30 ottobre 2015

Se è prescritto dal medico si può uscire di casa anche essendo in malattia

La 6375 è una sentenza della Cassazione che è destinata a fare storia nel mondo del lavoro.
La Suprema Corte ha infatti dichiarato che il lavoratore in malattia, purchè non svolga altri lavori, può uscire di casa tranquillamente. Sempre che questa indicazione sia stata dal medico come prescrizione o semplice consiglio.

Il caso
La Corte confermato il mantenimento del posto di lavoro per il dipendente di una società piemontese di Alba addetto al controllo degli acquisti. Il datore di lavoro aveva mandato gli investigatori privati sotto casa dell'impiegato e aveva scoperto che, ogni tanto, il dipendente usciva dalla sua abitazione anche se aveva un certificato con una lunga prognosi di malattia per una complicata infiammazione a un tendine. Alla luce di quanto emerso lo aveva licenziato.
Il lavoratore ha impugnato il licenziamento che, sia in primo grado che in appello, è stato dichiarato illegittimo.
Contro il verdetto dei giudici torinesi si è rivolta alla Cassazione la società datrice di lavoro, ma il ricorso è stato rigettato.

Licenziamento disciplinare escluso
La Cassazione è netta: no al licenziamento se non c’è prova che il lavoratore svolgesse altri lavori.
Il lavoratore non può essere ripreso con nessuna sanzione per essersi adeguato alle prescrizioni del metodo curante.
E questo mette finalmente la parola FINE ad imposizioni e vessazioni verso quei lavoratori che non presentavano patologie che li obbligassero a rimanere al domicilio, o peggio ancora che questo fosse controindicato (pensiamo ad esempio alle depressioni).


Salvo La Rosa su licenziamenti Antenna Sicilia


Vi dico solo che ho pianto quando stasera da casa ho visto in onda la sedia vuota dello studio del tg e ho sentito la voce fuori campo di Maria Torrisi che annunciava i licenziamenti: ho pianto come un bambino abbracciando mia moglie Daniela, ho pianto di rabbia e di dolore, come avevo già fatto a metà luglio lasciando Antenna Sicilia, l'Azienda che sicuramente mi ha dato tutto, ma alla quale ho dato tutta la mia Vita con passione, impegno e professionalità e dove avevo pensato di restare fino alla vecchiaia.
Non è giusto: la nostra azienda, il nostro lavoro, i nostri sacrifici, le nostre emozioni, le nostre gioie, le nostre passioni non dovevano finire così. Che tristezza davvero, anche per milioni di Siciliani che hanno amato la "nostra" Antenna Sicilia e sono cresciuti con noi sin dal 1979 e ai quali non finiremo e non finirò mai di dire grazie per l'affetto e la stima dimostrateci in ogni momento. E' per tutti loro che dobbiamo andare avanti.
Abbraccio tutte le colleghe e tutti i colleghi, anche quelli che sono stati licenziati negli anni precedenti. Un patrimonio umano e professionale straordinario e unico che andava salvato. Le lacrime non bastano.
Salvo La Rosa

http://catania.livesicilia.it
CATANIA – Vertenza Antenna Sicilia: licenziamenti confermati. La sensazione è che il copione fosse già scritto: il verbale che esce dalla riunione all’ufficio del lavoro è negativo. “Purtroppo oggi si è conclusa la procedura di licenziamento per sedici lavoratori di Antenna Sicilia”, commenta a caldo il sindacalista della Cgil Davide Foti. “L'azienda ha rifiutato tutte le proposte sindacali senza dare un’opportunità per salvare i posti di lavoro”, aggiunge. L’istantanea della riunione lascia l’amaro in bocca. A pesare non ci sono soltanto i posti di lavoro andati perduti, ma anche il modus operandi dei vertici della Sige. “Abbiamo già provveduto a denunciare l’azienda per comportamento antisindacale”, spiega Foti in riferimento alla proposta di “incentivazione economica ai lavoratori che non avessero opposto resistenza a livello legale ai licenziamenti”.

Ma la partita non si chiude qui. I sindacati intendono tenere una linea dura: “Chiederemo agli organi istituzionali ispettivi di controllare la gestione e le collaborazioni future rispetto alle regolarità dei contratti e delle leggi”. Il riferimento è alla possibilità che l’azienda affidi il confezionamento dei tg a un’altra società in grado di fornire il servizio a un costo molto più basso. “Oggi, nella nostra città, si spegne uno strumento di pluralismo dell'informazione in un territorio oramai desertificato ed usato da politica ed istituzioni come leva clientelare sfruttando bisogni ed esigenze di lavoratori e cittadini”, commenta il sindacalista.

Scalata del finanziere transalpino a Telecom Italia


Xavier Niel sale al 15,14% di Telecom Italia. E' quanto emerge dalle comunicazioni alla Consob: sul sito della Commissione si legge che il francese ha comunicato di aver incrementato alla data del 27 ottobre la partecipazione e di detenere adesso "una posizione lunga complessiva pari al 15,143% del capitale". Solo ieri era emersa la puntata del miliardario transalpino nel capitale della ex monopolista delle Tlc: tra opzioni per acquisto di titoli e derivati si era parlato dlel'11% di Telecom. Niel opera attraverso la società indirettamente controllata, Rock Investment.

La notizia di ieri ha fatto balzare il titolo a Piazza Affari, che ha chiuso in progresso di quasi nove punti percentuali; un rally ripetuto oggi, con le novità su Neil che consolidano il rialzo dell'azione Telecom ai massimi dal 2008. La nuova composizione della partecipazione di Niel, si apprende dalla comunicazione alla Consob, risulta composta da una partecipazione potenziale pari al 10,033% del capitale, con diritto di voto, derivante dalla stipula di sei differenti contratti di opzione "call" (la possibilità di acquistare titoli effettivi in un dato periodo di tempo), a cui si aggiungono "altre posizioni lunghe pari al 5,109% del capitale con diritto di voto".

L'ingresso del magnate francese alimenta la speculazione intorno a Telecom, nel cui capitale è già presente in maggioranza relativa (al 20% circa) la transalpina Vivendi, capitanata da Bolloré. La puntata di Niel non viene letta come una mossa di supporto alla presenza francese già esistente, anche perché se si dovesse determinare un concerto tra le Bolloré e Niel, con il 35% del capitale in mano e una sintonia d'azione sarebbe necessaria un'Opa sulla società. La stessa Vivendi ha escluso che ci sia un accordo, ma non mancano alcuni analisti che vedono possibile uno spalleggiarsi dei due soci forti. Da parte della Consob, come di consueto, è in corso un'indagine per verificare che si tratti di operazioni di mercato nei limiti delle regole. Niel è il proprietario di Iliad, provider di Internet che opera in Francia con Free, oltre che socio di altre avventure nel mondo tecnologico ed editoriale (Le Monde).

Le nuove comunicazioni della Consob permettono di fissare anche le date di possibile esercizio delle opzioni da parte di Neil, che entrerà in possesso dei titoli veri e propri solo dalla seconda metà del prossimo anno. Nel dettaglio, un contratto relativo a un 4,889% prevede il regolamento in data 21 giugno 2016, poi gli altri contratti hanno come finestre gennaio 2017, poi ancora settembre, novembre, marzo e giugno. Possiede inoltre altre posizioni lunghe pari al 5,109% del capitale con diritto di voto.



