31 maggio 2014

LUISA ALBANELLA (PD) SUI CALL CENTER: "QUESTO È UN SETTORE DA CONSIDERARE PRODUTTIVO"

di Marco Pitrella
In attesa della manifestazione nazionale degli operatori call center  “NoDay” del 4 giugno a Roma, continua l'attività informativa di TweetPress in questo settore. Con Luisa Albanella, deputato nazionale e componente della commissione lavoro, parliamo degli aspetti di questa tematica che sono emersi nelle sedute della stessa.
“La scelta della commissione lavoro di promuovere un’indagine conoscitiva sui call center partiva proprio dalla necessità di rimettere al centro un settore che negli ultimi tempi sta avendo delle ricadute occupazionali fortissime. Tutto è partito da un’interrogazione parlamentare che io avevo fatto e da un appuntamento che insieme abbiamo promosso con Cesare Damiano (Presidente della Commissione Lavoro) e in conseguenza alla risposta datami all’interrogazione, abbiamo deciso con tutti i gruppi parlamentari della commissione lavoro di portare avanti l’indagine.”
Come procedono i lavori della commissione?
“Fino oggi abbiamo sentito Assocontact e anche due grandi aziende che non aderiscono ad a Assocontact che sono AlmavivA e Comdata. Dall’esito delle audizioni (ancora dobbiamo sentire altre aziende e le organizzazioni sindacali) è emerso che c’è una cattiva conoscenza del settore. L’unico che aveva rivalutato e dato dignità al lavoro nei call center è stato l’ex Ministro Damiano che tra il 2007 e il 2008, ha stabilizzato migliaia di lavoratori. E’ un settore presente soprattutto nelle aree meridionali  e rispetto al passato non è più un lavoro transitorio. La percentuale di giovani è elevata, ma anche la percentuale di occupati meno giovani pare stia aumentando. Dati alla mano: 33% uomini, 67% donne, il 40% è tra i 20 e i 29 anni e il 45% tra i 30 e i 39 anni e il 17% tra i 40 e i 49 anni. Pare stia aumentando la percentuale dei lavoratori che superano i 49 anni. Sono lavoratori che hanno un’alta scolarizzazione. Le tipologie contrattuali sono, da quello che è emerso: 50.000 lavoratori sul territorio nazionale di contratti a tempo indeterminato. A partire dal 2008/2009 la crisi ha colpito anche questo settore determinando le chiusure delle aziende, le delocalizzazioni all’estero in paesi extraeuropei e il conseguente ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga.”
 Cosa emerge?
Dalle audizioni che noi stiamo facendo si parla di un alto costo del lavoro. Da qui deriva la proposta della  riduzione dell’IRAP che consentirebbe alle aziende di avere maggior respiro. Noi abbiamo due ordini di problemi: uno le gare al massimo ribasso non tengono conto del costo del lavoro e della sicurezza dei lavoratori. L’altro problema, sono le delocalizzazioni, che essendo ovviamente in paesi extraeuropei, hanno un costo del lavoro bassissimo e in quei paesi, non sono obbligati al rispetto delle norme sulla privacy, altro punto dolente questo. Secondo me bisogna affrontare il problema  delle autorizzazioni governative sulle reti. Il Governo italiano concede le autorizzazioni alle committenze. Queste operano inizialmente nel territorio italiano e dopo delocalizzano all’estero. Delocalizzando all’estero la conseguenza è non solo che in Italia le aziende sono costrette a chiudere, ma mettono anche a repentaglio il diritto alla privacy dei cittadini italiani, perché nei paesi extraeuropei la normativa sulla privacy o non esiste o è diversa rispetto alla normativa italiana.”
Utilizzo degli incentivi regionali …
“Durante le audizioni è emerso l’uso distorto degli incentivi che vengono erogati dalle Regioni. Secondo alcune imprese gli incentivi dovrebbero essere attuati a livello centrale in modo uguale su tutto il territorio nazionale, poiché, altrimenti,  si determinerebbe una concorrenza sleale regione per regione. Solo che da un lato vengono evidenziate dai grossi gruppi queste anomalie, dall’altro però gli stessi grandi gruppi delocalizzano (in Romania, per esempio). L’incongruenza sta nel fatto che si va a delocalizzare, disattendendo l’art.24 bis del D.L. n.83/2012 convertito in legge n. 134 del 2012. In sintesi: se da un lato gli incentivi, come lamentato dalle imprese, determinano concorrenza sleale e non creano occupazione, dall’altro però le imprese delocalizzano e  attuano internazionalizzazioni all’estero dove il costo del lavoro è più basso. Gli incentivi erogati adesso non creano occupazione perché finalizzati solo ad abbassare il costo del prodotto.”
E sugli appalti al ribasso …
“In sostanza la committenza chiede alle aziende dei call center di abbassare il costo al minuto del lavoro. Per fare un esempio: Milano aveva previsto un costo di euro 45 centesimi al minuto imposto dalla committenza all’interno della gara d’appalto. E’ ovvio che questo non garantisce né il rispetto delle norme contrattuali e né il rispetto della sicurezza per i lavoratori.”
In che modo si vuole intervenire?
“Noi stiamo verificando come si potrebbe intervenire. Come fare per applicare le leggi e per cercare di evitare che le aziende delocalizzino. Prima di tutto bisogna far rispettare le leggi. Dobbiamo intervenire anche sulla riduzione dell’Irap, necessità che sta emergendo dalle audizioni che abbiamo svolto. Si sta affrontando il tema  delle tipologie contrattuali, vi sono call center che non rispettano nemmeno i minimi contrattuali.”

“Io ritengo – a concluso Luisa Albanella - che le soluzioni per far fronte a questo stato di crisi siano: ripristinare l’osservatorio nazionale di monitoraggio come fu fatto dall’allora Ministro del Lavoro Cesare Damiano. Su questo punto, in commissione lavoro, dovremmo avere il consenso di tutti gli altri gruppi parlamentari. Intervenire su una riduzione dell’Irap per le imprese e vigilare sull’applicazione delle norme della legislazione italiana. Verificare con il Garante della Privacy che queste aziende rispettino le garanzie previste dalla normativa italiana ed europea. Questo è un settore che bisogna considerare produttivo come tanti altri, che può avere grandi potenzialità se viene seriamente attenzionato.  E’ un settore che noi stiamo rimettendo al centro della discussione, sia per la crisi e sia perché se seguito, se aiutato, potrebbe determinare sviluppo e crescita occupazionale. Saremo presenti alla manifestazione con Cesare Damiano e altri colleghi della commissione lavoro alla manifestazione del 4 giugno.”

29 maggio 2014

Call Center: Flash-mob dei lavoratori catanesi


Da: http://catania.livesicilia.it

CATANIA- Il flash-mob dei lavoratori dei call center: “Stop delocalizzazioni”. I telefoni squillano a vuoto, nessuno risponde. L’immagine scelta dai lavoratori è indubbiamente forte e simbolica: dietro ogni chiamata c’è un operatore, una persona. Un concetto semplice che sembra sfuggire a chi governa i processi di delocalizzazione guidati dalla logica spietata delle gare a ribasso che si giocano sulla pelle dei lavoratori dei call center italiani. In provincia di Catania gli operatori sono più di novemila, per loro potrebbe non esserci un futuro. I campanelli d’allarme si moltiplicano ogni giorno: diminuiscono i volumi, le commesse migrano altrove, si moltiplicano i giorni di chiusura. Una situazione che si allarga a macchia d’olio in tutta Italia.
Gli operatori dei call center catanesi, infatti, manifesteranno a Roma il 4 giugno insieme ai sindacati e ai colleghi che operano sul territorio nazionale. Il video promozionale della manifestazione, che sta impazzando su internet e ha per protagonista l’attrice Lucia Fossi, racconta di un’operatrice letteralmente spogliata dai ferri del mestiere: tastiera, cuffia e pc da due tecnici. L’attività è trasferita all’estero, dove il lavoro costa meno con buona pace di chi con meticolosità e competenza si prodiga ogni giorno a rendere un servizio ai clienti.

Già il servizio, un’altra nota dolente del processo in corso, tenuto conto che nei paesi dove si trasferiscono le attività “non esiste una normativa a difesa della privacy armonizzata con il quadro di tutele europee”. Giovanni Pistorio, esponente della segretaria provinciale della Cgil, parla di “un fenomeno inquietante”. Si temono soprattutto le ricadute in termini occupazionali. “Questi lavoratori hanno costruito il loro percorso di vita e la storia sociale grazie a questo tipo di attività, un eventuale smantellamento del settore avrebbe esiti preoccupanti”. Per arginare il fenomeno si devono in primo luogo evitare le gare al massimo ribasso quando si assegnano gli appalti che non prevedono il costo del lavoro. Le gare al massimo ribasso, infatti, spingono le aziende a trasferire le commesse all’estero. Un escamotage che non assicura nemmeno il paese di approdo che un domani potrebbe vedere a sua volta delocalizzate le attività in questione in altri luoghi ancora più convenienti. “Un processo – spiega Pistorio- che via via impoverisce il tessuto produttivo sia dei paese di origine delle attività sia di quelli di arrivo”.

