28 giugno 2014

Call center: Sindacati chiedono modifica norme appalti a Ministero Lavoro, Sviluppo Economico e Commissione Lavoro

I sindacati di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno inviato una lettera unitaria al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Ministero dello Sviluppo Economico ed alla XI Commissione – Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati chiedendo l’intervento urgente delle istituzioni sulla normativa sugli appalti, per porre fine all’arbitrio determinato dalla disciplina iniqua e non conforme alle normative europee che regola il rapporto di lavoro nel settore dei Call Center. Lo annuncia una nota di Slc Cgil.
“Normativa che – dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil – in maniera del tutto ingiustificata rispetto alla Direttiva Europea 2001/23/CE, ha creato uno spazio aperto all’arbitrio e alla corruzione che impedisce l’applicazione delle tutele previste dall’art. 4 l.n. 428/90 e le garanzie previste dall’articolo 2112 c.c..Tale vuoto normativo, che si somma a un sistema d’incentivi economici insensato, sta determinando gravi disfunzioni, compromettendo e condizionando negativamente la politica industriale del Paese, con continue crisi aziendali che si scaricano unicamente sui lavoratori, vittime ignare di un sistema che non ha uguali in Europa.”
“Nonostante l’ampio riscontro dello sciopero del 4 giugno e gli impegni assunti per individuare opportune soluzioni, il settore ha avuto una nuova accelerazione in direzione esattamente opposta – ricorda il sindacalista: con la condizione per cui nelle prossime settimane potrebbero essere più di un migliaio i lavoratori che perderanno il posto di lavoro. Posto di lavoro perso non in quanto non esistere più ma unicamente perché spostato in altro territorio o, spesso, al di fuori dei confini nazionali. E’ ormai evidente che il tempo non è neutro rispetto alla decisione di un intervento sul settore.”
“Ancora una volta sono i sindacati che indicano la strada da seguire – conclude Azzola: le modifiche normative da introdurre, che si muovono nella direzione di dare una corretta applicazione alla Direttiva Europea e nel solco delle esperienze fatte dagli altri Paesi, sono semplici. Sarebbe sufficiente estendere le procedure di cui all’art. 2112 c.c. anche alle vicende circolatorie relative alle successioni di appalti affidando la regolamentazione dei diversi aspetti del mantenimento dell’occupazione, ai livelli normativi e retributivi alla contrattazione collettiva. La modifica legislativa è indispensabile per evitare lo scatenarsi di un dumping contrattuale che aggraverebbe ulteriormente la situazione.”


24 giugno 2014

Comunicato Divisione Caring Catania del 24 Giugno 2014

A rischio la salute dei lavoratori di V. M. D. Orlando
Da ormai più di una settimana la salute e la pazienza dei lavoratori dello stabile di via monsignor Domenico Orlando a Catania sono messe a dura prova dal protrarsi del guasto dell’ormai vetusto impianto di climatizzazione.
Il malato è ormai alla fine della sua più o meno onorata carriera e tutti i rimedi ricercati , ovviamente in  ottica di contenimento dei costi , vanno a cozzare con le logiche difficoltà che un impianto vecchio non può non creare: difficoltà nel reperimento dei pezzi di ricambio , presentarsi di altri guasti durante la riparazione di quelli in essere con allungamento dei tempi di riparazione e ripristino del servizio , scarsa conoscenza dell’impianto da parte delle ditte riparatrici.
Se a ciò aggiungiamo la manutenzione ridotta all’osso , e non solo dell’impianto in oggetto ma in generale dello stabile intero , lo sconfortante quadro della situazione è completo.
Certo qualche segno premonitore c’era stato , anzi l’impianto ha avuto il “buon gusto” di non sfasciarsi prima o durante la visita del dott. Ciurli alla sede , in occasione della quale “la caserma è stata riassettata” per il tempo necessario , magari se il guasto si fosse manifestato in tale occasione avremmo potuto sperare in qualche miracolo.
Allo stato , data la situazione generale del sito oggetto del presente comunicato , appare ormai improcrastinabile il ricorso alle autorità competenti in materia di salubrità dei posti di lavoro visto che le risposte forniteci nel tempo dalle strutture aziendali a ciò preposte non sono mai apparse soddisfacenti.
Pertanto le scriventi RSU si riservano il ricorso a tutte le azioni necessarie a tutela dei lavoratori della sede suddetta .   

SLC-CGIL - UILCOM-UIL 

Wind, Agcom convoca un tavolo sul blackout

Il 25 giugno l'Authority discuterà dei disservizi del 13 giugno scorso. L'Unione nazionale consumatori: "La società risarcisca gli utenti"

L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha convocato un tavolo per mercoledì 25 giugno dopo il black out del 13 giugno della rete telefonica Wind. A riferirlo l'Unione nazionale consumatori in una nota dove sottolinea: "Confidiamo in un confronto costruttivo, nel quale la società sia animata da una concreta volontà di trovare la giusta soluzione per risarcire gli utenti dai disservizi subiti".
"In quello che molti consumatori (ma probabilmente anche la stessa azienda) - si legge in una nota dell'associazione di consumatori - ricorderanno come un venerdì nero per le comunicazioni, considerando che per ore milioni di utenti sono rimasti senza linea fissa e mobile, abbiamo raccolto numerose segnalazioni e aperto immediatamente un canale di dialogo con l'azienda, chiedendo anche la convocazione di un tavolo di confronto presso l'Autorità".
"La serietà di un'azienda - conclude la nota - si vede proprio in questi momenti: dopo aver dedicato intere campagne pubblicitarie all'etica aziendale, questo è il momento della verità e ci auguriamo davvero di poter accertare da parte di Wind concreti segnali di rispetto della clientela, a cominciare da adeguati indennizzi per il disservizio subito".
Per tutta la giornata di oggi si stanno registrando "disservizi generalizzati sulla rete fissa e mobile", ha comunicato nel primo pomeriggio una una breve nota la società, aggiungendo che "sta lavorando intensamente per ripristinare il regolare servizio”. L’azienda si è anche scusata con tutti i propri clienti, “assicurando un tempestivo aggiornamento sui tempi di risoluzione".
Per tutta la giornata del 13 giugno il black out ha oscurato web e rete telefonica: niente Internet sul mobile, telefonate a singhiozzo, molti siti irraggiungibili tra cui le caselle di posta elettronica su Libero. Il problema è risultato grave perché quasi un italiano su quattro è cliente Wind: al 31 marzo 2014 erano infatti abbonati alla sua rete Internet mobile il 24,3% dei connazionali.
Dopo aver preso d’assalto il numero verde per le segnalazioni (con attese molto lunghe per ottenere chiarimenti), molti utenti hanno sfogato la propria sorpresa e rabbia sui social network, in post con cui chiedevano spiegazioni o si lamentavano del disservizio. Anche Codacons e Adoc hanno espresso la loro protesta.
Sull’argomento è intervenuta anche Lorenza Bonaccorsi, deputata del Partito democratico componente della commissione Telecomunicazioni. “L'Agcom e l'Antitrust chiedano spiegazioni a Wind per il pesante blackout che ha colpito la rete Internet e della telefonia fissa e mobile” ha dichiarato.

23 giugno 2014

Cgil: chi sono i segretari confederali


www.rassegna.it
Il Comitato direttivo nazionale della Cgil ha eletto la nuova segreteria confederale. Entrano Nino Baseotto, Gianna Fracassi e Franco Martini. Escono Elena Lattuada, Nicola Nicolosi e Vincenzo Scudiere. La nuova segretaria confederale nazionale risulta composta: Susanna Camusso, Danilo Barbi, Nino Baseotto, Gianna Fracassi, Vera Lamonica, Franco Martini, Fabrizio Solari, Serena Sorrentino.

