30 dicembre 2013

Nuove tasse: Tasi, Tari, taglio alle detrazioni…

Nel 2014 arrivano nuove tasse e rincari. Un anno fiscale complesso con tante novità. La legge di Stabilità prevede infatti anzitutto il taglio delle detrazioni fiscali “generiche”: entro il 31 gennaio devono essere adottati provvedimenti di razionalizzazione per assicurare maggiori entrate per 482 milioni già nel 2014, 772,8 milioni per il 2015 e a 564,7 milioni a decorrere dal 2016.
Come riporta Saverio Fossato per Il sole 24 Ore, sempre sul fronte delle razionalizzazioni, nella legge di Stabilità si stima che dalla verifica di conformità dei crediti d’imposta Irpef, Ires e Irap per la compensazione deriveranno 460 milioni già nel 2014. E ancora in materia di crediti d’imposta, con Dpcm (da adottare entro il 31 gennaio 2014), si interverrà su specifiche agevolazioni tributarie e crediti, stabilendo le percentuali di fruizione in misura pari ad almeno l’85% ma in modo da creare effetti positivi per 310 milioni già per il 2014.
Sale dal 2014 (dall’1,5 per mille al 2 per mille) l’imposta di bollo sulle «comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari» fatte dalle banche, compresi i depositi bancari e postali; è stata però cancellata la soglia minima di 34,20 euro e aumentata (per i soggetti diversi dalle persone fisiche) la misura massima 4.500 a 14.000 euro. Cambia anche l’imposta di bollo, con una misura forfettaria pari a 16 euro, sulle istanze, sugli atti e sui provvedimenti trasmessi in via telematica. Cresce, poi, l’Ivafe (l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero) dall’1,5 per mille al 2 per mille).

Ecco nel dettaglio le novità che caratterizzeranno le maggiori entrate per lo Stato, riportate dal Sole 24 Ore:

TASI. La nuova Tassa copre l’Imu sulle abitazioni principali. La Tasi (Tassa sui servizi indivisibili) potrà essere applicata anche sulle abitazioni principali (stessa base imponibile dell’Imu e l’aliquota sarà decisa dai Comuni). In ogni caso la somma delle aliquote Imu e Tasi non potrà superare il tetto massimo dell’1,06% (altri immobili) e 0,6% (abitazioni principali, ma per il 2014 non potrà superare lo 0,25%). Gettito: 3.764 milioni

TARI. La Tassa rifiuti seppellisce la Tares. Cambia ancora sigla la Tassa rifiuti, da Tarsu a Tari passando per la Tares (che è vissuta solo per pochi mesi). La Tari assomiglia molto alla Tarsu e dovrà in ogni caso coprire integralmente il costo di investimento ed esercizio del servizio di raccolta dei rifiuti (7 miliardi nel 2012), con agevolazioni simili a quelle già esistenti. L’importo è quindi a discrezione dei comuni. Gettito: 7.000 milioni

PRODOTTI FINANZIARI. Sale il bollo sulle comunicazioni degli strumenti finanziari. L’aliquota dell’imposta di bollo sulle comunicazioni dalle banche ai clienti relative a prodotti finanziari sale dall’1,5 al 2 per mille a partire dal 2014. Se il cliente è soggetto diverso da persona fisica, l’imposta è dovuta nella misura massima di 14mila euro. L’imposta non è dovuta per le comunicazioni ricevute ed emesse dai fondi pensione e dai fondi sanitari. Gettito: 1.118 milioni

PENSIONI D’ORO. Modulato il contributo di solidarietà. Il vecchio contributo del 3% sulle pensioni più elevate viene riscritto: sull’importo superiore al trattamento che corrisponda a 14 volte (circa 91 mila euro) e sino a 20 volte (circa 130mila) il trattamento minimo Inps, si paga il 6 per cento; da oltre 20 e sino a 30 volte (circa 195mila euro) il 12 per cento e oltre le 30 volte si versa il 18 per cento. Gettito: 93 milioni

RIORDINO DETRAZIONI. Detrazioni a rischio. Verranno razionalizzate le detrazioni in modo da ridurre nel 2014 le minori entrate di 482,5 milioni, cui si sommano le minori detrazioni per le polizze vita disposte dal Dl 102/2013; se questo riordino non sarà portato a termine entro il 31 gennaio 2014, scatterà la riduzione automatica dal 19 al 18% (per le spese 2013) e al 17% (per le spese 2014) dell’aliquota di detrazione. Gettito: 941 milioni

CREDITI D’IMPOSTA. Meno crediti d’imposta per le imprese. I contribuenti che utilizzano in compensazione i crediti relativi a Irpef, Ires, Irap e imposte sostitutive per importi sopra i 15mila euro annui devono chiedere un visto di conformità. Da questa stretta il fisco incasserà almeno 460 milioni nel 2013, 2014 e 2015. Altri 301 nel 2014 sono attesi dalla riduzione all’85% di crediti e agevolazioni specifiche. Gettito: 761 milioni

WEB TAX. Dal primo luglio la tassa sul web. Le società che fanno raccolta di pubblicità online devono usare indicatori di profitto diversi da quelli applicabili ai costi sostenuti per lo svolgimento della propria attività, fatto salvo il ricorso alla procedura di ruling di standard internazionale. Da questo cambio contabile (che il Dl milleproroghe ha però spostato al 1° luglio 2014) deriveranno maggiori entrate Ires e Irap. Gettito: 69 milioni

IRPEF SU CASE SFITTE. Penalizzato chi non riesce ad affittare la casa. Reintrodotta l’Irpef sulle seconde case, che era stata assorbita dall’Imu per il 2013. Dall’anno prossimo scatterà l’Irpef maggiorata di un terzo ma solo sul 50% della base imponibile e limitatamente agli immobili presenti sul territorio comunale in cui il proprietario ha la residenza. Sono quindi escluse le







28 dicembre 2013

Postazioni scomode, organico carente «Dipendenti Poste, salute a rischio»

Fonte: www.ecodibergamo.it
Postazioni di lavoro non a norma e organico carente. Secondo il sindacato di categoria della Cgil, a Presezzo è «a rischio la salute dei dipendenti di Poste Italiane». Così è intervenuta anche la Asl. Per il sindacato non è un caso isolato: così a gennaio sono previsti altri controlli in provincia
Il testo del comunicato
Il primo intervento di controllo da parte dell’Asl è avvenuto nell’ufficio postale di Presezzo il 9 dicembre scorso: a chiederlo erano stati a fine novembre i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) della SLC-CGIL. Sotto la lente degli ispettori, le postazioni di lavoro che, secondo il sindacato (normativa alla mano) non sarebbero idonee, ma ad essere verificate dall’ASL sono state anche le condizioni di stress da lavoro dovute alle carenze croniche negli organici di Poste Italiane. Questa prima iniziativa si colloca in una più ampia azione che la SLC-CGIL ha avviato sul territorio provinciale e che vedrà già a gennaio nuovi controlli dell’ASL in altri uffici postali.
Dopo il sopralluogo a Presezzo, l’ASL di Bonate Sotto (competente per quel territorio) ha convocato venerdì 20 dicembre i rappresentanti dei lavoratori alla Sicurezza insieme ai responsabili provinciali di Poste Italiane.
“Ai medici e ai tecnici dell’Ufficio PSAL dell’ASL di Bonate Sotto avevamo chiesto di intervenire e verificare le condizioni delle postazioni di lavoro non regolari secondo le normative e i casi di stress lavorativo che avevamo registrato in quell’ufficio postale” ha spiegato Paolo Turani della segreteria provinciale della SLC-CGIL. “Da molto tempo ormai un organico sempre più ridotto ai minimi termini – per la verità in tutta la provincia - ha reso le condizioni di lavoro sempre più pesanti, con innumerevoli e continue pressioni che Poste Italiane esercita su operatori ormai stremati, che vedono sempre più minacciata la propria salute psico-fisica. Qui non parliamo solo di Presezzo, ma anche di molti altri uffici postali”.
L’ASL è dunque intervenuta con un sopralluogo e ha successivamente convocato gli RLS insieme ai rappresentanti aziendali venerdì scorso, 20 dicembre. “Da quell’incontro” continua Turani, “è emerso che l’ASL procederà con una prescrizione nei confronti di Poste Italiane che avrà l’obbligo di mettere a norma le postazioni di lavoro come prevedono le normative in materia. L’azienda è penalmente perseguibile in caso d’inadempienza. Inoltre, l’ASL approfondirà la questione dello stress lavorativo vista e considerata la condizione insufficiente del personale applicato nell’ufficio di Presezzo”.
Durante il confronto di venerdì 20 i medici dell’ASL hanno chiesto all’azienda il dettaglio dell’organico previsto e hanno voluto conoscere le motivazioni per le quali nell’ufficio di Presezzo da oltre un anno non è impiegata una figura in maniera stabile, oltre al direttore.

“Le risposte aziendali sono state come al solito generiche ed evasive, tutte rivolte a difficoltà gestionali del personale” conclude Turani. “L’azienda non ha fornito alcun dato preciso che desse un quadro chiaro e reale del personale necessario previsto e di quello effettivamente applicato negli uffici provinciali: la solita litania. Ancora una volta non c’è stata alcuna certezza sull’impegno ad impiagare a Presezzo personale stabile che permetta migliori condizioni per chi già ci lavora ma anche un servizio adeguato per la clientela”.

Sicilia, uno studente su quattro lascia gli studi

Dati sconfortanti ci giungono dall’Europa: in Sicilia, quasi uno studente su quattro lascia prematuramente gli studi. I dettagli. Numeri ancora troppo elevati per la dispersione scolastica in Sicilia: il 24,8% degli studenti, infatti, ovvero quasi uno su quattro, lascia prematuramente la scuola. In particolare, si tratta dei maschi: il dato fa riflettere, specie se paragonato allo stesso dato riguardante l’Italia, 14,5%, o riguardante l’Europa, 10,9%.
Ciò che più fa riflettere, è il fatto che si abbandonino gli studi per “non fare nulla”: chi lascia la scuola, infatti, non solo non ha qualifiche, ma non lavora, visto il periodo di forte crisi. Ciò collima, purtroppo, con il fenomeno dei NEET, ovvero coloro che non studiano e non lavorano.



Ok Milleproroghe, slitta la Web tax. No sfratti per redditi sotto 21mila €

Milleproroghe: web tax posticipata al primo luglio - L'entrata in vigore della web tax e' posticipata al primo luglio 2014. E' quanto prevede il decreto Milleproroghe secondo quanto riporta il comunicato ufficiale del consiglio dei Ministri.

Milleproroghe: possibile aumento fino 0,7% accise tabacchi - "Dalla data di entrata in vigore della conversione di questo provvedimento, con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, possono essere stabilite modificazioni, nella misura massima dello 0,7%, delle aliquote di accisa e di imposta di consumo che gravano sui prodotti da fumo e loro succedanei". E' quanto prevede il decreto Milleproroghe.

Milleproroghe: affitti d'oro, possibilita'recesso entro 30 giugno - Viene introdotta la facolta' per le Pubbliche Amministrazioni di recedere dai contratti di locazione passiva entro il 30 giugno 2014. E' quanto prevede il decreto Milleproroghe in merito ai cosiddetti affitti d'oro.

Milleproroghe: slittano adempimenti fiscali alluvionati Sardegna - Proroga degli adempimenti fiscali per i residenti nei comuni della Sardegna, colpiti dall'alluvione del novembre 2013. Il provvedimento del decreto 'Milleproroghe', approvato dal Consiglio dei ministri ricalca i benefici fia' concessi per i terremotati dell'Emilia. Il Cdm ha dato il via libera anche alla proroga degli stati d'emergenza nei territori della Regione Piemonte e delle Province di Lucca e Massa Carrara, interessati rispettivamente da gravi eventi alluvionali (dal 27 aprile al 19 maggio 2013) e sismici (21 giugno 2013), al fine di consentire il proseguimento delle operazioni di protezione civile in atto, il Consiglio ha approvato.


Milleproroghe: sfratti sospesi fino a 30/6 categorie disagiate - Nessuna proroga generalizzata degli sfratti, ma attenzione alle emergenze reali e alle situazioni disagiate. Con il decreto Milleproroghe e' stata decisa la sospensione sino al 30 giugno 2014 dei provvedimenti esecutivi di rilascio per finita locazione di immobili adibiti ad abitazione nei confronti di conduttori con un reddito annuo lordo familiare inferiore a 21.000 euro, residenti nei comuni capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare figli fiscalmente a carico, persone ultra-sessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidita' superiore al 66%, purche' non siano in possesso di un'altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.

27 dicembre 2013

“No alla censura della e nella rete!”: la petizione di Vincenzo Vita

”No alla censura della e nella rete!”: la petizione di Vincenzo Vita. Le norme anti-pirateria online così come delineate dal regolamento AgCom, non servono allo scopo prefisso, introducono meccanismi di censura, esautorano il Parlamento della prerogativa di modificare le anacronistiche leggi vigenti. E’ per questo che Vincenzo Vita di Art. 21 ha promosso una petizione con una lettera aperta ai presidenti di Camera e Senato per convincere il Garante delle Comunicazioni a sospendere la delibera ed evitare che, confusa nella Legge di Stabilità, il Governo la renda esecutiva attraverso un colpo di mano.
"La tutela del lavoro intellettuale è fondamentale e la società della conoscenza richiede la massima cura nel riconoscimento, nonché nella valorizzazione della creatività e della produzione culturale. Non si può ridurre la discussione sul copyright nell’era digitale al corpo a corpo tra l’individualismo proprietario e la pirateria. È matura la necessità di una nuova legislazione che aggiorni la vecchia normativa del 1941, legata ad una visione antiquata e desueta del diritto d’autore". (Vincenzo Vita)
Per sottoscrivere la petizione basta linkare questo sito https://www.change.org/it/petizioni/no-alla-censura-della-e-nella-rete. Il messaggio di Vita sottolinea l’importanza di un passaggio normativo decisivo per una materia disciplinata ancora da una legge del 1941. Il rischio è che si realizzino, assegnando il potere esclusivo di superpoliziotto online all’AgCom, condizioni di autoritarismo in nome di una difesa della proprietà intellettuale radicalmente mutata con le nuove tecnologie.
"Soprattutto, va ribadito che solo il Parlamento ha il diritto-dovere di intervenire attraverso una legge, mentre è sbagliato e improprio che sia un’autorità amministrativa come l’Agcom a farlo con un regolamento. È in gioco la libertà dei saperi. No ad ogni forma di autoritarismo e di censura della e nella rete. Chiediamo ai Presidenti della Camera e del Senato di proporre all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di sospendere il regolamento varato lo scorso 12 dicembre, per dare la possibilità al Parlamento di svolgere la sua attività di legislatore". (Vincenzo Vita)