28 maggio 2014

TLC - Telecom Italia Comunicato congiunto permessi elettorali


COMUNICATO TELECOM ITALIA
L’interpretazione sui recuperi dei permessi elettorali data da Telecom è, a nostro avviso, del tutto errata. A termine di legge è chiaro come le giornata di lunedì sia da considerarsi lavorativa, e quindi retribuita, indipendentemente dal fatto che le operazioni di scrutinio siano terminate entro le otto del mattino, così come le giornate di riposo compensativo da fruire siano due. Del resto negli anni sono diverse le cause legali che, sempre in virtù di questa interpretazione, hanno dato ragione ai lavoratori sanzionando Telecom Italia.
A questo punto le scriventi Segreterie Nazionali invitano Telecom Italia a rivedere velocemente la propria posizione. In caso contrario si invitano tutti i lavoratori che abbiano partecipato alle operazioni di voto a contattare le RSU e le strutture sindacali territoriali che saranno a disposizione per tutelare legalmente i loro diritti.
Roma,28 Maggio 2014

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL.

27 maggio 2014

Telecom, il cda conferisce le deleghe a Recchi e Patuano

Marco Patuano è ufficialmente presidente e amministratore delegato di Telecom Italia. La nomina è stata fatta dal cda di ieri che ha anche attribuito le deleghe.
Al presidente Giuseppe Recchi risultano attribuiti un ruolo d’indirizzo e supervisione rispetto all’elaborazione e all’implementazione dei piani strategici, industriali e finanziari della Società e del Gruppo e delle linee guida dello sviluppo, oltre che la supervisione della definizione degli assetti organizzativi e dell’andamento economico e finanziario; la rappresentanza della Società e del Gruppo nei rapporti esterni con le Autorità, le Istituzioni e gli Investitori; la responsabilità organizzativa delle funzioni Legal Affairs, Press Office & Opinion Makers Relations, Public & Regulatory Affairs, Corporate Social Responsibility e la supervisione dell’Audit.
All’Ad Patuano sono conferite la responsabilità del governo complessivo della Società e del Gruppo (inclusa la responsabilità di definire, proporre al Consiglio di Amministrazione e quindi attuare e sviluppare i piani strategici, industriali e finanziari) e tutte le responsabilità organizzative per garantire la gestione e lo sviluppo del business in Italia e Sud America. L’Ad è altresì responsabile delle componenti della funzione Public & Regulatory Affairs che curano i rapporti con Agcom e Agcm e le corrispondenti autorità estere, coordinandosi con il Presidente.
Il cda ha inoltre provveduto al rinnovo dei Comitati interni, chiamando a far parte del Comitato per il Controllo e Rischi i Consiglieri: Lucia Calvosa, Laura Cioli, Francesca Cornelli, Giorgina Gallo e Giorgio Valerio; del Comitato per le Nomine e la Remunerazione i Consiglieri: Davide Benello, Flavio Cattaneo, Jean Paul Fitoussi e Denise Kingsmill.
Il board ha preventivamente proceduto all’accertamento del possesso dei requisiti d’indipendenza qualificati da parte dei Consiglieri Giuseppe Recchi, Davide Benello, Lucia Calvosa, Flavio Cattaneo, Laura Cioli, Francesca Cornelli, Giorgina Gallo, Denise Kingsmill, Luca Marzotto e Giorgio Valerio. Gli stessi Consiglieri hanno dichiarato il possesso dei requisiti d’indipendenza ai sensi del Testo Unico della Finanza, che valgono altresì per il Consigliere Jean Paul Fitoussi.Sono stati confermati quale Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili di Telecom Italia il Chief Financial Officer, Piergiorgio Peluso, e il Segretario del Consiglio di Amministrazione il General Counsel, Avvocato Antonino Cusimano.
Infine il cda ha aggiornato il calendario di approvazione della relazione trimestrale al 30 marzo, anticipando la riunione dal 13 al 12 maggio 2014 (invariate le date di approvazione della relazione semestrale e della relazione sulla gestione al 30 settembre: rispettivamente 5 agosto e 6 novembre 2014).
Asati ha chiesto a Consob e al Collegio sindacale di Telecom di esprimersi in merito alla possibilità che le modalità di assunzione delle decisioni nei Cda del 18 aprile e 12 maggio scorsi siano coerenti con le normative vigenti del Tuf, per evitare che nelle prossime riunioni consiliari di Telecom possano essere assunte decisioni potenzialmente impugnabili.
Il riferimento è a Giuseppe Recchi, il neo presidente di Telecom Italia che ha perduto i requisiti di indipendenza pur avendo mantenuto diverse deleghe operative che gli erano state assegnate nella prima riunione d'insediamento del nuovo board.

Tlc: Slc Cgil al Governo,modifiche legge per piu' occupazione.

(ANSA) - ROMA, 27 MAG - "Abbiamo chiesto al Governo di produrre semplici modifiche legislative in grado di migliorare l'occupazione facendo risparmiare la spesa dello Stato in ammortizzatori sociali e incentivi all'occupazione". Questo il
commento del segretario generale della Slc Cgil, Michele Azzola, sull'incontro sul settore dei call center tenutosi oggi e promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico e da quello del Lavoro.
"Gli interventi proposti da Slc Cgil al vice ministro De Vincenti - spiega Azzola in una nota - perseguono tre obiettivi:
migliorare le condizioni di chi lavora nei call center garantendo continuita' occupazionale; strutturare e consolidare il settore in modo che le aziende riprendano a competere sulla qualita', sull'efficienza e sull'innovazione in modo tale da premiare la meritocrazia e non, come avviene oggi, la spregiudicatezza delle imprese; ridurre il contenzioso giudiziario che rappresenta un vero e proprio freno agli investimenti nel nostro Paese".
"Non si tratta quindi - continua - di avanzare richieste fantasiose, ma di allineare l'Italia a quanto gia' fatto dagli altri Paesi europei che hanno recepito puntualmente i contenuti della direttiva 2001/23/CE a tutela dei lavoratori."
"Il prossimo appuntamento - aggiunge Azzola - e' lo sciopero con la grande manifestazione nazionale dei dipendenti dei call center che si svolgera' a Roma il prossimo 4 giugno proprio per sostenere le richieste predisposte dalle organizzazioni
sindacali".

Visiant Next Comunicato incontro 26 maggio 2014

COMUNICATO SINDACALE
Il 26 maggio 2014 si è tenuto, presso UNINDUSTRIA Roma, l’incontro tra VISIANT NEXT e SLC-FISTEL-UILCOM-UGL Telecomunicazioni e le RSU dopo la richiesta aziendale di un ulteriore lasso di tempo per fornire al tavolo le informazioni utili a comprendere i dati sul Pdr comunicati nell’incontro scorso.
L’AD di Visiant Next ha illustrato il piano industriale 2014-2016 indicando con precisione i punti che l’azienda ritiene il motivo per il mancato raggiungimento dell’Ebitda.
La presentazione, che a molti è sembrata la riproposizione delle slide post cessione, non ha fornito nessun dettaglio su investimenti, formazione e prospettive nonostante le dichiarazioni dell’AD di rassicurazione sulla tenuta societaria, anche alla luce di un fatturato positivo, addebitando alla mancata produttività dei lavoratori nel primo semestre 2013 il mancato raggiungimento della soglia dell’Ebitda, secondo l’assioma meno pratiche lavorate meno soldi ha pagato Fastweb.
Tutti i problemi che i lavoratori hanno dovuto subire e stanno ancora subendo nelle sedi nella rappresentazione aziendale erano totalmente assenti. Nessun accenno a responsabilità aziendali se non dopo gli incalzanti interventi delle RSU sulle mancanze oggettive di Visant Next in particolare per quanto riguarda gli ambienti di lavoro e sicurezza.
Infine è stata illustrata la proposta aziendale sul Pdr. Il dato dell’Ebitda non è definitivo infatti risulta arretrare di 0,3 rispetto a quello comunicato il 15 maggio scorso, rendendo surreale la situazione ed inaccettabile il proseguo di incontri di questo tipo.
L’azienda è disponibile ad introdurre una nuova soglia dell’Ebitda, pari al nuovo valore comunicato all’incontro, con l’erogazione del 70% della pista (485 euro lordi) da aggiungere alla pista della produttività individuale.
L’azienda inoltre ha richiesto un accordo per lo smaltimento delle ferie e par residui nonché della timbratura in postazione.
Il giudizio delle Segreterie Nazionali è negativo sia in termini di illustrazione del Piano Industriale sia perché la proposta aziendale è assolutamente insufficiente anche rispetto ad un semplice ragionamento: se il bilancio è positivo come è possibile che gli obiettivi dati ai lavoratori non sono stati raggiunti? Come può un valore così basso di Ebitda essere spiegato da un azienda che ha sola commessa con volumi garantiti?
Per questo non è rimandabile il coinvolgimento al tavolo del committente e cessionario Fastweb ed al termine dell’incontro è stata già inviata la richiesta urgente del tavolo triangolare.
Le Segreterie Nazionali in attesa del tavolo triangolare invitano i territori e le Rsu ad informare i lavoratori dell’esito dell’incontro preparandoli alla mobilitazione già a partire dalla manifestazione del prossimo 4 giugno a Roma e tutte le altre iniziative che ritengono necessarie. Le Segreterie Nazionali ritengono inoltre indispensabile che l’azienda eroghi immediatamente, nel rispetto degli accordi, la quota del Pdr raggiunta dai singoli lavoratori.