Susanna Camusso nasce a Milano, ultima di quattro sorelle, nel 1955. Il padre dirige collane di libri alla casa editrice Vallardi, prima aveva lavorato a 'Comunità' e in seguito diventerà direttore editoriale della Mondadori. La madre si occupa, invece, di ricerche di mercato. Con la sua famiglia abita nel quartiere centrale di Porta Romana, fin da adolescente scopre la passione per il mare e la vela. Iscritta alla facoltà di archeologia dell'Università Statale, incontra il sindacato durante le battaglie per il diritto allo studio e le rivendicazioni delle 150 ore, finalizzate a elevare il livello di istruzione e di conoscenza dei lavoratori.

Nel 1975 conquista il ruolo di coordinatrice per Milano delle politiche per la formazione della Flm, allora categoria unitaria dei metalmeccanici di Cgil, Csil e Uil. Due anni dopo, nel 1977, entra nella Fiom, la categoria dei metalmeccanici della Cgil. Comincia la sua attività nella zona Solari-Giambellino, prima, e subito dopo alla Bovisa centro direzionale, dove segue, tra le altre cose, le relazioni sindacali nel Gruppo Ansaldo. Nel 1980, entra nella segreteria Fiom di Milano. Sei anni dopo, in quella regionale della Lombardia. Non ancora quarantenne, nel 1993 assume un nuovo incarico a Roma, entrando nella segreteria nazionale della Fiom come responsabile del settore auto prima e in seguito della siderurgia.

Nel dicembre del 1997 viene eletta segretaria generale della Flai Lombardia, la categoria dei lavoratori del settore agroalimentare. Qui rimane per quattro anni, fino alla nomina, nel luglio del 2001, a segretario generale della Cgil Lombardia. Accanto all'attività sindacale, è forte l'impegno sulle questioni femminili: insieme a un gruppo donne, nel novembre del 2005, fonda il movimento 'Usciamo dal silenzio'. Nell'arco di tre mesi, l'iniziativa sfocia in una grande manifestazione nazionale: il 14 gennaio 2006, a Milano, più di 200 mila donne e uomini scendono in piazza in difesa della libertà femminile, della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza e delle conquiste civili.

Il passaggio nella segreteria confederale di corso d'Italia, diretta da Epifani, avviene nel giugno 2008. Camusso vi entra con la delega ai settori produttivi, e al 16° Congresso nazionale della Cgil (maggio 2010) diventa vice segretario generale. Il 3 novembre viene eletta, prima donna nella storia della Cgil, segretario generale. In questi quattro anni alla guida della confederazione - trascorsi in uno dei momenti più difficili della storia del paese, attraversato da una grave crisi economica, politica e sociale - con la sua direzione contribuisce alla ripresa del percorso unitario con Cisl e Uil, alla sottoscrizione di importanti accordi sui temi della democrazia e della rappresentanza, all'aumento degli iscritti (sia attivi che pensionati), ad un processo di rinnovamento delle politiche e degli uomini e delle donne della Cgil. Il tutto affiancato ad un impegno costante per la libertà e la dignità delle donne: da ricordare, su questo punto, lo straordinario successo della manifestazione del 13 febbraio 2011 a Roma in piazza del Popolo. Nel maggio del 2014 il 17° Congresso della Cgil la riconferma segretario generale.

Danilo Barbi nasce a Bologna nell’ottobre del 1955. Dopo essersi diplomato allo scientifico avvia gli studi universitari in Storia Contemporanea. Nel 1978 si avvicina al sindacato lavorando al Centro Unitario Cgil Cisl Uil di Bologna, contemporaneamente diventa dirigente provinciale della Federazione giovanile comunista italiana dal 1978 fino al 1981. Nel 1981 inizia il suo percorso in Cgil all’interno della struttura confederale regionale dell’Emilia Romagna occupandosi di mercato del lavoro fino all’84, quando entra nella segreteria regionale Cgil Scuola.

Nel 1988 gli viene affidata la guida della Cgil Scuola di Bologna, carica che manterrà fino al 1991 anno in cui viene eletto nella segreteria della Camera del lavoro di Bologna dove ricopre responsabilità organizzative. Dopo due anni diventa segretario generale della Cgil bolognese. Guida la Camera del lavoro per otto anni, fino a quando nell'aprile del 2002 viene eletto segretario generale della Cgil Emilia Romagna. A giugno del 2010 viene eletto nella segreteria nazionale della Cgil per occuparsi di politiche macroeconomiche, politiche dello sviluppo, fisco e ambiente. Il 23 giugno del 2014 viene riconfermato dal Direttivo in segreteria nazionale.

Nino Baseotto nasce a Milano alla fine del 1955 da una famiglia di origine veneta. Nel 1976, in qualità di segretario cittadino della Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (già Tribunale Russell), inizia a collaborare con la Cgil milanese, fino ad entrare nell’apparato politico della Camera del Lavoro di Milano, dove ricopre vari incarichi. Tra questi: politiche internazionali, mercato del lavoro, politiche sociali, organizzazione. Nel 1986 diventa funzionario presso la zona Centro Storico della Filcams Cgil di Milano, categoria nella quale rimane dieci anni, divenendo nel 1989 segretario generale, sia milanese che regionale.

Nel 1996, viene eletto nella segreteria della Camera del lavoro metropolitana di Milano con l’incarico di responsabile dell’organizzazione. A ottobre del 1997 diventa segretario generale della Camera del lavoro Ticino Olona, incarico che mantiene sino al dicembre 2000, quando viene chiamato a far parte della segreteria confederale della Cgil Lombardia, con l’incarico di responsabile per le Politiche organizzative. Il 17 luglio del 2008 diventa segretario generale della Cgil Lombardia. Il 23 giugno del 2014 viene eletto nella segreteria nazionale della Cgil.

Gianna Fracassi nasce ad Arezzo nel 1966. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, ed essersi abilitata all’esercizio della professione di avvocato, inizia a lavorare prima nella scuola dell’infanzia, poi nella scuola primaria. Il suo percorso sindacale inizia proprio da queste esperienze lavorative, nella Cgil Scuola: struttura che guida a partire dagli anni 2000.

Nel 2006 entra nella segreteria confederale della Cgil di Arezzo. Poco dopo, nel 2007, passa alla guida della segreteria regionale della Flc Toscana per poi trasferirsi nel 2009 a Roma nella sede nazionale della  Federazione dei Lavoratori della Conoscenza ed entrare nella segreteria nazionale, occupandosi delle politiche generali, professionali e contrattuali del comparto dell'istruzione e del coordinamento contrattazione decentrata. Il 23 giugno 2014 viene eletta segretaria confederale della Cgil Nazionale dal Comitato direttivo.

Vera Lamonica nasce a Lamezia Terme nel 1956. Laureata in lettere, inizia la sua attività sindacale nel 1978 nella Federbraccianti. Passa quindi dalla categoria zonale a quella provinciale di Catanzaro per arrivare alla struttura regionale. Nel 1987 entra nella Cgil Calabria dove segue il dipartimento mercato del lavoro ed organizza le Leghe dei disoccupati.

Nel 1993 viene eletta nella segreteria regionale della Funzione Pubblica calabrese, con la delega alla sanità, fino al 1997 quando diventa segretario generale regionale della stessa Funzione Pubblica. Ricopre questo incarico fino al 2000, quando viene chiamata nella segreteria regionale della Cgil Calabria con delega alla pubblica amministrazione e al mercato del lavoro. Nel luglio del 2006 diventa il primo segretaria generale donna della Cgil Calabria. Viene eletta nella segreteria confederale nazionale il 16 giugno 2008, dove si occupa di welfare, della previdenza e delle politiche dell'immigrazione. Il 23 giugno del 2014 viene riconfermata nella segreteria della Cgil Nazionale dal Comitato direttivo.

Franco Martini nasce a Tunisi nel 1953 da una famiglia di origine livornese. Dopo qualche anno la famiglia rientra in Italia, stabilendosi definitivamente a Prato. Consegue il diploma da geometra e la passione per la politica lo spinge giovanissimo ad avvicinarsi alla Fgci Pratese, dove milita per 3 anni.