Lettere, caffè, benzina, tasse locali: tutti gli aumenti dal 1 gennaio 2014

Dalle lettere al caffè al bar, passando per il trasporto locale e l’inevitabile ritocco al prezzo dei carburanti. Il 2014 si aprirà all’insegna degli aumenti di prezzo. Complice in alcuni casi l’Iva in altri una “fisiologica” revisione del sistema dei prezzi, ad aumentare saranno beni e servizi del tipo più disparato.
Per quanto riguarda i servizi postali ad aumentare sarà il costo di spedizione di lettere e raccomandate. Non in modo istantaneo, però: la decisione spetta alle Poste e il ritocco, consistente, potrà scattare entro due anni.   La spedizione di una lettera potrà salire dagli attuali 70 centesimi sino a 95 centesimi. Stangata vera e propria per le le raccomandate che saliranno, con il via libera Agcom,  da 3,60 a 5,40 euro.
Secondo l’Autorità Garante, infatti, “Poste Italiane ha facoltà di incrementare il prezzo delle posta prioritaria relativa alla prima fascia di peso (0-20 grammi), fino a 0,95 euro/invio, entro il 2016″.
Più amaro e più caro anche il caffè alle macchinette. In questo caso la colpa è dell’Iva passata dal 4 al 10%. La legge di stabilità ha dato il placet al ritocco delle tariffe: via libera, quindi, all’aumento del 6% dei prezzi per adeguarsi all’aumento. Nel mirino tutti i prodotti acquistati nei distributori automatici: caffè, bibite e snack.
Ma non finisce qui. Tira una pessima aria anche sul fronte carburanti. Come in ogni festività arrivano puntuali gli aumenti selvaggi seguiti dalla denuncia di rito delle associazioni dei consumatori, in questo caso il Codacons.  Per ora restano i numeri degli aumenti di questi giorni: Benzina e gasolio hanno raggiunto una media di 1,796 euro al litro la verde e 1,726 euro al litro il diesel.
Ma la parte del leone in questa corsa ai rincari verrà ricoperta dalla nuova versione della Tares, l’imposta locale sui rifiuti che verrà pagata dagli inquilini, per la quale secondo i calcoli di Confesercenti aumenterà fino al 60% rispetto a quanto pagato l’anno scorso. Per non dire del nuovo calcolo sul consumo dell’acqua disposto in questi giorni dal Garante che partirà da gennaio e sapremo presto se sarà vantaggioso per il consumatore o no.


24 dicembre 2013

Slc Cgil Catania: Gli auguri del Segretario Generale


Care compagne e cari compagni,
In questi casi dovrebbe essere facile scrivere un post di auguri per queste festività, per me diventa ogni anno più difficile esprimere questo sentimento di pace e solidarietà per le storie che durante questo anno ho visto e per le sensazioni che tantissimi lavoratori mi hanno esternato. Preferisco iniziare a farli a chi oggi non può permettersi di passare un Natale sereno e tranquillo, a chi da anni cerca Lavoro senza trovarlo, a chi lo ha perso per negligenza altrui, a chi lo mantiene con grande fatica. Tutto gira intorno a questa parola fondamentale per ognuno di noi e segno di dignità LAVORO! Dobbiamo lasciarci alle spalle quello che è stato e cercare di guardare al futuro con grande spirito di solidarietà sociale e nel simbolo di un equità che tutti evocano. Spero che con il lavoro di tutti noi sapremo riprenderci il futuro evitando di fare gli stessi sbagli del passato. Con questo auspicio vi auguro di passare questo periodo di festa felice con le vostre famiglie e con i vostri amici più cari. Auguri compagne e compagni auguri di un 2014 di libertà, fratellanza e uguaglianza!!!
Fraterni Saluti
Davide Foti
Segretario Generale Slc Cgil Catania

Infocontact. Mancato rinnovo della commessa Wind: a rischio 272 posti di lavoro.

COMUNICATO SINDACALE
Nel pomeriggio del 23 Dicembre si è svolto l'incontro tra l'azienda Infocontact, le segreterie regionali delle organizzazioni sindacali di categoria e le RSU elette nei siti produttivi di S.Pietro Lametino e Rende. Nel corso della riunione l'azienda ha comunicato alle parti sociali la volontà di Wind di non voler confermare la commessa relativa al reparto 155 mobile, in scadenza al prossimo 31/01/2014, con conseguente dichiarazione di 272 esuberi, sul sito produttivo di Lamezia, così suddivisi: 1 responsabile di commessa, 2 formatori, 2 operatori senior, 12 team leader e 255 operatori telefonici.
Il sindacato, innanzi una notizia così sconcertante, manifestando unitariamente tutta la preoccupazione dovuta alla perdita di 272 posti di lavoro, ha chiesto alla società, con forza, di non avviare azioni di risoluzione della problematica che prevedano l'apertura di procedure di licenziamento e messa in mobilità. Slc, Fistel, Uilcom ed Ugl Telecomunicazioni, hanno manifestato piena disponibilità al dialogo ed al confronto costruttivo in tutte le sedi opportune, inserendo come pregiudiziale l'individuazione di forme e modalità che permettano di mantenere inalterati i livelli occupazionali in azienda.
L'azienda, recepite le preoccupazioni delle OO.SS., ha comunicato al sindacato ed alle RSU che nella giornata di Sabato 21 dicembre scorso, ha avuto un incontro preliminare con WIND, nel corso del quale gli è stato garantito il mantenimento della commessa sul FISSO. Questa importante conferma che non era affatto scontata, garantirà, secondo l’azienda, la tenuta economica dei conti senza la necessità di dover procedere alla riduzione dei livelli occupazionali ma dovendo comunque applicare un piano di salvaguardia per i lavoratori attraverso i contratti di solidarietà difensivi. Inoltre l’azienda ha comunicato che il prossimo Piano Industriale che presenterà per il triennio 2014-2017 porterà al risanamento di Infocontact e getterà le basi per ritornare in tempi brevi alla piena occupabilità dei lavoratori.
Il sindacato non ha voluto affrontare nel merito nessun “piano di salvaguardia”, anzi ha denunciato l’atteggiamento aziendale di sostanziale “rinuncia” dinnanzi alla perdita di questa importante e strategica commessa. Questo potrà avvenire solo quando l’azienda si presenterà al tavolo con il piano industriale e con i dati analitici della situazione economico finanziaria e dei volumi di traffico da gestire.
Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil ed Ugl Telecomunicazioni hanno pertanto chiesto all'azienda di impegnarsi nell'individuazione di soluzioni che nell'immediato puntino a ritrovare volumi di traffico maggiori nelle commesse già presenti in azienda, oltre che a tentare fino all'ultimo di convincere Wind a rivedere la decisione, o quantomeno a prevedere un piano di calo dei volumi diluiti nel tempo che permettano una più facile ricollocazione dei 272 lavoratori in forza alla commessa 155 mobile.
Le OO.SS. dal loro canto, hanno già interessato le rispettive segreterie nazionali affinché intervengano sulle committenti per aumentare i flussi di traffico e scongiurare l'ennesima crisi occupazionale per il territorio calabrese. In ogni caso le segreterie regionali di SLC Cgil, Fistel CISL, Uilcom UIL, UGL Telecomunicazioni e le rispettive RSU, in questo mese dalla scadenza del contratto 155 MOBILE, avvieranno tutte le azioni necessarie a difesa della piena occupazione di TUTTI i lavoratori dell'azienda Infocontact e prima di ragionare di qualsiasi ammortizzatore sociale saranno tentate tutte le strade possibili per difendere il lavoro ed i lavoratori.


Web tax, è legge la versione "light"


di Luciana Maci
La web tax è legge. La norma promossa dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), è passata quando oggi il Senato, alle ore 18.15, ha dato la fiducia al governo sulla 1120/B, ovvero la legge di stabilità che contiene appunto anche la web tax. La fiducia è stata votata con 167 voti favorevoli e 110 contrari su un totale di 277 votanti.

La nuova normativa prevede la necessità di acquistare servizi di pubblicità, link sponsorizzati online e spazi pubblicitari visualizzabili sul territorio italiano solo da soggetti titolari di partita Iva italiana. Inoltre, alle aziende che fanno raccolta pubblicitaria sul web, prescrive un diverso indicatore dei profitti rispetto a quello attuale che fa riferimento ai costi sostenuti per l'attività.

