di Marco Pitrella
In attesa della manifestazione nazionale degli operatori call center “NoDay” del 4 giugno a Roma, continua l'attività informativa di TweetPress in questo settore. Con Luisa Albanella, deputato nazionale e componente della commissione lavoro, parliamo degli aspetti di questa tematica che sono emersi nelle sedute della stessa.
“La scelta della commissione lavoro di promuovere un’indagine conoscitiva sui call center partiva proprio dalla necessità di rimettere al centro un settore che negli ultimi tempi sta avendo delle ricadute occupazionali fortissime. Tutto è partito da un’interrogazione parlamentare che io avevo fatto e da un appuntamento che insieme abbiamo promosso con Cesare Damiano (Presidente della Commissione Lavoro) e in conseguenza alla risposta datami all’interrogazione, abbiamo deciso con tutti i gruppi parlamentari della commissione lavoro di portare avanti l’indagine.”
Come procedono i lavori della commissione?
“Fino oggi abbiamo sentito Assocontact e anche due grandi aziende che non aderiscono ad a Assocontact che sono AlmavivA e Comdata. Dall’esito delle audizioni (ancora dobbiamo sentire altre aziende e le organizzazioni sindacali) è emerso che c’è una cattiva conoscenza del settore. L’unico che aveva rivalutato e dato dignità al lavoro nei call center è stato l’ex Ministro Damiano che tra il 2007 e il 2008, ha stabilizzato migliaia di lavoratori. E’ un settore presente soprattutto nelle aree meridionali e rispetto al passato non è più un lavoro transitorio. La percentuale di giovani è elevata, ma anche la percentuale di occupati meno giovani pare stia aumentando. Dati alla mano: 33% uomini, 67% donne, il 40% è tra i 20 e i 29 anni e il 45% tra i 30 e i 39 anni e il 17% tra i 40 e i 49 anni. Pare stia aumentando la percentuale dei lavoratori che superano i 49 anni. Sono lavoratori che hanno un’alta scolarizzazione. Le tipologie contrattuali sono, da quello che è emerso: 50.000 lavoratori sul territorio nazionale di contratti a tempo indeterminato. A partire dal 2008/2009 la crisi ha colpito anche questo settore determinando le chiusure delle aziende, le delocalizzazioni all’estero in paesi extraeuropei e il conseguente ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga.”
Cosa emerge?
Dalle audizioni che noi stiamo facendo si parla di un alto costo del lavoro. Da qui deriva la proposta della riduzione dell’IRAP che consentirebbe alle aziende di avere maggior respiro. Noi abbiamo due ordini di problemi: uno le gare al massimo ribasso non tengono conto del costo del lavoro e della sicurezza dei lavoratori. L’altro problema, sono le delocalizzazioni, che essendo ovviamente in paesi extraeuropei, hanno un costo del lavoro bassissimo e in quei paesi, non sono obbligati al rispetto delle norme sulla privacy, altro punto dolente questo. Secondo me bisogna affrontare il problema delle autorizzazioni governative sulle reti. Il Governo italiano concede le autorizzazioni alle committenze. Queste operano inizialmente nel territorio italiano e dopo delocalizzano all’estero. Delocalizzando all’estero la conseguenza è non solo che in Italia le aziende sono costrette a chiudere, ma mettono anche a repentaglio il diritto alla privacy dei cittadini italiani, perché nei paesi extraeuropei la normativa sulla privacy o non esiste o è diversa rispetto alla normativa italiana.”
Utilizzo degli incentivi regionali …
“Durante le audizioni è emerso l’uso distorto degli incentivi che vengono erogati dalle Regioni. Secondo alcune imprese gli incentivi dovrebbero essere attuati a livello centrale in modo uguale su tutto il territorio nazionale, poiché, altrimenti, si determinerebbe una concorrenza sleale regione per regione. Solo che da un lato vengono evidenziate dai grossi gruppi queste anomalie, dall’altro però gli stessi grandi gruppi delocalizzano (in Romania, per esempio). L’incongruenza sta nel fatto che si va a delocalizzare, disattendendo l’art.24 bis del D.L. n.83/2012 convertito in legge n. 134 del 2012. In sintesi: se da un lato gli incentivi, come lamentato dalle imprese, determinano concorrenza sleale e non creano occupazione, dall’altro però le imprese delocalizzano e attuano internazionalizzazioni all’estero dove il costo del lavoro è più basso. Gli incentivi erogati adesso non creano occupazione perché finalizzati solo ad abbassare il costo del prodotto.”
E sugli appalti al ribasso …
“In sostanza la committenza chiede alle aziende dei call center di abbassare il costo al minuto del lavoro. Per fare un esempio: Milano aveva previsto un costo di euro 45 centesimi al minuto imposto dalla committenza all’interno della gara d’appalto. E’ ovvio che questo non garantisce né il rispetto delle norme contrattuali e né il rispetto della sicurezza per i lavoratori.”
In che modo si vuole intervenire?
“Noi stiamo verificando come si potrebbe intervenire. Come fare per applicare le leggi e per cercare di evitare che le aziende delocalizzino. Prima di tutto bisogna far rispettare le leggi. Dobbiamo intervenire anche sulla riduzione dell’Irap, necessità che sta emergendo dalle audizioni che abbiamo svolto. Si sta affrontando il tema delle tipologie contrattuali, vi sono call center che non rispettano nemmeno i minimi contrattuali.”
“Io ritengo – a concluso Luisa Albanella - che le soluzioni per far fronte a questo stato di crisi siano: ripristinare l’osservatorio nazionale di monitoraggio come fu fatto dall’allora Ministro del Lavoro Cesare Damiano. Su questo punto, in commissione lavoro, dovremmo avere il consenso di tutti gli altri gruppi parlamentari. Intervenire su una riduzione dell’Irap per le imprese e vigilare sull’applicazione delle norme della legislazione italiana. Verificare con il Garante della Privacy che queste aziende rispettino le garanzie previste dalla normativa italiana ed europea. Questo è un settore che bisogna considerare produttivo come tanti altri, che può avere grandi potenzialità se viene seriamente attenzionato. E’ un settore che noi stiamo rimettendo al centro della discussione, sia per la crisi e sia perché se seguito, se aiutato, potrebbe determinare sviluppo e crescita occupazionale. Saremo presenti alla manifestazione con Cesare Damiano e altri colleghi della commissione lavoro alla manifestazione del 4 giugno.”