferimento di azienda;

2) come lavoratore ritengo ingiusto il comportamento aziendale e decido di promuovere una causa presso il giudice;

3) il giudice ora potrà intervenire sulla legittimità formale o meno della scelta aziendale e delle sue conseguenze, ma non potrà entrare nel merito del trasferimento o delle motivazioni economiche alla base della scelta di impresa: quindi non potrà valutare se vi sono le condizioni tecniche e produttive oggi previste dal Codice Civile e dalle legge sui licenziamenti per motivi economici. L’autonomia del giudice viene azzerata, così come la possibilità (si vedano le tante sentenze nel passato) di

chiedere il “ripristino” delle condizioni organizzative e produttive precedenti, in quanto le nuove non motivate in base al diritto.

Quarto caso: sono assunto come contratto a progetto

1) in realtà sono sottoposto al potere disciplinare del datore, ad un’organizzazione produttiva rigida con turni ed orari (tutti possibili indicatori di un’organizzazione di impresa che impiegherebbe tipicamente dei lavoratori subordinati);

2) al termine del contratto a progetto, questo non mi viene rinnovato ed io mi rivolgo al giudice per ottenere che mi sia riconosciuto il contratto subordinato a tempo indeterminato;

3) quando mi rivolgo al giudice diviene più difficile per quest’ultimo definire una corretta qualificazione del mio contratto di lavoro alla luce di un’analisi delle scelte organizzative dell’azienda e come lavoratore dovrà fornire prove testimoniali e documentali maggiori rispetto a prima. Lo stesso esempio si potrebbe fare qualora fossi stato assunto con un contratto a termine in un’azienda che però è a ciclo continuo, con produzione non stagionale ed impiega invece solo lavoratori a termine. Sarebbe stato facile per il giudice, entrando nel merito dell’organizzazione produttiva, desumere l’abuso.

NOTA BENE: tutti i lavoratori oggetto degli esempi sopradescritti in base alle nuove norme avrebbero dovuto rivolgersi al giudice (se possibile) entro 60 giorni dal licenziamento e comunque entro i successivi 180 giorni con deposito formale presso la cancelleria dal Tribunale.

In conclusione

Come SLC-CGIL dobbiamo avviare una grande campagna di informazione e mobilitazione contro una legge inaccettabile che non solo va respinta con tutti gli strumenti sindacali a disposizione (dalla contrattazione collettiva, alla vertenzialità giudiziaria, ecc.), ma che necessita di una vera e propria campagna che dal basso coinvolga tutte le lavoratrici e lavoratori di Italia, disoccupati e semplici cittadini, iscritti e non iscritti a questo o a quel sindacato, producendo grandi iniziative di massa nei luoghi di lavoro, sui territori, nei confronti delle istituzioni e di tutte le forze politiche, sociali e del mondo della cultura.


Leggi pure:

Diritti e Lavoro: La scandalosa controriforma di Sacconi: analisi del disegno di legge 1167-B

Telecom Italia: Riflessioni del Segretario delle Tlc Davide Foti

Cari colleghi,

dopo una lunga convalescenza, mi permetto di fare poche riflessioni su quello che sarà il nostro futuro all'interno di Telecom Italia. Senza alcun dubbio le politiche del settore TLC sono legate all'azienda più grande sia in termini di utenza ma soprattutto dal punto di vista industriale. Rete, customer, IT, rappresentano per noi una i poli più importanti e strategici in Telecom. Come avrete letto, proprio giovedì a Roma si è tenuto la prima convocazione ai termini di legge per lo scorporo dell'informatica, con esito negativo , ovviamente, ma l'aria che si respirava dentro quelle sedi istituzionale era un aria molto pesante ed i cori delle RSU Nazionali verso la nostra azienda lo attestano (Buffoni, buffoni e ladri ). Le note vicende hanno fatto si che Telecom ritardasse il Piano industriale e con i soliti colpi di mano si arrivasse ad una prima cessione di ramo, con circa 2.100 lavoratori coinvolti. Le notizie che arrivano anche per gli altri poli strategici non sono per niente buone, anzi le voci si fanno sempre più concrete e vere. Si cederà il customer??? Rimarrà solo Open Access??? queste sono le domande che ogni giorno come lavoratori e come sindacalisti ci facciamo. Le probabilità sono altissime e questa azienda non garantirà occupazione ma solo come da tempo fa, recupero di soldi e finanze perse per la mala politica industriale fatta negli anni. Come RSU Nazionale sento la necessità di mantenervi sempre al corrente di quello che si farà a livello nazionale. Una è la posizione che terrò fino alla " MORTE" ai tavoli romani, non accetterò mai 1 esubero, non possiamo più pagare per il lavoro fatto da un management poco credibile e onesto ma su questo l'unità tra lavoratori diventerà un arma fondamentale per bloccare le azioni delinquenziali contro i lavoratori Telecom. Non pensate minimamente che il prossimo piano industriale metta nero su bianco i probabili 11.000 esuberi questa azienda sicuramente andrà avanti ad ordini di servizio e mobilità professionali ed è per questo che dobbiamo iniziare, tutti, a prendere coscienza di quello che potrà accadere e di mobilitarci per salvaguardare la nostra occupazione e la nostra dignità di lavoratori. Ricordatevi sempre, l'azienda cercherà di fare apparire le tragedie più grandi come strumento unico per il futuro, cercherà, come ha fatto fino ad oggi, di mettere lavoratore contro lavoratore sia esso tecnico o operatore del call center per isolarci e distruggerci, cerchiamo di non cadere in tranelli così, ma di difenderci con le armi della solidarietà e della correttezza, ne vale del nostro futuro, dei nostri figli e dei lavoratori tutti del settore. Un saluto di cuore...