E’ del 1975 l’entrata in Cgil e, dopo qualche anno, si trova a ricoprire il ruolo di segretario generale della Camera del lavoro di Prato fino al 1987. Entra quindi nella segreteria regionale della Cgil Toscana e ne diventa segretario generale dal 1992 al 2000. Dopo questa esperienza arriva a Roma per guidare la Fillea. Categoria che dirige per otto anni fino a quando, nel settembre del 2008, viene eletto segretario generale della Filcams. Il 23 giugno del 2014 entra in segreteria nazionale confederale.

Fabrizio Solari nasce a La Spezia nel 1958. In Cgil dal 1978, è prima componente della segreteria provinciale della Fillea di La Spezia, poi, nella stessa città, componente della segreteria provinciale della Funzione Pubblica e segretario generale della Fiom. Dal 1990 al 1996, sempre a La Spezia, è segretario generale della Camera del lavoro. L'anno successivo, nel 1997, entra nella segreteria nazionale della Filt dove ricopre prima l’incarico di responsabile del dipartimento di organizzazione, poi di responsabile del dipartimento delle politiche economiche.

L’8 luglio del 2003 assume l'incarico di segretario generale della Filt. Viene eletto nella segreteria nazionale confederale il 16 giugno 2008, dove si occupa di reti, energia, sicurezza sul lavoro e terziario. La sua presenza in segreteria nazionale viene riconfermata dal Comitato direttivo del 23 giugno 2014.

Serena Sorrentino è nata nel luglio 1978. Napoletana, studi umanistici, vive e cresce nella provincia nord di Napoli dove si forma, partendo dalle condizioni di disagio dei giovani delle periferie, contro le quali intraprende lotte e vertenze, cominciando dalle rivendicazioni attinenti al diritto allo studio e agli spazi sociali. Inizia, così, giovanissima la sua esperienza politica, eletta sin dal primo anno rappresentante degli studenti.

Nel 1994 è tra i fondatori del sindacato degli studenti medi e nel 2002 passa dal sindacato universitario alla Cgil entrando nella segreteria della Camera del Lavoro di Napoli a soli 23 anni, risultando così la più giovane segretaria confederale della storia della Cgil di Napoli. Arriva in Cgil Nazionale nel gennaio del 2010 per occuparsi delle politiche di pari opportunità in qualità di Responsabile Nazionale e a giugno dello stesso anno viene eletta in segreteria nazionale, dove si occupa di Mezzogiorno e politiche di coesione, di mercato del lavoro, istruzione, formazione e ricerca, di politiche della legalità e sicurezza, di politiche abitative. Confermata in segreteria nazionale il 23 giugno del 2014 dal voto del Comitato direttivo.


21 giugno 2014

TAVOLO TRIANGOLARE ECARE-FASTWEB

Nell’incontro triangolare ai sensi dell’art.53 del Ccnl tenutosi il 18 giugno presso la sede di Assolombarda Fastweb e E-Care hanno concordemente comunicato che il prossimo 30 settembre, con la scadenza della proroga ottenuta dalle OO.SS. e
dalle Rsu al termine del precedente incontro triangolare, si interrompe definitivamente la commessa relativa al servizio inbound e non sono ipotizzabili nuove proroghe. Le motivazioni di tale epilogo addotte da entrambe le società convenute risiedono nella scelta strategica della committente.
E-Care ha più volte precisato che la decisione non è stata influenzata dagli standard del servizio offerto dai lavoratori di Cesano Boscone, ai quali si riconosce l’elevato livello qualitativo delle prestazioni offerte. Una lusinga che, però, rende ancor più indigesto il risultato di mettere gravemente a rischio il posto di lavoro dei 140 (“bravi”) addetti coinvolti che, per altro, stanno già pagando con il Contratto di Solidarietà, insieme agli altri colleghi Cesano Boscone.
Le OO.SS. e le Rsu, hanno registrato le dichiarazioni sia di Fastweb di lasciare il lavoro in Italia che di E-Care di continuare a considerare strategica Milano, ma le hanno ritenute insufficienti e, pertanto, hanno chiesto ad entrambe le società di
valutare con attenzione ogni possibilità, ancorché remota, di riaprire la partita e di mantenere l’attività relativa alla commessa inbound di Fastweb.
In caso di cambio d’appalto, però, in coerenza con quanto già chiesto ai tavoli istituzionali, hanno rivendicato anche al tavolo triangolare la clausola sociale che i lavoratori seguano il lavoro in quanto l’attività non cessa, bensì viene spostata.
Al fine di porre un vincolo di responsabilità sociale dell’impresa che decide di cambiare l’appalto, dunque, le OO.SS. porteranno la vertenza ai tavoli del Ministero del Lavoro e del Ministero dello Sviluppo Economico.
Le Segreterie Nazionali

SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL UGL Telecomunicazioni

18 giugno 2014

Telecom Italia: Comunicato ai Lavoratori del 16 e 17 giugno 2014

Così come definito dalle intese del 27 marzo 2014, è stata avviata la verifica inerente la decisione aziendale di procedere alla "societarizzazione" del servizio di Caring Service. In premessa, il coordinamento ha riproposto tutta la contrarietà sull’applicazione, attuata dall’azienda, sui parametri del Premio di Risultato, che hanno determinato il mancato raggiungimento della soglia di accesso della pista “ricavi” con una decurtazione del valore del Premio del tutto ingiustificabile rispetto ai risultati conseguiti dall’azienda.
I vertici aziendali hanno convenuto sulla necessità di intervenire sui meccanismi che hanno determinato il paradossale risultato economico per l’anno 2013, riservandosi successive verifiche per un intervento a copertura dell’anno in corso. Le OO.SS hanno
affermato la necessità di individuare una soluzione che sani il “vulnus” creatosi anche al fine di garantire il recupero di un clima di fiducia complessivo tra le parti.
Sul tema “societarizzazione”, l’azienda ha messo in evidenza come i risultati conseguiti grazie alle intese raggiunte il 27 marzo abbiano permesso di aprire una riflessione che possa portare al superamento del progetto di esternalizzazione.
Contestualmente l’azienda ritiene necessario avviare una fase di “industrializzazione” del servizio caring per traguardare il superamento di una concezione attestata unicamente sulla riduzione dei costi puntando, invece, a migliorare la qualità e l’efficacia del lavoro svolto dagli operatori a beneficio dei clienti Telecom.
Tale prospettiva dovrebbe consentire, nelle suggestioni aziendali, di trasformare il lavoro del caring da attività considerata di appoggio a un vero e proprio lavoro in grado di dare prospettive e sviluppo professionale agli operatori impiegati.
Gli interventi proposti, inoltre, sarebbero in grado di consolidare su un arco temporale medio lungo la scelta aziendale di non procedere alla "societarizzazione" dell’attività.
Le proposte avanzate dall’impresa sono state illustrate attraverso la consegna di slide allegate al presente comunicato.
In sede di replica il coordinamento ha accolto positivamente l’impostazione sulla volontà/possibilità di non procedere alla "societarizzazione". Inoltre ha rivendicato che tutte le iniziative messe in campo dalle OO.SS. negli ultimi mesi a favore del settore dei
call center (sia quelli interni sia quelli gestiti tramite appalto) vanno proprio nella direzione di trasformare l’utilizzo dei call center da mera opportunità di contenimento del costo del lavoro in un luogo di opportunità in cui, vista l’evoluzione tecnologica, la
spersonalizzazione dei servizi, la velocità imposta dagli impegni personali quotidiani, si possa contribuire a migliorare la qualità della vita ai consumatori / clienti.
Per questo il Coordinamento ha ribadito la necessità che questa nuova visione sia da intendersi comprensiva dell’insieme del servizio offerto alla clientela e pertanto, prima di entrare nel merito delle proposte avanzate dall’azienda, ha ritenuto necessario integrare la discussione con i seguenti temi:
l’accordo dovrà prevedere il ritiro del progetto di "societarizzazione";
andrà implementata un'analoga prospettiva nei confronti delle attività gestite attraverso appalto con una valutazione attenta dei fornitori;
in considerazione del fatto che il nuovo progetto avanzato riduce notevolmente le esigenze che avevano portato a prevedere la chiusura delle 46 sedi di customer va previsto il mantenimento operativo di tutte le sedi oggi presidiate;
l’inquadramento del personale inquadrato nel customer dovrà prevedere il passaggio di tutti i lavoratori oggi inseriti al 3° livello nel 4° livello in un tempo prestabilito e si dovrà definire un inquadramento in cui il livello di assegnazione sia assegnato sulla
base della tipologia di lavoro svolto (a parità di mansione parità di livello);
Erogazione del ticket per tutti i part time con orario superiore al 50%.
Infine, il coordinamento ha evidenziato l’esigenza di conoscere le motivazioni che sosterrebbero le richieste avanzate dall’azienda e la coerenza di tali richieste rispetto all’enunciato generale. Sulla base della discussione effettuata, si è convenuto di aggiornare il confronto attivando da subito tre commissioni specifiche per effettuare gli approfondimenti necessari sul nuovo modello organizzativo.
E’ evidente che si apre la necessità di avviare un confronto con i lavoratori sulle nuove prospettive che si sono determinate, partendo dal presupposto che il primo degli obiettivi previsti dall’accordo del 27 marzo 2013 è stato raggiunto e pertanto si sono determinate le condizioni per non esternalizzare il caring.
Il secondo appuntamento riguarderà la fine del biennio di copertura dell’accordo in cui l’azienda sarà tenuta a presentarsi al tavolo avendo internalizzato attività in quantità tale da garantire il completo riassorbimento degli esuberi denunciati.
Queste sono le migliori risposte a chi, in questi anni, ha paventato e alimentato le paure e le tensioni dei lavoratori per meri fini speculativi.
L’accordo del 27 marzo ha consentito di far attraversare ai lavoratori di Telecom il periodo di maggior crisi economica (la riduzione del fatturato aziendale dell’ultimo triennio ne è la miglior testimonianza) mantenendo il perimetro unico, evitando in questo
modo le pericolose cessioni di rami aziendali utilizzate nei primi anni del 2000 e che oggi vedono lavoratori in profonda difficoltà e in presenza di un blocco delle uscite per pensionamento, determinato dalla sciagurata legge Fornero, che ha impedito di
continuare a far transitare per gli ammortizzatori sociali 2500/3000 lavoratori l’anno.
Nel corso del coordinamento è stata poi raggiunta un’ipotesi di accordo sui nuovi turni per l’ambiente ASA/ASO. Un accordo che pone fine a una vicenda partita male e gestita peggio dall’azienda e che porta delle risposte effettive in termini di semplificazione della turnistica. Nei prossimi giorni saranno consultati i lavoratori interessati al fine di poter sciogliere positivamente la riserva.
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL

16 giugno 2014

TELECOM: COMUNICATO REGIONALE 16 GIUGNO 2014

L’applicazione degli accordi del 27 marzo in Open Access ha portato alla luce le modalità con le quali, i capi Aol hanno gestito sino ad oggi attività e risorse.

·     La diffusione dei contratti di solidarietà anche nelle strutture di governo e di supporto di OA con conseguente impossibilità di utilizzo dello straordinario;
·     La quasi eliminazione dello stesso per i tecnici con l’istituzione della banca ore;
·     La riduzione della possibilità di assegnare lavoro alle imprese (in particolare il delivery NGAN), a favore di concreti processi d’internalizzazione, HA MESSO NEI GUAI i responsabili Aol e tutto il cordone dei collaboratori funzionali.

Sapevamo e lo abbiamo ripetuto, purtroppo inascoltati,  che, la mancata applicazione e realizzazione degli innumerevoli processi di riorganizzazione delle strutture di governo, a favore di un’organizzazione altamente gestionale, fatta ad uso e consumo dei responsabili, che non hanno permesso, tra l’altro, la realizzazione d’ importanti processi di professionalizzazione di figure uniche di personale addetto al delivery, addetti all’Assurance, Analyst integrati per tutte le le tipologie di lavorazioni etc, etc, avrebbe generato serie difficoltà nell’espletamento delle attività.
L’ultima BOTTA per loro è arrivata con la riorganizzazione/razionalizzazione delle aol che ha costretto i capi aol a privarsi di ulteriori risorse da destinare al ruolo di tecnici con le ben note modalità (vedi comunicato del 29/5/2014).
Ad aggravare questa situazione si è aggiunto il grave disservizio verificatosi sulla nuova piattaforma informatica utilizzata per l’espletamento degli ordinativi e quindi delle operazioni di delivery, che ha causato un elevatissimo numero di giacenza di ordinativi.
Per queste ragioni ancora una volta con la consapevolezza e la responsabilità di chi l’azienda la vuole portare avanti, il 23/5/2014, il Sindacato ha firmato un accordo per sospendere la solidarietà nei settori di delivery interessati e conseguentemente la modalità di gestione degli straordinari dei tecnici in banca ore: un’aspirina che non può certo guarire una bronchite cronica.
Ancora una volta, però, il cosidetto “corpo intermedio” di aol non ha perso tempo nel vanificare i nostri sforzi.
In questi giorni i lavoratori ci hanno chiamato allarmati dal fatto che le attività di delivery Ngan (Alice Fibra) si siano improvvisamente e drasticamente ridotte, tanto da lasciare qualche tecnico senza attività.
Abbiamo accertato che non si trattasse di un fatto episodico, ma abbiamo scoperto qualcosa di sconcertante, l’Aol sic ovest sta assegnando attività di delivery Ngan a Mano d’Opera d’Impresa con una percentuale vicina al 40%, venendo meno agli accordi sulle internalizzazioni previste dal 27 marzo.
L’effetto immediato di tale scelta scellerata è che il delivery ngan sta arrivando dritto dritto nelle mani del subappalto e l’ombra del lavoro nero si allunga alla velocità della luce su “Tutto Fibra”.
A prova di ciò la richiesta di straordinario ai tecnici è stata parzialmente cancellata creando come al solito il legittimo sospetto di clientelismo.
Reiterando la nostra precedente richiesta d’incontro immediato, chiediamo che ci siano forniti i dati sullo stato di avanzamento delle internalizzazioni in Sicilia e secondo quanto previsto dall’accordo del 23 maggio us chiediamo che ci vengano forniti i dati sugli ordinativi in giacenza, di quanti ne sono stati evasi e quante ore di straordinario sono state utilizzate.
E’ tempo che i “Responsabili ” AOL e i loro collaboratori capiscano che non stanno lavorando in un “ Porto Franco” e che gli Accordi vanno rispettati!
Il Sindacato utilizzerà tutti gli strumenti convenzionali e non per scongiurare il pericolo che i personali obiettivi dei responsabili possano mettere a repentaglio il futuro dell’intera azienda e dei suoi LAVORATORI.
Palermo.16.Giugno. 2014
Segreterie Regionali SLC-CGIL, Fistel-CISL, Uilcom-UIL
RSU SICILIA



