09 giugno 2014

Lettera aperta a FNSI e USIGRAI

Leggo il vostro comunicato sulla vicenda RAI e mi sembra in sintonia con quanto
dichiarano quotidianamente tanti naviganti, mossi dall’ardore di spiegare le vele al
Vento Nuovo. Così che il mondo della comunicazione (ma non solo quello e non da ora!) si infittisce di quelli che, di fronte ad evidenti violazioni che provengono dall’alto (che, ricordo, ancora non è l’Altissimo) anziché reagire con la dovuta fermezza, attaccano col dire che bisogna “andare oltre” oppure che reagire è giusto, ma che i problemi veri sono “ben altro”.
Stupisce e amareggia che tali posizioni vengano, invece, da chi dovrebbe alzare la voce per una ferita che appare insopportabile: per gli abbonati che pagano il canone e per l’Azienda alla quale, così come per tutte le altre aziende, non si può imputare un prelievo forzoso a bilanci chiusi, a piano industriale approvato e a contratti fatti.
L’illegittimità dell’atto è evidente e, per quanto ci riguarda, la diffida al Governo è già partita. Ma ci sono due punti sui quali intendo soffermarmi.
La RAI è prioritariamente e prevalentemente una azienda di produzione multimediale, nella quale l’informazione ha sicuramente un ruolo importante che tuttavia sarebbe poco più di niente se in RAI si indebolisse drasticamente la sua funzione produttiva.
Per questo il vostro messaggio sulle redazioni regionali “salvate” appare deviante e, consentitemi, mistificante.
La RAI vince sul mercato nazionale e internazionale solo se sviluppa principalmente la sua capacità di competere sul terreno produttivo. (Ragione per cui l’11 scioperano con noi gli addetti del settore cineaudiovisivo).
La realtà è che il mercato italiano nasce drogato. Unico caso al mondo nel quale la concorrenza ha decuplicato i costi dei prodotti offerti: costi sostenuti da una raccolta pubblicitaria esplosa senza limiti; un sistema che ha impennato le tariffe delle collaborazioni esterne, impedito la creazione di un terzo polo, ammazzato la carta stampata e l’emittenza locale, massacrato di pubblicità i programmi e i telespettatori.
E questa questioncina non la si risolve con l’anticipo della convenzione RAI - Stato.
Ma è il secondo aspetto quello che davvero stupisce della vostra posizione. La RAI è stata violentata due volte. Ieri, con le forme più aberranti del conflitto di interessi penetrato in profondità e con l’obbiettivo del puro asservimento: una TV pubblica epurata, inguardabile e inascoltabile. E oggi, quando si vuole a tutti i costi, con larghi mezzi e antiche connivenze, presentare i dipendenti (anche voi) non come vittime di quel periodo, ma come complici. E questo, francamente, lo trovo insopportabile.
Che i complici di quel tempo ci siano stati e ci siano tutt’ora è fuori dubbio e lo sappiamo benissimo; ma è altrettanto fuor di dubbio che una larga parte dei dipendenti, a quel sistema, si è generosamente opposta anche pagando qualche prezzo.
Soprattutto per questo chiedo ai giornalisti e a chiunque altro si ritenga libero da vecchie e nuove incrostazioni, di aderire allo sciopero dell’11.
Gli altri restino pure a lavorare.
Sinceramente, non interessano.
Roma, 9 giugno 2014
Massimo Cestaro

Segretario Generale SLC CGIL