30 settembre 2014

CALL CENTER: BELLANOVA, CLAUSOLA SOCIALE PER SALVAGUARDARE OCCUPAZIONE

(AGENPARL) – Roma, 30 set – “Priorità all’introduzione della clausola sociale quale garanzia concreta di salvaguardia dei livelli occupazionali nel settore dei call center”.

Questa la proposta da applicare con più urgenza secondo la Sottosegretaria al Lavoro Teresa Bellanova che oggi ha esposto criticità e soluzioni percorribili, durante l’audizione sulle forme contrattuali nel settore dei call center, in commissione Lavoro alla Camera.

“Questo è un momento senza dubbio delicato e il governo ha tutta l’intenzione di svolgere un ruolo attivo – ha precisato Bellanova – e sulle numerose e delicate vertenze che interessano il comparto dei call center il Ministero del lavoro quotidianamente si adopera al fine di arginare il più possibile le conseguenze dannose provocate dalla crisi”.

“Nei call center– spiega l’onorevole – la continuità dei rapporti di lavoro è messa in continua discussione dal succedersi di aziende nell’erogazione del servizio allo stesso cliente, oltre che dalle ricorrenti pratiche di dislocazione degli appalti in territori extracomunitari. Tenendo conto di questi aspetti, nonché delle istanze che parti sociali e datoriali avanzano alle istituzioni, ritengo sia necessario percorrere nuove strade, che portino a soluzioni possibili”.

“Con la clausola di salvaguardia – precisa l’onorevole Bellanova – l’obiettivo è di estendere le tutele previste dal codice civile (art. 2112) in caso di trasferimento d’azienda anche alla categoria dei lavoratori dei call center, come avviene, ad esempio, nel settore delle pulizie. L’applicazione di questo istituto comporta la prosecuzione del rapporto di lavoro con il nuovo appaltatore, con tutte le garanzie che ne derivano”.

“Peraltro il settore degli appalti – ha voluto sottolineare Bellanova – è quello che forse più di altri alimenta il contenzioso giudiziario, e un intervento che individui come criterio di selezione l’offerta “economicamente più vantaggiosa” invece che l’offerta del “prezzo più basso” cambierebbe significativamente le cose”.

“Dal punto di vista giuridico – continua la sottosegretaria – una difficoltà oggettiva di intervento è determinata dal fatto che molti paesi in cui le società decidono di delocalizzare il servizio sono extraeuropei, e ciò, per adesso, comporta l’impossibilità di appellarsi al rispetto di regole o direttive europee. Prima di trovare soluzioni anche a questo aspetto, è bene conoscere l’esistenza di una norma che prevede che il cittadino italiano che effettua o riceve una chiamata sia informato preliminarmente sul paese estero da cui parla l’operatore, e può chiedere di parlare con un operatore collocato sul territorio nazionale”.

“Certo, gli aspetti su cui si deve intervenire sono diversi, e anche a questo serve l’Osservatorio attivato dal governo per individuare gli interventi urgenti, e questi – conclude l’onorevole – devono intanto riuscire a evitare la giungla nei rapporti di lavoro.”