Le Segreterie Nazionali

24 maggio 2014

COMUNICATO ALMAVIVA 23 MAGGIO 2014

Il 20 maggio è stato siglato il nuovo accordo sui Contratti di Solidarietà in Almaviva Contact.
L’accordo prevede una percentuale massima sul singolo del 25%. La percentuale viene calcolata sul semestre e prevede, per il primo semestre, la possibilità di tre picchi massimi al 35% (di cui solo due volte consecutive) con l’obbligo comunque di raggiungere alla fine dei sei mese il 25% massimo individuale. Nel secondo semestre viene confermata la percentuale media del 25% con la possibilità di due picchi massimi al 35% non consecutivi. Qualora un lavoratore dovesse avere una percentuale maggiore del 25% nei sei mesi è previsto l’obbligo da parte aziendale di effettuare un conguaglio che copra la differenza con la percentuale effettivamente effettuata. In questo modo si è riusciti a contenere le iniziali richieste aziendali (massimo 40% nell’anno) garantendo, da una parte, che ogni singolo lavoratore non avrà alla fine di ciascun semestre decurtazioni economiche superiori al 25%, dall’altra una gestione delle eventuali criticità sui volumi che ancora permangono in molti siti. Contrariamente a quanto inizialmente richiesto dall’azienda la trattativa è riuscita ad imporre il mantenimento delle regole generale di pianificazione delle giornate di solidarietà, evitando anche in questo caso una eccessiva flessibilizzazione dello strumento e, cosa molto importante, dando ai confronti territoriali la responsabilità di stabilire le modalità di gestione delle revoche e la gestione dei processi di riallocazione e riequilibrio fra commesse. Gli incontri territoriali con le RSU avranno infatti il compito preciso di “definire le iniziative di ricollocazione del personale”, uno strumento molto più stringente ed esigibile da mettere in campo per garantire il principale obiettivo dell’equità.
Sul tema degli istituti contrattuali le parti hanno portato concordato, come peraltro stabilito dalle norme vigenti, che le ferie maturate in costanza di CDS verranno integrate dall’INPS (ne consegue che i lavoratori matureranno l’intero numero di giorni ferie e, per quelli maturati in costanza di CDS, percepiranno l’integrazione prevista dai contratti di solidarietà. Occorre fra l’altro specificare che i giorni di ferie maturati in CDS, se non goduti durante il periodo di vigenza dell’ammortizzatore sociale ma alla sua scadenza, verranno pagati interamente); i ROL, contrariamente a quanto accaduto lo scorso anno di CDS non verranno riproporzionati né nel numero né nella parte economica. Le ex festività verranno riproporzionate nella sola parte della spettanza (verranno maturate proporzionalmente alla percentuale di solidarietà effettivamente effettuata, ovvero al 25% massimo). In questo modo si ristabilisce anche in Almaviva il principio che vale in tutte le aziende del settore e si raggiunge un beneficio economicamente vantaggioso per i lavoratori anche rispetto alle modalità previste con il precedente accordo.
Sempre nell’ottica di perseguire la maggiore equità possibile è stato deciso di procedere ad un riequilibrio di personale sulla commessa Enel a Palermo rafforzando quindi l’impegno ai riequilibri su tutti i territori.
Sul tema della formazione “istituzionale” (per esempio “ambiente e sicurezza”) è stato ribadito come questa non debba essere svolta in regime di CDS (tale principio vale retroattivamente a partire dall’introduzione dei CDS, dando quindi diritto ad un ricalcolo di quanto svolto sino ad ora in azienda).
Con questo accordo le segreterie nazionali ritengono di aver raggiunto un punto di equilibrio importante che consente di gestire le criticità occupazionali di molti siti aziendali , riduce al minimo i disagi operativi sui lavoratori e, grazie al principio del conguaglio nel semestre, azzera quelli economici rispetto a quanto deciso lo scorso anno. Resta la grande preoccupazione per i conti economici e la tenuta complessiva dell’azienda, situazione resa estremamente critica dalla difficoltà in cui versa l’intero settore.
Con questo accordo viene nuovamente confermata la scelta solidaristica operata un anno fa, allorquando le parti decisero, anche in considerazione della gravità della situazione finanziaria dell’Azienda, di optare per un contratto di solidarietà spalmato sull’intero perimetro aziendale così da poter mettere in sicurezza dal punto di vista dei volumi le sedi che maggiormente soffrivano, ed in parte soffrono tutt’ora, del deterioramento dell’andamento dei volumi. Particolarmente importante l’aver ribadito l’impegno logistico per le sedi di Roma e Palermo (anche valutando l’opportunità di usufruire delle agevolazioni previste dalla legge 78/2014, ovvero la decontribuzione dei CDS, impegnando le eventuali risorse al consolidamento industriale del Gruppo, così come è recentemente concordato nell’accordo Elettrolux).
Ora il massimo sforzo dovrà essere profuso da tutti nella vertenza complessiva sul settore “call center”, per la definizione di una legislazione europea sugli appalti, contro il dumping e le delocalizzazioni selvagge. Come più volte ribadito, anche il menagement Almaviva dovrà fare la sua parte per garantire una gestione maggiormente coerente e, a partire dagli incontri territoriali, massimamente attenta al principio dell’equità. Con questo accordo le OO.SS. ritengono di aver fornito alle RSU uno strumento in più per perseguire questo obiettivo; la responsabilità e la coscienza della gravità della situazione che vive Almaviva in questi momenti non ci impedirà di esigere il rispetto del più importante impegno ribadito in questo accordo: l’equità dei sacrifici!
LE SEGRETERIE NAZIONALI

SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL

23 maggio 2014

Call Center “Anch’io a Roma il 4 giugno”


www.noiroma.tv
C’è chi li denigra, chi è stufo di ricevere ripetute proposte di vendita e chi invece ci campa, pure a stento. Ossessivi, fastidiosi, martellanti call center non godono, si sa, di buona reputazione ma anche dalla loro parte un po’ bisogna mettersi. Senza esagerare però.
Il periodo di crisi generale non risparmia nemmeno le grandi società leader nella gestione di call center per aziende private ed enti pubblici. Ci pensano la delocalizzazione selvaggia e le gare al ribasso a stringere la morsa attorno al collo di queste società mettendo a rischio circa 10 mila posti di lavoro. Gli italiani vengono quindi licenziati in massa mentre gli stranieri, i delocalizzati, vengono sottopagati.
La spinta competitiva si abbassa notevolmente per chi non vuole portare il lavoro all’estero e così l’intero comparto produttivo si ritrova a navigare in un mare di… guai.
Da Montecitorio al Ministero dello Sviluppo Economico delegati delle aziende, sindacati e associazioni a tutela del settore delle Telecomunicazioni hanno chiesto l’apertura di un tavolo di discussione e lo hanno ottenuto. Primo appuntamento il prossimo 27 maggio. L’obiettivo sarà quello di trovare una soluzione per “salvaguardare e rilanciare l’occupazione di un settore – scrivono nei comunicati – che ha garantito negli anni sviluppo e occupazione per il nostro territorio”. Altro appuntamento invece, qualche giorno dopo, sempre a Roma, fissato per la grande manifestazione nazionale dei lavoratori uniti nella protesta contro la delocalizzazione.
In Italia sono circa 80 mila le persone che lavorano in cuffia per 4, 6, 8 ore al giorno e non si tratta più solo di ragazzi che vogliono (o devono) pagarsi gli studi o la vita da fuori sede, ma si trovano con molta facilità anche padri e madri di famiglia, laureati, professionisti costretti a un lavoro alternativo perché quello per cui si è investito per anni non può dare i frutti sperati. Il 63% dei lavoratori è concentrato nelle aree del Sud, il 37% al Centro Nord. L’83% degli operatori inbound (per intenderci quelli che rispondono ai numeri verdi) ha contratto part-time, mentre gli operatori outbound (che chiamano per loro iniziativa, in sostanza i più odiati) hanno contratto a progetto. Oltre la beffa, il danno. Sì perché questi famosi contratti altro non sono che la copia regolamentare e scritta di uno stipendio “da fame”. Dai 3 ai 4 euro lordi l’ora, più una quota simile a ogni contratto che l’operatore riesce a concludere. Una vera spinta motivazionale.
Ma ciononostante il ragazzo di turno, la mamma o il professionista acconsentono e firmano il loro CoCoPro. Anche se a queste condizioni, perdere il lavoro non è certo contemplato. Così si fa leva sulla riunione prevista dal Mise che affronterà i temi del ciclo produttivo e della riattivazione dell’Osservatorio nazionale sui call center per monitorare cioè sia il fronte delle condizioni di lavoro sia quello del servizio ai clienti.
Tavolo tecnico a parte, dai call center italiani è già partita una campagna di mobilitazione: “Anch’io a Roma il 4 giugno” ad alto contenuto virale, condivisa da centinaia di utenti sui social network. Pronte anche le t-shirt su cui sarà stampato “L’urlo” di Munch, simbolo della protesta e fedele rappresentazione degli stessi operatori a fine giornata lavorativa, finalmente liberi dalla cuffia.

