08 ottobre 2015

Clausola sociale, una svolta storica per i lavoratori dei call center – Firma la petizione


Sono giorni cruciali per gli 80.000 lavoratori dei call center italiani. E’ stato approvato in commissione Lavori Pubblici della Camera un emendamento che introduce la cosiddetta “clausola sociale” nel caso di cambi d’appalto. Che, tradotto, significa che se cambia l’azienda, se la commessa passa da un soggetto ad un altro, non perdi il lavoro. Un esempio? Se il servizio di call center di Enel, prima affidato al signor Rossi, viene ad un certo punto assegnato al signor Neri, i lavoratori non perderanno il posto di lavoro ma verranno automaticamente assorbiti dall’azienda del signor Neri. Un risultato storico e per nulla scontato, frutto di anni di battaglie fatte nelle piazze e nei luoghi di lavoro, promosse in questi anni da alcuni protagonisti delle lotte contro la precarietà nei call center come Andrea Lumino, Davide Foti, Cristiana Catalani, Manuela Pusceddu, Riccardo Saccone, Natale Falà e tanti altri. Nei prossimi giorni toccherà all’aula di Montecitorio esprimersi sulla clausola sociale. Ma i lobbisti, le aziende e alcuni sindacati di comodo sono già all’opera per impedire che questo avvenga pur di mantenere i benefici e i privilegi che la situazione precedente garantiva loro a scapito dei lavoratori. Per questo è nata una petizione on line su Change.org che ha già raccolto migliaia di adesioni: “La terza settimana di ottobre – spiegano i promotori della petizione – arriverà in aula per il voto definitivo la#clausolasociale per i call center, cioè la norma che prevede la prosecuzione dei rapporti di lavoro già esistenti in caso di successione di imprese negli appalti con il medesimo committente e la protezione dei trattamenti economici e normativi contenuti nei contratti collettivi. Questa norma esiste già negli altri Paesi europei e servirà ad arginare le gare al massimo ribasso, in cui il prezzo della competizione tra imprese viene fatto pagare solo ai lavoratori. Con il cambio di appalto adesso si fa perdere il lavoro a quanti erano già occupati su quell’attività o, in alternativa, si chiede ai lavoratori di rinunciare a quote ingenti del loro salario, dei loro diritti, della loro dignità” 
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Il grido dei call center: “Lobbisti e poteri forti vogliono ricacciarci nel Medioevo”
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Mentre noi raccogliamo firme per difendere i nostri diritti, i lobbisti dei call center bussano alle porte dei parlamentari per convincerli a non votare un emendamento che cambierebbe radicalmente, migliorandola, la condizione dei lavoratori. E di parlamentari “sensibili” al “richiamo” delle lobby, purtroppo, non ne mancano”. Non le manda a dire, Davide Foti, sindacalista Slc-Cgil e animatore delle grandi battaglie di questi anni contro la precarietà nei call center. Che aggiunge: “Di firme sotto la nostra petizione ne abbiamo raccolte migliaia in poche ore e il tam tam in rete sta crescendo di minuto in minuto. Per questo i poteri forti si sono messi subito all’opera per sabotare questo percorso di civiltà e ricacciarci nel Medioevo. Ma non ci riusciranno
Le firme cui si riferisce Foti sono quelle della petizione on line con cui si chiede che nel passaggio in Aula previsto per il 12 ottobre, la Camera confermi il voto già espresso, all’unanimità,  in commissione Lavori Pubblici a favore della cosiddetta “clausola sociale” nei cambi d’appalto per il settore dei call center. In altre parole, se la commessa per cui lavori viene assegnata ad una nuova azienda, tu lavoratore vieni riassorbito e non perdi il lavoro. Una svolta storica che allinea l’Italia al resto d’Europa dando finalmente qualche piccola e meritata certezza a chi lavora nei call center. Ma in vista del 12 ottobre, contro l’emendamento salva-lavoratori, sono scesi in campo le potentissime lobby delle Telecomunicazioni e delle aziende in outsourcing come Transcom (che primeggia nelle delocalizzazioni) e H3G. Con una nota feroce, diffusa ieri in serata, Asstel, la branca che in Confindustria rappresenta le aziende del settore che operano in outsourcing risponde a muso duro: l’emendamento, secondo Asstel, sarebbe ” una grave forzatura che annulla l’autonomia gestionale delle aziende”.  Che, tradotto dal padronese all’italiano, significa: non ci fa sfruttare la gente come piace a noi.