12 giugno 2014

Stress da lavoro, problema a livello europeo. Cause e giurisprudenza.

E' iniziata in parallelo con quella per le elezioni del Parlamento europeo, ma durerà molto più a lungo. È la campagna, biennale (2014- 2015), lanciata il 7 aprile a Bruxelles dall’Agenzia di Bilbao per la prevenzione dello stress correlato al lavoro. Il problema è esteso e preoccupante.
Le statistiche parlano chiaro: lo stress è il problema di salute più frequente legato all’attività lavorativa in Europa dopo i disturbi muscolo-scheletrici. Circa la metà dei lavoratori considera lo stress lavorocorrelato un fenomeno comune nella propria azienda e, del resto, il 50-60 per cento di tutte le giornate lavorative perse è riconducibile allo specifico problema. Il citato sondaggio mette in luce le cause più comuni dello stress e tra queste ha evidenziato la riorganizzazione del lavoro (per il 72 per cento degli addetti), le ore lavorate o il carico di lavoro eccessivo (per il 66) e il fatto di essere oggetto di comportamenti inaccettabili, da parte di responsabili aziendali che colpiscono mentalmente e psicologicamente  lavoratori ed addetti su produzione lavoro e numeri di qualsiasi genere creando pure eventi discriminatori tra i vari colleghi di uno stesso posto di lavoro.
In base ai dati Eurostat, nell’arco degli ultimi 9 anni, il 28 per cento dei lavoratori europei ha riferito di essere esposto a rischi psicosociali che hanno compromesso il loro benessere mentale. I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato generano costi significativi sia per le aziende, sia per le economie nazionali. In generale, i lavoratori tendono ad assentarsi per periodi consistenti quando soffrono di stress e di altri problemi di natura psicologica e a volte vanno al lavoro pur non essendo in grado di svolgere le mansioni in modo efficace (fenomeno noto come “presenzialismo”).
Ciò porta a una riduzione della produttività, con conseguente diminuzione della redditività dell’impresa, che è stimata essere di 136 miliardi di euro, compreso l’assenteismo per malattia. I vantaggi economici sono invece evidenti: la prevenzione e la gestione dei rischi psicosociali sono attività importanti, che favoriscono la presenza di una forza lavoro sana e produttiva, la riduzione dei tassi di assenteismo e di quelli di incidenti e infortuni e un più stretto legame dei lavoratori con l’azienda. Ne consegue il miglioramento complessivo dei risultati aziendali.

Quali sono i reati che interessano il lavoratore esposto a candizioni lavorative dannose?
- Chiunque cagioni ad un lavoratore una lesione personale dalla quale derivi una malattia del corpo o della mente è punito dalla legge con la reclusione fino a tre anni. (lesione personale art.582 c.p.)
Le lesioni perseguibili in ufficio possono essere:
- lievi con prognosi superiore a venti giorni
- gravi con prognosi superiore a 40 giorni
- gravissime con danni permanenti
- si ricorda inoltre  che è vietata costituzionalmente  qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

Fondamentale importanza, nella tutela contro qualsiasi condotta  discriminatoria  vessatoria o violenza verbale e psichica che, incidendo sulla figura personale e professionale del lavoratore, provochi conseguenze lesive per la sua salute, riveste il disposto dell'art. 2087 c.c.: "L'imprenditore è tenuto a adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (..)".
Tale norma - interpretata dalla giurisprudenza alla luce dell'art. 32 Cost. (diritto alla salute), dell'art. 41, comma 2, Cost. (che limita la libertà di iniziativa economica privata, vietandone l'esercizio con modalità tali da pregiudicare la sicurezza e la dignità umana) e degli artt.1175 e 1375 c.c. (principio di correttezza e di buona fede) - impone al datore di lavoro di attuare tutte le misure generiche di prudenza e diligenza necessarie al fine di tutelare l'integrità psicofisica del lavoratore (v. C. Cass. 17/7/1995 n. 7768, in Mass. Giur. Lav., 1995, pag. 561 e segg.).
Ciò implica per il datore non solo il divieto di compiere qualsiasi comportamento lesivo dell'integrità fisica e della personalità morale del dipendente, ma anche il dovere di prevenire e scoraggiare simili condotte nell'ambito dello svolgimento dell'attività lavorativa. L'inadempimento di tale obbligo genera la responsabilità contrattuale del datore di lavoro (v. C. Cass. 5/2/2000 n. 1307, in Foro It., 2000, I, pag. 1554 e segg.).
Di fronte al crescente fenomeno delle patologie legate ai rischi psico-sociali nel lavoro, governi, parlamenti e organismi di assicurazione riflettono da anni sull’opportunità di un loro riconoscimento e indennizzo come malattie professionali. Uno studio appena pubblicato, commissionato dal Forum europeo per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e coordinato dall’ente francese Eurogip, descrive le modalità di riconoscimento dei disturbi psichici da parte degli organismi nazionali di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di dieci Paesi europei: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera.