illegittima perché priva di ragioni organizzative la destinazione a un'altra unità, che pure si ritiene a corto di personale, poi trasferita a terzi
Quando la sede di appartenenza non ha personale in esubero, come sostiene il datore, il trasferimento del lavoratore è illegittimo perché il provvedimento dell'azienda risulta privo di ragioni organizzative. E ciò anche se per l'impresa la sede di destinazione è a corto di personale. È così che il dipendente, facendo annullare il trasferimento, non resta invischiato nel trasferimento del ramo d'azienda che ha interessato la sede dove era stato destinato e non quella di partenza. È quanto emerge dalla sentenza 20913/13, pubblicata il 12 settembre dalla sezione lavoro della Cassazione.
Risultato utile
Stavolta è la lavoratrice a uscire vincitrice del risiko bancario: la dipendente dell'agenzia fiuta la trappola e si oppone al trasferimento in un'altra agenzia, che infatti dopo poco risulta dismessa nell'ambito di una cessione di ramo d'azienda. Il datore, insomma, non riesce a liberarsi della dipendente scomoda: il provvedimento di trasferimento notificato all'impiegata risulta infondato perché emerge che non è vero che nella sede di partenza c'è troppo personale. Ha un bel dire, l'azienda: le prove testimoniali confermerebbero che invece manca manodopera nell'unità produttiva di destinazione, ma il datore non riesce a dimostrare che anche quest'ultimo aspetto, relativo alla situazione della sede di destinazione, rientri davvero nelle ragioni organizzative addotte per giustificare il trasferimento. Inutile poi eccepire la sopravvenuta carenza di interesse: impugnando il provvedimento illegittimo la lavoratrice può infatti ottenere un risultato giuridicamente molto utile, vale a dire l'inoperatività dell'articolo 2012 Cc, rimanendo così in carico al grande gruppo creditizio e non al cessionario che ha rilevato la piccola agenzia dismessa. Il datore paga le spese di giudizio.
Dario Ferrara