La norma – di fatto un emendamento alla legge di stabilità che raccoglie i contenuti della proposta di legge presentata lo scorso ottobre da Boccia -  comportava inizialmente una serie di interventi normativi ai fini Iva e delle imposte dirette per tassare in Italia i proventi derivanti dal commercio elettronico diretto e indiretto, ma ha subito suscitato critiche anche all’interno dello stesso Pd. Di fatto l’emendamento, accantonato in Commissione Bilancio del Senato, è stato ripresentato agli inizi di dicembre alla Camera con la firma di firma di Edoardo Fanucci (Pd) , Sergio Boccadutri (Sel), Ernesto Carbone (Pd), Antonio Castricone (Pd) e Stefania Covello (Pd). La scorsa settimana la commissione Bilancio della Camera ha riscritto l’emendamento in una versione sostanzialmente “dimezzata” che è quella approvata oggi in via definitiva: dal testo è scomparso l'obbligo di aprire partita Iva in Italia per tutti i soggetti che effettuano il servizio di commercio elettronico diretto o indiretto, mentre è rimasto in piedi l’obbligo di partita Iva italiana per chi vende pubblicità online in Italia.

Tra i principali sostenitori del “no” alla web tax  il neo segretario del Pd, Matteo Renzi, che ha più volte dichiarato la sua contrarietà e, alla vigilia dell’ultimo intervento sul testo della Commissione Bilancio della Camera, ha chiesto con un tweet al governo Letta di “eliminare ogni riferimento alla web tax e porre il tema dopo una riflessione sistematica nel semestre europeo”. Ma la sua posizione non è passata.

Venerdì scorso, tuttavia, la parlamentare del Pd e componente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, Lorenza Bonaccorsi, insieme ai colleghi del Partito Democratico Paolo Coppola, Marco Causi e Giampaolo Galli, ha presentato un ordine del giorno sulla web tax che impegna il governo alla notifica presso la Commissione Europea, oltre a un "eventuale" sospensione degli “effetti della norma introdotta” e alla valutazione di “meccanismi correttivi della disposizione”.

Peraltro la Ue aveva già bocciato la norma. Poche ore prima Emer Traynor, portavoce del commissario europeo per la fiscalità e l'unione doganale Algirdas Šemeta, ha osservato che la web tax “sembrerebbe contraria alle libertà fondamentali e i principi di non-discriminazione stabiliti dai trattati”. E lo stesso premier Enrico Letta ha sentito il dovere di segnalare il “bisogno di un coordinamento con le norme europee essenziali”.

A sua volta Boccia ha continuato a difendere il provvedimento sottolineando anche oggi come, proprio a causa di questa “battaglia condotta dall’Italia”, il tema della tassazione dei colossi del web nei Paesi in cui operano sia diventato “centrale per l’Unione europea”.


Tra le numerose voci contrarie alla web tax il Movimento 5 Stelle, Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, Filippo Taddei, responsabile economico del Partito democratico e Riccardo Donadon, Presidente di Italia Startup. Tra coloro che si sono espressi a favore invece l’editore Carlo De Benedetti e l’esperto di media digitali Andrea Pezzi.

23 dicembre 2013

Cassazione, giusto licenziare chi spia colleghi


Roma, 29 nov. (Adnkronos Salute) - Giusto licenziare chi spia i colleghi di lavoro. A stabilirlo è una sentenza della Cassazione (n. 26143), che ha preso in esame il caso di un chirurgo plastico dell'azienda ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, che aveva impugnato il licenziamento intimatogli dall'ospedale il 4 agosto del 2008, a seguito della "grave situazione di sfiducia, sospetto e mancanza di collaborazione venutasi a creare all'interno della equipe medica di chirurgia plastica dovuta al fatto che il medesimo aveva registrato brani di conversazione di numerosi suoi colleghi a loro insaputa".
Il camice bianco era stato accusato di aver utilizzato le registrazioni di brani di conversazioni di numerosi suoi colleghi senza che questi ne fossero a conoscenza, per poi usarli a sostegno della denuncia per mobbing che aveva presentato nei confronti del primario. La Corte d'appello di Torino aveva però respinto il suo ricorso contro il licenziamento.
Il chirurgo si è quindi rivolto alla Cassazione sostenendo che la registrazione "non poteva ritenersi di per sé illegittima, dato che le registrazioni costituivano legittimo elemento di prova utilizzabile in giudizio". La Suprema Corte ha però ritenuto "inammissibile il motivo di ricorso in quanto" la parte "ricorrente si era limitata a riproporre le proprie tesi sulla valutazione delle prove acquisite senza addurre argomentazioni idonee ad inficiare la motivazione della sentenza impugnata". Per la Cassazione, in definitiva, il ricorso del medico "va rigettato".



Cassazione: lavoratore ha diritto a chiedere il trasferimento per assistere il familiare disabile

Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 28320 del 18 Dicembre 2013. Un dipendente del Ministero della Giustizia, in servizio da diversi anni, ha presentato domanda di trasferimento dal proprio ufficio, richiesta fondata sulla necessità di avvicinarsi alla madre disabile, bisognosa di cure e assistenza continue.
A seguito del diniego, il lavoratore si è rivolto al giudice competente, ottenendo ragione in appello.
Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso in Cassazione affidandosi ad un unico motivo di contestazione.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermato quale sia la ratio dell'art. 33, comma 5, della legge 104/1992 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) normativa di riferimento per la risoluzione del caso in oggetto: quella di favorire appunto la migliore assistenza al familiare disabile (legato al lavoratore da un rapporto di affinità o di parentela), interesse - quello appunto di garantire un'assistenza effettiva e continuativa al disabile - che è sicuramente superiore a quello, opposto, del datore di lavoro, di mantenere la risorsa entro una determinata sede aziendale. Proprio per tale motivo, il lavoratore può effettuare la scelta della sede di lavoro, quanto più possibile alla propria residenza o domicilio, non solo nel momento genetico del contratto - cioè solo al momento dell'assunzione - ma anche in un momento successivo, presentando appunto domanda di trasferimento. La necessità effettiva, alla base della legittima richiesta di trasferimento presentata al datore di lavoro, deve essere riscontrata dal giudice il quale effettuerà indagini caso per caso.



Wind al bivio: vendita, fusione o ricapitalizzazione?

di Antonello Salerno
Tutto pronto per mettere in vendita Wind. L’anticipazione viene dal Financial Times, secondo cui Vimpelcom, terzo operatore sul mercato mobile della Russia, starebbe considerando la possibilità di cedere la controllata Italiana, o in alternativa quella di una fusione con un altro operatore o di un rifinanziamento, per fare fronte a un debito vicino ai 12 miliardi di euro.
Negli ultimi mesi si è a lungo vociferato di contatti già partiti con Hutchison Whampoa, che in Italia controlla 3, ma i primi sondaggi non avrebbero finora avuto sbocco in una vera e propria trattativa né a una bozza di accordo. Anche se la prospettiva di un consolidamento del mercato mobile italiano rimane una soluzione per consentire a chi rimarrà sul mercato di “assestarsi” allentando l’attuale livello di concorrenza sui prezzi.
All’inizio dell’anno Hutchison Whampoa aveva sondato il terreno per un accordo con Telecom Italia, senza ottenere risultati, così come era successo a suo tempo anche al magnate egiziano Naguib Sawiris, ex proprietario di Wind, che poi aveva ceduto l’operatore alla compagnia russa.
Ma nei giorni scorsi si era parlato anche del consolidamento del mercato del fisso, e al centro dell’attenzione c’era anche in quel caso Wind, con Infostrada. A toccare l’argomento era stato Paolo Bertoluzzo, ad uscente di Vodafone Italia: “Su Infostrada, se qualcuno pensa che siamo interessati, dovrebbe venire a proporci l'operazione - aveva detto intervistato dal Messaggero - Noi siamo investitori che vogliono crescere sulla rete fissa. Credo che è una cosa che potremmo valutare se compatibile con la nostra strategia” 



Frequenze Tv, 20 milioni per il caos interferenze

Interferenze alle Tv, canali che non si vedono, programmi in lingua croata? Nel giro di un anno tutto potrebbe essere “risolto”. O forse no. Di fatto, entro dicembre 2014 le emittenti televisive che producono “interferenze” sui paesi confinanti dovranno far fagotto. In cambio il ministero dello Sviluppo prevede per il loro disturbo 20 milioni di euro. Già trasferiti sul conto di Poste Italiane.