Nsn, fumata nera: in 154 verso il licenziamento

Si è chiusa con la firma del “non accordo” la trattativa tra sindacati e Nokia Solutions and Networks, di cui l’ultima riunione si è tenuta questa mattina al ministero del Lavoro. In ballo c’era la mobilità per 154 dipendenti dell’azienda, che da domani potrebbero vedersi recapitare le lettere di licenziamento.
Dopo l’extra time deciso il 24 settembre, quando le parti si erano accordate per concedersi un’ulteriore settimana di tempo dopo la scadenza dei termini della procedura, che pure aveva ingenerato qualche speranza per una soluzione positiva per i lavoratori coinvolti, la riunione di oggi non è servita a un avvicinamento che consentisse di trovare una soluzione.
Dal canto suo l’azienda, sottolinea come l’incontro fosse convocato sugli “esuberi residuali dal piano di ristrutturazione annunciato nel maggio del 2012”, aggiunge che durante la trattativa “l’azienda si è dichiarata disponibile a ridurre del 25% l’impatto della ristrutturazione residuale, diminuendolo a 113 unità”.
Una disponibilità che però, non offrendo una soluzione complessiva per la vertenza, non ha trovato la disponibilità dei sindacati.
“Da questo momento dovremo procedere nella direzione della mobilitazione e del buon senso - afferma Luca Maria Colonna, segretario nazionale della Uilm - mobilitazione per i lavoratori e buon senso da parte dell’azienda”.
“Nsn si è presentata senza avere la disponibilità a trattare né sull’incentivazione né per recuperare attività in Italia, senza cioè modificare in nulla la sua impostazione originaria - afferma Andrea Bellisai, coordinatore nazionale Nsn per Fim Cisl - Anche la disponibilità a ridurre gli esuberi non era circostanziata dai fatti, e in mancanza dell'indicazione di un percorso concreto e complessivo è irricevibile. Si è addirittura fatto un passo indietro rispetto alla riunione precedente, perché ci hanno detto di non avere la disponibilità economica per incentivare i lavoratori che volevano uscire. Noi come sindacato li abbiamo invitati a farsi dare qualche mandato: ora Nsn avrà 120 giorni di tempo per poter operare sui licenziamenti, ma in teoria tutto potrebbe essere ancora possibile, purché quelle lettere non partano. Domani mattina abbiamo l’assemblea con i lavoratori a Milano, riporteremo l’esito negativo dell’incontro, e nel momento in cui dovessero partire i primi licenziamenti le proteste saranno forti”.
“E’ un momento di grande tristezza, per due motivi - afferma Roberto Zanotto, coordinatore della vertenza Nsn per Fiom – In primo luogo per la mortificazione di questo gruppo dirigente, che ha dimostrato di non avere mandato, autonomia, spazio per fare nulla. Perché i finlandesi non glielo danno, ma anche perché non se lo prendono. L’altro motivo - continua - è legato al fatto che questa storia non segna soltanto i problemi per 154 persone, ma per quello che resta di Nokia Italia. Le attività che rimangono in Italia sono estremamente fragili, e non ci sono garanzie per il futuro. Anche la disponibilità dell'azienda a ridurre l’impatto della ristrutturazione è stata molto teorica, piena di condizionali, senza che ci fosse nulla nero su bianco. In ogni caso - conclude Zanotto - se Nsn dovesse ritenere di avere mandato per trovare una soluzione noi siamo disponibili, purchè non inizino i licenziamenti. Ma se partirà la prima lettera faremo scelte estreme”.
Tra le proposte sul tavolo, sulle quali non si è arrivati a un’intesa, e di cui al ministero del Lavoro si era discusso già il 18 settembre, c’erano in particolare due questioni: un incentivo alle persone che decidessero volontariamente di lasciare il posto di lavoro, partendo dalla base delle 42 mensilità, rispetto al quale si era parlato dell'eventualità che un centinaio di lavoratori potessero essere disponibili ad accettare l'offerta, e la possibilità di estendere ancora per un anno la Cigs, purché effettuata a rotazione.

Terminata la fase di mediazione obbligatoria, i sindacati sperano ancora che si possa arrivare a una soluzione in extremis, con una coda della trattativa che possa portare a un finale di partita meno doloroso per i lavoratori coinvolti. Un eventuale sviluppo che dovrà essere verificato nei prossimi giorni, se sarà tenuta in considerazione la “moral suasion” del ministero.

Call Center: Azzola (Slc Cgil), nuovi licenziamenti a Milano. Responsabilità è nella assenza delle istituzioni