SLC CGIL : COMUNICATO AI LAVORATORI TELECOM ITALIA SULL'ACCORDO DEL 27 OTTOBRE

E' stato sottoscritto un accordo, firmato da 37 membri del coordinamento sui 71 di cui è composto, coordinamento peraltro scaduto dal mese di maggio, che disciplina i contenuti dell’accordo separato sottoscritto in data 7 settembre.
In questo modo, mentre il Paese reale discute:
 del riassetto societario di Telecom e di quali saranno gli indirizzi che il nuovo azionista di
riferimento (ndr Vivendi) vorrà imprimere all’azienda e se i suoi vertici, i cui contrasti sono
sempre più evidenti, saranno o meno confermati;
 di quale modello organizzativo sarà adottato in Open Access per mettere al riparo l’azienda
dalle sanzioni milionarie, erogate dall’AGCom e confermate da due gradi di giudizio per le evidenti disfunzioni del servizio erogato agli altri operatori telefonici, e di quali ricadute organizzative ci saranno per effetto dell’annunciata Pax Regolatoria da parte dell’Amministratore Delegato;
 del perché i vertici di Telecom abbiano riaperto il dossier “metroweb” dopo aver dichiarato solo pochi mesi or sono di considerarlo chiuso e di ritenere dannosa per l’azienda la costituzione di una nuova società in cui far partecipare tutti gli operatori telefonici per la realizzazione della banda ultra larga, e di quali potrebbero essere gli impatti di una società che realizzerà la rete di nuova generazione lasciando in Telecom solamente l’attuale rete che non potrà che viaggiare verso un lento ma inesorabile declino;
  •  del perché esiste una gestione organizzativa tutta incentrata su appalti e consulenti che spreca risorse ingenti con una qualità pessima del servizio, a scapito del personale interno la cui prestazione non sempre è satura;
  •  del perché Telecom abbia abbandonato i processi di internalizzazione, che tanti risparmi hanno consentito, riaprendo il rubinetto ad appalti facili la cui utilità non è configurabile per i vantaggi portati all’azienda vista la totale assenza di trasparenza e gli evidenti rischi di corruzione che questi generano .....
  • mentre tutti si interrogano su questi temi ripresi da tutti gli organi di stampa .....
  • il tavolo sindacale di Telecom Italia discute di altro.

Non si parla di riorganizzazione del lavoro, non si interviene sugli sprechi noti a tutti e denunciati ripetutamente dai lavoratori, non si modificano le politiche che portano Telecom a non vendere i servizi di banda ultra larga, non si inducono soluzioni in grado di rimettere l’azienda al centro della competizione sul mercato ma .....
a fronte di una dichiarazione di esuberi presentata dall’azienda solo nel mese di luglio 2015 (a essere maliziosi si potrebbe pensare a una correlazione con la multa di 270 milioni di euro somministrata a Telecom da AGCom per le inefficienze riscontrate nei servizi resi agli OLO) visto che nei mesi precedenti l’azienda spiegava al mondo finanziario la necessità di realizzare 4000 assunzioni, si firma a settembre un accordo che certifica 2800 esuberi in Telecom Italia, che diventano:
  •  330 mobilità volontarie;
  •  2600 esuberi gestiti con la solidarietà
  •  3265 da gestire attraverso l’articolo 4 della legge Fornero.

Così, se tutti gli strumenti individuati fossero utilizzati nei prossimi due anni ci sarebbe una riduzione di quasi 6000 unità lavorative.
Il tutto con una superficialità stupefacente, perché si ammette la non esistenza di esuberi reali (che, infatti, in nessun tavolo sono stati motivati e individuati), sostanziando che la solidarietà è necessaria a pagare il costo delle uscite anticipate da realizzarsi con l’articolo 4 della legge Fornero: in altre parole per incoraggiare l’uscita anticipata dei lavoratori i costi andranno sostenuti dai colleghi che resteranno in servizio. Tanto è vero che l’uscita con l’articolo 4 è prevista anche in quei settori in cui gli esuberi non esistono anzi si realizza lo straordinario, in misura totalmente difforme alle previsioni di legge.
In questo modo si caricano 22 o 23 giornate di solidarietà a oltre 30000 lavoratori (l’approssimazione del testo indica valori diversi secondo la pagina che si legge) causando una pesante decurtazione del salario configurabile in oltre 1000 euro all’anno per i livelli medi e di molto superiore per i livelli alti, per finanziare uscite anticipate aumentando il ricorso al lavoro in appalto.
Un capolavoro di finanza creativa che porterà Telecom ad avere un peggioramento dei propri conti perché la minore attività gestita internamente dovrà essere appaltata all’esterno.
Però l’azienda si dimostra magnanima e concede ai propri dipendenti la possibilità di avere un prestito da 75 a 1010 euro anno secondo il livello da restituire quando la solidarietà sarà terminata. Infine si gioca il Bonus: se tutti saranno bravi e silenti ci potrà anche essere un premio, sempre alla fine della solidarietà, che sarà concesso su decisione unilaterale dell’azienda, in pratica se sarete buoni può darsi che il prestito non dovrete rimborsarlo. Peccato che quel pagherò dovrà essere erogato da un gruppo dirigente sicuramente diverso dall’attuale.
Infine, si ricorre all’invidia sociale e dopo aver dichiarato al mondo gli investimenti miliardari da realizzare sulla rete, dopo le sanzioni per le disfunzioni di Open Access si decide, al di fuori di un modello di organizzazione del lavoro come realizzato nel 2013, di introdurre una banca ore obbligatoria per il personale di rete cui sarà corrisposto solamente il 40% del salario dovuto per lo straordinario realizzato; io ti chiamo a lavorare, tu sei obbligato a intervenire ma ti pagherò solo una parte di quanto ti devo.
Da ultimo, per sorridere un poco, dopo non aver rispettato le intese definite nel marzo del 2013 inerenti la riprofessionalizzazione del personale, si concede un tavolo da aprirsi entro l’anno per parlare di ....... riprofessionalizzazioni. Se non stessimo parlando della 5a azienda del Paese ci potremmo anche ridere sopra, invece quanto prospettato rappresenta una vera e propria drammaticità.
Questo importante piano è stato governato dal nuovo responsabile del personale (struttura pomposamente ridefinita come People Value ‐ valore alle persone) che più volte ha dichiarato che per fare accordi come quello del marzo 2013 bastavano quelli di prima, lui è stato voluto per realizzare cose nuove e di valore .... dobbiamo ammettere che a noi sfugge sia il nuovo sia il valore.
E’ evidente che SLC CGIL continuerà a opporsi a questo accordo perché sbagliato per gli interessi dell’azienda e inutilmente costoso per le tasche dei lavoratori.
Lo farà continuando ad attivare tutte le iniziative necessarie a partire dal ricorso ex. articolo 28 legge 300/70 depositato in questi giorni per sancire la violazione della procedura di certificazione degli esuberi che se accolto farà cadere l’intero castello su cui sono stati costruiti gli accordi.
Lo farà denunciando l’abuso nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali, considerato che non esistono esuberi determinati da cali di volumi o riorganizzazioni aziendali e che gli stessi non sono stati ne individuati né motivati.
Lo farà sui posti di lavoro, denunciando quotidianamente gli sprechi, gli abusi, l’incapacità organizzativa e le pratiche per aggirare le norme sull’utilizzo degli ammortizzatori.
Le lavoratrici e i lavoratori di Telecom Italia hanno un modo per essere protagonisti del loro futuro: dopo aver dichiarato l’illegittimità delle procedure con cui la CGIL ha aperto le elezioni per il rinnovo delle RSU, oggi Fistel e Uilcom vi hanno aderito ed è stata definita l’intesa per votare il 19 e 20 gennaio prossimi venturi; con quel voto si potrà scegliere il modello di sindacato cui affidare il compito di negoziare il proprio destino professionale, un’occasione da non perdere per rispondere a chi, nel segreto di una stanza, si ostina a volerli rappresentare senza mai avviare un confronto vero con loro.
La Segreteria Nazionale di SLC‐CGIL