15 giugno 2014

Telecom Italia Comunicato Unitario su PDR

In queste ore sono state rese note le tabelle con gli importi pagati dal Premio di Risultato di Telecom Italia SpA. Sulle tre voci che compongono la struttura del PDR (EBITDA, Ricavi e Customer Satisfation) la voce “Ricavi” non ha raggiunto gli obiettivi fissati dall’azienda e, quindi, non ha pagato nulla.
Il mancato raggiungimento della voce “ricavi” non è determinato da un risultato fortemente negativo ma da una soglia di accesso, definita dall’azienda, inspiegabilmente elevata pari al 98.7% del valore target. Per l’EBITDA (che definisce il vero indicatore dello stato aziendale) tale soglia è correttamente definita al 90%, e ciò rende ancora meno comprensibile la mancata erogazione del premio per la parte ricavi visto che il risultato finale si è attestato al 95.4% dei ricavi.
Nelle ultime settimane si è lavorato con l’azienda per trovare un punto di equilibrio che evitasse uno smacco simile ma, evidentemente, nel management di Telecom, a tutti i livelli, è prevalsa la voglia di massimizzare i “guadagni” penalizzando di fatto i lavoratori con una erogazione del premio del tutto inadeguata. Tutto questo in un anno dove le erogazioni unilaterali aziendali hanno nuovamente raggiunto livelli elevatissimi e con un PDR già molto ridimensionato rispetto al passato.
La scelta di proseguire su questa strada sbagliata da parte del management aziendale rappresenta una involuzione preoccupante rispetto alle ultime sortite che, francamente, avevano fatto sperare in un cambiamento di rotta apprezzabile. Un atteggiamento
arrogante, questo dimostrato nella vicenda del PDR, che, a nostro avviso, finirà per essere controproducente per chi lo sta portando avanti perché non potrà che aumentare disaffezione e rabbia fra i lavoratori.
Noi a questa evoluzione non ci stiamo. Quanto successo in questi giorni sul PDR ci restituisce l’immagine di un’azienda superficiale e ci impone, per prima cosa, di rinegoziare l’accordo sul PDR per arrivare alla sottoscrizione di un nuovo accordo che
tolga all’azienda qualsiasi spazio di opacità e furbizia e recuperi l’importo non corrisposto.
In questi mesi le lavoratrici ed i lavoratori di Telecom hanno ampiamente dimostrato, con i fatti, la loro consapevolezza del momento difficile che l’azienda sta ancora attraversando. Questa consapevolezza non merita di essere ripagata con atteggiamenti
sprezzanti. Ora rifletta l’azienda e provi a ricostruire un rapporto di fiducia con i propri lavoratori.
E’ evidente che lo “sgarbo” subito dovrà trovare una veloce ricomposizione a partire dalla modifica sulla struttura del premio per la definizione delle soglie di accesso, vista la totale superficialità aziendale che non è stata in grado di valutare l’enorme contributo dai lavoratori ai risultati aziendali che hanno consentito a Telecom di tornare ad essere il primo operatore nel mobile e l’azienda di telefonia con i migliori fondamentali rispetto al futuro prossimo.
Se l’azienda ha scelto di privilegiare le caste, rappresentate dalle varie linee aziendali che continuano a depauperare risorse attraverso concessioni liberali ingiustificate e spesso dannose per gli interessi dell’azienda stessa, è evidente che il rapporto con il
sindacato e con i lavoratori non potrà che vedere una fase di forte conflittualità per contrastare una politica dei due forni in cui con gli accordi collettivi aziendali ci si preoccupa del futuro di Telecom e con il salario unilaterale aziendale si consentono
ingiustizie che giustificano unicamente la sopravvivenza della casta.
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL


12 giugno 2014

HUAWEI: FACCIAMO CHIAREZZA SULLA SITUAZIONE DEI LAVORATORI EX FASTWEB.

Continuano a giungere alle scriventi OO.SS. numerose richieste di chiarimenti da parte di lavoratori in merito allo stato d’attuazione degli accordi del maggio 2012 relativi alle cessioni di “Field Network Creation & Operations” e di “Network Integration” (cluster 1 e cluster 2) da Fastweb a Huawei.
Si precisa a tal riguardo che detti accordi sono stati sottoposti a verifica dalle parti in più riunioni tenutesi l’inverno scorso e, in particolare, il 31 marzo 2014 con la presenza dei responsabili di Huawei, di Fastweb e di Unindustria.
Dalla verifica è emerso quanto segue:
I due rami d’azienda incorporati continuano ad esistere ed operare in Huawei per quanto riguarda l’attività end to end di cluster 1 e cluster 2.
Dei complessivi 114 lavoratori ceduti 5 hanno lasciato Huawei spontaneamente, 59 svolgono le mansioni precedenti e gli altri le hanno cambiate, o perché impegnati in progetti speciali nell’ambito del perimetro delle commesse Fastweb, o perché applicati temporaneamente ad altre commesse in caso di momentaneo calo dei volumi o di subappalto, ma comunque, amministrativamente assegnati alle commesse Fastweb.
Fastweb nel frattempo ha automatizzato parte dell’attività “routinaria” con la conseguenza di sopprimere 8 posizioni lavorative, ma gli 8 lavoratori corrispondenti restano in forza a Huawei ed assegnati amministrativamente alle commesse d’origine come tutti i lavoratori provenienti da Fastweb.
Fastweb inoltre ha rassicurato le OO.SS. e le Rsu circa la continuità dei volumi e che non vi sono propositi di re-internalizzazione di fasi dell’attività di pertinenza di cluster 1 e di cluster 2. Le OO.SS. hanno preso atto del quadro sopra descritto ad hanno chiesto garanzie di continuità occupazionale e di crescita professionale.
A tal riguardo Huawei, sostenuta dagli altri interlocutori, ha dichiarato quanto segue:
Non ci sono rischi occupazionali per l’oggi.
I cambi di applicazione effettuati o da effettuare possono essere solo volontari e riguardare mansioni almeno equivalenti.
Le attività dei nuovi progetti speciali sono mediamente più qualificanti.
Se, alla luce dell’esperienza, ci fossero lavoratori che hanno accettato il cambio di mansioni non soddisfatti delle nuove mansioni affidate, al fine di esaminare il proprio caso possono chiedere specifici incontri all’azienda con l’assistenza delle Rsu o delle OO.SS.
Huawei ritiene opportuno cominciare fin d’ora a costruire percorsi di professionalizzazione da intendersi come utili opportunità anche per il futuro.
Rispetto alle sopra richiamate garanzie occupazionali e professionali, tuttavia, la società cedente e la società cessionaria sono solidalmente obbligate nei confronti dei lavoratori provenienti da Fastweb fino al 30 giugno 2017, data di scadenza dell’accordo sindacale di cessione, indipendentemente dalle sorti degli accordi commerciali intercorrenti tra le due società.
Roma, 12 Giugno 2014
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL   FISTEL-CISL   UILCOM-UIL   UGL Telecomunicazioni



Stress da lavoro, problema a livello europeo. Cause e giurisprudenza.

E' iniziata in parallelo con quella per le elezioni del Parlamento europeo, ma durerà molto più a lungo. È la campagna, biennale (2014- 2015), lanciata il 7 aprile a Bruxelles dall’Agenzia di Bilbao per la prevenzione dello stress correlato al lavoro. Il problema è esteso e preoccupante.
Le statistiche parlano chiaro: lo stress è il problema di salute più frequente legato all’attività lavorativa in Europa dopo i disturbi muscolo-scheletrici. Circa la metà dei lavoratori considera lo stress lavorocorrelato un fenomeno comune nella propria azienda e, del resto, il 50-60 per cento di tutte le giornate lavorative perse è riconducibile allo specifico problema. Il citato sondaggio mette in luce le cause più comuni dello stress e tra queste ha evidenziato la riorganizzazione del lavoro (per il 72 per cento degli addetti), le ore lavorate o il carico di lavoro eccessivo (per il 66) e il fatto di essere oggetto di comportamenti inaccettabili, da parte di responsabili aziendali che colpiscono mentalmente e psicologicamente  lavoratori ed addetti su produzione lavoro e numeri di qualsiasi genere creando pure eventi discriminatori tra i vari colleghi di uno stesso posto di lavoro.
In base ai dati Eurostat, nell’arco degli ultimi 9 anni, il 28 per cento dei lavoratori europei ha riferito di essere esposto a rischi psicosociali che hanno compromesso il loro benessere mentale. I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato generano costi significativi sia per le aziende, sia per le economie nazionali. In generale, i lavoratori tendono ad assentarsi per periodi consistenti quando soffrono di stress e di altri problemi di natura psicologica e a volte vanno al lavoro pur non essendo in grado di svolgere le mansioni in modo efficace (fenomeno noto come “presenzialismo”).
Ciò porta a una riduzione della produttività, con conseguente diminuzione della redditività dell’impresa, che è stimata essere di 136 miliardi di euro, compreso l’assenteismo per malattia. I vantaggi economici sono invece evidenti: la prevenzione e la gestione dei rischi psicosociali sono attività importanti, che favoriscono la presenza di una forza lavoro sana e produttiva, la riduzione dei tassi di assenteismo e di quelli di incidenti e infortuni e un più stretto legame dei lavoratori con l’azienda. Ne consegue il miglioramento complessivo dei risultati aziendali.