“Una nuova crisi occupazionale nei call center con 152 lavoratori di Milano che perderanno il lavoro presso E Care – dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil. “La tragedia che sta investendo il settore dei call center non ha fine e nelle prossime settimane la situazione peggiorerà.”
“E’ paradossale che tutte le crisi occupazionali non sono riferibili alla crisi economica ma unicamente all’assenza di regole sui cambi di appalto che consente ai clienti di cambiare continuamente fornitore con l’unico scopo di abbassare il costo del servizio e aumentare i margini di guadagno delle imprese.”
“E’ da mesi che ripetiamo che in nessun Paese europeo sta avvenendo quanto accade in Italia – prosegue il sindacalista. La Spagna ha introdotto clausole sociali che impongono alle imprese che cambiano fornitore di servizi, di assumere tutto il personale già occupato in quella attività. Solo da noi le resistenze adottate da un pezzo di mondo imprenditoriale impediscono di definire una norma di assoluta civiltà.”
“Sconcerta l’assenza del Governo che si era impegnato a riconvocare il tavolo per la prima settimana di settembre, proprio per affrontare i temi della clausola sociale, e invece ha dimostrato tutta la sua inaffidabilità rispetto gli impegni assunti. Migliaia di lavoratori stanno perdendo in tutta Italia il posto di lavoro, con veri e propri drammi sociali determinati unicamente dalla volontà della politica di non recepire le normative europee che tutelano l’occupazione. E oltre al danno ci sarà la beffa. Perché i costi sociali causati dall’assenza di regole li pagheranno gli italiani con il ricorso agli ammortizzatori in deroga mentre il lavoro si sposterà in Paesi a più basso costo.”
“Invitiamo Renzi e il Governo – conclude Azzola - a venire a conoscere direttamente questi lavoratori e a toccare con mano le tragedie causate dalla mancata volontà di governare.”

“E’ evidente che il livello di barbarie raggiunto dal mercato non potrà che costringere i lavoratori e le lavoratrici del settore, insieme alle loro rappresentanze sindacali, a mobilitarsi nuovamente e riportare in piazza, in una nuova manifestazione nazionale, le giuste ragioni della protesta.”

29 settembre 2014

"Il teatro Bellini rilanci le attività"

Nota unitaria dei sindacati
"La politica dei tagli alle attività teatrali operata dalla Regione Siciliana, l’incertezza rispetto ai tempi di erogazione dei contributi assegnati, così come l’incapacità di sciogliere alcuni nodi che ne impediscono il corretto e pieno funzionamento, sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza del Teatro Massimo "V.Bellini". 
Lo scrivono in una nota i rappresentanti sindacali di Slc Cgil Davide Foti, Fistel Cisl Antonio D'Amico, Uilcom Uil Giovanni Nicotra, Fials Aldo Ferrente, Libersind Salvatore Todaro, Ugl Massimo Ruta.
"Gli stanziamenti previsti per il “Bellini” dalla Regione, sono infatti appena sufficienti al pagamento delle retribuzioni dei dipendenti con grave pregiudizio della normale programmazione/gestione delle attività artistiche che comunque viene messa a rischio a causa della mancata soluzione di alcuni impedimenti ereditati da una delle recenti gestioni commissariali. Gestioni che, interpretando in maniera rigidamente burocratica e restrittiva il proprio ruolo, hanno reso complesso il reintegro delle figure professionali, artistiche e tecniche, necessarie alla normale attività.
Bisogna mettere in condizione il nostro Teatro di poter finalmente rilanciare le proprie attività e per farlo bisogna avviare un confronto con i sindacati rispetto alle soluzioni realmente praticabili per la piena occupazione dei lavoratori precari del bacino artistico, di quello tecnico e di quello amministrativo.
Non è più il tempo delle pacche sulle spalle che spesso, alla fine dei conti, si risolvono con lo scaricabarile delle responsabilità.
Inoltre, i recenti successi artistici che ha riscosso il Bellini nel corso della tournée in Cina e la magnifica Boheme al Teatro Grande di Pompei con la quale, sotto l’Alto Patrocinio del MIBAC e della Presidenza della Repubblica, il nostro gioiello artistico è stato chiamato ad inaugurare la prima edizione del Pompei Festival, con la riapertura, alla grande lirica degli storici scavi, nonché la scenografica Aida al Teatro Greco di Siracusa, confermano tutto il valore di una prestigiosa istituzione culturale che non merita, a causa di una sonnolenta gestione, di rimanere inattiva per lunghi periodi di tempo e in ogni caso l’attività dell’Ente non può risolversi nella sola esibizione esterna.
I lavoratori e le masse artistiche del Bellini chiedono di poter essere messi nelle condizioni di lavorare e produrre proprio all’interno del Massimo Teatro, consapevoli che l'istituzione non può svilita al ruolo di merce a disposizione dei diversi, spesso folkloristici, impresari di turno. Si chiede quindi a viva voce alle istituzione di scongiurare il vuoto di produzione che determina il mancato utilizzo delle maestranze, accolgano in fretta questo grido di allarme, una prestigiosa e centenaria realtà artistica come l’Ente Regionale Teatro Massimo Bellini non può e non deve morire per disinteresse pubblico o per incuria gestionale; sarebbe un delitto imperdonabile, e i catanesi, il mondo culturale non lo dimenticherebbe mai.
Per quanto riguarda infine la condizione amministrativa dell’Ente, con un organico di impiegati e funzionari ormai decimato, la nostra organizzazione ritiene indispensabile che si approntino tutti i mezzi tecnici e di supporto affinché vengano definitivamente approntati ed approvati il bilancio consuntivo 2013 e quello preventivo 2014 ed anche in questo caso bisogna fare in fretta perché altrimenti si rischia la paralisi dell’ente".