17 ottobre 2015

Comunicato Antenna Sicilia 16 ottobre 2015

La Sige, società editrice di Antenna Sicilia, ha rifiutato la mediazione offerta dall'assessore regionale al Lavoro, Bruno Caruso, ed ha dichiarato "inaccettabile" la proposta di "working buy out" consegnata dal tecnico indicato dai dipendenti e dai sindacato Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Associazione della Stampa.
Pertanto l'azienda ha annunciato la indisponibilità a proseguire ulteriormente la trattativa confermando i 16 licenziamenti per motivi economici, riservandosi semmai ulteriori valutazioni, ma solo dopo avere concluso la procedura di licenziamento. Tuttavia i licenziamenti non possono avvenire, come preteso dall'azienda, già oggi nella stessa sede della Regione ma si dovrà attendere la successiva convocazione all'ufficio provinciale del lavoro.
La totale chiusura dell'azienda di fronte a qualsiasi proposta di mediazione è stata dichiarata dai sindacati "offensiva per i lavoratori, per il rappresentante del governo della Regione Siciliana, per il sindaco Bianco e per il Consiglio comunale di Catania che avevano sostenuto la proposta alternativa, e per il ruolo che in questi 36 anni Antenna Sicilia ha recitato da protagonista nel panorama dell'informazione e dell'intrattenimento in Sicilia".
Di fronte a questo atteggiamento di incomprensibile intransigenza i sindacati, dopo avere fatto osservare all'assessore Bruno come sino ad oggi, nell'ambito della procedura, la Sige abbia fornito risposte generiche, talvolta incomplete o inesatte, hanno annunciato ufficialmente l'intenzione di procedere nei confronti di Sige e del suo amministratore delegato per comportamento antisindacale.
I sindacati inoltre hanno chiesto all'assessore Caruso di vigilare sulla piena e corretta applicazione dei contratti di lavoro e dei versamenti contributivi per i dipendenti delle aziende che aderiscono al contratto di rete di cui fa parte Sige, o che forniranno a Sige prodotti destinati a sostituire il lavoro dei 16 dipendenti una volta licenziati.
Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Associazione siciliana della Stampa rilevano con amarezza come, alla fine della riunione, l'assessore Caruso non abbia ritenuto opportuno procedere alla stesura di un verbale che fotografasse le posizioni espresse e tenesse conto delle osservazioni sollevate dai sindacati. Alla stesura del verbale conclusivo si è sottratta anche l'azienda abbandonando la sede della Regione.
Il passo successivo della vertenza sarà martedì 27 all'Ufficio del lavoro. In quella sede, se le posizioni dovessero restare immutate, Sige scriverebbe con arroganza la parola fine su questa dolorosa vicenda.
Oggi l'edizione delle 14 del Tg di Antenna Sicilia è andata in onda in forma ridotta. Tecnici, giornalisti e dipendenti amministrativi - che non percepiscono gli stipendi da oltre due mesi - hanno infatti proclamato lo stato di agitazione e hanno convocato un'assemblea permanente.


INFORTUNI SUL LAVORO: CHE COSA COPRE L’ASSICURAZIONE

Incidenti risarciti dall’Inail avvenuti durante il tragitto casa-lavoro (o viceversa): una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (23 giugno – 7 settembre 2015, n. 17685) ha fatto il punto della situazione e spiega quando è possibile chiedere il risarcimento del danno. Ma procediamo con ordine .

INFORTUNIO – Si definisce infortunio in itinere quello capitato al lavoratore:
– durante il “normale percorso” di andata e ritorno dal luogo di abitazione al luogo di lavoro;
– oppure durante il “normale percorso” che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro;
– oppure durante il “normale percorso” di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale. Vediamo di seguito come comportarsi in caso di infortunio.

PERCORSO – Il “normale percorso” casa-lavoro (e viceversa) è considerato quello “più breve e diretto”. Per cui gli incidenti verificatisi nel corso di deviazioni o in differenti tragitti non vengono risarciti. Eccezionalmente è possibile scegliere il percorso più lungo, ma solo se giustificato da particolari condizioni di viabilità (si pensi al traffico, ai lavori in corso in una strada, ecc.).

RISARCIMENTO – Il risarcimento scatta anche se il lavoratore ha utilizzato la propria auto privata a condizione che tale scelta sia necessitata: si pensi al caso in cui la zona ove vi è il posto di lavoro non è servita da mezzi pubblici o, per raggiungerla con questi ultimi, il tempo sarebbe eccessivo e troppo oneroso.
Secondo alcune pronunce della Cassazione, è consentito utilizzare il mezzo privato quando mancano mezzi pubblici, oppure esistono mezzi pubblici ma non consentono la puntuale presenza sul luogo di lavoro, o sono eccessivamente disagevoli o gravosi in relazione alle esigenze di vita familiare del lavoratore.

CORTE – La Suprema Corte ha inoltre chiarito che non tutti i tipi di sinistri possono essere risarciti, ma solo quelli che dipendono da vicende collegabili in via diretta con il lavoro. Pertanto, tanto per fare un esempio, se il lavoratore viene aggredito da qualcuno che ce l’ha con lui per motivi personali non c’è alcun collegamento tra l’infortunio e il lavoro e, pertanto, nessun risarcimento è dovuto. Stesso discorso per la donna che venga molestata da uno stalker.

PRESUPPOSTI – I presupposti per l’infortunio in itinere restano infatti la causa violenta ¬e l’occasione di lavoro.
Pertanto, l’infortunio è indennizzabile soltanto quando la causa violenta inerisce comunque all’attività di servizio o è almeno occasionata dall’esercizio di un’attività di lavoro. Nel caso di specie, la Corte ha respinto il ricorso degli eredi di una donna accoltellata dal convivente lungo il tragitto casa-lavoro in orario vicino all’inizio del servizio: in questo caso il lavoratore corre un rischio che è del tutto scollegato dall’adempimento dell’obbligazione lavorativa e si trova esposto a un pericolo individuale che lo segue ovunque, indipendentemente dal fatto che si rechi o meno al lavoro.

Insomma, per dare luogo al risarcimento, il collegamento con l’occasione di lavoro non deve essere marginale, e basato esclusivamente su una semplice coincidenza di tempo e luogo.Sono esclusi gli infortuni direttamente causati dall’abuso di alcolici e psicofarmaci; dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; dalla mancanza della prescritta abilitazione di guida; dalla violazione del codice della strada da parte del conducente.

Grande fratello al lavoro: per la Cassazione si può licenziare un dipendente sulla base delle tracce Gps

È legittimo il licenziamento del dipendente che si allontana dalla sede di lavoro fondato sui rilievi del Gps installato sull'auto aziendale in dotazione al lavoratore. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 20440/15, pubblicata ieri. La Suprema corte ha respinto il ricorso di un coordinatore di addetti alla nettezza urbana della provincia di Torino. Al lavoratore era stato addebitato di essersi allontanato dalla sede aziendale in orario lavorativo - tra le 6,30 e le 6,45 e tra le 10,45 e le 11,30 - e di trattenersi in bar o tavole calde «per conversare, ridere o scherzare coi colleghi». Per questo era stato licenziato, condannato in primo grado con ricorso respinto in sede d'appello.
Innanzitutto, secondo il giudice di merito, il lavoratore in questione aveva da contratto una pausa di lavoro compresa tra le 9 e le 9,10. Il lavoratore aveva sì autonomia operativa ma era anche tenuto al rispetto della pausa di lavoro. Inoltre, è lecito il controllo svolto dal datore, al di fuori dell'azienda, tramite guardie giurate o con investigatori privati o con l'uso di uno strumento di localizzazione come il Gps.
Anche la Cassazione ricorda infatti che lo Statuto dei lavoratori impone «modi d'impiego, da parte del datore di lavoro, delle guardie giurate, del personale di vigilanza e di impianti ed attrezzature per il controllo a distanza. I relativi divieti riguardano il controllo sui modi di adempimento dell'obbligazione lavorativa ma non anche comportamenti del lavoratore lesivi del patrimonio e dell'immagine aziendale. Non sono perciò vietati i cosiddetti controlli difensivi, intesi a rilevare mancanze specifiche e comportamenti estranei alla normale attività lavorativa nonché illeciti».

A maggior ragione al di fuori dei locali aziendali, «in luoghi in cui è più facile la lesione dell'interesse all'esatta esecuzione della prestazione lavorativa e dell'immagine dell'impresa, all'insaputa dell'imprenditore».

di Enrico Bronzo

TELECOM: STUDIA IPOTESI PER MIGLIORARE GESTIONE RETE E DIRE STOP A CONTENZIOSI


Telecom Italia sta studiando un nuovo modello di gestione dell'accesso alla sua rete fissa, attualmente basato sulla divisione Open Access e sul modello dell'equivalence of output, cioe' sull'offerta di servizi equivalenti agli operatori alternativi. L'obiettivo e' quello di semplificare le regole e metter fine ai contenziosi miliardari con le altre societa' di telecomunicazioni, come auspicato di recente dall'amministratore delegato Marco Patuano. Al momento, secondo quanto risulta a Radiocor, sul tavolo dell'azienda ci sono diverse soluzioni che vanno da un miglioramento e rafforzamento dell'attuale modello di equivalence of output fino all'adozione della cosiddetta equivalence of input che garantirebbe servizi identici agli operatori alternativi, con gli stessi percorsi e gli stessi procedimenti, rispetto alle richieste provenienti dalla stessa Telecom. Attualmente, invece, le istanze provenienti da Telecom arrivano direttamente ad Open Access (la divisione che si occupa della rete), mentre quelle provenienti dagli Olo devono fare un passaggio in piu', attraverso la divisione Wholesale dell'azienda. Una volta elaborate le proposte, Telecom aprira' il dialogo con l'Agcom per arrivare a una nuova regolazione, che dovra' passare anche per il via libera Ue. Le nuove proposte inciderebbero anche sull'ultimo procedimento aperto dall'Antitrust che potrebbe portare a una multa per Telecom da 207 milioni fino al 10% del fatturato a causa di 'condotte anticoncorrenziali' riscontrate nei servizi forniti agli altri operatori nell'accesso alla propria rete fissa. Il procedimento, risalente a luglio scorso, e' stato aperto per inottemperanza alla diffida che imponeva a Telecom di astenersi dai comportamenti gia' sanzionati, con una multa da circa 103 milioni di euro, nel 2013. Le indagini dell'Antitrust, partite su esposto degli operatori alternativi, hanno riscontrato in particolare un elevato numero di rifiuti, nei confronti degli operatori alternativi, di attivazione dei servizi all'ingrosso (chiamati in linguaggio tecnico ko).