Daniela Pugliese

22 maggio 2014

"Per chi suona la campana", Flashmob dei lavoratori dei call center catanesi


I lavoratori dei call center catanesi si danno appuntamento nella piazza principale di Catania per un flashmob che si annuncia sorprendente e originale dal titolo "Per chi suona la campana". Il flashmob, le cui modalità verranno rivelate direttamente in piazza, si inserisce nella grande campagna di mobilitazione dei lavoratori del settore contro le delocalizzazioni (ossia il trasferimento del lavoro all'estero) e le gare al massimo ribasso, che culminerà nello sciopero e nella manifestazione del 4 giugno a Roma. Nel corso dell'iniziativa, cui sono invitati la stampa e i cittadini, verrà anche proiettato il videospot dedicato ai lavoratori dei call center, interpretato dalla grande attrice teatrale Lucia Fossi e diretto dal regista Riccardo Napoli. Appuntamento il 29 maggio, ore 10.30, a piazza Duomo!

Slc Cgil Catania: elezioni rsu visiant next


La SLC CGIL , essendo stata votata da tre lavoratori su quattro, ancora una volta è sigla sindacale che ottiene un plebiscito di voti nelle elezioni per il rinnovo delle RSU in Visiant Next (ex Fastweb).
Alle elezioni, infatti, hanno partecipato tre liste ed SLC CGIL ha ottenuto 124 voti su 172 votanti eleggendo le RSU uscenti Lucia Torrisi e Cristina Lo Giudice che quindi vengono confermate nell'incarico.
"siamo estremamente soddisfatte" dichiarano le due RSU elette "soprattutto perchè il risultato complessivo della lista è stato frutto del lavoro di un gruppo, quello del coordinamento SLC CGIL, che opera come un unico organismo, una grande squadra".

Davide Foti, segretario generale SLC CGIL Catania, aggiunge : "confermarsi è sempre complicato  e ciò è possibile solo a condizione di potersi affidare ad un grande gruppo ed è a loro, e a chi ci ha sostenuto votandoci, che vanno i miei complimenti e la mia riconoscenza. Adesso dobbiamo urgentemente agire per la riuscita della manifestazione nazionale contro le delocalizzazioni che si terrà a Roma il 4 giugno p.v. , alla quale parteciperanno lavoratori di tutti i call center provenienti da ogni parte d'Italia. La presenza dei lavoratori catanesi sarà numerosa anche perchè Catania è tra le realtà in cui operano call center con maggiore presenza di addetti. "

Telecom Italia: Comunicato unitario 22 maggio 2014

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL e Telecom Italia si sono incontrate per valutare il percorso con il quale si svolgerà la verifica su “Caring Services” in sede di Coordinamento delle RSU.
L’azienda ha confermato la volontà di iniziare in tempi brevi un confronto con il Coordinamento sul Caring e sui risultati delle manovre decise con l’accordo del 27 marzo, dichiarando come, allo stato attuale, tutte le ipotesi, compresa la societarizzazione, rimangono sul tavolo. Sulla chiusura delle sedi Telecom conferma il programma concordato lo stesso 27 marzo.
Le Segreterie Nazionali hanno, dal canto loro, convenuto sull’urgenza di iniziare il confronto, ribadendo come i buoni risultati del recupero di produttività, più volte confermati dall’azienda stessa, consentono di guardare al futuro di Caring Services in
un’ottica di sviluppo all’interno di Telecom Italia.
A questo punto le parti hanno deciso di convocare il Coordinamento delle RSU per il 16 e 17 giugno.
Contestualmente Telecom ha presentato alle Segreterie Nazionali una situazione di grave difficoltà che in queste ore si sta verificando in ambito Open Access. A valle di un processo di trasformazione di alcuni sistemi di supporto (CRM Whole Sale,
NGOM, UNICA) che si stanno accorpando sotto un'unica piattaforma (DIN), le tempistiche di entrata a pieno regime stanno prendendo molto più tempo del previsto. Questa situazione sta portando ad un accumulo di richieste di delivery quantificabili entro una forbice che va da un minimo di trenta ad un massimo di cinquantamila unità. Questa situazione espone l’azienda alla possibilità, tutt’altro che teorica, di ricevere una mole imponente di cause civili da parte degli OLO, oltre che esporla ad una situazione di grande difficoltà nei confronti dell’Agcom. Il comminato disposto di questa situazione potrebbe portare, sempre secondo l’azienda, a richieste risarcitorie per più di un miliardo di euro. A fronte di questa situazione di oggettiva difficoltà le parti stanno valutando le iniziative da intraprendere per garantire, da un lato, la possibilità di uscire da questa situazione e, dall’altro, di farlo con una decisione chiara, che tolga qualsiasi possibilità di interpretazioni “arbitrarie” e disomogenee nei singoli territori, valutando anche una possibile sospensionetemporanea del vigente accordo sulla “banca ore” e sulla modalità di pagamento delle prestazioni straordinarie.
Le Segreterie Nazionali hanno comunque chiesto ed ottenuto che vengano convocati incontri sui territori per permettere a tutte le RSU di avere un quadro completo ed esaustivo della situazione.