Rai: Sindacati, domani presidio al Mise su vendita Rai Way


Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-Confsal hanno organizzato per il 30 settembre, dalle ore 11.00 alle ore 14.00, il presidio dei lavoratori Rai Way e Rai sotto la sede del Ministero dello Sviluppo Economico (Via Molise). L’iniziativa è indetta per protestare contro la vendita di Rai Way, società che detiene gli impianti trasmittenti (la rete digitale) ed il personale che li gestisce.
“I sindacati sono contrari alla vendita parziale o totale dell’azienda, giudicata asset strategico  per diffondere i contenuti televisivi e radiofonici e per vedersi assegnata nel 2016 la concessione di servizio pubblico radiotelevisivo.” Annuncia una nota unitaria.
“Sono settimane che abbiamo chiesto al Ministero, ed in particolare modo al sottosegretario alle comunicazioni, l’On. Giacomelli, un confronto alla presenza dell’azienda, ma in pieno stile del Governo Renzi non vi è stata nessuna disponibilità in tal senso.
“In gran fretta, si sta procedendo alla cessione dell’assetto, senza che le parti sociali siano state informate sulla percentuale di azioni collocabili in borsa e senza che siano state chiarite le modalità di tale collocazione. Sul forte dubbio di legittimità dell’operazione, le organizzazioni sindacali hanno scritto alle autorità competenti CONSOB, Corte dei Conti, Agcom e AGCM.”

“Va detto – conclude la nota – che siamo in assenza di un Piano Industriale di Rai o Rai Way, condizione che impedisce ogni certezza rispetto al futuro industriale ed occupazionale della più grande azienda culturale del paese.”

28 settembre 2014

CGIL, il 25 ottobre in piazza San Giovanni per il cambiamento

da www.cgil.it
Una giornata di mobilitazione nazionale il 25 ottobre a Roma in Piazza San Giovanni è stata decisa dal Comitato direttivo della CGIL con solo quattro voti contrari. Al centro della manifestazione le proposte del sindacato sul lavoro ed in particolare sull'estensione dei diritti a tutte le lavoratrici ed i lavoratori affinché non ci siano più dipendenti di serie A e di serie B. La manifestazione, inoltre, cadrà nei giorni in cui il Parlamento discuterà la legge di stabilità, dunque in piazza San Giovanni non mancheranno precise rivendicazione su nuove politiche economiche che contrastino la recessione, favorendo una vera ripresa del Paese.

Sarà una "grande manifestazione della CGIL all'insegna del cambiamento del nostro Paese, a partire dalla libertà e dall'uguaglianza del lavoro". Ha dichiarato Susanna Camusso, Segretario Generale della CGIL, al termine della riunione del direttivo. Con l'appuntamento del 25 ottobre "inizia una stagione, per noi, di conquista di un cambiamento della politica economica del Paese", ha aggiunto Camusso. 

La scelta di convocare la manifestazione del 25 ottobre, come spiega la CGIL nel documento "non è, né può essere intesa come una scelta di separazione da CISL e UIL. La nostra piattaforma che tiene in valore quella unitaria su fisco e previdenza, è aperta al confronto e al contributo di tutti, come ferma è la volontà di confermare tutte le iniziative unitarie e di categoria, già programmate, a partire dalla manifestazione dei lavoratori pubblici dell'8 novembre, convinti che sia da tutti sentita la necessità di riprendere e consolidare un cammino unitario".

26 settembre 2014

Davide Foti Slc Cgil Catania: Vogliono definitivamente cambiare lo stato sociale nel mondo del lavoro.