Davide Foti

RSU/RLS Sicilia

Componente coordinamento Nazionale RSU

Lavoro: Art. 18; Epifani, incostituzionale legge e anche avviso comune

Si dividono ancora di più le strade fra i sindacati, nostra mobilitazione continua”

Roma, 11 marzo - “Il collegato lavoro è incostituzionale perche viola, tra gli altri, l’articolo 24 della costituzione che riconosce il diritto di ogni cittadino a ricorrere al giudice per difendere i propri interessi”. Lo afferma il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che aggiunge: “Dunque anche l’avviso comune, chiaramente preordinato da Sacconi e dagli altri firmatari, assume un carattere incostituzionale. Nessuno si illuda: la Cgil risponderà sia sul piano legale che su quello sindacale a questo attacco ai lavoratori per tutelarli nella loro prerogativa a difendere i propri diritti come meglio credono, a cominciare dai diritti dei lavoratori più giovani e più deboli”.

Secondo Epifani “prosegue il disegno che punta ad abbassare tutele e diritti. Le imprese si assumono così un’ulteriore responsabilità verso i lavoratori proprio mentre, a causa della crisi, centinaia di migliaia di persone sono in cassa integrazione o perdono il proprio lavoro”. Inoltre, continua il numero uno della Cgil, “il segretario della Cisl aveva affermato che non avrebbe acconsentito ad alcun ricatto nei confronti dei lavoratori al momento dell’assunzione: ma il senso dell’intesa sottoscritta oggi è esattamente questo. Così si dividono ancora di più le strade fra i sindacati e tutto questo rafforza le ragioni dello sciopero di domani e la Cgil continuerà con tutte le forme di mobilitazione necessarie per vincere questa battaglia”.

“Non si pensi - conclude Epifani - di nascondersi dietro l’esclusione dall’arbitrato dell’articolo 18, cosa peraltro tutta da verificare, perché la legge riguarda l’insieme di tutti i diritti e ogni altro aspetto della vita e delle condizioni dei lavoratori”

10 marzo 2010

Concetta Raia: Disegno di legge n.535 del 04/03/2010 "Interventi a sostegno dell’editoria siciliana, dell’informazione locale e del giornalismo"

Disegno di legge n.535 del 04/03/2010

(primo firmatario On. Concetta Raia)

RELAZIONE DEL DEPUTATO PROPONENTE:

Onorevoli colleghi,

la Regione Sicilia, a differenza di altre regioni italiane, non si è mai dotata di normative specifiche sull'informazione locale.

La volontà principale di questa proposta di legge è quindi quella di intervenire in un settore fondamentale, come quello dell'informazione locale, per garantire lo sviluppo del pluralismo e della partecipazione democratica nel territorio regionale.

Questa proposta di legge, cercando di superare la logica di interventi a pioggia e discontinui nel settore dell'editoria o dello spettacolo, disegna un quadro di interesse generale e di sistema, entro cui sviluppare una politica di intervento e tutela dell'informazione, concepita come un bene pubblico a cui ogni cittadino deve poter avere accesso e dei cui benefici nessun cittadino può essere privato.

Leggi la relazione completa.....

08 marzo 2010

Call-Center: Lettera aperta Slc Cgil-Fistel Cisl-Uilcom Uil su crisi in Sicilia

Spett.le

Regione Siciliana

Ass.Regionale

della famiglia, delle politiche sociali

e del lavoro

On.le Lino Leanza

Segreteria Regionali CGIL,CISL,UIL

Sede


Egregio Assessore, attraverso la presente, le scriventi OO.SS. le rassegnano alcune evidenti preoccupazioni rispetto alla grave crisi occupazionale che rischia di investire il settore dei call center in outsourcing e nel contempo colgono l’occasione per avanzare alcune proposte da far valere quali misure utili al sostegno dell’occupazione, per tale settore di attività e valide per il contrasto alla conseguente esclusione sociale causata dalla mancanza delle normali coperture normalmente garantite dal welfare.

Misure a sostegno dell’occupazione nel settore dei call center in outsourcing e di contrasto al fenomeno dell’esclusione sociale.