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM-UIL

19 maggio 2014

LETTERA APERTA ALLE LAVORATRICI E LAVORATORI TELECOM

Bologna, 12 maggio 2014
Prima di procedere ad alcune considerazioni di carattere generale che formuleremo in seguito, ci soffermiamo intanto su alcune considerazioni/chiarimenti sul tema dell’integrazione del 10% che l’azienda erogherà a dicembre 2014 (somma ancora da stabilire……minimo 200 euro) per i lavoratori in regime di Solidarietà.
Le modalità di erogazione individuate sono:
1- In busta paga per chi non è iscritto al fondo Telemaco
2- Direttamente sulla propria posizione contributiva del fondo Telemaco per gli iscritti al fondo.
Perché le due modalità?
La tassazione applicata ai versamenti effettuati in Telemaco è inferiore a quella applicata ai versamenti in busta paga. Tenendo conto che circa l’80% dei lavoratori Telecom è iscritto a Telemaco, la Telecom versando su Telemaco metterà a disposizione dei lavoratori, per effetto della tassazione inferiore, una cifra complessiva netta superiore a quella risultante dal versamento in busta paga per tutti.
A questo si aggiunge che per l’iscritto a Telemaco la tassazione del rendimento del Fondo sarà inferiore a quella prevista sui soldi in busta paga.
E’ infine da evidenziare che il contributo erogato sarà uguale per tutti, dando così una risposta fattiva soprattutto ai salari più bassi.
Questo è il risultato del lavoro che come SLC-CGIL, unitamente a FISTel e UILCOM, stiamo portando avanti da mesi, anche sotto la spinta dei nostri iscritti. Due comunicati nazionali chiedevano quanto sopra e il tutto è stato ribadito anche nell’ultimo Coordinamento nazionale RSU di marzo.
Al di là dei criteri di erogazione, è innegabile che si tratta di un risultato che restituisce qualche soldo ai lavoratori Telecom coinvolti nella Solidarietà.
Quanto avvenuto in questi ultimi mesi in Telecom, ci fa interrogare se siamo al cospetto di una svolta nei rapporti sindacali e nell’approccio aziendale alla crisi che stiamo attraversando. E’ prematuro rispondere a tali interrogazioni, ma alcuni segnali ci sono.
Relativamente all’integrazione del 10% sulla Solidarietà, è opportuno ricordare a tutti che Telecom non era neanche tenuta a rispondere ai nostri comunicati e sollecitazioni varie sul tema, come del resto sino ad oggi non stanno facendo tutte le altre aziende che utilizzano la Solidarietà, che non ci pensano minimamente di coprire il 10% che il Governo ha deciso di non integrare ulteriormente.
Rammentiamo anche il ripensamento di Telecom, a seguito decisa pressione sindacale, sulla societarizzazione dei negozi. Per quanto riguarda l’approccio aziendale alla crisi, si deve tenere in considerazione che quest’anno i dividendi non sono stati erogati ed a ciò si aggiunge i 4 milioni di EURO, sugli 8 milioni che l’azienda ha deciso di stanziare per coprire parzialmente il 10% della mancata integrazione governativa sui CDS ( a fronte dei 9 milioni stimati come impatto complessivo della diminuzione del 10% dell’integrazione), che sono il frutto di un accordo tra azienda e le Rappresentanze sindacali (RSA) dei dirigenti aziendali (l’accordo prevede interventi sulle ferie residue, riduzione delle giornate lavorate e revisione della diaria in caso di trasferte giornaliere). Del resto ci risulta che il nuovo responsabile del personale Di Loreto abbia detto chiaramente alle RSA dei dirigenti che l’azienda avrebbe “beneficiato” anche dei loro di sacrifici.
I parziali sacrifici richiesti ai dirigenti rappresentano indubbiamente anche una risposta positiva alla nostra pressante richiesta di distribuire il più equamente possibile i sacrifici.
E’ per noi sufficiente?
No e continueremo a tenere alta la pressione sull’equità.
Siamo indubbiamente al cospetto di segnali importanti, ma tanto altro è ancora da definire: si lavora sulla Solidarietà, si lavora sul PDR relativo ai risultati economici aziendali dell’esercizio finanziario del 2013 ( rammentiamo che l’eventuale corresponsione del PDR, è il frutto dell’accordo sindacale in merito sottoscritto da SLC FISTel UILCOM il 27 marzo 2013 e del conseguimento degli obiettivi previsti da tale accordo, che si raggiungono ovviamente grazie al lavoro dei lavoratori), come si sta lavorando per ottenere risultati nel CARING, per dare risposte ai tecnici di OA, ad ASA, alle aree di STAFF e rammentiamo anche che a fine 2014 scade il Contratto di Settore CCNL delle TLC.
Seppure con qualche contraddizione, si stanno reinternalizzando attività in varie strutture Telecom, ricordando che tale processo è parte integrante dei sofferti accordi sindacali del 27 marzo 2013 ed è la parte fortemente voluta dalle OO.SS. SLC FISTel UILCOM e Coordinamento Nazionale RSU firmatari di tali accordi.
La produttività nei vari reparti Telecom sta migliorando e ciò fa ben sperare per i confronti futuri.Il CARING ad oggi non è stato societarizzato ed al momento non è stata chiusa nessuna sede di lavoro.
Attendiamo con un misto di tensione e di fiducia la verifica con l’azienda sul CARING che si dovrebbe tenere in questo mese di maggio ed il punto di partenza per noi resta invariato: il CARING non si societarizza/esternalizza!
Con gli accordi sindacali del 27 marzo 2013 abbiamo preso tempo rispetto ad un contesto sotto certi aspetti drammatico (per tutta Telecom e non solo per un pezzo di essa), che prevedeva scenari nefasti ed in questo lasso di tempo sono cambiate
molte cose, come ad esempio Telefonica che ha perso la forza che aveva solo qualche tempo fa (ed anche in tal caso come Sindacato siamo stati in campo) e l’attuale azionariato di riferimento non è ancora del tutto stabile e potrebbero
esserci sviluppi (positivi).
Nel Comunicato stampa del 29 aprile 2014, le Segreterie Nazionali SLC FISTel UILCOM rilanciano coerentemente la sfida che avevamo posto all’azienda all’epoca degli accordi del 27 marzo 2013 (e sotto certi aspetti anche a noi stessi):
come arrivare ad aprile 2015 (scadenza dei CDS) con le idee chiare su come rilanciare l’azienda nel prosieguo. C’è anche sul tavolo un ulteriore problema sotto certi aspetti devastante per un’azienda che opera nel campo della tecnologia in continua e costante evoluzione (senza contare che in certi settori tipo i tecnici di OA, certe lavorazioni sono fisicamente probanti ad una certa età): l’età media dei lavoratori Telecom è elevata.
Per sopravvivere aziende come Telecom hanno anche la necessità di assumere giovani ed è anche doveroso per una delle poche grandi aziende italiane (ma anche per noi Sindacati di categoria) dare una risposta alla drammatica situazione dell’occupazione giovanile nel nostro paese.
La “riforma” delle pensioni pone un serio ostacolo all’indispensabile ricambio generazionale e in mancanza di novelle legislative in merito, si dovrà comunque trovare una soluzione.
I temi in campo sono indubbiamente tanti e molto complessi, ma dobbiamo avere la forza e il coraggio di affrontarli, perché in caso contrario o nessuno li affronterà con tutte le conseguenze del caso, oppure qualcuno li affronterà in solitudine con tutte
le conseguenze del caso.
Il tutto ovviamente non può prescindere da un serrato confronto ai tavoli negoziali con l’azienda e su questi tavoli il Sindacato (quello che ricerca soluzioni e non quello di pura testimonianza) deve essere: rappresentativo, credibile e propositivo, perché in caso contrario l’azienda non avrà la minima remora a procedere senza nessun confronto.
Anche in questa fase negoziale, che vede in “prima linea” le delegazioni sindacali, le lavoratrici e i lavoratori hanno e devono ricoprire un ruolo importante: votando massicciamente alle elezioni RSU e iscrivendosi alle Organizzazioni sindacali, consegnandoci quindi un’ampia rappresentanza, elemento di indubbia forza nei confronti dell’azienda in una fase negoziale.
Sollecitando le Strutture sindacali in tutte le loro articolazioni (dal funzionario sindacale territoriale, al delegato sindacale, alla RSU) e sollevando: problemi, proposte e anche critiche ma costruttive.
Pretendendo di essere costantemente informati sullo stato dell’arte, in modo da essere pronti a rispondere ad eventuali periodi di mobilitazione che si dovessero rendere necessari in mancanza di risultati sui tavoli negoziali.
E non da ultimo ci deve essere un impegno costante giornaliero sui luoghi di lavoro, sia dal punto di vista strettamente professionale, ma anche dal punto di vista del confronto quotidiano con i propri responsabili, che non sempre hanno a cuore le sorti complessive dell’azienda (quindi dei lavoratori), ma perseguono altri obiettivi spesso di carattere meramente personale, tratteggiando un’azienda “falsa” e consegnando ai propri collaboratori un’organizzazione del lavoro non in linea con le necessità di un’azienda che eroga un servizio pubblico essenziale.
Dobbiamo e possiamo andare oltre!!!
SEGRETERIA REGIONALE E.R.
SLC-CGIL




CALL CENTER: SINDACATI A GOVERNO, A RISCHIO 10MILA POSTI, SERVE TAVOLO


(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 19 mag - Un fatturato da 1,2 miliardi di euro, circa 80mila lavoratori impiegati, di cui solo il 60% stabilizzato, e molte aziende, tra le quali Almaviva e Teleperformance, che utilizzano gli ammortizzatori sociali. Sono i numeri del mondo dei call center in outsourcing, un business che, tra delocalizzazioni (solo in Albania sono in diecimila a lavorare per i call center italiani) e le gare di appalto al ribasso, rischia il collasso. A breve saranno a rischio, secondo i sindacati di categoria Slc Cgil, Uilcom Uil e Fistel Cisl, 10mila posti di lavoro. "Gran parte dei lavoratori dei call center - spiega Giorgio Serao della segreteria nazionale Fistel Cisl - beneficiano degli ammortizzatori sociali che sono in scadenza e difficilmente finanziabili". Solo per fare un esempio e' in fase di rinnovo il contratto di solidarieta' per i lavoratori di Almaviva. In vista della manifestazione nazionale del 4 giugno a Roma, i sindacati a una voce chiedono al Governo, spiega Salvo Ugliarolo, segretario nazionale della Uilcom Uil, "un tavolo di confronto per risolvere i problemi con l'aiuto delle istituzioni, com'e' accaduto con successo per Electrolux. Gia' al governo Monti - ricorda il sindacalista - avevamo chiesto un tavolo di settore ma siamo rimasti inascoltati". Mette altra benzina sul fuoco il segretario nazionale della Slc Cgil, Michele Azzola: "l'Italia ha recepito male una direttiva europea del 2001 che estende le tutele ai lavoratori in caso di trasferimenti di appalto; questo errato recepimento sta determinando una compressione di diritti e di salario. Due gli effetti: tutte le aziende competono solo sul costo con la conseguenza che i call center stanno peggiorando la qualita' e si stanno moltiplicando. Secondo: in un triennio sono stati pagati 500 milioni di euro per ammortizzatori sociali e incentivi ai nuovi assunti in casi in cui non si trattava effettivamente di nuovi assunti. Ad esempio: un'azienda chiudeva in Lombardia, utilizzando gli ammortizzatori e riapriva in Calabria, prendendo gli incentivi".