Stiamo rischiando di cadere in una sterile polemica che quattro incompetenti del Governo insieme al suo Presidente stanno architettando. Non si tratta solo di art.18 dentro questo provvedimento si mettono in discussione altri due articoli fondamentali: art.4 e art.15. Il primo garantisce che il lavoratore non venga controllato in maniera invasiva ed il secondo garantisce al lavoratore di non essere demansionato ne professionalmente ne economicamente.
 Oggi la lotta contro questo governo ė evitare di fare diventare il lavoro "servile".
Compagne e compagni vogliono definitivamente cambiare lo stato sociale nel mondo del lavoro. IO NON CI STO!

Cassazione: spetta sempre al lavoratore dimostrare il mobbing


La Cassazione, con la sentenza n. 19782 dello scorso 19 settembre, torna a pronunciarsi sull’annosa questione del mobbing e al connesso diritto del lavoratore al risarcimento morale, biologico ed assistenziale.
Con questa pronuncia gli Ermellini, confermano l’orientamento giurisprudenziale avanzato dalla Corte Costituzionale e, recepito dalla stessa giurisprudenza della Cassazione, circa i presupposti per la configurabilità del mobbing e, circa l’onere della prova che incombe sul lavoratore.
Nella specie, un lavoratore ricorreva in giudizio avverso la società datrice di lavoro e, chiedeva l’accertamento della sussistenza della condotta persecutoria tenuta dal datore di lavoro nei propri confronti e del nesso causale tra tale condotta e le patologie contratte, nonche’ la condanna al risarcimento del danno (biologico, morale, esistenziale) subito dal ricorrente, pari a complessivi euro 105.000,00.
Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello, rigettavano tale domanda, escludendo che nella fattispecie “si potesse configurare il c.d. terrorismo psicologico e, comunque, l’elemento dequalificante e discriminatorio dell’asserito mobbing, difettando l’esistenza degli elementi strutturali sia sotto il profilo oggettivo, costituito dalla frequenza e ripetitivita’ nel tempo dei comportamenti del datore comportanti abusi nei confronti del lavoratore, sia sotto il profilo soggettivo, rappresentato dalla coscienza ed intenzione del primo di causare danni”.
Il lavoratore ricorreva dunque in Cassazione.  La Suprema Corte, nel richiamare giurisprudenza consolidata in materia (da ultimo, Cass., n. 18927 del 2012), afferma che “nella disciplina del rapporto di lavoro…, il datore di lavoro non solo è contrattualmente obbligato a prestare una particolare protezione rivolta ad assicurare l’integrità fisica e psichica del lavoratore dipendente (ai sensi dell’articolo 2087 c.c.), ma deve altresì rispettare il generale obbligo di neminem laedere e non deve tenere comportamenti che possano cagionare danni di natura non patrimoniale, configurabili ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i suddetti diritti”.
Alla base della responsabilita’ per mobbing lavorativo si pone dunque l’articolo 2087 cod. civ., che obbliga il datore di lavoro ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrita’ psico-fisica e la personalita’ morale del lavoratore, per garantirne la salute, la dignita’ e i diritti fondamentali, di cui agli articoli 2, 3 e 32 Cost..
Fra le situazioni potenzialmente dannose e non normativamente tipizzate rientra il mobbing che, designa
un complesso fenomeno consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui e’ inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo”.
Per aversi mobbing devono dunque sussistere:
- una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
- l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
- il nesso eziologico tra la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità;
- il suindicato elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi (vedi: Cass. 21 maggio 2011 n. 12048; Cass. 26 marzo 2010 n. 7382).
E’ onere del lavoratore provare l’esistenza degli elementi caratterizzanti la condotta di mobbing mentre, è onere del datore provare l’adozione di tutte le cautele impostegli dall’art. 2087 c.c.  a tutela della salute e integrità psico fisica del lavoratore.
Onere della prova che nel caso di specie non è avvenuto da parte del lavoratore. E ciò perchè, a detta del Giudice di secondo grado, “i fatti dedotti dall’appellante non sarebbero stati di per se’ soli sufficienti a configurare al sussistenza di una condotta mobbizzante da parte del datore di lavoro, dovendosi provare l’esistenza di comportamenti, protratti nel tempo, che rivelassero, in modo univoco, un’esplicita volonta’ di quest’ultimo di emarginazione del primo”.