A seguito della circolare n. 17 del ministro Damiano del 2006, in Sicilia molte aziende hanno provveduto a stabilizzare gradualmente, con contratto di lavoro subordinato ed a tempo

indeterminato, migliaia di lavoratori..

Chiaramente tali aziende, al momento dell’assunzione, hanno utilizzato tutti i benefici previsti per legge compreso quelli di cui alla L.488/92 in conto capitale e quelli di cui alla L. 407/90

Come ben noto, i benefici di cui alla L.407/90 sono utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi , quindi i benefici stanno per venire meno, per cui a partire dal 2010, nel momento in cui i costi per il personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente, potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio per trasferirle altrove. Ed è quello che sta già avvenendo.

Inoltre, sempre in tale settore è già in corso una delocalizzazione delle attività verso l’estero. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky) molte tra queste ultime operano anche nel nostro territorio.

Il motivo che sta dietro questa sollecitazione alla delocalizzazione, messa in atto dalle committenti, è semplice: fare profitto attraverso la compressione verso il basso del valore delle singole commesse assegnate agli outsourcer; tutto ciò anche a discapito della qualità del servizio reso all’utente.

In sintesi, per ritornare al punto,di che cosa ci preoccupiamo?

Da qui a fine anno con il lievitare dei costi del lavoro e soggiogati dalle committenti che comprimono verso il basso il valore della commessa assegnata, molti call center in outsourcing potrebbero dismettere gradualmente le proprie attività per riavviarle in altre regioni d’Italia e/o all’estero.

Migliaia di posti di lavoro sono da subito a rischio, è per tali ragioni che chiediamo che la Regione Sicilia intervenga prendendo in considerazione le seguenti proposte:

1)far sì che la Regione Sicilia sostenga l’estensione dei benefici di Legge di cui alla L.407/90 per ulteriori 24 mesi;

2)prevedere l’estensione degli ammortizzatori sociali a beneficio dei lavoratori (rischiano di essere parecchie migliaia) che da qui a fine anno rischiano di perdere il posto di lavoro in tale settore di attività. Migliaia di giovani occupati nella nostra regione rischiano concretamente di essere risucchiati dal vortice della disoccupazione e dell’esclusione sociale.

3) Black List . Prevedere che non vengano concessi i benefici di cui alla L.488/92 a tutte quelle aziende i cui assetti societari sono sostanzialmente coincidenti con le società che già hanno utilizzato detti benefici ma non hanno mantenuto i livelli occupazionali previsti;

4) Chiedere al Ministro delle Attività Produttive di intervenire su chi sostiene ed alimenta le delocalizzazioni all’estero (Telecom, Vodafone, Sky, Wind etc). Queste ultime operano gestendo servizi di pubblica utilità, utilizzando licenze nazionali e soprattutto, usufruiscono di benefici accordati dallo Stato.

5)sostenere l’esigenza che vengano disciplinati nazionalmente per legge, capitolati e contratti di appalto nel settore delle TLC in maniera tale da traguardare i seguenti obiettivi:

a) maggiore qualità del servizio reso al cittadino/utente;

b) certezza nella corresponsione, ai lavoratori dipendenti, della retribuzione prevista dal CCNL

c) prevedere l’istituzione delle clausole sociali di salvaguardia su base territoriale e volontaria. Il lavoratore che perde il lavoro per il venir meno di una commessa deve aver la possibilità di seguire il destino della commessa sul territorio.

d) trasparenza dei rapporti commerciali e nelle transazioni finanziarie nel settore delle TLC all’interno del quale gira oramai un flusso incommensurabile di dati sensibili che riguardano i cittadini e una valanga di denari e che non è ancora affatto immune da eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e del conseguente riciclaggio di denaro di illecita provenienza.

Pertanto,le chiediamo, di non escludere i Call Center dagli ammortizzatori sociali in deroga, e di valutare la possibilità d sottoscrivere un accordo di comparto che comprenda le “cose”sopra rappresentate, che individui risorse certe e dedicate per il settore. La proposta di tale accordo quadro regionale, da portare sul tavolo nazionale del Ministero del Lavoro per le opportune coperture finanziare e normative, è finalizzato al governo di un fenomeno industriale che se non attenzionato adeguatamente vedrà incrementare negativamente le ricadute sociali ed occupazionali nel territorio siciliano che da solo conta almeno 20.000 addetti. Chiediamo altresì,di prevedere l’istituzione di una cabina di regia per regolare il rapporto delle attività inbound e quelle outbound e la salvaguardia della territorialità sulle commesse.

Nel sottolineare, ancora una volta, le ragioni del disagio ci sembra opportuno coordinare insieme un tavolo negoziale , che abbia la funzione di monitorare le problematiche che si potrebbero evidenziare da qui ai prossimi mesi in modo che si possano attivare tutti quegli strumenti che permettano di trovare soluzioni adeguate alle criticità .

In attesa di riscontro le scriventi colgono l’occasione per porgerle Distinti saluti