Rai: lotta all'evasione del canone per reperire le risorse!

Si è svolto giovedì 15 l’incontro tra le Segreterie Nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Usigrai, Ugl Telecomunicazioni, Snater E Libersind Conf Sal per concordare le iniziative politiche, sindacali e di sensibilizzazione verso istituzioni e opinione pubblica per contrastare il taglio dei 150 milioni di euro previsto dal Dl 66/2014 nei confronti della Rai.

La drammaticità della situazione, unita alla sovraesposizione mediatica che la vicenda ha assunto, necessitano infatti di azioni mirate e coordinate, per non rischiare di disperdere energie che oggi sono necessarie più che mai per costruire percorsi e alleanze (anche con l’opinione pubblica!) a difesa del servizio pubblico e dell’occupazione.

Proprio nella unità sindacale va evidenziata infatti la nostra prima vittoria.
Per la prima volta la difesa di interessi non sempre convergenti confluiscono infatti in un’unica mobilitazione, scardinando quell'idea di caste che
resistono al cambiamento che da più parti tentano di cucire addosso ai nostri lavoratori.

Nelle prossime ore uscirà un comunicato unitario con il quale rivendichiamo il nostro ruolo di riformatori veri, attenti alla salvaguardia del pluralismo
nell’informazione, della qualità dei prodotti editoriali offerti e dell’occupazione, ma al tempo stesso pronti alla sfida per rilanciare il Servizio Pubblico.

Per tutte queste ragioni sosteniamo che la discussione aperta in Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai sia positiva,  perche' inquadra la vicenda
Rai nei giusti binari: il rinnovo della concessione, da fare subito, senza attendere il 2016.

Proprio l'avvio del dibattito in Commissione di Vigilanza, e gli emendamenti in Commissione Bilancio del Senato, offrono gia' spunti di grande interesse, per questo motivo abbiamo chiesto di essere auditi, e attendiamo dunque una convocazione a giorni.

In quell’occasione rilanceremo il tema della lotta alla evasione del canone, perché se questa fosse la scelta politica  perseguita,
si potrebbero recuperare 500 milioni di euro circa , che consentirebbero di dare ai lavoratori non 80, ma 100 euro in busta paga!

Con altrettanta forza affermiamo quindi che il decreto, e' una manovra miope che non da' futuro alla Rai, e la mette in ginocchio.

Un taglio drastico che non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro, apre allo smantellamento delle sedi regionali e alla svendita di RaiWay.

Una manovra in cui si intravedono inquietanti ritorni al passato: la politica che fa invasione di campo, il servizio pubblico e' in pericolo, il conflitto di
interessi fa capolino, gli onesti pagano, gli evasori non vengono perseguiti e i lavoratori rischiano di pagare il conto.

Il dibattito sul fatto che in tempi di crisi anche la Rai "deve contribuire al risanamento del paese" risulta allora affascinante quanto fuorviante,
perché nasconde, dietro un'affermazione condivisibile, un'operazione poco trasparente, che rischia di mettere in ginocchio il servizio pubblico e la
tenuta occupazionale nella più grande azienda culturale del paese.

Dire che si devono tagliare gli sprechi e' altrettanto giusto, e a dire il vero il sindacato stesso e' sempre stato in prima linea per denunciare cattive
abitudini e abusi (ad esempio nell'utilizzo smodato di appalti), rendendosi disponibile a contribuire al risanamento e al rilancio dell'azienda anche
quando i sacrifici chiesti ai lavoratori erano particolarmente grandi, perché un bene più grande era in discussione, un bene pubblico, il Servizio Pubblico.

Il problema però è' che gli sprechi ancora una volta non vengono visti e a pagare sono sempre i lavoratori.

Respingiamo al mittente le accuse che vedono sindacati e lavoratori rispettivamente casta e privilegiati, dimenticando che tra questi privilegiati, ci sono ad esempio centinaia di donne e uomini precari, che guadagnano anche 900 euro al mese, e che per effetto di questo intervento non solo non verranno stabilizzati, ma rischiano addirittura il posto!

Tanta approssimazione, dunque, ma anche tanta precisione, quasi chirurgica nell'indicare cosa e dove tagliare.

Fermo restando il fatto che risulta incomprensibile il fatto che il capo del governo, decida senza alcun confronto cosa la Rai deve vendere o chiudere, ci chiediamo perché proprio Raiway (ovvero la rete!) e le sedi regionali (pluralismo dell'informazione)... Guarda caso proprio i due cardini portanti su cui si basa l'assegnazione della concessione del servizio pubblico e proprio alla vigilia del 2016, anno in cui lo stesso dovrà essere assegnato!
Quegli stessi elementi che fanno la differenza, in assenza dei quali si produrrebbero distorsioni nel mercato televisivo, favorendo i soliti noti.

Per cambiare verso davvero, allora, in Rai come in tutti gli altri luoghi serve più coraggio.

Sappiamo bene che perseguire gli evasori e recuperare circa 500 milioni di euro e' impopolare, ma è la cosa giusta da fare.
LE SEGRETERIE NAZIONALI
Slc Cgil      Fistel Cisl     Uilcom Uil    Ugl Telecomunicazioni  Snater    Libersind-ConFsal   UsigRai

16 maggio 2014

Ferie: Un diritto irrinunciabile


Con l'avvicinarsi del periodo estivo ricomincerà il solito problema riguardante le giornate di ferie ed assisteremo pure agli stessi discutibili atteggiamenti da parte di chi snocciolerà percentuali e numeri di dubbia interpretazione e di unilaterale provenienza.
E' doveroso ricordare che la giurisprudenza, ritiene illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché:
1 - non venga tenuto conto anche degli interessi dei lavoratori e non vi siano comprovate esigenze organizzative aziendali;
2 - non venga salvaguardata la funzione fondamentale dell’istituto di consentire al lavoratore la reintegrazione delle energie psicofisiche.
Inoltre se non vengono accettate le giornate di ferie, l'azienda deve mettere per iscritto sia il rifiuto che la motivazione del rigetto. Non si è mai capito perchè il dipendente deve lasciare la sua tracciabilità quando ne fa richiesta, mentre il rifiuto aziendale avviene sempre in maniera "VOCE..." In caso di illecito il personale deve limitarsi a ricorrere agli organi di rappresentanza interna o all’autorità di vigilanza e competente.
Da molti anni assistiamo ormai a strane magie degne del miglior Mandrake nel vedere pianificare il tutto sempre a discapito di chi lavora. Si ricorda che la  Slc Cgil  Catania, rimane a disposizione per ulteriori chiarimenti in merito.

