Il Paese e' con noi. Il Parlamento lo ascolti. Il governo cambi rotta. E' in sintesi quanto afferma il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso in una intervista pubblicata oggi su ''l'Unita'''. ''Parlerei di un sentimento comune che non appartiene solo ai lavoratori – afferma Camusso parlando delle critiche alla riforma del lavoro – Ne abbiamo le prove. Lo dicono anche i sondaggi. In gran parte del Paese riconosce cioe' come sia sbagliato pensare di ridurre le tutele in questa stagione di crisi, come un passo di questo genere inasprisca la condizione di tanti. Ci auguriamo che il Parlamento dia ascolto a queste volonta'''.
Il segretario della Cgil traccia la strategia della protesta: ''Sedici ore di sciopero, mentre si intrecciano tante iniziative di lotta. Pensiamo a scioperare in contemporanea in tutti i territori, mentre si discute in Parlamento. Immaginiamo altre proteste, eserciteremo la fantasia. Promuoveremo una raccolta di firme. Chiederemo sostegno a quanti possono''.
Per Camusso ''il rischio c'e''' che si inasprisca la tensione nel Paese:''se ad esempio nel lavoro invece di creare stabilita' si vanno a introdurre ragioni di incertezza e di ansia, se per liberalizzare si sostiene l'idea di tener negozi aperti ventiquattrore su ventiquattro in un sistema del commercio che non e' in grado di sostenere un simile peso. Certo che c'e' il rischio che la tensione salga, perche' si continua nell'idea che si possa dividere il Paese''.
Il leader sindacale afferma inoltre di ''aver dato sempre molto peso alla convinzione di un accordo e, invece, abbiamo visto che il governo questa convinzione non la coltivava''. Questo ha avuto impatto anche sull'unita' sindacale. ''Rispetto a questo tema la sensibilita' dei lavoratori e' sempre alta'', dice Camusso.
''La reazione, per tante categorie e' stata unitaria. E' un insegnamento? bisogna andare avanti. Certo se si fosse mantenuta, al tavolo della trattativa, una opinione comune, non sarebbe finita cosi', perche' il governo non avrebbe avuto la forza di accelerare i tempi su una proposta non condivida. Ma non e' il momento di recriminare''.
Sui contenuti, poi, Susanna Camusso ribadisce la propria posizione. ''Il punto e' l'illegittimita' del licenziamento, a qualsiasi categoria appartenga. Se il licenziamento e' illegittimo, se l'illegittimita' e' stata accertata, sara' diritto del piu' debole, cioe' del lavoratore, scegliere tra reintegro e indennizzo''.
Governo Monti perde consenso: riforma negativa per due italiani su tre
Il consenso per il governo Monti cala sotto al 50%, arrivando a quota 44%. Secondo il sondaggio di Renato Mannheimer per il Corriere della Sera, a ridurre l’apprezzamento per l’esecutivo tecnico è stata soprattutto la riforma del mercato del lavoro, che non piace a due italiani su tre.
Una situazione che influisce sui comportamenti dei leader di partito, soprattutto nel caso del Pd di Pier Luigi Bersani, e che potrebbe causare fratture nel quadro politico.
Se agli inizi di marco il consenso per il governo Monti era intorno al 50-60%, la percentuale oggi si attesta al 44%, con un 54% degli italiani che esprime una vera e propria insoddisfazione per l’operato dell’esecutivo.
A perdere la fiducia nel governo, sottolinea Mannheimer, sono soprattutto operai e lavoratori dipendenti di livello medio-basso, ma anche studenti pensionati e casalinghe. Al contrario restano soddisfatti imprenditori, liberi professionisti, quadri e impiegati, soprattutto se con titolo di studio elevato.
Crolla il consenso tra gli elettori della Lega Nord (-32%) e quelli del Pd (-17%), ma anche, seppure meno, tra gli elettori del Pdl (-10%) e dell’Udc (-9%).
Per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro, l’interesse degli italiani è diffuso (solo il 14% si dice all’oscuro della questione), ma il giudizio sulle decisioni del governo non è buono: due italiano su tre (il 67%) non approvano la riforma. Contrari soprattutto gli operai e chi vive al Sud, favorevoli gli imprenditori e i liberi professionisti.
A livello di elettorato, la maggioranza dei votanti sia del Pd sia del Pdl non pensa bene della riforma: rispettivamente il 67% e il 58%. I motivi, naturalmente, sono opposti: gli elettori del Pdl rimproverano al governo scarsa tenacia, quelli del Pd sono contro la riforma dell’articolo 18.
In ogni caso, due italiani su tre (63%) pensano che l’esecutivo sia troppo decisionista.