Intento nobile, ma strategia potenzialmente esplosiva. Perché a reclamare quei 20 milioni potrebbero essere non qualche decina, ma le oltre 300 emittenti locali o nazionali che si trovano in qualche modo “fuorilegge”: perché infrangono le regole dettate a suo tempo da Agcom e perché l’Italia non ha mai intrapreso una vera politica di accordi internazionali tali da sanare il “conflitto” frequenziale con i Paesi confinanti.  Centinaia di emittenti che potranno sollevare una protesta chiedendo risarcimenti: non il massimo per le finanze italiane. Del resto è lo stesso ministero che ammette di arrendersi di fronte al guazzabuglio provocato da una valanga di distorsioni. Quasi per giustificare la proposta di una soluzione-tampone che rischia di provocare altri caos. Vediamo.

La soluzione “home made” è contenuta nel decreto Destinazione Italia da poco licenziato dal consiglio dei ministri e ancora non pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L’articolo 6 prevede che l’autorità delle comunicazioni riformuli la pianificazione nazionale delle frequenze escludendo quelle che non rispettano i vincoli del Piano Agcom e, di conseguenza, quanto previsto dal Mise in fase di assegnazione. “Attualmente l’Italia - recita il decreto - sulla base delle pianificazione delle frequenze adottata dall’Agcom, con le dovute precauzioni d’uso a tutela delle utilizzazioni legittimamente riconosciute ai vari Paesi dal piano di Ginevra 2006, ha assegnato ai propri operatori la quasi totalità delle frequenze disponibili”. In realtà durante il passaggio al digitale terrestre sono state assegnate frequenze senza rispettare il piano Agcom e senza il rigido rispetto di vincoli nazionali e internazionali che il piano tassativamente prevedeva.

“Tale circostanza - si riconosce ora al ministero - è stato però motivo di accertate situazioni interferenziali verso i Paesi confinanti e conseguentemente le reazioni suscitate nei Paesi interessati hanno indotto sia l’ITU sia l’Unione Europea a monitorare la situazione e invitato l’Italia ad avviare incontri bi/multilaterali”. Peccato che quegli incontri non siano mai stati effettuati. E che ora la situazione risulti un groviglio tale da spingere il ministero ad ammettere: “L’esito positivo di detti incontri (incontri internazionali bilaterali, ndr) non è di facile realizzazione per i complessi aspetti tecnici che emergono”.

Dunque il ministero dichiara in qualche modo di non essere in grado di far rispettare alle emittenti i difficili vincoli tecnici del piano Agcom. Quindi la soluzione è: disattivazione forzosa degli impianti. Con il rischio di dare al Paese un ennesimo colpo sul piano della credibilità nazionale.

Ma c’è di più: dalla nuova pianificazione dovranno essere escluse le frequenze oggetto “di accertate situazioni interferenziali”. Chi accerterà la “situazione interferenziale”? Quante emittenti saranno obbligate a lasciare l’attività perché i loro programmi sono interferiti? Fra quante aziende dovranno essere spartiti i 20 milioni depositati sul conto di Poste Italiane?



Pensioni, dal 2014 aumenti di pochi euro massimo di 20

Pensioni rivalutate: sarà di poche decine di euro il risultato da tanti annunci, tira e molla e demagogia. Michele Di Branco sul Messaggero di Roma spiega cosa succederà:
Il congelamento di molte pensioni sta per finire. A tre anni di distanza dalla riforma Fornero, il 2014 porta buone notizie per chi è andato a riposo dal lavoro.
Nulla di esaltante, sia chiaro, perché il meccanismo messo a punto dal governo con la legge di Stabilità prevede una rivalutazione piena o quasi solo per i trattamenti fino a circa 2.000 euro al mese lordi, e parziale per gli altri. E inoltre l’incremento dei prezzi calcolato sulla base dei primi 9 mesi dell’anno (l’1,2 per cento ) non spingerà certo molto in alto gli adeguamenti.
Solo le pensioni lorde che non superano tre volte il trattamento minimo di 495,4 euro al mese avranno il recupero al 100 per cento. Mentre tra questo importo e quello corrispondente a quattro volte il minimo (1.981,7 al mese) l’incremento si ferma al 95%. Una novità, quest’ultima, spuntata in extremis in quanto nella versione del maxiemendamento che aveva ricevuto l’ok del Senato era prevista, per le pensioni tra 1500 e 2000 euro lordi al mese, una rivalutazione pari al 90% del dovuto.

La scaletta degli incrementi
Al crescere della pensione, la percentuale di rivalutazione scende: fino a 2.477 euro mensili (cinque volte il minimo) sarà del 75 per cento, oltre questo limite del 50, sempre con riferimento all’intero importo. Poi, a partire da sei volte il minimo (2.972 euro al mese) scatta un altro tipo di decurtazione: l’incremento è limitato al 45 per cento, ma si applica solo alla quota di pensione che non supera questa soglia. Questo schema durerà fino al 2016: dall’anno successivo dovrebbe essere ripristinata quello in vigore in forza di una legge degli anni ’90 che prevede rivalutazioni differenziate tra il 100 e il 75%, percentuali applicate però solo sulle fasce di pensione che superano i limiti.
Uno sguardo alla curva delle pensioni, ricordando che gli aumenti in arrivo da gennaio sono lordi, fa emergere con molta chiarezza che non ci si deve aspettare una pioggia di denaro. Il raffronto 2013-2014 dice, ad esempio, che una pensione da 500 euro di quest’anno salirà a 506 il prossimo con un incremento di 6 euro mensili. Per arrivare ad un incremento a doppia cifra occorre essere beneficiari di un trattamento di 900 euro, destinato a salire a 910,8 (+10,8 euro mensili ).

Al crescere degli importi, salgono anche le rivalutazioni. Fino a raggiungere l’aumento massimo: vale a dire quello che spetterà a chi oggi incassa 1800 euro mensili. Questo pensionato godrà dal 2014 di un beneficio di 20,52 euro. A questo punto la curva, per effetto del meccanismo prima descritto, comincerà a flettere. Tanto che dai 3mila euro in su l’aumento sarà per tutti di 14,27 euro. Dal punto di vista dei conti pubblici, la rivalutazione parziale vuol dire nel 2014 un risparmio di 580 milioni, che diventano 380 al netto degli effetti fiscali (…)

22 dicembre 2013

Legge Stabilità: Camusso, non fa interessi del Paese. Grave il taglio degli ammortizzatori sociali


"La legge di Stabilità è una somma di norme in favore di piccole lobby e non fa l'interesse del Paese". Lo ha detto il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, intervenendo a Catanzaro all'incontro promosso dal sindacato sul tema 'Il lavoro decide il futuro'. "La legge di Stabilità che si sta approvando è in continuità con gli anni precedenti, per questo motivo noi riteniamo che bisogna metterci ai remi per lavorare in modo da migliorarla”, ha aggiunto il Segretario Generale della CGIL. “C'è il rischio - ha avvertito - che in futuro ci sarà chi continuerà a galleggiare e chi perderà il lavoro. Chi pensa che con la fiducia finisca la discussione sta sbagliando di grosso, perché continueremo noi la discussione".

Per la CGIL, “sugli esodati ci si dovrebbe vergognare". "E' una vergogna - ha proseguito Camusso - che a distanza di tempo ci sia ancora un tema del genere senza aver trovato una soluzione definitiva. E' davvero una vergogna". Così come non vanno bene le decisioni sugli ammortizzatori sociali. "Si parla tanto di riforma degli ammortizzatori sociali, ma intanto il ministero delle Finanze sta preparando un decreto per il loro dimezzamento''. ''Noi invece - ha spiegato la leader della CGIL - chiediamo che si torni indietro con le risorse che c'erano prima. Abbiamo detto al ministro del Welfare che le leggi del governo Monti hanno fatto solo danni''.