Il diritto alle ferie è regolato da diverse fonti a livello costituzionale, comunitario e nazionale.
Per quanto attiene alle fonti interne, il principio più importante viene fissato dall’art. 36, comma 3 della Costituzione, che prevede il diritto del lavoratore ad un periodo di congedo annuale retribuito quale diritto irrinunciabile. La ragione si chiarisce appena si collega detta previsione con l’art. 32 Cost. (diritto fondamentale alla salute), e con l’art. 35 Cost.(“la repubblica tutela il lavoro”): il riposo annuale è, infatti, preposto al recupero psico-fisico delle energie lavorative del prestatore di lavoro, allo sviluppo delle relazioni sociali, culturali e della personalità dell’individuo, così come garantito dagli artt. 2 e 3 della Costituzione, nell’interesse dello stesso datore di lavoro a che il proprio personale si ristori dallo stress lavorativo per una migliore resa produttiva successiva.
La previsione costituzionale incide direttamente sul rapporto di lavoro, limitando i poteri del datore di lavoro, senza peraltro fissare una durata temporale del congedo annuale garantito.
L’art. 2109 c.c. arricchisce e specifica il dettato costituzionale: la determinazione della durata delle ferie viene lasciata alla legge, alle norme corporative , agli usi ed equità, mentre lo stesso art. 2109 c.c. regola le modalità di fruizione e maturazione, disponendo che spetta unicamente al datore di lavoro definire modi e tempo di godimento delle ferie, tenuto conto delle esigenze della produzione e del singolo lavoratore, in un’ottica ribaltata, secondo una parte della dottrina, dei beni giuridici tutelati dalla Costituzione, periodo che si ammette anche frazionato, nel rispetto dell’inciso “possibilmente continuativo”.
L’art. 10 del D. lgs. 66/2003 – novellato dal D. lgs. 213/2004 - si colloca come modello rafforzato della precedente normativa nazionale: recependo la direttiva 93/104/CE, esso dà attuazione organica alla previsione comunitaria, in modo da assicurare una applicazione uniforme della disciplina relativa all’organizzazione dell’orario di lavoro su tutto il territorio nazionale.
Invero, la nuova disciplina delle ferie ha portata generale: le disposizioni ivi contenute si estendono a tutti i lavoratori, a prescindere da settori e qualifiche, travolgendo le varie disposizioni speciali che ancora sopravvivevano nel nostro ordinamento.
Per quanto riguarda il diritto alle ferie si precisa che ogni lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane e non sostituibile dalla relativa indennità, salvo il caso di cessazione del rapporto di lavoro.
La legge determina il periodo minimo inderogabile di ferie ma è comunque fatta salva l’autonomia negoziale dei contratti collettivi, laddove stabiliscano condizioni di miglior favore per i lavoratori.
Il periodo minimo di quattro settimane deve essere fruito per almeno due settimane nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, entro diciotto mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Si sottolinea, inoltre, che le due settimane da fruire nell’anno di maturazione devono essere obbligatoriamente consecutive se lo richiede il lavoratore. Viene comunque mantenuta una continuità con la precedente disciplina, come dimostra il riferimento all’art. 2109 c.c., laddove si parla di periodo possibilmente consecutivo, tenuto conto dell’esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore.
La nuova disciplina propone un modello rafforzato rispetto alla precedente, poiché fa corrispondere alla indisponibilità del diritto alle ferie la non indennizzabilità del periodo feriale non goduto. Le ferie, quindi, vanno effettivamente godute e non possono essere sostituite da un indennizzo economico, tranne il caso in cui il lavoratore rassegni le dimissioni o venga licenziato. Attraverso lo strumento della non monetizzabilità delle ferie, pertanto, si vuole garantire l’effettiva fruizione delle ferie stesse.

Datore di lavoro è responsabile della morte del dipendente per infarto dovuta a troppo lavoro


Con la sentenza n. 9945 del 08/05/2014, la sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro e il diritto degli eredi al risarcimento dei danni patrimoniali e morali, Nel caso in cui un dipendente sia morto per infarto da superlavoro.
Ai sensi dell'art. 2087 codice civile, ricorda la Corte, il datore di lavoro è tenuto a garantire l'integrità fisica dei propri dipendenti, senza che possa assumere particolare rilievo e denotare una colpa del lavoratore la specifica condotta del dipendente in ossequio ai canoni dell'art. 2104 codice civile (diligenza del prestatore di lavoro).
In particolare, anche in assenza di doglianze dei dipendenti, il datore di lavoro resta responsabile del modello organizzativo e della distribuzione del lavoro e, pertanto, non può addurre di "ignorare le particolari condizioni di lavoro in cui le mansioni affidate ai lavoratori vengano in concreto svolte".
La conoscenza delle modalità attraverso le quali ciascun dipendente svolge il proprio lavoro, ad avviso della Cassazione, deve presumersi salvo prova contraria in capo all'azienda "in quanto espressione ed attuazione concreta dell'assetto organizzativo adottato dall'imprenditore con le proprie direttive e disposizioni interne".
Inefficace si è quindi rivelata la difesa dell'azienda resistente la quale, a fronte dello "straordinario aggravio fisico" e dei "ritmi insostenibili", negava la propria responsabilità e incolpava lo zelo eccessivo del dipendente, la "attitudine a sostenere e a lavorare con grande impegno" e il "suo coinvolgimento intellettuale ed emotivo nella realizzazione degli obiettivi". Nel caso di specie, infatti, è stato accertato come il dipendente stesso "per evadere il proprio lavoro, era costretto, ancorché non per sollecitazione diretta, a conformare i propri ritmi di lavoro all'esigenza di realizzare lo smaltimento nei tempi richiesti dalla natura e molteplicità degli incarichi affidatigli", cosicché l'infarto che lo ha colpito "era correlabile, in via concausale, con indice di probabilità di alto grado, alle trascorse vicende lavorative"


Via alla privatizzazione di Poste

Una quota “non superiore al 40%” di Poste Italiane sarà messa sul mercato e la cessione potrà avvenire “anche in più fasi”. Il governo, riunitosi oggi intorno a mezzogiorno a Palazzo Chigi sotto la presidenza del premier Matteo Renzi con segretario il Ministro per la Semplificazione e la PA, Maria Anna Madia, ha approvato il Dpcm (Decreto del presidente del consiglio dei ministri) che fissa i criteri di privatizzazione di Poste Italiane. Nel dettaglio, si legge nella nota emanata al termine della riunione, “viene regolamentata l’alienazione di una quota della partecipazione non superiore al 40%, disponendo che tale cessione - che potrà essere effettuata anche in più fasi – si realizzi attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del Gruppo Poste Italiane, e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali”.
Il governo spiega inoltre che “al fine di favorirne la partecipazione all’offerta, potranno essere previste per i dipendenti del Gruppo Poste Italiane forme di incentivazione, tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, in termini di quote dell’offerta riservate (tranche dell’offerta riservata e lotti minimi garantiti) e/o di prezzo (ad esempio, come in precedenti operazioni di privatizzazione, bonus share maggiorata rispetto al pubblico indistinto) e/o di modalità di finanziamento”.
Contestualmente sono stati fissati i criteri di privatizzazione di Enav, con "la cessione di una quota – si legge nella nota di Palazzo Chigi - che assicuri il mantenimento in capo allo Stato di una quota di controllo assoluto (51%)".
I due decreti del Presidente del Consiglio sono stati definitivamente approvati a seguito dei pareri resi dalle Commissioni parlamentari di merito, su proposta del premier e del Ministro dell’Economia e delle finanze, Pietro Carlo Padoan.
Intanto, per quanto riguarda Poste Italiane, Fitch conferma il rating a lungo termine a 'BBB+' e quello a breve termine a 'F2'. Inoltre l'outlook passa da negativo a stabile. Il cambiamento per Poste Italiane segue la revisione dell'outlook per la Repubblica italiana. Fitch si aspetta che il forte legame tra Poste Italiane e il governo italiano, che la controlla, persista nel medio termine. Il piano di quotare in Borsa Poste, mantenendo il 60% del capitale, secondo Fitch, permetterà infatti al governo di continuare a esercitare il controllo su Poste Italiane e sulla sua gestione strategica.

4 Giugno a Roma: Resistere Lottare Crescere.

I lavoratori di Almaviva Contact tutta da Milano a Catania hanno una sfida aperta una lotta per l occupazione per i futuro per la propria dignità e la propria libertà. La vertenza nn e solo nostra ma noi siamo i più numerosi e secondo me anche i più consapevoli, i più uniti. Anche ieri l azienda ha ribadito che la situazione permane gravissima e che la perdita di commesse ed il calo dei volumi è un trend che stenta a rallentare. Chiede quindi ai rappresentanti sindacali un modo che consenta di gestire in particolari situazioni di ribasso dei volumi margini più ampi di applicazione della cds pur mantenendo questa nella media semestrale pari al 25 % abbiamo posto unitariamente dei paletti a questa richiesta che l azienda sta valutando, paletti che servano a nn consentire l utilizzo di cds di punta per più mesi consecutivi. Come Slc CGIL siamo convinti che la partita più importante, anche per queste ragioni, nn sia quella della trattativa che il 19 maggio riprenderà, ma quella ben più difficile e sfidante che culminerà il 4 giugno per le strade della capitale e che ha come obbiettivo il cambio delle regole per questo settore unica strada possibile che ci consentirà senza miracoli o altri sacrifici di poter continuare a lavorare e crescere le nostre famiglie. L azienda che già due anni fa ha ricapitalizzato la società con oltre 40 milioni di euro e che nei primi sei mesi dell anno accumula perdite per oltre tre milioni di euro nn tiene. Questo è il dato di fatto incontrovertibile e contro il quale chiunque voglia misurarsi con proposte tese al miglioramento ed alla dignità dei lavoratori deve confrontarsi, ricordandosi che l unica dignità da lavoro che si può difendere è quella legata ad un posto di lavoro. Nessuno creda che la Slc si possa affidare ai miracoli o alla demagogia resistere in questo frangente per tenere il perimetro occupazionale è l unica strada possibile. RESISTERE e fare di tutto, LOTTANDO, affinché nei prossimi mesi velocissimamente le regole cambino. Tutto il resto sono pannicelli caldi che nn servono ad altro che a guadagnare tempo ed ossigeno. Solo delle nuove regole sugli appalti dei servizi potranno garantirci un futuro di CRESCITA in cui le nostre vertenze tornino ad essere rivendicative e nn difensive. Abbiamo la forza l identità l unità la numerosità per ottenere questo ? Si. 4 giugno 2014 ROMA.
Le Rsu Slc CGIL