Quali sono i reati che interessano il lavoratore esposto a candizioni lavorative dannose?
- Chiunque cagioni ad un lavoratore una lesione personale dalla quale derivi una malattia del corpo o della mente è punito dalla legge con la reclusione fino a tre anni. (lesione personale art.582 c.p.)
Le lesioni perseguibili in ufficio possono essere:
- lievi con prognosi superiore a venti giorni
- gravi con prognosi superiore a 40 giorni
- gravissime con danni permanenti
- si ricorda inoltre  che è vietata costituzionalmente  qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

Fondamentale importanza, nella tutela contro qualsiasi condotta  discriminatoria  vessatoria o violenza verbale e psichica che, incidendo sulla figura personale e professionale del lavoratore, provochi conseguenze lesive per la sua salute, riveste il disposto dell'art. 2087 c.c.: "L'imprenditore è tenuto a adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (..)".
Tale norma - interpretata dalla giurisprudenza alla luce dell'art. 32 Cost. (diritto alla salute), dell'art. 41, comma 2, Cost. (che limita la libertà di iniziativa economica privata, vietandone l'esercizio con modalità tali da pregiudicare la sicurezza e la dignità umana) e degli artt.1175 e 1375 c.c. (principio di correttezza e di buona fede) - impone al datore di lavoro di attuare tutte le misure generiche di prudenza e diligenza necessarie al fine di tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore (v. C. Cass. 17/7/1995 n. 7768, in Mass. Giur. Lav., 1995, pag. 561 e segg.).
Ciò implica per il datore non solo il divieto di compiere qualsiasi comportamento lesivo dell'integrità fisica e della personalità morale del dipendente, ma anche il dovere di prevenire e scoraggiare simili condotte nell'ambito dello svolgimento dell'attività lavorativa. L'inadempimento di tale obbligo genera la responsabilità contrattuale del datore di lavoro (v. C. Cass. 5/2/2000 n. 1307, in Foro It., 2000, I, pag. 1554 e segg.).
Di fronte al crescente fenomeno delle patologie legate ai rischi psico-sociali nel lavoro, governi, parlamenti e organismi di assicurazione riflettono da anni sull’opportunità di un loro riconoscimento e indennizzo come malattie professionali. Uno studio appena pubblicato, commissionato dal Forum europeo per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e coordinato dall’ente francese Eurogip, descrive le modalità di riconoscimento dei disturbi psichici da parte degli organismi nazionali di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di dieci Paesi europei: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera.







11 giugno 2014

RAI: CESTARO (SLC CGIL), ADESIONE ALTISSIMA ALLO SCIOPERO. GOVERNO E CDA RIFLETTANO


DICHIARAZIONE DI MASSIMO CESTARO
SEGRETARIO GENERALE SLC CGIL
Per la RAI oggi è stata una giornata importante: per i lavoratori e per la difesa del Servizio Pubblico. Le percentuali di adesione allo sciopero sono altissime: in nessuna unità produttiva meno del 65% con punte fino al 90% e con una media nazionale di oltre il 75%. Presidi si sono tenuti in tutte le Sedi Regionali e da molte di esse è venuta la solidarietà dei Comitati di Redazione, segno, questo, che anche il sindacato dei giornalisti dovrà riflettere sulle proprie posizioni.
Sarebbe davvero opportuno che il Governo assumesse la mobilitazione di oggi come un elemento per aprire davvero una riflessione sul futuro del servizio pubblico Radio Televisivo e non si trincerasse dietro vuote, quanto generiche e strumentali schermaglie dialettiche su sprechi e privilegi: chi ha scioperato oggi vuole una azienda pulita, efficiente e trasparente che torni ad essere il principale crocevia della cultura e dell’informazione nazionale ed internazionale.
Il processo di risanamento, di cui la RAI ha bisogno, non potrà mai essere realizzato contro la parte migliore dell’azienda. Auspico che il C.d.A., convocato per domani, sappia utilizzare la mobilitazione di oggi per svolgere fino in fondo il suo ruolo di tutela dell’Azienda che ha il dovere di difendere. Mi permetto, infine, e col massimo rispetto, di invitare le redazioni dei TG a fornire informazioni più complete sulle iniziative sindacali: la RAI è una azienda di produzione larga e complessa che si estende ben oltre il perimetro dei suoi giornalisti.
Roma, 11 Giugno 2014

09 giugno 2014

Lettera aperta a FNSI e USIGRAI

Leggo il vostro comunicato sulla vicenda RAI e mi sembra in sintonia con quanto
dichiarano quotidianamente tanti naviganti, mossi dall’ardore di spiegare le vele al
Vento Nuovo. Così che il mondo della comunicazione (ma non solo quello e non da ora!) si infittisce di quelli che, di fronte ad evidenti violazioni che provengono dall’alto (che, ricordo, ancora non è l’Altissimo) anziché reagire con la dovuta fermezza, attaccano col dire che bisogna “andare oltre” oppure che reagire è giusto, ma che i problemi veri sono “ben altro”.
Stupisce e amareggia che tali posizioni vengano, invece, da chi dovrebbe alzare la voce per una ferita che appare insopportabile: per gli abbonati che pagano il canone e per l’Azienda alla quale, così come per tutte le altre aziende, non si può imputare un prelievo forzoso a bilanci chiusi, a piano industriale approvato e a contratti fatti.
L’illegittimità dell’atto è evidente e, per quanto ci riguarda, la diffida al Governo è già partita. Ma ci sono due punti sui quali intendo soffermarmi.
La RAI è prioritariamente e prevalentemente una azienda di produzione multimediale, nella quale l’informazione ha sicuramente un ruolo importante che tuttavia sarebbe poco più di niente se in RAI si indebolisse drasticamente la sua funzione produttiva.
Per questo il vostro messaggio sulle redazioni regionali “salvate” appare deviante e, consentitemi, mistificante.
La RAI vince sul mercato nazionale e internazionale solo se sviluppa principalmente la sua capacità di competere sul terreno produttivo. (Ragione per cui l’11 scioperano con noi gli addetti del settore cineaudiovisivo).
La realtà è che il mercato italiano nasce drogato. Unico caso al mondo nel quale la concorrenza ha decuplicato i costi dei prodotti offerti: costi sostenuti da una raccolta pubblicitaria esplosa senza limiti; un sistema che ha impennato le tariffe delle collaborazioni esterne, impedito la creazione di un terzo polo, ammazzato la carta stampata e l’emittenza locale, massacrato di pubblicità i programmi e i telespettatori.
E questa questioncina non la si risolve con l’anticipo della convenzione RAI - Stato.
Ma è il secondo aspetto quello che davvero stupisce della vostra posizione. La RAI è stata violentata due volte. Ieri, con le forme più aberranti del conflitto di interessi penetrato in profondità e con l’obbiettivo del puro asservimento: una TV pubblica epurata, inguardabile e inascoltabile. E oggi, quando si vuole a tutti i costi, con larghi mezzi e antiche connivenze, presentare i dipendenti (anche voi) non come vittime di quel periodo, ma come complici. E questo, francamente, lo trovo insopportabile.
Che i complici di quel tempo ci siano stati e ci siano tutt’ora è fuori dubbio e lo sappiamo benissimo; ma è altrettanto fuor di dubbio che una larga parte dei dipendenti, a quel sistema, si è generosamente opposta anche pagando qualche prezzo.
Soprattutto per questo chiedo ai giornalisti e a chiunque altro si ritenga libero da vecchie e nuove incrostazioni, di aderire allo sciopero dell’11.
Gli altri restino pure a lavorare.
Sinceramente, non interessano.
Roma, 9 giugno 2014
Massimo Cestaro