Si dovrebbe invece ripartire proprio dal lavoro. "Il lavoro è l'unica fonte di ricchezza per il Paese e non può essere giocato come merce a ribasso", ha detto ancora Camusso. "Il lavoro - ha sottolineato il Segretario Generale - decide il destino del Paese e la qualità di vita delle persone. Veniamo da sei anni in cui il nostro Paese ha segnato un arretramento senza precedenti con una forte riduzione del lavoro. Ci sono stati coloro che si sono appalesati come salvatori della Patria e poi non sono riusciti a dare risposte per invertire la rotta”. Arriviamo - ha concluso Susanna Camusso - da sei anni di crisi dove i governi che si sono succeduti non hanno scelto il lavoro come strumento per la ripresa ed il cambiamento. Ora è giunto il momento di puntare sul lavoro, ma per farlo servono politiche serie e concrete. Per questo motivo rilanciamo, ancora una volta, il nostro Piano del lavoro".

Mandare a quel paese il proprio capo

Il dipendente deve rispettare l'azienda in cui lavora, onorando il contratto ed evitando di danneggiare l'immagine del datore anche all'esterno dell'impresa, ma a sua volta ha il diritto ad essere rispettato dalla gerarchia interna dell'ufficio, come persona e come lavoratore. La raccolta di sentenze di legittimità degli ultimi due anni mostra chiaramente i cardini su cui la Corte di Cassazione ha costruito la giurisprudenza "d'ufficio", regole che valgono sia nell'ambito del lavoro pubblico sia nel privato. Con le peculiarità del caso: così il mobbing, che pure deve consistere in un comportamento di emarginazione continuato ai danni del dipendente da parte della struttura gerarchica - e deve durare da almeno sei mesi per essere tale - nel "pubblico" può sfumare nell'abuso d'ufficio se il funzionario viene discriminato solo perchè "troppo indipendente" e insensibile ai condizionamenti della politica. Negli ultimi tempi i giudici, sempre nel solco della "democrazia" d'ufficio, hanno ritenuto giustificabile la reazione del dipendente che, continuamente rimproverato dal superiore, si rivolta mandandolo letteralmente a... quel paese: sempre che la reazione sia proporzionata al torto subìto.




Ispezioni del ministero del Lavoro: il 55% delle aziende non è in regola

l 55% delle aziende controllate dagli ispettori del ministero del Lavoro risulta irregolare. Tra gennaio e settembre sono state ispezionate 101.912 aziende (lo 0,1% in più dello stesso periodo nell'anno precedente) e in 56.003 sono stare riscontrate delle irregolarità: lavoro nero, tutela dei minori, sfruttamento extracomunitari clandestini, elusione contributiva e sicurezza sul lavoro.
Le ispezioni - spiega una nota del ministero - hanno consentito di verificare 202.379 posizioni lavorative (-29,3% rispetto al 2012) con l'individuazione di 91.109 lavoratori irregolari, di cui 32.548 totalmente in nero, pari al 36% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto allo scorso anno.
In 439 casi - spiega il ministero del Lavoro - è stata riscontrata una violazione penale per impiego di lavoratori minori, mentre è stato individuato l'impiego di 816 lavoratori extracomunitari clandestini, circa il 2,5% dei lavoratori in nero, in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2012. Il lavoro irregolare è diffuso in tutti i settori di attività economica, tuttavia la quota del lavoro nero si annida maggiormente in agricoltura (58% degli irregolari) e nell'edilizia (43%). Tutti gli altri fenomeni, quali ad esempio appalti illeciti, l'uso non corretto del contratto di somministrazione (7.548 numero di lavoratori coinvolti) e le violazioni della disciplina in materia di orario di lavoro (10.082 lavoratori) subiscono una decisa riduzione. Violazioni rispetto alle norme di prevenzione e sicurezza del lavoro sono state riscontrate in 24.316 aziende, pari al 25,8% delle aziende ispezionate, con una diminuzione di 5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012.



Cassazione: la designazione del RSSP non esenta il datore di lavoro dalla responsabilità per infortunio

"In materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non può andare esente da responsabilità, sostenendo esservi stata una delega di funzioni a tal fine utile, per il solo fatto che abbia provveduto a designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Difatti la presenza di un RSPP è obbligatoria ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 626/1994 per l'osservanza di quanto previsto dal successivo art. 9, ma tale figura non coincide con quella, peraltro facoltativa, del dirigente delegato all'osservanza delle norme antinfortunistiche ed alla sicurezza dei lavoratori."
E' quanto ribadito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 50605 del 16 dicembre 2013, ha altresì precisato che "il RSPP non può incidere in via diretta sulla struttura aziendale ma ha solo una funzione di ausilio finalizzata a supportare (e non a sostituire) il datore di lavoro nell'individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti. Dunque nonostante si proceda, come nel caso di specie, alla nomina di un RSPP il datore di lavoro conserva l'obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di prevenzione e protezione."
Nel caso preso in esame dalla IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, il giudice di prime cure ha ritenuto sussistente responsabilità penale del datore di lavoro in ordine all'infortunio mortale di un suo dipendente, per la posizione di garanzia dallo stesso rivestita quale appunto datore di lavoro e, quindi, titolare dell'obbligo giuridico di impedire l'evento.
Dalle risultanze processuali - si legge nella sentenza - è emerso che un lavoratore rimaneva vittima di un infortunio mentre provvedeva con un collega a caricare alcuni infissi in PVC, completi di vetro, su di una pedana per il successivo trasporto, all'interno della società cooperativa presso la quale prestava la sua attività lavorativa.
Nel dibattimento si è anche accertato che il datore di lavoro all'epoca dei fatti rivestiva la qualifica di presidente e legale rappresentante della ditta e che con un atto privo di data aveva delegato ad un socio la qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Inoltre nel corso dell'istruttoria è stato appurato che la procedura utilizzata dal datore di lavoro per il carico degli infissi si era rivelata pericolosa e scorretta, agli operatori non era stata fornita un'adeguata formazione in relazione alla movimentazione dei carichi ed ai rischi inerenti nonché in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, non era stato predisposto un ambiente sicuro ed i dipendenti non erano provvisti di protezioni individuali atte ad evitare eventuali infortuni o, comunque, a limitarne i danni.
Inoltre la Corte territoriale - proseguono i giudici di legittimità - "ha correttamente evidenziato il nesso causale tra l'omissione delle precauzioni da adottare sul luogo di lavoro e della valutazione del rischio nella predisposizione della procedura di carico in questione ed il fatale infortunio: gli infissi sono caduti addosso al lavoratore, schiacciandolo, in quanto non erano autonomamente assicurati alla pedana ma erano ad essa connessi da un semplice cordino che, di volta in volta, veniva slegato per aggiungere ulteriori elementi. Dunque, al momento del carico dell'ultimo infisso, tutti gli altri, essendo liberi, sono scivolati addosso al lavoratore travolgendolo. Peraltro la stretta correlazione causale tra l'incidente e l'inadeguata valutazione dei rischi (nonché l'insufficienza del relativo documento) è resa evidente da una circostanza giustamente posta in evidenza dai giudici di appello: subito dopo il sinistro la fase di lavorazione interessata - cioè quella del carico degli infissi - venne sensibilmente modificata."
In merito alla doglianza inerente l'obbligo di garanzia e l'inefficacia ai fini dell'esclusione della responsabilità del datore di lavoro, attribuita dai giudici di merito alla delega conferita al socio, i Giudici di Piazza Cavour rilevano che la delega risultata priva di data - con conseguente impossibilità di collocarla con certezza in un momento antecedente al sinistro - è finalizzata alla nomina di RSPP e non alla delega della posizione datoriale e non contiene alcuna attribuzione di poteri finanziari né di alcun altro potere proprio del datore di lavoro e tali da consentire al delegato di far fronte, in via diretta, alle esigenze in materia di prevenzione degli infortuni.
"Il delegato per la sicurezza - figura come già detto del tutto eventuale - è invece destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro e, perciò, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità rigorose, non ricorrenti nel caso in esame. Peraltro in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. n, 81 del 2008, il datore di lavoro non può delegare, neanche nell'ambito di imprese di grandi dimensioni, l'attività di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi."  