HUAWEI GIOCA CON I LAVORATORI ALLE SPALLE DI FASTWEB

La cessione di ramo d’azienda da Fastweb a Huawei prevedeva il mantenimento dell’occupazione per tutti i lavoratori.
Ci risulta però che Huawei abbia iniziato a contattare i lavoratori di quel ramo proponendo licenziamenti “volontari” incentivati.
In questo modo l’azienda viene meno agli accordi e lo fa in modo subdolo, utilizzando pressioni indebite nei confronti di singoli lavoratori.
Per la SLC CGIL tutto questo è inaccettabile.
Chiediamo con urgenza un incontro triangolare tra Huawei, il sindacato e Fastweb, in modo da chiarire una volta per tutte le intenzioni e le responsabilità di entrambe le aziende.

La Segreteria Nazionale SLC CGIL

CLAUSOLA SOCIALE NEI CALL CENTER: 80.000 AMICI CONVINTI

CLAUSOLA SOCIALE NEI CALL CENTER: 80.000 AMICI CONVINTI E QUALCHE PERICOLOSO E SUBDOLO NEMICO INSOSPETTABILE.
In queste ore due grandi call center di questo Paese, Almaviva e Comdata, si stanno incredibilmente distinguendo per il loro atteggiamento di forte contrarietà all’approvazione della legge sulle clausole sociali nei call center. Una cosa semplicemente incredibile!
In questi anni le lavoratrici ed i lavoratori di questo settore, compresi quelli di Almaviva e Comdata, hanno pagato un prezzo altissimo all’assenza di regole. Prezzo che si è tradotto in anni di ammortizzatori sociali, flessibilità sempre più spinte fino a rendere inconciliabili i tempi di vita da quelli di lavoro, ricatti belli e buoni sulla riduzione degli orari di lavoro come unico mezzo per conservare il posto di lavoro. Ebbene, nonostante tutto ciò, proprio oggi che, piaccia o non piaccia, siamo in dirittura di arrivo per dotare l’Italia di una legislazione che mette il paese alla pari dell’Europa, due fra le principali vittime della protervia della grande committenza si schierano contro i loro lavoratori ed a fianco di quelli che, a forza di ribassare le tariffe, stanno portando un intero settore indietro di decenni. Arrivando perfino ad appoggiare un emendamento alla legge proposto da ASSTEL con il quale si permette a Vodafone di aprire la strada al trasferimento delle proprie attività di assistenza clienti alle sedi Vodafone in Albania e Romania!
Viene da chiedersi cosa possa giustificare una scelta simile? Un classico episodio di “sindrome di Stoccolma” dove la vittima finisce per solidarizzare col carnefice?? O forse più semplicemente un altrettanto tipico caso di convenienza dove a pagare saranno sempre i lavoratori di queste aziende o, in subordine, la collettività attraverso il massiccio ricorso ai vari strumenti di sostegno al reddito o incentivazione che si sono succeduti in questi anni per questo settore? E’ incredibile il trasformismo dialettico con il quale, questo inedito fronte della conservazione che sta tentando di “scippare” la clausola sociale ai lavoratori, riesca a trovare sempre un buon motivo per lasciare le cose come stanno. C’è sempre una soluzione più intelligente che viene sottovalutata, un obbligo che verrebbe disatteso, insomma ogni scusa è buona per tenere 80.000 persone ostaggi degli uffici acquisti dei grandi committenti. E intanto però si aumentano le pressioni per la produttività, si mettono in discussione finanche le pause fisiologiche per recuperare una misera parte di quanto viene sottratta dalle tariffe scandalose imposte dalla committenza.
Tutto questo è semplicemente vergognoso! Occorre che, a partire dai centri di lavoro di Comdata ed Almaviva, si alzi forte la voce dei lavoratori e delle lavoratrici dei call center, di quei lavoratori che in questi anni hanno tenuto in piedi con i loro sacrifici, con parte del loro salario, quelle stesse aziende che oggi gli stanno voltando le spalle.
La clausola sociale non ce la faremo scippare perché #idirittinonsiappaltano e noi #nontorneremoadesserefantasmi!


La Segreteria Nazionale SLC CGIL

Antenna Sicilia, fallita mediazione via ai licenziamenti

http://catania.meridionews.it
È  fallita la mediazione per evitare i licenziamenti dei 16 lavoratori dell'emittente Antenna Sicilia. All'incontro svoltosi all'ex palazzo Esa di Catania erano presenti l'assessore regionale al Lavoro Bruno Caruso, i sindacati (Slg-Cgil, Fistel-Cisl), l'associazione siciliana della stampa. La proprietà Ciancio - che controlla la tv - era rappresentata da Renato Stramondo. La proposta avanzata dai rappresentanti dei lavoratori è stata la possibilità per gli stessi dipendenti, dichiarati in esubero per motivi economici, di continuare a gestire gli spazi che l'azienda ha dichiarato di volere sopprimere. Ma «è stata rifiutata - dice a MeridioNews Davide Foti, sindacalista Cgil - senza fornire delle vere motivazioni».
La sola spiegazione dell'azienda sarebbe stata la mancanza di un progetto aderente alle specifiche disponibilità di Antenna Sicilia. «L'emittente non ha messo a disposizione il tecnico che avevamo richiesto per definire il progetto - motiva Foti - e quindi ne è stato presentato uno meno dettagliato, ma pur sempre valido». L'impressione del sindacato è che «la proprietà Ciancio non abbia voluto sentire ragioni - continua Foti - si è seduta al tavolo solo per ribadire la necessità dei licenziamenti».
I rappresentanti dei lavoratori sono rimasti delusi anche dall'atteggiamento dell'assessore Caruso, «che non ha voluto verbalizzare quanto detto dai rappresentanti della proprietà durante l'incontro». I lavoratori rimangono in stato di agitazione e in assemblea permanente. La trattativa però «è da considerarsi chiusa». «Tra due settimane - lunedì 25 o il martedì successivo, spiega Foti - all'ufficio del lavoro sarà completata la procedura che porterà al licenziamento di 16 dipendenti».
Ma il sindacato promette «il contrattacco». Avrebbe già pronta una denuncia alla Procura della Repubblica, a carico della proprietà Ciancio «per comportamento antisindacale». E starebbe valutando la possibilità «di un'ulteriore denuncia qualora fossero accertate altre irregolarità». Con riferimento ai prodotti televisivi che - divenuti esecutivi i licenziamenti - l'emittente potrebbe acquistare per riempire il proprio palinsesto.