Segretario Generale SLC CGIL

Rai: Slc, Uilcom e Consumatori diffidano Ministero Sviluppo Economico su taglio 150 ml

Venerdì 6 giugno 2014 le Segreterie Nazionali Slc Cgil e Uilcom Uil, unitamente alle associazioni dei consumatori Federconsumatori e Adusbef hanno notificato una diffida ex art.3, decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198 al Ministro dello Sviluppo Economico.
“La diffida – annuncia una nota congiunta – che si pone l’obiettivo di bloccare il taglio ampiamente definito incostituzionale dei 150 milioni a carico della Rai, rappresenta l’atto formale con cui le organizzazioni sindacali, unitamente alle associazioni dei consumatori, agiscono legalmente nei confronti del Ministero.”
“Il decreto legge n.66 del 2014 rischia di peggiorare irreversibilmente gli standard qualitativi ed economici stabiliti dall’AGCOM, mettendo in pericolo il rinnovo della concessione del Servizio Pubblico, nonché le prospettive occupazionali dei dipendenti RAI.”

“La diffida – prosegue il comunicato – è il primo atto del procedimento disciplinato denominato Ricorso per l’efficienza della P.A.. Si tratta di uno strumento normativo che consente agli utenti una tutela giurisdizionale specifica nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti. Trascorsi 90 giorni dalla ricezione della diffida e in caso di perdurante inerzia del MISE, sarà possibile proporre ricorso dinanzi al giudice amministrativo per violazione degli obblighi di corresponsione di quanto dovuto al servizio pubblico radiotelevisivo al fine di mantenere gli standard qualitativi concordati.”

08 giugno 2014

RAI: L'Usigrai sospende lo sciopero, Cgil e Uil lo confermano

Rassegna.it
Sindacati divisi sullo sciopero Rai del prossimo 11 giugno contro il taglio di 150 milioni deciso dal governo Renzi. I giornalisti dell’Usigrai, il sindacato interno, sospendono la protesta. Il resto dei dipendenti, che fanno capo ai confederali, trova posizioni differenti: Cgil e Uil confermano l’agitazione, mentre la Cisl si è defilata.
Una situazione davvero caotica sulla quale interviene il segretario generale della Slc Cgil, Massimo Cestaro, con toni molto duri verso chi ha fatto un passo indietro. "Sappiamo bene - afferma - che un partito di governo che riceve il 40,8% di consensi è un bel pentolone di miele sul quale affondare le dita. Ma per infilare le mani nella pentola bisogna piegarsi, sì che le schiene dritte sono diventate una rarità; o meglio, il loro numero, in generale, pare inversamente proporzionale al reddito". Dopo lo sciopero, annuncia, "daremo conto degli stipendi dei dipendenti Rai, così si parlerà di cose meno astratte e con un po’ più di concretezza. Perché capita spesso che quelli che detengono rendite di posizione non muovano mai un dito per interessi generali, ma ne parlino sempre tantissimo".
Il segretario Slc elenca poi una serie di "imbrogli" a suo avviso perpetrati ai danni cittadini. Primo, "il populismo mediatico e rampante" dello spot pubblicitario del governo. Secondo, "il canone è una 'tassa di scopo' e i governi, esclusi quelli populisti, non possono 'distrarre' quote da una tassa con destinazione precisa per finalità diverse". Il terzo imbroglio è "la svendita di parte della rete per incassare subito un pugno di lenticchie e indebitare le aziende nei secoli a venire". Infine, il danno per gli agli abbonati:_ "Lo Stato preleva 150 milioni dal canone, ma è debitore verso la stessa Rai di oltre un miliardo. Cioè, preleva illecitamente denari dalle tasche degli abbonati, ma poi non paga i suoi debiti verso il servizio pubblico".
Come se non bastasse, osserva Cestaro, c'è un quinto imbroglio, questa volta ai danni del sindacato: "Avremmo piacere che nessuno avesse la sfrontatezza e la spudoratezza di venirci a fare prediche sulle sofferenze dei lavoratori italiani contrapponendoli ai 'privilegiati' della Rai. È dal 2008 che frequentiamo ininterrottamente i luoghi istituzionali per provare a gestire al meglio gli effetti di questa crisi che ha attraversato drammaticamente tutti i nostri settori".
La Slc ricorda una serie di battaglie per i lavoratori, soprattutto quelli precari: "Abbiamo consentito, con una serie di accordi, che uscissero dalla Rai oltre 400 lavoratori più anziani in cambio di tutele crescenti per i precari. Ma col taglio previsto - si chiede Cestaro - l’azienda manterrà i patti sottoscritti con noi per i precari, o dobbiamo mandarli a colazione, pranzo e cena a palazzo Chigi?. Tanto per recuperare un po’ di memoria a chi l’ha persa o è pagato per perderla - conclude - abbiamo fatto tutte le battaglie per la libertà di stampa, per la difesa del pluralismo e per la tutela del servizio pubblico; abbiamo scioperato (da soli) contro la gestione Masi nel luglio del 2010 e poi a dicembre con gli altri sindacati, ma, coincidenza, in quel caso senza Cisl e Usigrai".

NOTA DI REDAZIONE:
Nella foto, Barbara Apuzzo Segretaria Nazionale della Slc Cgil


07 giugno 2014

Intercettazioni

Il Datagate si arricchisce di un nuovo inquietante capitolo. Ad esattamente un anno di distanza dalle scottanti rivelazioni di Edward Snowden, un ex-dipendente CIA che svelò i programmi USA per il monitoraggio di tutte le comunicazioni trasmesse tramite rete telefonica e Internet,Vodafone ha svelato, attraverso il rilascio di un corposo comunicato di 40 mila parole sulla gestione della privacy, che le agenzie governative di alcuni Paesi in cui opera hanno l’accesso diretto alla sua rete, cioè hanno la facoltà di ascoltare le telefonate senza bisogno di alcuna autorizzazione, bypassando tutti i controlli che l’operatore porrebbe in atto per proteggere le informazioni dei propri clienti.
Vodafone non specifica quali siano questi Paesi, anche se sottolinea che sarebbero comunque solo un “piccolo numero” dei 29 in cui opera. Comunque, la volontà di non divulgare i nomi dei colpevoli è dettata anche dal fatto che in Paesi come Albania, Egitto, Ungheria, India, Malta, Qatar, Romania, Sud Africa e Turchia è illegale fornire qualsiasi genere di informazioni riguardanti le intercettazioni e la capacità di farlo. Inoltre, in 6 dei Paesi in cui opera, le leggi obbligano Vodafone a fornire l’accesso alla rete ai Governi locali. Dunque, per tutelare i sui dipendenti da eventuali rappresaglie, l’operatore ha preferito non diffondere i nomi dei Paesi coinvolti.
Con queste clamorose rivelazioni, Vodafone intende rompere quel muro di silenzio che c’è dietro il fenomeno delle intercettazioni illegali per spingere i Governi locali a cambiare le normative in materia per fermare questo inquietante fenomeno e per rendere le intercettazioni possibili solo dietro espressa autorizzazione dei giudici.