25 settembre 2014

Almaviva Contact: Dichiarazione di Davide Foti responsabile TLC Slc Cgil Sicilia

Anziché parlare del sesso degli angeli, la politica si occupi dei problemi veri del paese e della piena agibilità di chi opera nel mezzogiorno del paese e rischia in proprio per la sana occupazione.E' semplicemente spregevole che all'indomani dello spostamento delle attività in Sicilia,  Almaviva Contact che occupa 4500 lavoratori a Palermo e più di 1500 a Catania,  possa essere stata fatta oggetto di una così ignobile intimidazione.Il fatto che siano state imbrattate di nafta le pareti della sede di via Cordova a Palermo è disgustoso ed abietto.La viltà criminale di chi ha compiuto un simile gesto deve essere svelata ed i colpevoli devono essere assicurati alla giustizia.Al gruppo Almaviva (proprietà, management e  lavoratori) assicuriamo tutto il nostro pieno sostegno e la nostra solidarietà.   
Davide Foti
Coordinatore Regionale responsabileTlc Slc Cgil Sicilia

23 settembre 2014

Cassazione: Bastona Equitalia Prima casa non si può pignorare


Buone, anzi ottime notizie dalla Cassazione. Con la sentenza numero 19270/2014 del 12 settembre, gli Ermellini hanno stabilito che Equitalia non potrà più pignorare la prima casa. Già in passato si è parlato di pignoramento, da parte dell'Ente di riscossione crediti dell'Agenzia delle Entrate, della prima casa, che poteva avvenire solo in alcune situazioni. La novità introdotta dalla Corte di Cassazione stabilisce che, a prescindere dalla data di entrata in vigore del provvedimento, non vi potrà essere nessun pignoramento, nemmeno per quanto riguarda i casi precedenti. Un parere, quello della Suprema Corte, che si oppone all'opinione espressa a suo tempo dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che aveva affermato che la norma entrata in vigore con il Decreto Legge 69/2013, il cosiddetto "decreto del fare", non potesse essere retroattiva e dunque non potesse essere applicata ai pignoramenti avviati prima del 21 giugno 2013. La Corte di Cassazione ha invece esteso la non pignorabilità a tutti gli immobili soggetti ai procedimenti di Equitalia ancora in corso, con esclusione delle abitazioni accatastate come di lusso. Questo pronunciamento della Suprema Corte riguarda, ovviamente, solo i procedimenti avviati dall'Ente di riscossione dell'Agenzia delle Entrate e non esclude i pignoramenti in tutte le situazioni.
La parte saliente della sentenza della Corte di Cassazione dice: "dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti di processi iniziati prima". Dunque ogni provvedimento di pignoramento relativo alle cartelle esattoriali di Equitalia non pagate dovrà essere annullato ad esclusione di quelli che riguardano le abitazioni considerate di lusso. Si fa riferimento, secondo quanto stabilito dalla Cassazione, ai cittadini che possiedono un solo immobile (lo stesso interessato dal pignoramento) e che per loro esso sia l'effettiva abitazione in cui risiedono abitualmente ed anagraficamente. Si tratta di una sentenza che farà tirare un sospiro di sollievo a molti contribuenti. È un provvedimento che riguarda solo gli interventi di Equitalia; quindi, ad esempio, i pignoramenti da parte delle banche a causa del mancato pagamento delle rate del mutuo, sono ancora attuabili, ma è comunque un passo avanti notevole e uno strumento per dare ossigeno ai cittadini oppressi dai debiti.

Call center, Riccardo Saccone(Slc Cgil): "L’assenza di regole crea la barbarie del mercato"