SLC CGIL NAZIONALE: 3G LICENZIA MA VORREBBE DARE LA RESPONSABILITA’ AI LAVORATORI


Dopo il mancato accordo dello scorso 8 ottobre presso il Ministero del Lavoro, ci risulta che l’azienda stia procedendo con alcune lettere di licenziamento negli stabilimenti di Sulmona e Campobasso.
Le voci fatte circolare in azienda dicono che i numeri, ancora non quantificati, sarebbero contenuti e dovrebbero servire da monito per i lavoratori per poter riaprire la trattativa sui licenziamenti “volontari” incentivati che l’azienda ha chiesto sin dall’inizio.
Ricordiamo che l’azienda aveva dichiarato 232 esuberi ma, in seguito a insistenti richieste da parte delle Organizzazioni Sindacali, aveva aperto alla possibilità che queste 232 unità si trasformassero in 125, ufficialmente con una mobilità secondo il criterio della non opposizione, in pratica secondo il criterio di produttività camuffato da criterio tecnico-organizzativo. Questa rigidità aziendale nel proseguire nel disprezzo delle regole ha avuto come conseguenza il mancato accordo al Ministero.
Se le informazioni attualmente circolanti negli stabilimenti fossero corrette, ci troveremmo di fronte ad un’azienda che continua a seminare paura e mettere i lavoratori uno contro l’altro, preparando la strada ad un referendum che imporrebbe ai lavoratori la scelta di chi licenziare.
La SLC CGIL ribadisce la sua disponibilità ad affiancare i lavoratori che, soprattutto quelli raggiunti da una lettera di licenziamento che non rispetti i criteri di anzianità e carichi di famiglia, decidessero di fare ricorso, poiché il criterio tecnico-organizzativo in un’azienda che svolge le attività della 3G non può essere considerato alla stregua degli altri in quanto i lavoratori vanno considerati fungibili.
La SLC CGIL continua a ritenere inaccettabile che sia posta una tale pressione sulle spalle dei lavoratori, ai quali viene chiesto di scegliere chi licenziare.
Ci auguriamo che a nessuno venga in mente di mettere in piedi forzature di nessun genere che sortirebbero, come unico scopo, quello di mettere l’un contro l’altro i lavoratori facendo decidere ad una parte di essi il licenziamento della rimanente. Sarebbe una barbarie inqualificabile. Alla politica, specie quella locale, chiediamo con forza di pretendere dall’azienda serietà e, soprattutto, aiutare ad evitare spaccature fra i lavoratori. Soluzioni credibili sono state ampiamente prospettate all’azienda da tutto il sindacato unitariamente, condividere i licenziamenti non vuol dire non essere freddi nel dialogo, vuol dire abdicare al ruolo del sindacato.
Roma,16 Ottobre 2015

La Segreteria Nazionale SLC-CGIL

Slc Cgil Nazionale:H3G Urgente un cambio di passo da parte dell’azienda.

Lunedì 12 ottobre si è svolto l’incontro sindacale convocato dalla direzione di H3G per discutere delle chiusure collettive e dei nuovi target per il PDR 2016.
La parte sindacale ha respinto l’impostazione aziendale per la quale gli incontri col coordinamento siano finalizzati esclusivamente a siglare accordi o ratificare atti dovuti. Il PDR, la gestione delle chiusure collettive sono sicuramente temi importanti ma ormai non è più eludibile il tema di quale modello di relazione industriale voglia perseguire H3G. La vicenda del mancato raggiungimento del parametro EBIT, e quindi del PDR, e la conseguente decisione unilaterale di pagare comunque una parte del premio, notizia di per sé positiva, non fanno altro che dimostrare come il management aziendale continui a pensare di “bastare a se stesso”.
Questa impostazione non può più continuare. L’organizzazione del lavoro, soprattutto nell’area customer, sembra essere ormai tutta nelle mani dei quadri intermedi con l’immediata impossibilità di ricostruire una filiera delle priorità coerente e condivisa in tutti i centri di lavoro. Anche la notizia positiva del processo di reinternalizzazione di attività precedentemente svolte in outsourcing all’estero si è tradotta in un mero aumento delle pressioni, perdendo l’ennesima buona occasione di costruire un clima di condivisione. La ricerca spasmodica delle performances fini a se stesse, senza condividere obiettivi e strade, si traduce purtroppo semplicemente in un aumento dello stress ed in uno scadimento delle condizioni di lavoro. Non giova inoltre la strumentalizzazione che alcuni responsabili starebbero facendo del futuribile progetto di fusione societaria con Wind, arrivando ad attribuire al cattivo risultato del singolo centro di lavoro una sua possibile esclusione dal progetto! In questo quadro riteniamo che anche gli “alti” tassi di assenza lamentati dall’azienda siano da intendersi come la spia dell’urgenza di iniziare un confronto serio sull’organizzazione del lavoro.
Anche sui temi all’ordine del giorno riteniamo ci sia da fare maggiori approfondimenti. Continuando a ritenere le chiusure collettive uno strumento comunque utili, occorre che il prossimo accordo parta da quello che non ha funzionato nella gestione del precedente calendario, soprattutto nelle aree operative :gestione delle ROL, presidi minimi nelle settimane di chiusura con carichi di lavoro da normale giornata lavorativa).
A questi temi ormai non più non esser data una risposta! Accogliamo con favore l’adesione dell’azienda alla proposta fatta dalla parte sindacale di iniziare già dal prossimo 22 ottobre un confronto sull’organizzazione del lavoro nei call center, la verifica del funzionamento del meccanismo del PDR e le chiusure collettive. Naturalmente l’auspicio è che siano tavoli di confronto seri e, soprattutto, non episodici.
Roma,16 Ottobre 2015

La Segreteria Nazionale di SLC-CGIL

12 ottobre 2015

Barbara Apuzzo: Saluto alle compagne e ai compagni SLC

Cari compagni,credo non sia più ormai un segreto il fatto che a giorni  lascerò la segreteria nazionale Slc per ricoprire un nuovo incarico in  Confederazione.
 Dopo quasi sei anni di permanenza in quella che ha  rappresentato una delle più importanti esperienze sindacali della mia  vita sento quindi il bisogno di ringraziare quanti di voi hanno   condiviso questo "pezzo di vita" insieme a me.
 Tante sono state le  battaglie combattute, alcune vinte, altre non ancora...tanti gli ideali  condivisi, le risate, le tristezze, troppi i compagni che hanno lasciato  un vuoto enorme con la loro scomparsa...
 Se provo a riavvolgere il  nastro le immagini che mi tornano alla mente sono infinite...penso al  periodo in cui seguivo i servizi postali, alla battaglia di civiltà  condotta insieme agli uomini e alle donne della slc per affermare il  principio che la maternità è un diritto inalienabile e che per questo  motivo nessuna discriminazione economica sarebbe stata accettata! In  quell'occasione non firmammo un vergognoso accordo sul pdr che  rappresentava una sorta di selezione sociale della specie, fatta  principalmente di ciò che di più debole può esserci dentro un'azienda,  in cui ad essere penalizzati erano anche gli infortunati, i fruitori dei  permessi previsti dalla Legge 104 per l’assistenza a portatori di  handicap o malati gravi e persino i donatori di sangue, senza  dimenticare coloro che avrebbero esercitato il diritto allo sciopero.  Quella battaglia duro' 7 mesi, ma alla fine quella brutta pagina fu  riscritta affermando il principio che una trattativa non è mai solo un  fatto tra due parti.
 E’ anche un modo per declinare costumi, abitudini e comportamenti di un paese.
  In quella circostanza la nostra capacità di intrecciare rapporti e di  costruire relazioni con pezzi importanti della società (che è insita nel  DNA della CGIL e non ha bisogno di avere alcuna "etichetta") ha finito  per accerchiare persino un’azienda come Poste, costringendola  a firmare  un nuovo accordo che, fatto assai insolito nella storia della  contrattazione italiana, ha modificato profondamente ampie parti di  quello in vigore.
 Naturalmente gli aneddoti, le battaglie, le  sconfitte e le conquiste di quel periodo furono tante, ( il rinnovo del  CCNL in condizioni pesantissime, il contrasto alla "clausola  compromissoria", le elezioni delle RSU...) ma di questa vittoria sono  particolarmente orgogliosa e grata a coloro che l'hanno resa possibile  insieme a me.
 Così come ho vissuto con grande passione il cambio di  delega, la creazione di una nuova area, quella della produzione  multimediale, che mi ha dato l'opportunità di confrontarmi anche al di  fuori della categoria su temi essenziali per la vita stessa della  democrazia del paese.
 Ho conosciuto tante compagne e tanti compagni,  insieme ai quali la SLC, ha dato il suo contributo per difendere il  pluralismo dell'informazione, i prodotti editoriali e culturali e con  essi i lavoratori che ogni giorno faticano sempre di più a mantenere se  stessi in equilibrio, in un mercato del lavoro sempre più povero e cieco  di fronte ai loro reali bisogni.
 Ho conosciuto "mestieri" fatti,  ancora, nonostante tutto col cuore...lavoratrici e lavoratori che  rendono possibile la sopravvivenza di nicchie di qualità a costo di  sacrifici (non solo economici) e umiliazioni a volte ai limiti della  sopportazione umana.
 Con l' "editoria invisibile" e i precari e  atipici di "stai in onda" abbiamo provato a ragionare, insieme a loro,  su come ridisegnare il confine dei diritti per includere quella platea  di lavoratori che oggi è sempre più grande e al tempo stesso più  debole...
 Il pensiero va poi alla Rai, alla lotta condotta con tutte  le armi in nostro possesso per contrastare il taglio dei 150 mln, la  (s)vendita di Rayway...siamo stati in piazza insieme al 90% di quelle  lavoratrici e quei lavoratori che hanno scioperato per difendere il  servizio pubblico, sfatando in un momento di grande attacco al sindacato  il falso mito di un sindacato scollato dai lavoratori...penso alle  lavoratrici e ai lavoratori di La7, alla dignitosa caparbietà con cui  continuano a portare avanti la battaglia per il riconoscimento degli  stessi diritti anche ai neo assunti e ai precari...al mondo degli  appalti, su cui "grandi" aziende come Mediaset scaricano i costi  gravando interamente su lavoratrici e lavoratori e a tutto l'impegno  profuso dalle compagne e dai compagni, a tutti i livelli, per  tutelarli...penso alle discriminazioni nei confronti delle donne resesi  ancora più odiose e insidiose con il jobs act, e alle lunghe  chiacchierate con le compagne, per analizzare, capire, "leggere" quanto  sta accadendo al mondo del lavoro con una visione di genere...penso al  coordinamento donne che ho avuto l'onore di di rappresentare, alle  elaborazioni prodotte, sulla contrattazione di genere, diventate  patrimonio dell'intera categoria con l'approvazione all'unanimità di odg  sul tema...alla bellissima iniziativa "contro la violenza sulle donne,  segnali dentro e fuori lo schermo" tenutasi 2 anni fa alla Casa del  Cinema, al grandissimo contributo dato da Susanna Camusso sul tema, agli  altri ospiti illustri che partecipando hanno testimoniato quanto sia  importante avviare un ragionamento profondo su quanto i messaggi  veicolati tramite la TV siano sessisti e rischino di indurre  (direttamente o indirettamente) alla violenza contro le donne...penso ad  ognuno di voi, Compagne e Compagni, che ho sentito veramente tali e di  cui conserverò per sempre il ricordo. Naturalmente ci vedremo ancora!

