di Anna Rita Leonardi
Viviamo in un’epoca strana, non c’è che dire. Viviamo nell’epoca della fretta, dell’incertezza economica, del disordine sociale e morale.
Troppo spesso ci troviamo a dover passare le nostre giornate nell’eterno scontro tra ciò che “è giusto” e ciò che in realtà “esiste”. Prendete ad esempio il mondo del lavoro, o per meglio dire il mondo della disoccupazione. E’ un mondo che conosciamo da anni ormai, ci conviviamo, è diventato quasi uno di famiglia; ormai le signore per strada quando si incontrano non si chiedono più “che lavoro fa tuo figlio?” ma “tuo figlio da quanto tempo è disoccupato?”.
Eh si perchè siamo entrati in questo circolo vizioso dal quale sembriamo non poterne uscire. E badate, non è colpa solo della cattiva legislazione di questi anni…la colpa è anche di chi, nel mondo del lavoro, specula sulla vita degli altri.
Di cosa parlo? Ve lo spiego subito, e per farlo aprirò con voi la pagina delle informazioni personali, attingendo dalle mie esperienze o da quelle di cui sono a conoscenza.
Oggi, ad esempio, leggevo i giornali e prestavo attenzione alle ultime notizie dal mondo politico. Una in particolare ha catturato la mia attenzione: < Il viceministro per l’Economia Enrico Morando annuncia: “Si potrebbe fare una legge sul salario minimo che preveda il carcere per i datori di lavoro che non la rispettano”.
“Ottimo”- ho subito pensato – “finalmente nel mondo del lavoro si muove qualcosa”. Improvvisamente una telefonata della mia amica Maria. Rispondo e dopo i primi convenevoli capisco il motivo di quella improvvisa telefonata: < Anna, ti ho chiamata perchè voglio metterti al corrente di una storia che mi è successa qualche giorno fa. Tu sai che sono da temo discoccupata, ed ho sempre mandato curriculum e fatto lavori saltuari. Due giorni fa mi chiamano per un colloquio in una società che, almeno dal sito internet, si presentava come un’azienda di marketing e consulenza. Io mi sono presentata al colloquio, animata da spirito propositivo e da grandi aspettative, ma purtroppo la gioia di questa possibile opportunità si è subito spenta quando mi sono accorta che io quel posto…lo conoscevo già. Eh si perchè, giusto un anno in quello stesso edificio, nello stesso appartamento esisteva un’altra società, con nome diverso, per la quale avevo già prestato servizio e dalla quale ero dovuta scappare perchè, dopo 1 mese di lavoro, mi era stato corrisposto uno stipendio (se così possiamo definirlo) di 32 euro. Stranita e confusa decido comunque di entrare e mi ritrovo di fronte LO STESSO PROPRIETARIO dell’anno prima che mi invitava ad entrare.
Lui ovviamente non si ricordava di me; io mi sono presentata normalmente e mi sono messa ad ascoltare ciò che mi proponeva.
Lui, ignaro del fatto che io sapessi chi fosse, ha cominciato a raccontarmi di essere il nuovo titolare di questa azienda e di averla rilevata da una precedente gestione fallimentare (in realtà, come ti ho detto, il titolare è sempre stato lui) che aveva prodotto così tanti debiti da costringere il vecchio proprietario a vendere. La mansione da ricoprire era un dannatissimo lavoro di vendita al telefono (ancora e solo call center, come se in Italia non ci fosse altro!) per 5 ore al giorno in turni da stabilire. Ma questo non è nulla, è al momento di discutere della retribuzione che arriva la parte peggiore. Lui mi spiega che “secondo la legge” il mio salario minimo dovrebbe essere di 600 euro (inteso come “fisso mensile”) più gli eventuali premi di produzione. Tuttavia lui, da POVERO PICCOLO IMPRENDITORE non avrebbe mai potuto garantirmi quello stipendio, perchè “se io durante il mese avessi prodotto un introito per l’azienda del valore di 300 euro, per arrivare a 600 euro al mese i soldi del mio stipendio li doveva prendere di tasca sua”.
Infine, per quanto riguarda l’inquadramento contrattuale lui “non poteva assolutamente rispettare la legge e assumermi a tempo indeterminato, perchè non poteva economicamente pagarmi i contributi, non sapendo se io, in futuro fossi stata adatta per quel lavoro”…l’unica cosa che MAGNANIMAMENTE poteva fare era, forse, registrarmi DOPO QUALCHE MESE con un contratto a progetto.
Morale della favola: 5 ore di lavoro al giorno per 200 euro al mese (DUECENTO EURO di stipendio) con un X contratto, senza nessuna garanzia nè tutela, senza contributi nè supporto.
A quel punto, cara Anna, non ci ho visto più. Ho detto al tizio che rifiutavo il lavoro e che, avendo già “lavorato” in quel posto l’anno prima sapevo benissimo che il titolare dell’azienda era sempre stato lui e che avevo già visto quale fosse la sua “serietà” e come intendesse trattare i dipendenti (ricordandogli come ti ho già detto, che dopo un mese di lavoro mi pagò con un assegno di 32 euro, dicendo che c’erano stati dei problemi con i contratti da me fatti). Mi sono alzata e sono andata via inorridita. Cara Anna, la situazione italiana è questa, rischiamo di morire di fame e di non riuscire a crearci un futuro, anche perchè ci sono personaggi come questi che cercano di approfittare del bisogno e della disperazione della gente”.
Cosa c’è da aggiungere a quanto vi ho raccontato? Molto, ma sempre troppo poco…perchè queste vicende sono ormai all’ordine del giorno e non esiste, ancora oggi, una tutela reale per chi cerca lavoro.
Allora io approfitto di questo spazio per denunciare, ancora una volta, queste situazioni e per chiedere a chi di dovere (al premier Renzi ed ai ministri tutti) di intervenire SUBITO e CON FERMEZZA su questa piaga sociale.
I cittadini hanno bisogno di lavoro, ma hanno anche bisogno che questo lavoro sia dignitoso e che sia regolamentato da norme certe, prevedendo punizioni esemplari per tutti quelli che si macchiano dei reati come quelli sopra citati che, perdonatemi l’affermazione forte, rasentano lo sfruttamento. Nessuna società può crescere in questo modo, nessun giovane può costruirsi una vita senza un lavoro degno di questo nome e nessun Governo sarà mai efficiente se non si impegna concretamente a RISOLVERE questi gravi problemi.
di Anna Rita Leonardi (Direz. PD Reggio Calabria – Resp. PSE Calabria)