20 marzo 2013

La localizzazione dei mezzi di una azienda utilizzati dai dipendenti

La materia è quella della tutela della privacy in ambito lavorativo: in sostanza, si tratta di stabilire quanto e a quali condizioni si possa spingere l’autonomia organizzativa del datore di lavoro quando vengono coinvolti i diritti primari del lavoratore.

Sempre più spesso l’esigenza di ottimizzare il lavoro aziendale spinge l’imprenditore a far uso di tutte quelle tecnologie che consentono di monitorare in tempo reale la dislocazione dei propri mezzi e dei dipendenti sul territorio. D’altro canto tali esigenze non possono violare i diritti inviolabili del lavoratore, il quale, nell’espletamento degli incarichi affidati, ha il pieno diritto a non veder violata la propria privacy.
In tal senso, nel presente articolo ci è sembrato utile e opportuno, non solo illustrare il caso concreto sottoposto all’Autorià Garante per la tutela dei dati personali, ma anche inserire in calce un piccolo vademecum degli adempimenti da rispettare.

Ci sia consentita un’ultima notazione di carattere generale (per altro di estrema attualità): al di là del rispetto formale della normativa – che deve essere un adempimento ineludibile, necessario e preliminare in ipotesi di tal genere – è sempre importante coinvolgere fattivamente i lavoratori nell’attività produttiva dell’azienda. Tale coinvolgimento può essere raggiunto solo attraverso una reale e adeguata comunicazione delle esigenze e delle strategie aziendali.
Casi, come quello di seguito descritto, costituiscono, a volte e al di là del rispetto formale della normativa, l’indice di un malessere lavorativo che le norme, da sole, non possono eliminare.

Il caso trae origine da una segnalazione effettuata da un dipendente di una azienda telefonica al Garante per la Privacy, in merito all’installazione, a bordo di alcuni autoveicoli in dotazione al personale della stessa, di un sistema di localizzazione satellitare a tecnologia gps.

In particolar modo il dipendente evidenziava il fatto che tale installazione “sarebbe avvenuta in assenza di preventiva informativa ai lavoratori e senza spiegarne le funzioni né lo scopo del suo utilizzo. Peraltro, soltanto dopo diversi giorni la società avrebbe messo a conoscenza i dipendenti dell’avvenuta installazione dei dispositivi in esame, giustificandone l’utilizzo solo per scopi produttivi”.

L’azienda – che in relazione alla segnalazione effettuata aveva presentato le proprie controdeduzioni all’Authority circa la correttezza del proprio operato – aveva commissionato ad una società esterna di installare dei dispositivi che avrebbero consentito:

di localizzare i veicoli in dotazione in tempo reale  su mappa cartografica (con possibilità, tra le altre, di ricerca dei mezzi più vicini ad un determinato indirizzo);
di verificare il percorso effettuato (con possibilità anche di controllare la velocità sostenuta, la percorrenza chilometrica del mezzo, i tempi di guida e le soste effettuate);
di controllare gli “eventi” verificatisi lungo il percorso (soste o spostamenti in orari non previsti, arrivo in aree predeterminate, ecc.), con eventuale ricezione di una comunicazione di avviso via sms;
di comunicare costantemente con il conducente;
di gestire i c.d. “punti di interesse” (indirizzi riferiti alla clientela, ai magazzini, agli impianti, ecc.), con possibilità di verificare mediante report sintetici le soste ivi effettuate e i relativi tempi di fermata;
di gestire la manutenzione ordinaria e straordinaria del veicolo.
Il caso in oggetto presenta diversi aspetti rilevanti sotto il profilo della materia giuslavoristica, commerciale e di tutela dei dati personali.

In questa sede riteniamo di soprassedere dalle, pur interessanti, considerazioni concernenti il diritto dell’imprenditore di gestire la propria impresa come meglio ritiene opportuno, e ciò  anche con riferimento alla materiale organizzazione del lavoro dei propri dipendenti (artt. 2082, 2086, 2104  c.c.). Tale diritto, comunque, deve essere pur sempre contemperato con il rispetto dell’art. 4 della Legge 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori) il quale prevede che:

“È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi al possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’ispettorato del lavoro, dettando ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti”.

Nel caso di specie distinguiamo, quindi:

  • Aspetti relativi all’organizzazione produttiva dell’impresa;
  • Aspetti relativi all’attività di controllo del lavoro espletato dai dipendenti;
  • Aspetti relativi al diritto dei lavoratori a non essere lesi nella propria dignità, libertà e riservatezza.

Questi elementi sono stati sempre oggetto di un ampio dibattito legislativo e dottrinale.
Varia, numerosa e copiosa, nel corso del tempo, è stata la produzione giurisprudenziale circa la valutazione della liceità o meno del comportamento del datore di lavoro con riferimento al controllo aziendale relativo: all’installazione di apparecchi audiovisivi sui posti di lavoro, al monitoraggio delle connessioni internet sui pc aziendali,  all’installazione di apparecchi di rilevazione delle telefonate ingiustificate, alla localizzazione dei propri dipendenti.

In generale possiamo dire che l’orientamento della Corte di Cassazione, cui sono giunti in ultimo grado i vari ricorsi, è stato quello di distinguere tra controlli offensivi e controlli difensivi.
Offensivo è il controllo atto ad una sorveglianza del dipendente che lede i diritti primari dell’individuo;  lecito, invece, sarebbe il c.d. controllo difensivo. All’interno di quest’ultima categoria la giurisprudenza ha distinto – con varie ed oscillanti pronunce -tra:

  • controlli diretti ad accertare possibili comportamenti illeciti dei lavoratori in relazione all’esatto adempimento delle obbligazioni lavorative;
  • controlli che riguardano la tutela di beni estranei al rapporto lavorativo.

Tuttavia il caso in questione si muove su una linea di confine tra l’ottimizzazione del lavoro ed il controllo dei lavoratori.
Infatti, come sopra evidenziato, i dispositivi gps in questione non solo erano montati sui veicoli aziendali e non sulla persona dei lavoratori, ma, inoltre, le finalità di tale installazione era quella di una migliore e più efficiente organizzazione del lavoro.

Per completezza espositiva, riportiamo le conclusioni del Garante (il cui provvedimento – doc. web n. 1763071 – è reperibile qui), il quale ha censurato il comportamento dell’azienda solo in relazione al non corretto rispetto dell’iter procedimentale atto alla installazione dei suddetti dispositivi gps, ritenendo, invece legittime le finalità del montaggio di tali apparecchiature sui veicoli aziendali.
Tale precisazione è dovuta a fronte di titoli delle rassegne giornalistiche e dei blog più o meno specializzati, del tenore: “bloccata la localizzazione dei dipendenti con GPS”.
 di Gerlando Gibilaro