Rai: Comunicato unitario sindacati e giornalisti


La Rai può e deve cambiare. Tutti i dipendenti Rai sono pronti alla sfida per rilanciare il Servizio Pubblico.Per queste ragioni è positiva la discussione aperta in Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai perché inquadra la vicenda Rai nei giusti binari: il rinnovo della Concessione, da fare subito, senza attendere il 2016.E infatti l'avvio del dibattito in Vigilanza, e gli emendamenti in Commissione Bilancio del Senato, offrono gia' spunti di grande interesse.Il decreto, invece, è una manovra che non dà futuro alla Rai, e la mette in ginocchio.Un taglio drastico che non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro, apre allo smantellamento delle sedi regionali e alla svendita di RaiWay.E’ alla lotta all'evasione del canone che bisogna invece puntare, per recuperare quei circa 500 milioni di euro che consentirebbero di dare ai lavoratori non 80, ma 100 euro in busta paga!E' ciò che andremo a dire in Commissione di Vigilanza, alla quale abbiamo chiesto di essere ascoltati.Intanto le sette sigle sindacali hanno fissato un percorso di iniziative congiunte, fino alla proclamazione dello sciopero.

LE SEGRETERIE NAZIONALISlc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil,Ugl Telecomunicazioni, Snater-Libersind, Confsal-UsigRai

12 maggio 2014

Susanna Camusso, la Cgil non ha governi amici


«Viviamo un momento difficile, con tanti problemi, perché il sindacato sta in mezzo alle persone che oggi in Italia soffrono, combattono, sperano in un mondo migliore. Non ci fanno paura le difficoltà finché saremo capaci di cambiare, assieme ai lavoratori che organizziamo e rappresentiamo».
Susanna Camusso ha chiuso il congresso nazionale della Cgil, mantiene la guida della più grande organizzazione sindacale italiana. Dal dibattito, a volte duro e aspro come si conviene nelle grandi strutture di rappresentanza sociale, dalle conclusioni, il segretario della Cgil trae alcune linee precise per il prossimo futuro.

Camusso, che congresso è stato?
«È stato molto impegnativo perché il sindacato è in difficoltà, perché la crisi economica e le tensioni sociali si fanno sentire, perché i rapporti con i lavoratori sono contrastati. Perché la recessione ha prodotto lacerazioni nella società, sui luoghi di lavoro, ha alimentato problemi, paure, ansie. La Cgil vorrebbe fare di più, di questo abbiamo discusso e su questo ci impegniamo».

Molti osservatori, anche nel mondo politico, hanno semplificato il congresso nello scontro tra la Cgil e il governo Renzi o nel contrasto tra Camusso e Landini...
«È stata una valutazione sbagliata, nel dibattito congressuale c'è stato molto di più. Abbiamo parlato al Paese, analizzato le condizioni dell'economia e del lavoro, abbiamo dato conto lealmente delle nostre difficoltà. La discussione è stata importante, molto forte, ed è stata molto sindacale: sulla contrattazione, sulle priorità da seguire, sulle vertenze da aprire, anche sul rapporto col governo, certo. Ma chi racconta il nostro rapporto con Renzi dovrebbe uscire dalla caricatura».

Quali sono le scelte del congresso?
«Sono scelte impegnative. Vogliamo rilanciare la contrattazione per battere la precarietà, per fronteggiare la piaga del lavoro povero, per riformare gli appalti, per garantire ammortizzatori sociali efficienti e vogliamo lanciare una vera battaglia sulle pensioni. La convergenza di Cisl e Uil è un fatto molto positivo».

La confederalità esce rafforzata dal congresso oppure no?
«La confederalità è nel dna della Cgil. Ma abbiamo qualche problema: il congresso ha messo in evidenza la necessità di ripensare la nostra presenza organizzata sul territorio, di organizzare in modo più proficuo la partecipazione dei delegati e dei territori. Alcuni interventi hanno parlato di mescolarsi sul territorio, di trovare nuove strade di organizzazione per superare la solitudine o l'isolamento dei lavoratori. In questo ambito la battaglia contro il lavoro povero sarà determinante. La Cgil deve esser capace di proporre e praticare una contrattazione inclusiva, che raccolga soggetti finora esclusi, sfruttati e penalizzati».

Forse è la struttura organizzativa del sindacato che mostra dei limiti. Grandi non significa sempre efficaci.
«Dobbiamo aggiornarci, non ci sono dubbi. Dobbiamo ridurre tempi, rafforzare i rapporti con le assemblee di base e raccogliere le esperienze e sollecitazioni che ci vengono dai nostri delegati. Una commissione di studio si occuperà di fare delle proposte».

Il congresso era partito con una mozione unitaria superiore al 97%, si è chiuso con una maggioranza dell'80% e una minoranza ben chiara. Cosa è successo?
«È una conclusione che non mi preoccupa. La Cgil è un luogo plurale, dove ci sono e si confrontano, anche aspramente, idee diverse. Non conosco e non ricordo congressi della Cgil senza dialettica, senza posizioni distinte. Questa è la nostra ricchezza. I voti evidenziano la discussione che c'è stata, la diversità di posizioni su alcuni temi importanti come la rappresentanza».

Qual è stato il fatto che più l'ha preoccupata nelle giornate di Rimini?
«Mi hanno preoccupato certi toni, certe parole che sono fuori dalla nostra cultura e dalla nostra storia. Mi preoccupa l'eccessiva personalizzazione del confronto, ci vedo una particolare tensione, pericolosa anche».

E l'emozione più forte?
«Mi sono emozionata per l'appello di Mirko di Piombino, per la passione di una delegata sarda, per le parole di un delegato di una cooperativa: giovani che hanno parlato di che cosa vuole dire lavoro povero, l'altra faccia della precarietà, che hanno parlato dell'importanza di avere il sindacato».

Lei e Landini vi siete chiusi in una stanza, come chiedeva Mirko?
«No, perché le questioni non sono personali, sono 'collettive. I problemi non si risolvono tra due persone. Quello che conta è la Cgil. Vorrei che la personalizzazione, un'eccessiva dose di leaderismo, fossero ridimensionati».

Per questo ci sarà un segretario generale aggiunto o un vice?
«Vedremo. Deciderà la Cgil. Sono a favore di una maggiore collegialità, contro l'eccesso di individualismo. Troveremo la soluzione migliore».

Renzi non è venuto, è un caso politico?
«Ognuno fa le scelte che crede. Molti hanno pensato che l'assenza di Renzi significasse una rottura col sindacato. Noi lo vedremo dalle azioni del governo. Per la Cgil non ci sono governi amici, siamo abituati ormai da anni a valutare il merito dei provvedimenti. L'intervento Irpef, ad esempio, è positivo. Bene. C'è stata una lunga stagione di trasformazione politica, nelle fabbriche non ci sono più sezioni di partito, cellule, non ci sono travasi, il sindacato difende la sua autonomia, la politica fa le sue scelte».

E la concertazione, il confronto?
«La Cgil non cerca posti a tavola, noi rappresentiamo tante persone, siamo un pezzo del Paese. Ci interessa che la rappresentanza sia riconosciuta, anche se in passato alcuni governi volevano scegliersi gli interlocutori preferiti. La Cgil non ha mai preteso un potere di veto, ha sempre rispettato le decisioni del Parlamento. Naturalmente siamo in campo e non faremo sconti a nessuno. E poi, scusi, se avessimo avuto il potere di veto le pare che sarebbero passate la riforma delle pensioni e il decreto lavoro?».


La Cgil aveva criticato il decreto lavoro già nella prima versione, ora dopo il trattamento Ichino-Sacconi al Senato, qual è il vostro giudizio?
«Molto negativo. Il provvedimento è peggiorato, è un brutto inizio. Ora vedremo come si configurerà la delega sul lavoro. Discuteremo un eventuale ricorso in Europa».

Sorpresa delle tangenti a Milano?

«Sì e no. Speravo che un evento internazionale come Expo fosse al riparo da questo pericolo. Ma la Cgil lanciò l'allarme su certi appalti già nel 2005: facemmo un esposto alla Corte dei Conti su Infrastrutture Lombarde. Nessuno ci ha dato ascolto».