21 marzo 2012

Articolo 18, i nuovi licenziamenti non valgono per gli statali

I nuovi licenziamenti, quelli targati Monti-Fornero, non varranno per gli statali. La smentita arriva da Susanna Camusso. “Vorremmo fosse chiaro che ciò non può essere perché dentro al settore pubblico i problemi sono diversi dal settore privato. E non vorremmo scoprire che dovremmo tornare a difendere la libertà di insegnamento perché potrebbero esserci licenziamenti di professori non graditi al potere”.

L’obiettivo del governo, sempre che i sindacati e poi il Parlamento accenderanno la luce verde, è lasciare il reintegro solo per i licenziamenti discriminatori, che vale per tutte le imprese, anche quelle sotto i 15 dipendenti ora escluse dall’articolo 18.

Per i disciplinari ci sarà l’indennizzo o il reintegro, per gli economici solo l’indennizzo: almeno questo è lo schema del lavoro del ministro Fornero, definita da Antonio Di Pietro “la madre Badessa” del lavoro. Nel progetto Fornero il reintegro nel posto di lavoro sarà possibile nei casi di licenziamento disciplinare considerato illegittimo dal giudice “nei casi gravi”.

L’indennità sarà al massimo di 27 mesi tenendo conto dell’anzianità. Per i licenziamenti economici giudicati illegittimi dal giudice il risarcimento previsto sarà un minimo di 15 mensilità e un massimo di 27 dell’ultima retribuzione. I tempi stringono, entrò venerdì 23 bisogna chiudere, assicura il ministro.

Art. 18: licenziare i giovani resta più facile:

Riforma dell’articolo 18 ai “supplementari” ma con risultato già scritto: resta da vedere se ci sarà il decreto (Monti forza la mano e blinda il testo) o la legge delega (ai partiti e Napolitano la patata bollente di un ulteriore compromesso). Risultato raggiunto grazie a un buon “equilibrio per sottrazione” (Il Sole 24 Ore) dove cioè ognuno rinuncia a qualcosa: la somma delle rinunce ricompone il conflitto, assicura il compromesso. C’è chi rinuncia fino a un certo punto, come la Cgil e come le piccole imprese: la prima non digerisce la manomissione dell’art. 18, i secondi (artigiani, commercio) non vogliono accollarsi i costi degli indennizzi e dei fondi di solidarietà.

Alcuni punti critici sono infatti tutt’altro che limpidi. Sia pur ristretto, l’articolo 18 si applicherà a tutti, assicura Fornero. Cioè non solo ai nuovi assunti, non solo alle aziende con più di 15 dipendenti. Nel caso dei licenziamenti discriminatori (sesso, religione ecc..) resta confermato, dunque valeva già prima, l’impianto dell’articolo 18 che impone al giudice il reintegro a prescindere dalla dimensione dell’impresa. Dimostrare la discriminazione è sempre molto difficile, i datori di lavoro non vi ricorrono, ma saranno tentati di surrogare la discriminazione con il motivo economico, dicono alla Cgil.

Nel caso dei licenziamenti disciplinari il giudice deciderà sui casi più gravi di ingiusta causa con il reintegro, negli altri con l’indennizzo (tra le 15 e le 27 mensilità). Per i licenziamenti economici varrà sempre l’indennizzo. Qui, se vale l’estensione dell’articolo 18 a tutti, scattano indennizzi gravosi per le aziende sotto i 5 dipendenti. Per loro c’è chi parla di “giallo sulla tassa licenziamenti”. Quel trattamento, oltre i 5 dipendenti, è previsto già dalla legge 223 del 1991: l’accordo con il sindacato fa scattare la mobilità per due anni per il lavoratore, altrimenti c’è libertà di licenziare secondo i criteri che terranno conto di anzianità lavorativa e carichi familiari.

Qui c’è l’altro nodo: un po’ meno precarietà in entrata, secondo il principio dell’”equilibrio per sottrazione”, vale la penalizzazione sistematica dei più giovani? Uno strumento in meno che obblighi al reintegro forzato vale per la piccolissima azienda e il normale esercizio, il costo aggiuntivo per finanziare il fondo solidarietà e la tassa Aspi (assicurazione sulla disoccupazione) pari all’1,4% nei contratti a termine?