Le Intercettazioni

Vodafone ha sottolineato come le agenzie governative interessate erano collegate direttamente non solo alla propria rete ma anche a quella di altri operatori e questo permetteva loro non solo di ascoltare ma anche di registrare le conversazioni degli utenti arrivando in alcuni casi ad individuare la loro posizione.
Inoltre, l’accesso diretto alla rete degli operatori, consentiva alle agenzie governative di lasciare all’oscuro gli operatori delle operazioni svolte. In breve, un operatore non poteva mai sapere chi è stato spiato e perché. Esisterebbero varie modalità di accesso diretto alla rete. A volte, le agenzie governative installavano solo delle semplici apparecchiature direttamente all’interno delle centrali telefoniche o sugli switch delle linee. Apparecchiature di intercettazione gestite direttamente dai tecnici degli operatori che pur avendo firmato un preciso codice di condotta con il loro datore di lavoro, in realtà operavano anche per conto del Governo.
Rivelazioni che hanno fatto tremare i polsi agli attivisti che lottano per la protezione della privacy che hanno sottolineato come lo scenario descritto da Vodafone sia un vero e proprio “incubo” ma che comunque va solo a confermare i loro peggiori sospetti.

Le intercettazioni in Italia

Sebbene Vodafone per motivi di sicurezza non abbia fatto i nomi dei Paesi coinvolti, comunque ha fornito un elenco dei Paesi in cui sono effettuate intercettazioni legali all’interno della sua rete. Per legali si intende autorizzate dai giudici. Tra i Paesi con la più alta richiesta di intercettazioni spicca l’Italia. Un fenomeno che si spiega da solo con la costante lotta del Paese contro l’attività mafiosa che necessita anche di continui controlli telefonici.
Intercettazioni vodafone
Il primato della nazione più spiata tocca però a Malta. 3773 richieste su una popolazione totale di appena 420 mila abitanti.

"Alcuni governi controllano le telefonate". Allarme Vodafone. Garante: "Intollerabile"

Londra, 6 giugno 2014 - Il gruppo britannico Vodafone, la seconda società mondiale di telefonia mobile, denuncia che le agenzie governative di alcuni Paesi in cui il gruppo opera hanno accesso diretto alla sua rete e possono ascoltare le telefonate dei suoi utenti. “In un limitato numero di Paesi - si legge nel ‘disclosure report’ di Vodafone - le legge prevede che alcune specifiche agenzie e autorità debbano avere accesso diretto alla rete di un operatore, bypassando qualsiasi forma di controllo operativo sulle intercettazioni legali da parte dell’operatore stesso”.

Nel rapporto Vodafone viene precisata che in molti dei 29 Paesi in cui opera le agenzie governative hanno bisogno di un mandato legale per intercettare le comunicazioni, ma in alcuni paesi la procedura è più semplice e diretta. Vodafone non intende fornire le richieste che ha ricevuto, perché diffondere queste informazioni è illegale, e non ha neanche fornito la lista dei Governi che hanno accesso diretto alla rete, ma ha chiesto che dove ciò avviene la legislazione venga modificata.

ITALIA NEL MIRINO - E' l’Italia uno dei paesi più spiati nel network di Vodafone. Questo emerge dall’analisi delle tabelle pubblicate questa mattina dal Guardian, che hanno come fonti l’azienda stessa e i report governativi. Tuttavia, questa mattina, il gigante delle comunicazioni non ha rivelato se anche in Italia siano in vigore le intercettazioni “ad accesso diretto” di cui tanto si parla nelle ultime ore.
Secondo la tabella pubblicata dal giornale progressista,nel 2013 Vodafone ha ottenuto 606mila richieste di “metadata” (identita’, numero e indirizzo dell’intercettato) da parte del nostro Paese, contro le 99mila circa della Tanzania, le 76mila dell’Ungheria, le 49mila della Spagna e le 6mila dell’Albania.
La tabella, in molte parti incompleta, riporta per l’Italia anche 140.577 intercettazioni legali (dato 2012), il numero più alto della classifica dei paesi più “spiati”. Il Guardian tira in ballo la mafia e la criminalità organizzata come uno dei motivi principali del primato italiano in senso assoluto, anche se il paese europeo più controllato della rete Vodafone risulta comunque Malta, con 3.800 richieste su 420mila abitanti nel 2013.

LA REPLICA DI ROMA - "Sicuramente l’Italia non agisce al di fuori delle prerogative e delle leggi,” ha risposto Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle telecomunicazioni, a chi chiedeva un commento sul rapporto Vodafone. “Credo che si possa escludere che l’Italia possa agire al di fuori delle prerogative della Costituzione e delle leggi”, ha aggiunto Giacomelli parlando a margine di un consiglio Ue telecomunicazioni a Lussemburgo.

L'IRA DEL GARANTE - “Non è tollerabile che i Governi svolgano un’opera di sorveglianza così massiva,generalizzata ed indiscriminata come quella rivelata dal Rapporto Vodafone. Così come non è accettabile che i Governi accedano direttamente alle telefonate dei cittadini, al di fuori delle garanzie previste dalla legge e senza un provvedimento della magistratura. E questo vale innanzitutto per i Paesi europei dove vige un ordinamento rispettoso dei diritti fondamentali delle persone.” Lo afferma Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la privacy, commentando il rapporto Vodafone diffuso. “Quello che a partire dal Datagate sta emergendo a livello globale - sottolinea Soro - è l’assoluta necessità di ripensare e riequilibrare il rapporto tra sicurezza e privacy, spostando il baricentro nella direzione della difesa del diritto al rispetto della persona e quindi della sua liberta’ e della sua dignita’”. Secondo il Garante, “va riaffermata l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali. Non si può in alcun modo giustificare - conclude - la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertà dei cittadini perché in questo modo si rischia di calpestare l’essenza stessa del bene che si vuole difendere”.

REAZIONI IN GRAN BRETAGNA - La stampa britannica accoglie la notizia dei controlli sul network di Vodafone parlando apertamente di “possibile effetto Snowden”.Guardian a mettere in diretto collegamento la notizia di questa mattina con il caso di Edward Snowden, l’informatico e agente della National security agency americana che rivelò al mondo l’esistenza e l’entità del programma di sorveglianza americano. Secondo il Daily Telegraph, inoltre, in molti paesi dove opera Vodafone, come India ed Egitto, e’ illegale rivelare come le agenzie governative di spionaggio operino, con possibilità di ritorsioni e di processi penali contro chi riveli qualcosa di segreto. Ecco di qui la cautela di questa mattina, da parte dell’azienda, nel rivelare l’esatta lista di tutti i paesi coinvolti. Dopo le rivelazioni di Edward Snowden sui controlli della Nsa, molti Paesi hanno deciso una stretta sulla possibilità di acquisizione delle informazioni e di intercettazione da parte di agenzie governative. I programmi di sorveglianza statunitensi e britannici comprendevano l’accesso da parte di agenzie governative a comunicazioni telefoniche ed elettroniche.

SI MUOVE LA UE - La commissaria Ue alla giustizia, Viviane Reding, ha esortato l’Ue a dotarsi di regole comuni sulle intercettazioni che limitino queste attività al minimo.
Lo ha detto a margine di una conferenza stampa a Lussemburgo.
“E’ veramente importante avere regole che blocchino questo ricorso massiccio alle intercettazioni. Quando si tratta di una normale azione di polizia, non di una situazione di emergenza, bisognerebbe usare le pinze, non l’aspirapolvere”, ha commentato Reding con i giornalisti presenti alla conferenza.
Il commissario ha sottolineato che “quando si tratta di sicurezza nazionale, l’Ue non ha poteri”, ma ha esortato a norme comuni in materia di normali azioni di polizia. “Bisogna avere una legge e un giudice che autorizza ad accedere a dati personali”, ha aggiunto Reding.