Legge di stabilità: Apuzzo (Slc Cgil), eclatante l’assenza di proroga al divieto di possedere insieme TV e Quotidiani

“La Legge di Stabilità avrebbe potuto/dovuto contenere la proroga al divieto di concentrazione proprietaria di TV e quotidiani, ma così non è” così dichiara Barbara Apuzzo segretaria nazionale Slc Cgil.
“Ancora una volta registriamo un’occasione perduta per iniziare a mettere ordine sulla spinosa questione del conflitto di interessi. Il che significa che dal 31 dicembre i proprietari di TV potranno comprare, senza alcun limite, quote di quotidiani.”
“Slc Cgil – ricorda la sindacalista – richiama da tempo l’urgenza di una legge quadro sul conflitto di interessi e la necessità di procedere rapidamente in direzione della regolazione dell’intero mondo dell’editoria, coniugando il divieto di concentrazione proprietaria di TV e quotidiani, alla necessità di accompagnare, con regole nuove e nel rispetto dei limiti imposti dall’Antitrust, il processo di naturale integrazione verticale che si determina con l’evoluzione digitale.”
“C’è poi l’altro grande tema, quello riguardante il SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni), anch’esso da rimodulare per porre fine alle enormi distorsioni che ancora oggi impattano pesantemente sulla raccolta pubblicitaria.”

“La democrazia di un paese è immediatamente misurabile dalla libertà di fare e ricevere informazione, un’informazione che deve affondare le sue radici nel rispetto del pluralismo – conclude Apuzzo. Non intervenendo in tal senso, si sceglie di ignorare l’impatto devastante che la mancata risoluzione del conflitto di interessi  ha avuto e continuerà ad avere nel condizionare culturalmente il Paese.”

20 dicembre 2013

Telecom Italia è un'azienda solida'


Oggi, l'attesa assemblea di Telecom Italia, convocata su richiesta di Marco Fossati per valutare la revoca del cda fa chiarezza sul futuro del gruppo.
L'assemblea è stata aperta dall'ad Marco Patuano, che nel suo intervento ha toccato i punti nevralgici del dibattito - dalla solidità dell'azienda alla cessione di Telecom Argentina, passando dall'unbundling - e ha lanciato poi l'invito a fermare le polemiche per concentrarsi sul futuro del gruppo.
Presente all'assemblea il 54,2642% del capitale.
Nel dettaglio, il fondo BlackRock è presente con il 5,15% di azioni depositate: una quota spacchettata in più fondi di cui il principale è registrato con il 4,3774%.
Tra i 10 principali azionisti, oltre BlackRock, risultano Dodge and Cox International Stock Fund (2,7681%); Government of Norway (1,91%); Ontario Teachers Pension Plan Board (1,38%), GMO International Intrinsic Value Fund (1,20%); Canada Pension Plan Investment Board (1,05%); Jericho Capital Master Fund (1%) e Stichting depositary Apg Developed Markets Equity Pool (0,99%).
Telco ha un peso del 41,2611% in assemblea con azioni pari al 22,38% del capitale Telecom, seguito dalla Findim di Marco Fossati con un peso in assemblea del 9,2236%, per un capitale del 5,0043%.

Assemblea dei soci esempio straordinario di democrazia societaria
L'assemblea di oggi, chiamata innanzitutto a discutere temi di governance, rappresenta "uno straordinario esempio di democrazia societaria per tutta la finanza italiana ed europea", nonché "la sede propria" per affrontare un dibattito "che ha acceso gli animi" ed è "uscito molto presto è uscito dai suoi ambiti specifici prima di approdare" nella sua sede naturale, ha affermato Patuano.
"Le decisioni che saranno prese in un momento assembleare a cui partecipa oltre il 50% del capitale dell'azienda, dovranno essere accolte con grande senso di responsabilità da parte di tutti, nell'interesse di Telecom Italia e dei suoi stakeholder".
L'affluenza record registrata oggi in assemblea si traduce per Patuano "in un messaggio importante del mercato affinché si rafforzi ulteriormente la governance di Telecom Italia, in modo che non solo continui a essere ispirata a principi di sana e corretta gestione, ma possa fugare qualsiasi futuro dubbio sul funzionamento dell'organo consiliare".

Telecom non è un'azienda in crisi
Patuano ha proseguito il suo intervento difendendo l'azienda, troppe volte in passato descritta come "un'azienda in crisi non solo economica e finanziaria, ma anche di idee e di strategie".
"Questo non è vero", ha detto Patuano: "Nonostante il contesto turbolento sotto il profilo congiunturale e di mercato che ha caratterizzato il nostro orizzonte, soprattutto in Italia, questo gruppo continua a occupare una posizione di leadership grazie a uno tra i più elevati livelli di profittabilità in Europa e grazie al continuo aumento della quota di mercato in Brasile del nostro operatore mobile", ha precisato.

Sostenibilità del debito
Per l'anno in corso, l'obiettivo, ha ribadito, è quello di "ridurre il debito al di  sotto dei 27 miliardi di euro rispetto ai 35,7 miliardi di euro di fine 2007".
Dalla fine del 2007 alla fine del 2013, ha spiegato, "Telecom Italia sarà stata capace di ridurre il debito di quasi nove miliardi".
"L'azienda - ha detto ancora Patuano - può contare a fine settembre 2013 su oltre 13 miliardi di euro, tra liquidità e linee di credito; un importo che ci garantisce una copertura delle quote del debito in scadenza di oltre 3 anni".
"L'aggiunta di ulteriori 4 miliardi di liquidità porterà la copertura delle scadenze finanziarie a oltre 4 anni. Queste cifre testimoniano come risulti ampiamente garantita la sostenibilità del debito nonostante il giudizio espresso dalle agenzie di rating, Moody's e più recentemente Standard and Poor's che hanno
abbassato il giudizio sul cosiddetto merito di credito della società".

Unbundling, ci tuteleremo
Ieri l'Agcom ha confermato il listino sull'unbundling nonostante la ferma opposizione della Ue.
Non è mancato un riferimento alla decisione che, appunto, secondo Patuano, "appare in contrasto con l'evoluzione del quadro regolamentare europeo mirato, ad assicurare un assetto stabile e prevedibile che incentivi gli investimenti attraverso il riconoscimento di un adeguato ritorno del capitale".
Telecom Italia, ha aggiunto, prende atto della decisione Agcom e si riserva "di tutelare i propri interessi".

Tim Brasil
Telecom Italia non ha mai "preso in considerazione la vendita della partecipazione brasiliana e neanche indirettamente una sollecitazione a ricevere un'offerta".
"Il cda considera il problema del Cade un problema di Telefonica. Non abbiamo mai preso in considerazione la vendita della partecipazione brasiliana e neanche indirettamente una sollecitazione a ricevere un'offerta".

Cessione Argentina
Tra i temi più 'caldi', esempio lampante per i piccoli azionisti del conflitto d'interessi di Telefonica in seno al cda, la vendita di Telecom Argentina per 960 milioni di dollari al fondo Fintech.
L'ad si è detto convinto che la cessione "era e resta una buona operazione". "Si è trattato di cogliere l'opportunità di uscire da un investimento in una società che, benché sana, si trova in un paese caratterizzato da alta volatilità".
"L'alternativa alla vendita avrebbe dovuto essere, prima o poi, un ulteriore rafforzamento della nostra quota di interessenza economica nella partecipazione, che era infatti limitata al 22,7%".
Tale operazione, tuttavia, avrebbe rappresentato per il gruppo "un rischio finanziario incompatibile con il focus del nostro piano".
Quanto all'opportunità di fare una gara, ha spiegato: "Abbiamo ritenuto che l'unica procedura di vendita possibile fosse una trattativa diretta, riservata e rapida nei tempi".