09 ottobre 2015

Raggiunte le prime 5000 firme, aiutaci a raddoppiare!

 In poco più di 48 ore abbiamo superato le 5000 firme!
Per firmare, clicca qui >> http://chn.ge/1Lf02Is
Ti ringraziamo per questo grande risultato e ti chiediamo ancora un piccolo sforzo per aiutarci: fai firmare questa petizione ad almeno cinque tra amici e parenti e condividila sui social network.
Siamo sempre più convinti di quanto le condizioni di lavoro e la qualità del servizio offerto nei call center riguardino non solo gli operatori ma la cittadinanza tutta.
Questa petizione porta avanti una lotta per una norma di civiltà, ce lo dimostra il vostro entusiasmo nel firmare e condividerla.
Di nuovo grazie e avanti per le prossime 5000!

08 ottobre 2015

La Slc Cgil lancia una raccolta firme a sostegno #clausolesociali per i call center


Il prossimo 12 ottobre arriverà in aula per il voto definitivo la #clausolasociale per i call center, cioè la norma che prevede la prosecuzione dei rapporti di lavoro già esistenti in caso di successione d’imprese negli appalti con il medesimo committente e la protezione dei trattamenti economici e normativi contenuti nei contratti collettivi. Questa norma esiste già negli altri Paesi europei e servirà ad arginare le gare al massimo ribasso, in cui il prezzo della competizione tra imprese viene fatto pagare solo ai lavoratori. Dopo anni di battaglie messe in campo dalle lavoratrici e dai lavoratori del settore call center in outsourcing, finalmente con l’approvazione di questa norma di dignità, si potrà mettere in sicurezza un intero settore che, nella sola Calabria, occupa 15mila addetti.

L’emendamento in votazione il prossimo 12 ottobre, attraverso l’inserimento della clausola di salvaguardia sociale, metterà fine ad un sistema brutale e illogico, in cui lo stato spende soldi pubblici - ammortizzatori sociali, incentivi per la finta “nuova” occupazione, i lavoratori sono perennemente ricattati e i cittadini hanno un pessimo servizio.

I lobbisti, i gruppi di pressione, tutti coloro che da questo sistema lucrano profitto a danno dello Stato, dei lavoratori e della cittadinanza tutta, stanno lavorando per annullare gli effetti di questa norma di civiltà. Il loro obiettivo è permettere alle imprese di fare profitto sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori dei call center, spesso spostando l’attività in Paesi in cui il costo del lavoro è minore (ad esempio l’Albania) a danno dei cittadini italiani.


La clausola sociale, oltre a proteggere l’occupazione di 80mila lavoratori italiani, favorirà anche gli utenti, perché le gare d’appalto verranno vinte anche sulla base della qualità del servizio offerto. Ve lo immaginate un call center che vi risolve il problema alla prima chiamata? Pertanto chiediamo a tutti di sostenere questa campagna di sensibilizzazione per far sì che il 12 ottobre possa essere ricordata come la data in cui i lavoratori del settore call center potranno avere dignità ed essere meno precari, e gli utenti potranno avere un servizio di maggiore qualità.

Per firmare la petizione clicca qui 

Riccardo Saccone: Le dichiarazioni di ASSTEL sono un insulto alla decenza ed uno schiaffo ai lavoratori del settore

Le dichiarazioni di ASSTEL riguardo alla legge sugli appalti nei call center sono un insulto alla decenza ed uno schiaffo ai lavoratori del settore. Con quale coraggio si parla di norma che impedirebbe l'innovazione tecnologica?? sono mai entrati in un call center?? Hanno mai lavorato su un PC con il quale i lavoratori dovrebbero assistere i clienti e che non useremmo neanche per giocare a free cell tanto sono vecchi?!?!?!
ormai la protervia ha superato il segno. E che dire del silenzio della maggior parte dei media sulla legge?? Ci cercano quando siamo costretti ad atti eclatanti per difendere i posti di lavoro, si soffermano sulle storie più drammatiche spesso con morbosità e poi, quando oggi c'è da raccontare un passaggio importante di questa vertenza...silenzio. Un silenzio sospetto, irrispettoso delle storie che hanno finto di raccontare con trasporto. Sono francamente arrabbiato. Ma sono ancora più determinato a combattere perchè siamo nel giusto. Sono loro che stanno condannando "la meglio gioventù" di questo Paese ad un futuro grigio, precario, senza sogni e senza prospettive. DOBBIAMO REAGIRE! LA NOSTRA SCHIENA DRITTA NON LA PIEGHERANNO CON L'ARROGANZA E LE BUGIE. LA CHIAMANO LIBERTA' DI IMPRESA E CONCORRENZA, PER ME E' ANCORA IL VECCHIO VIZIO DELLO SFRUTTAMENTO DEL PIù FORTE SUL PIù DEBOLE. NEI PROSSIMI GIORNI METTEREMO IN CAMPO ULTERIORI INIZIATIVE, NEL FRATTEMPO VI CHIEDO UNO SFORZO STRAORDINARIO NELLA RACCOLTA DELLE FIRME DELLA PETIZIONE PERCHE' DEVONO SAPERE CHE VORREBBERO AFFOSSARE UNA LEGGE FIRMATA DA TUTTI I LAVORATORI DEI CALL CENTER!!!