“Una ricerca condotta dall’Istat e dall’Isfol certifica come gli addetti ai call center siano, oggi nel mondo del lavoro italiano, i lavoratori che stanno attraversando la crisi con il maggior senso di insicurezza ed insoddisfazione” dichiara Riccardo Saccone di Slc Cgil nazionale.
“Un risultato che, purtroppo, non suscita alcuna sorpresa. Non per nulla stiamo conducendo da mesi una difficile battaglia per regolamentare gli appalti nel settore e per dare regole più certe a lavoratori che oggi sono alla totale mercé di un sistema che permette che le commesse vengano tolte ed assegnate su criteri che esulano totalmente dal fattore lavoro.”
“Come potrebbe sentirsi sicuro il lavoratore di un’azienda – prosegue il sindacalista – che si vede togliere il lavoro da un importante committente e che vede il proprio futuro legato a meccanismi di vero e proprio ricatto occupazionale? Perché dovrebbe sentirsi protetto un lavoratore che sa bene che la propria storia retributiva, la propria professionalità sono considerati un peso da eliminare dalla maggior parte degli uffici acquisti delle grandi committenze, che vedono nella compressione brutale del costo del lavoro e dei diritti la strada maestra per massimizzare i profitti.”
“Davvero qualcuno pensa che con questi presupposti il Paese possa anche solo immaginare una ripresa? Il Governo dovrebbe riflettere con attenzione su questi risultati. Dovrebbe riflettere ed agire perché questi dati non arrivano certo come un fulmine a ciel sereno dal momento che il sindacato ancora attende la nuova convocazione, annunciata dal Viceministro allo sviluppo Economico per i primi di settembre (se questo silenzio dovesse perdurare saremmo autorizzati a non annoverarne l’affidabilità fra le virtù maggiori), del tavolo ministeriale dove si sta discutendo proprio dei motivi che sono alla base di questa insicurezza. Ed invece da mesi quel tavolo è bloccato anche per le forti pressioni dei committenti. Tutto mentre nel Paese assistiamo al dibattito surreale sull’articolo 18 che fermerebbe lo sviluppo e la ripresa.”
“Siamo davvero curiosi di capire se qualcuno al Governo vorrà confrontarsi con le paure di queste migliaia di cittadine e cittadini, paure che non si possono risolvere con un hashtag o con un selfie – conclude Saccone. Per portare quel dato terrificante a livelli accettabili ci voglio fatti concreti e decisioni coraggiose in linea con quanto avvenuto nel resto d’Europa.  Altrimenti il declino del Paese sarà inevitabile e con esso anche la credibilità e l’affidabilità delle istituzioni.”


20 settembre 2014

Luisa Albanella: interrogazione parlamentare sulla vertenza Accenture

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali – per sapere, premesso che:
secondo i piani comunicati nel luglio scorso dalla multinazionale americana della consulenza aziendale Accenture, è stata aperta la procedura di licenziamento collettivo per i 262 dipendenti di Palermo e che dovrebbe concretizzarsi dal prossimo novembre, a seguito della disdetta presentata dal cliente British Telecom;
si tratta di lavoratori dal 2005 svolgono la loro attività con professionalità e dedizione, pur in un contesto aziendale che negli anni ha registrato perdite di commesse in essere, delocalizzazioni delle attività acquisite e allo spostamento su altre sedi del gruppo dei progetti avviati sulla sede di Palermo, così vanificando i sacrifici economici richiesti ai dipendenti e funzionali al recupero di competitività del centro a cui non è corrisposto alcun investimento finalizzato a valorizzare le competenze professionali dei dipendenti in linea con gli standard Accenture vigenti sulle altre sedi;
la multinazionale Accenture ha bilanci in attivo e fatturato in crescita e “collabora con le organizzazioni del settore pubblico di tutte le aree di interesse per fornire soluzioni flessibili applicando le proprie capacità eccellenti alle problematiche dei clienti per aiutarli a raggiungere alte performance” e “offre un'esperienza globale nell'implementazione di portali per le agenzie delle entrate e di sistemi fiscali integrati”, con oltre 293 mila professionisti in oltre 120 paesi, così come si evince dallo stesso sito ufficiale del gruppo;
appare incomprensibile come un gruppo di tali dimensioni sia “costretto” a ricorrere al licenziamento collettivo di 262 dipendenti, scaricando sui lavoratori e sul sistema degli ammortizzatori sociali, le conseguenze della perdita di una commessa e non possa ricollocarli all’interno della propria struttura;
la società Accenture è Global System Integration Partner di Expo Milano 2015;
c’è la fondata preoccupazione che il caso del call center Accenture di Palermo possa diventare un “caso scuola” delle distorsioni del mercato del customer care in Italia che potrebbe, di fatto, colpire tutti i lavoratori delle aziende che ad oggi hanno esternalizzato -:
quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare il licenziamento collettivo di un gruppo così consistente di lavoratori in un contesto territoriale, quale quello palermitano, già caratterizzato da preoccupanti livelli di disoccupazione e disagio sociale;
se non ritenga necessario convocare un tavolo di confronto con l’impresa, le organizzazioni sindacali, le autorità locali nonché con i rappresentanti della società committente British Telecom, al fine di individuare le soluzioni più opportune per evitare la chiusura del centro di Palermo della società Accenture e garantire la continuità occupazionale dei lavoratori operanti in tale struttura aziendale.
On. ALBANELLA