L'andamento del titolo e gli effetti del Piano strategico
"Da fine settembre a oggi il titolo ha avuto una performance relativa di un aumento del 40%. È una visione di brevissimo termine. Nessuno può dirsi soddisfatto, il nostro titolo deve stare ben sopra l'euro e questo è il nostro obiettivo".
Solo pochi mesi fa, prima della presentazione del piano industriale lo scorso 7
Novembre, ha aggiunto, il titolo "aveva addirittura rotto la barriera di 0,50  euro per azione. L'incertezza strategica attorno a Telecom Italia era massima".
Per questo "abbiamo innanzitutto  ritenuto indispensabile dare risposte a tutti i punti che  erano aperti e creavano incertezza sul titolo", con un piano che ha una visione strategica, contiene strategia di investimento e consolidamento del mercato mobile.

I negoziati con CDP
Patuano è intervenuto anche sulle negoziazioni con la Cassa Depositi e Prestiti, spiegando che erano due i driver che guidavano le trattative: "finanziarie gli investimenti sulla rete in un momento in cui Telecom aveva disponibilità finanziarie ridotte e determinare un miglioramento delle condizioni regolatorie. Nessuna delle due condizioni si è verificata".

I rapporti con Telco
Patuano ha negato di avere rapporti diretti con Telco e i suoi soci e che, per questo motivo, non era informato dell'aumento della quota di Telefonica in Telco: "Non ho avuto anticipazioni di dettaglio sull'operazione e sul mercato vi erano generiche anticipazioni sui contatti in corso".

Le torri
"Sembriamo un unicum planetario noi che vogliamo vendere le torri, ma lo sta facendo anche AT&T" ha detto Patuano, sottolineando che non è vero che questo tipo di operazioni le fa chi è sull'orlo della bancarotta.
"Ovviamente se vendessimo le torri per riaffittarle a un prezzo superiore a quello incassato sarebbe un cattivo affare. Ma questo è il punto: se l'operazione è in fase studio questo vuol dire che deve essere valutato il punto di equilibrio, ovvero il canone di locazione non deve superare l'importo percepito a fronte della vendita".

Stop a polemiche, guardare al futuro
E' giunto il momento, secondo Patuano, "di superare le polemiche e le dietrologie e di tornare a focalizzarci sul futuro del nostro gruppo, sull'interesse di tutti gli azionisti affinchè Telecom Italia sia messa nelle condizioni di perseguire un piano industriale che la porterà a riappropriarsi della rivoluzione in atto nel nostro settore, a guidare la trasformazione digitale, ad accelerare il processo di riposizionamento sul mercato e a consentire il giusto apprezzamento del nostro titolo".

Alessandra Talarico

19 dicembre 2013

Confindustria boccia manovra: “Crisi come guerra”.

“La recessione è finita, ma l’Italia oggi deve affrontare i danni della crisi che sono paragonabili a quelli di una guerra“. Il centro Studi di Confidustria dà il suo verdetto. Il Pil è crollato in 6 anni e resterà negativo anche nel 2013, dice l’associazione degli industriali. I poveri sono raddoppiati, passando a 4,8 milioni, e gli italiani senza un lavoro sono 7,3 milioni.  La disoccupazione ha raggiunto il livello record, tasso che rimarrà stabile per i prossimi due anni. E dal 2007 il Paese ha eroso oltre 200 miliardi di reddito. Servono misure incisive, spiega Confindustria, e la prima è il calo della pressione fiscale. Poi lancia la stoccata alla Legge di Stabilità, “un’occasione mancata” per risollevare il Paese. Immediata la replica del presidente del Consiglio, Enrico Letta, a Bruxelles per il vertice europeo: ”Ho la responsabilità di tenere la barca Italia in equilibrio e voglio che ci siano strumenti per la crescita senza sfasciare i conti. Confindustria dovrebbe sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread, come oggi che abbiamo raggiunto il punto più basso in due anni e mezzo”.
Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha ribattuto al premier Letta: ”Il presidente è preoccupato di non sfasciare i conti, per la verità noi non abbiamo chiesto certo di sfasciare i conti. Il nostro obiettivo non è sfasciare il Paese”.
“COME IN GUERRA” -  ”La profonda recessione, la seconda in 6 anni, è finita. I suoi effetti no”, avverte il centro studi di Confindustria. Parlare di ripresa  è “per molti versi improprio”; suona “derisorio”. Il “Paese ha subito un grave arretramento ed è diventato più fragile, anche sul fronte sociale”. Danni “commisurabili solo con quelli di una guerra”
PIL CROLLATO - Il Pil è crollato del 9,1% dal 2007 e quello pro-capite dell’ 11,5%, cioè di 2.900 euro a testa, tornando ai livelli del 1996. Il 2013 si chiuderà peggio delle attese, stima il centro studi di Confindustria, che ha rivisto dal -1,6% al -1,8% le stime per il Pil. Resta invariata al +0,7% la previsione di crescita per il 2014. Mentre gli economisti di via dell’Astronomia nella prima stima sul 2015 prevedono una crescita dell’1,2%.
POVERI RADDOPPIATI - ”Le persone a cui manca il lavoro, totalmente o parzialmente, sono 7,3 milioni, due volte la cifra di sei anni fa. Anche i poveri sono raddoppiati a 4,8 milioni”. E’ il bilancio di sei anni di crisi del centro studi di Confindustria. “Le famiglie hanno tagliato sette settimane di consumi, ossia 5.037 euro in media l’anno”.
DISOCCUPAZIONE AL 12% FINO AL 2015 - Il Centro studi di Confindustria rivede in leggero rialzo il tasso di disoccupazione del 2013, dal 12,1% stimato a settembre al 12,2% indicato nelle previsioni diffuse oggi. Il tasso di disoccupazione comunque resta stabile oltre il 12% anche nel 2014 (12,3%) e nel 2015 (12,2%).
REDDITO EROSO - ”Rispetto alle traiettorie già modeste del decennio 1997-2007 il livello del Pil potenziale è” oggi dopo sei anni di crisi “più basso del 12,6%”, indica il centro studi di Confindustria; che calcola: “In altre parole sono andati bruciati oltre 200 miliardi di euro di reddito a prezzi 2013, quasi 3.500 euro per abitante”. E “solo con incisive riforme strutturali si può recuperare il terreno perduto”.
PRESSIONE FISCALE - La pressione fiscale sale al 44,3% del Pil nel 2013 e al 44,2% nel 2014, per poi scendere al 43,9% nel 2015. E’ la stima del Centro studi di Confindustria.
“MANOVRA OCCASIONE MANCATA” –   ”Una occasione mancata”. Così il rapporto sugli scenari economici del centro studi di Confindustria bolla la Legge di Stabilità all’esame del Parlamento. Secondo le quantificazioni del governo, evidenzia il rapporto, “comporterebbe un peggioramento dell’indebitamento netto nel 2014 per circa 2,6 miliardi, un miglioramento nel 2015 di 3,5 miliardi e nel 2016 di 7,3″.
“Complessivamente si tratta di intervento modesto sul 2014 che ritocca marginalmente il deficit: in termini di Pil si tratta di qualche decimale (0,2%). E “per il 2015 e 2016 la correzione  del disavanzo coincide sostanzialmente con le dimensioni delle clausole di salvaguardia”.  ”L’Intervento principale proposto è quello sul cuneo fiscale – rilevano ancora gli economisti di via dell’Astronomia – ma le risorse stanziate non sono in grado di incidere significativamente”.