Clausola sociale, una svolta storica per i lavoratori dei call center – Firma la petizione


Sono giorni cruciali per gli 80.000 lavoratori dei call center italiani. E’ stato approvato in commissione Lavori Pubblici della Camera un emendamento che introduce la cosiddetta “clausola sociale” nel caso di cambi d’appalto. Che, tradotto, significa che se cambia l’azienda, se la commessa passa da un soggetto ad un altro, non perdi il lavoro. Un esempio? Se il servizio di call center di Enel, prima affidato al signor Rossi, viene ad un certo punto assegnato al signor Neri, i lavoratori non perderanno il posto di lavoro ma verranno automaticamente assorbiti dall’azienda del signor Neri. Un risultato storico e per nulla scontato, frutto di anni di battaglie fatte nelle piazze e nei luoghi di lavoro, promosse in questi anni da alcuni protagonisti delle lotte contro la precarietà nei call center come Andrea Lumino, Davide Foti, Cristiana Catalani, Manuela Pusceddu, Riccardo Saccone, Natale Falà e tanti altri. Nei prossimi giorni toccherà all’aula di Montecitorio esprimersi sulla clausola sociale. Ma i lobbisti, le aziende e alcuni sindacati di comodo sono già all’opera per impedire che questo avvenga pur di mantenere i benefici e i privilegi che la situazione precedente garantiva loro a scapito dei lavoratori. Per questo è nata una petizione on line su Change.org che ha già raccolto migliaia di adesioni: “La terza settimana di ottobre – spiegano i promotori della petizione – arriverà in aula per il voto definitivo la#clausolasociale per i call center, cioè la norma che prevede la prosecuzione dei rapporti di lavoro già esistenti in caso di successione di imprese negli appalti con il medesimo committente e la protezione dei trattamenti economici e normativi contenuti nei contratti collettivi. Questa norma esiste già negli altri Paesi europei e servirà ad arginare le gare al massimo ribasso, in cui il prezzo della competizione tra imprese viene fatto pagare solo ai lavoratori. Con il cambio di appalto adesso si fa perdere il lavoro a quanti erano già occupati su quell’attività o, in alternativa, si chiede ai lavoratori di rinunciare a quote ingenti del loro salario, dei loro diritti, della loro dignità” 
Per firmare la petizione clicca qui 


Il grido dei call center: “Lobbisti e poteri forti vogliono ricacciarci nel Medioevo”
http://violapost.it
Mentre noi raccogliamo firme per difendere i nostri diritti, i lobbisti dei call center bussano alle porte dei parlamentari per convincerli a non votare un emendamento che cambierebbe radicalmente, migliorandola, la condizione dei lavoratori. E di parlamentari “sensibili” al “richiamo” delle lobby, purtroppo, non ne mancano”. Non le manda a dire, Davide Foti, sindacalista Slc-Cgil e animatore delle grandi battaglie di questi anni contro la precarietà nei call center. Che aggiunge: “Di firme sotto la nostra petizione ne abbiamo raccolte migliaia in poche ore e il tam tam in rete sta crescendo di minuto in minuto. Per questo i poteri forti si sono messi subito all’opera per sabotare questo percorso di civiltà e ricacciarci nel Medioevo. Ma non ci riusciranno
Le firme cui si riferisce Foti sono quelle della petizione on line con cui si chiede che nel passaggio in Aula previsto per il 12 ottobre, la Camera confermi il voto già espresso, all’unanimità,  in commissione Lavori Pubblici a favore della cosiddetta “clausola sociale” nei cambi d’appalto per il settore dei call center. In altre parole, se la commessa per cui lavori viene assegnata ad una nuova azienda, tu lavoratore vieni riassorbito e non perdi il lavoro. Una svolta storica che allinea l’Italia al resto d’Europa dando finalmente qualche piccola e meritata certezza a chi lavora nei call center. Ma in vista del 12 ottobre, contro l’emendamento salva-lavoratori, sono scesi in campo le potentissime lobby delle Telecomunicazioni e delle aziende in outsourcing come Transcom (che primeggia nelle delocalizzazioni) e H3G. Con una nota feroce, diffusa ieri in serata, Asstel, la branca che in Confindustria rappresenta le aziende del settore che operano in outsourcing risponde a muso duro: l’emendamento, secondo Asstel, sarebbe ” una grave forzatura che annulla l’autonomia gestionale delle aziende”.  Che, tradotto dal padronese all’italiano, significa: non ci fa sfruttare la gente come piace a noi.

05 ottobre 2015

Il capo di Telecom ci spiega in che senso la produttività per l’Italia è ancora un tabù

www.ilfoglio.it
Roma. “Avete presente l’Estonia? Ecco”. Netflix e la Cgil. Il governo e la banda larga. La riforma del lavoro e il destino della rete. La televisione, gli smartphone, le nuvolette e quei numeri che ci possono aiutare a capire meglio non solo gli intrecci legati al futuro del settore delle Telecomunicazioni ma anche, in un certo senso, il futuro del paese. Siamo a Roma, è mercoledì trenta settembre, siamo al sesto piano di Corso Italia 41, e il numero uno di Telecom, l’amministratore delegato Marco Patuano, accetta di chiacchierare con il Foglio per mettere insieme alcuni ragionamenti utili a capire cosa funziona e cosa non funziona in Italia quando si parla di telecomunicazioni, di tecnologia e di innovazione del mercato del lavoro.

Dice Patuano: “Siamo entrati in una fase importante in cui chi guida il paese sembra avere l’agenda giusta delle cose da fare. E dai dati che abbiamo a disposizione, relativi al nostro settore, ci sono almeno tre ragioni che ci portano a dire che il futuro dell’Italia è in crescita e che qualcosa si è mosso davvero. Lo dico osservando la crescita della vendita non solo degli smartphone tradizionali ma anche di quelli di lusso. Lo dico, ancora, osservando la crescita dei dati che passano sulla nostra rete. E lo dico, infine, osservando come le aziende italiane hanno cominciato a investire in modo sempre più convinto nel mondo delle cloud computing, ovvero le nuvole informatiche, che negli ultimi dodici mesi, in Italia, hanno avuto una crescita del 35 per cento”.

Il nostro incontro con Patuano arriva in un momento significativo a cavallo tra due fatti importanti: l’annuncio ufficiale dell’arrivo di Netflix in Italia (22 ottobre) e la notizia dell’imminente crescita all’interno di Telecom del gruppo francese Vivendi guidato da Vincent Bolloré (che dal 15,5 per cento dovrebbe passare al 19 per cento). Netflix in Italia ha un accordo con Telecom per la distribuzione dei contenuti e la domanda per Patuano non può che essere quella: due anni dopo essere usciti dal mondo della televisione, con la cessione di La7, Telecom prova a rientrare nel mercato televisivo attraverso un altro canale? Patuano sorride, nega ma accetta la provocazione: “Noi in televisione di nuovo? Non la metterei così. Oggi non abbiamo una televisione ma offriamo contenuti anche televisivi sulla nostra piattaforma, che è una cosa diversa, e siamo pronti a ospitare chiunque consideri possibile stringere accordi con noi: non solo Mediaset ma anche la Rai, se lo vorrà. Il mondo delle telecomunicazioni è passato dalla necessità di servire il bisogno di comunicare alla necessità di servire il bisogno di connettersi. E i contenuti televisivi sono una parte importante ma non decisiva dei servizi che possono essere offerti – tanto per capirci ,sulle piattaforme online di musica digitale noi rappresentiamo il 40 dei contenuti scelti. In molti altri paesi i colossi delle Tlc hanno fatto scelte diverse e hanno deciso di legarsi a un’unica piattaforma. Ma in Italia solo il 25 per cento della popolazione usa la pay tv e non possiamo permetterci di dire ai nostri clienti: guardate solo questo e basta; devono essere liberi di scegliere. E la nostra collaborazione con Vivendi nasce anche per questa ragione qui”.

Sul futuro, dice Patuano, non crede siano maturi i tempi per una fusione con Mediaset – “Non la vedo, Mediaset è un partner interessante e la nostra missione è di avere una piattaforma aperta a tutti. Ma sul tema dei temi che tocca da vicino il mondo delle Tlc, ovvero la banda larga, l’amministratore delegato di Telecom sostiene che la diffusione di fibra nel nostro paese non è affatto insufficiente: “Ci sono stati progetti diversi, alcuni dei quali ancora non decollano, ma la diffusione della banda larga è buona e credo che anche qui ci siano un paio di numeri da mettere insieme per capire di cosa stiamo parlando”.

