29 maggio 2014

Call Center: Flash-mob dei lavoratori catanesi


Da: http://catania.livesicilia.it

CATANIA- Il flash-mob dei lavoratori dei call center: “Stop delocalizzazioni”. I telefoni squillano a vuoto, nessuno risponde. L’immagine scelta dai lavoratori è indubbiamente forte e simbolica: dietro ogni chiamata c’è un operatore, una persona. Un concetto semplice che sembra sfuggire a chi governa i processi di delocalizzazione guidati dalla logica spietata delle gare a ribasso che si giocano sulla pelle dei lavoratori dei call center italiani. In provincia di Catania gli operatori sono più di novemila, per loro potrebbe non esserci un futuro. I campanelli d’allarme si moltiplicano ogni giorno: diminuiscono i volumi, le commesse migrano altrove, si moltiplicano i giorni di chiusura. Una situazione che si allarga a macchia d’olio in tutta Italia.
Gli operatori dei call center catanesi, infatti, manifesteranno a Roma il 4 giugno insieme ai sindacati e ai colleghi che operano sul territorio nazionale. Il video promozionale della manifestazione, che sta impazzando su internet e ha per protagonista l’attrice Lucia Fossi, racconta di un’operatrice letteralmente spogliata dai ferri del mestiere: tastiera, cuffia e pc da due tecnici. L’attività è trasferita all’estero, dove il lavoro costa meno con buona pace di chi con meticolosità e competenza si prodiga ogni giorno a rendere un servizio ai clienti.

Già il servizio, un’altra nota dolente del processo in corso, tenuto conto che nei paesi dove si trasferiscono le attività “non esiste una normativa a difesa della privacy armonizzata con il quadro di tutele europee”. Giovanni Pistorio, esponente della segretaria provinciale della Cgil, parla di “un fenomeno inquietante”. Si temono soprattutto le ricadute in termini occupazionali. “Questi lavoratori hanno costruito il loro percorso di vita e la storia sociale grazie a questo tipo di attività, un eventuale smantellamento del settore avrebbe esiti preoccupanti”. Per arginare il fenomeno si devono in primo luogo evitare le gare al massimo ribasso quando si assegnano gli appalti che non prevedono il costo del lavoro. Le gare al massimo ribasso, infatti, spingono le aziende a trasferire le commesse all’estero. Un escamotage che non assicura nemmeno il paese di approdo che un domani potrebbe vedere a sua volta delocalizzate le attività in questione in altri luoghi ancora più convenienti. “Un processo – spiega Pistorio- che via via impoverisce il tessuto produttivo sia dei paese di origine delle attività sia di quelli di arrivo”.