“Oggi – continua Patuano – la fibra arriva nel 40 per cento delle abitazioni italiane e se pensiamo che il processo di modernizzazione è partito appena 18 mesi fa si può essere soddisfatti. E se fosse vero, poi, che il governo sta lavorando, come ci risulta, a un sistema di incentivi alla domanda per l’attivazione di coloro i quali decidessero di adottare infrastruttura banda larga a elevata prestazione, sarebbe un passo ulteriore nella giusta direzione. Vi do una cifra per inquadrare meglio il fenomeno: nell’ultimo anno la quantità di dati sulla rete italiana fissa è aumentato quasi del 40 per cento rispetto all’anno passato. E anche questo, se volete, è un ottimo segnale. Anche se io resto dell’idea che se non partiamo dall’Estonia non arriviamo da nessuna parte”.
L’Estonia? Seguiamo il filo.

“Possiamo portare – dice ancora Patuano – la banda larga anche a livelli stratosferici e clamorosi ma per trasformare davvero la mentalità del nostro paese occorre che a cambiarla, la mentalità, siano non tanto i privati ma quanto, soprattutto, la Pubblica amministrazione. Si dice spesso, lo dicono i politici, che l’Italia ha un deficit grave nel mondo della tecnologia. Non sono d’accordo ma se davvero è questa la convinzione c’è un modo immediato per trasmettere ai cittadini la volontà di cambiare tutto. Una scelta secca e rivoluzionaria come quella fatta tempo fa dell’Estonia: la Pubblica amministrazione non rilascia più documenti di identità cartacei ma li rilascia solo digitali. Punto. Il che significa non solo un risparmio della spesa drastico, a proposito di chi davvero vuole migliorare la produttività della spesa pubblica in Italia, ma significa anche che tu sei cittadino solo se sei digitale. E non devo essere certo io a spiegare cosa significherebbe, anche simbolicamente, per la nostra cultura e la nostra società entrare in un’epoca di questo genere”.

Produttività, si diceva. A inizio settembre Telecom ha firmato un accordo sulla mobilità volontaria con i sindacati e il ministero dello Sviluppo e per la prima volta nella storia dell’azienda un accordo industriale è stato firmato da tutti i sindacati tranne la Cgil. Il punto è sempre quello: la produttività.

“E’ stata – dice Patuano – una fiera degli equivoci in cui però la Cgil ha commesso un errore che non si può sottovalutare. In un’azienda come la nostra in cui esistono 2 miliardi e 700 milioni di uscite legate al costo del lavoro, per poter difendere nel lungo termine questa voce senza ridurre il numero dei lavoratori in modo drastico occorre prima o poi ragionare e intervenire sulla produttività. C’è chi capisce questo principio e chi purtroppo finge che sia un problema inesistente”.

Il discorso dell’ad di Telecom scivola su un altro versante legato alla produttività ma soprattutto all’evoluzione del mercato del lavoro. Patuano dà un giudizio “molto positivo” del Jobs Act ma dice che per cambiare davvero il tessuto produttivo e lavorativo del paese occorre in tutti i modi avere degli aiuti per valorizzare e assumere nuove generazioni – e crede che per farlo il governo Renzi dovrebbe far suo un progetto preciso che si chiama solidarietà espansiva.

“L’idea è semplice. Occorrerebbe dare alle aziende la possibilità di utilizzare una solidarietà generazionale con cui fare uno scambio alla pari: assumere giovani dando l’opportunità all’azienda di ridurre, ad esempio, dell’otto per cento l’orario di lavoro di alcuni lavoratori e il loro stipendio. I costi dell’operazione andrebbero divisi in tre: un terzo l’azienda, un terzo lo stato, un terzo il lavoratore in solidarietà, che accetterebbe di vedersi ridotta una parte minima del proprio salario in nome di una solidarietà con una nuova generazione”.

Il ragionamento di Patuano si sposta poi dal fronte del mercato del lavoro e arriva a toccare altri temi che riguardano lo sviluppo tecnologico dell’Italia. L’amministratore delegato di Telecom ricorda che per capire l’Italia, e i suoi trend, bisogna ricordare che gli smartphone ad alta tecnologia sono ormai presenti nelle tasche degli italiani in modo piuttosto diffuso (due persone su tre).  Sostiene poi che, guardando al futuro, i mesi che verranno dovranno essere necessariamente quelli in cui dovrà essere segnata una pace strategica con i regolatori. E, a proposito dei consumi, dice che i numeri registrati questa estate tra traffico dati e vendita di pacchetti telefonici hanno certificato un ritorno alla fiducia dei clienti e dei consumatori. Patuano, infine, conclude la nostra conversazione arrivando a sfiorare un provvedimento secondo molti controverso che il governo ha calendarizzato per i prossimi mesi: la digital tax a partire dal 2017 nel caso in cui l’Europa non dovesse partorire prima una legge comunitaria.


“Sono contrario – dice Patuano – a una caccia alle streghe rivolta agli over the top ma se web tax vuol dire che chi fa profitti in Italia deve pagare le tasse in Italia mi sembra sacrosanto a prescindere da chi saranno i destinatari di queste legge, quando sarà e se ci sarà”.

02 ottobre 2015

Comunicato Slc Cgil - accordo separato Telecom Italia

ACCORDO SEPARATO TELECOM ITALIA: CORNICE TRABALLANTE, FUTURO OSCURO!
Lascia francamente esterrefatti il comunicato con il quale ieri la “coalizione dei pragmatici” denunciava l’ulteriore uscita di attività dal perimetro di Telecom Italia.
Ma come??? Non avevano messo in sicurezza il lavoro di Telecom??? Verrebbe da chiedersi di cosa hanno parlato con Telecom questi signori mentre certificavano 3330 esuberi??? E’ possibile che mentre “sigillavano” il perimetro con la cornice non si accorgessero che l’azienda gli stava sfilando sotto il naso quote sempre più importanti di lavoro???
Non avremmo saputo spiegare meglio la gravità di quanto sottoscritto ai primi di settembre al Ministero dello Sviluppo Economico da questi disattenti volenterosi! Certificare sulla parola 3330 esuberi senza aver sottoscritto un piano di riassorbimento serio e circostanziato degli stessi espone i lavoratori di Telecom al rischio più che teorico che un domani non molto lontano l’azienda chieda conto di quelle eccedenze.
Tutto questo è incredibile ed imbarazzante. Che credibilità può avere un patto che garantisce esuberi e sacrifici e lascia all’azienda mano libera su dove “esportare” lavoro (e non usiamo “esportare” a caso, visti i volumi di attività del caring che continuano ad andare in Albania e Romania, come ben sanno gli “esuberi” dei customer di Telecom che ogni giorno vedono aumentare il numero di pratiche evase all’estero) con buona pace degli esuberi ottenuti; di vendere definitivamente Inwit (è possibile che in tutte le sessioni del tavolo dei pragmatici i responsabili di Telecom non abbiano trovato un minuto per avvisare coloro con i quali stava per firmare un patto d’acciaio sul futuro?); di decidere unilateralmente, se l’8 Ottobre verrà confermato l’impianto dell’Art. 4 della legge Fornero stabilito nell’accordo Olivetti, chi può aderire e chi no.
Non c’è che dire. Le prime avvisaglie dell’utilità dell’accordo separato del 7 settembre lasciano “ben sperare” per il futuro!
Un ultima considerazione riguardante il voto delle RSU nell’incontro di procedura dello scorso 21 settembre. Apprendiamo nel penultimo comunicato di FISTEL, UILCOM e UGL che il voto per delega sarebbe previsto dal Codice Civile. Ora, quando si cita un “librone” composto da quasi 3000 articoli bisognerebbe restringere un po’ il campo della ricerca, altrimenti finisce che un lettore curioso prenda il “librone” in questione, faccia una ricerca e l’unico articolo che riesca a trovare sulla materia risulti essere il 2372, che però tratta del voto nelle assemblee di condominio e nelle assemblee di soci. Niente a che vedere con il voto di cariche rappresentative elettive, quali sono le Rappresentanze Sindacali Unitarie, dove il principio di “una testa un voto” risulta essere confermato da tutta la giurisprudenza (ve lo immaginate un Parlamentare della Repubblica che si presenti al voto per la fiducia al Governo con la cartellina piena di fotocopie di documenti e deleghe dalla firma sbiadita?).

La Segreteria Nazionale di SLC‐CGIL