Inps: rientro anticipato dalla malattia


L'Inps con il messaggio n. 6873/14 ha fornito chiarimenti in merito al rientro anticipato dalla malattia del lavoratore. Chiarimenti che si sono resi necessari, secondo l'Inps, per i numerosi quesiti formulati in materia di assenza per malattia e casistica del rientro anticipato nel luogo di lavoro.
La prima cosa esaminata dall'Istituto è quella relativa all'invio dei certificati via telematica che consente in tempi brevissimi, al medico di base, di formulare un decorso più favorevole della malattia, tale da poterne ridurre la prognosi.
La seconda è che il datore di lavoro è obbligato ad adottare tutte quelle misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei suoi lavoratori e aggiunge che l'art. 20 del T.U. sicurezza obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quelle delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.
La terza cosa affrontata dall'Inps è quella che il datore di lavoro dispone solo dell'attestato di malattia e quindi non conoscendo la diagnosi, né la malattia, non può essere in grado di valutare adeguatamente se e in che misura il lavoratore possa rientrare prima in servizio.
In conclusione ogni dipendente assente per malattia e che voglia riprendere il lavoro prima di quanto prevede il certificato medico, potrà farlo solo esibendo un altro documento del medico di base a rettifica della prognosi originaria.
Trattamento di malattia
Dal punto di vista del diritto del lavoro, la malattia viene definita come uno stato di alterazione della salute che provoca un’assoluta o parziale incapacità di svolgere l’attività lavorativa.
In caso di malattia, la legge tutela il lavoratore sia sotto il profilo della conservazione del rapporto lavorativo, attribuendogli il diritto di assentarsi dal lavoro per un certo lasso di tempo (c.d. periodo di comporto), nel corso del quale il datore di lavoro non potrà licenziarlo; sia sotto il profilo economico, riconoscendogli il diritto a percepire la retribuzione o un’indennità, nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme contrattuali o dal giudice secondo equità. In taluni casi l’onere della retribuzione è sostenuto totalmente dal datore di lavoro (malattia non indennizzata dall’INPS), mentre in altri l’INPS eroga l’indennità di malattia, che può essere integrata o meno dal datore di lavoro.
La legge prevede una serie di adempimenti a carico del lavoratore ammalato.
In primo luogo, il lavoratore deve comunicare tempestivamente al datore di lavoro la propria assenza per malattia. Sono poi i singoli contratti collettivi nazionali a stabilire con maggior precisione i tempi entro cui debba avvenire detta comunicazione.
In secondo luogo, il lavoratore deve sottoporsi, in genere già dal primo giorno di malattia, a un accertamento sanitario da parte del medico curante, che rilascia un’apposita certificazione. In caso di malattia che comporti un’assenza dal lavoro superiore a 10 giorni, la certificazione potrà essere rilasciata esclusivamente da un medico del Servizio Sanitario Nazionale (o con esso convenzionato). Il medico trasmette il certificato di diagnosi sull'inizio e sulla durata presunta della malattia per via telematica all’INPS, che a sua volta provvede a inoltrarlo al datore di lavoro. È fatto obbligo al lavoratore di fornire, qualora espressamente richiesto dal proprio datore di lavoro, il numero di protocollo identificativo del certificato di malattia comunicatogli dal medico.
Allo scopo di rendere possibile il controllo dello stato di malattia, il lavoratore ha l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale durante tutta la durata della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi, nell’ambito delle fasce di reperibilità stabilite dalla legge. Lo stato di malattia può essere verificato, su richiesta del datore di lavoro o dell’INPS, solo da apposite strutture sanitarie pubbliche (in particolare, dell’ASL ovvero della stessa INPS).
In caso di assenza ingiustificata alla prima visita di controllo, il lavoratore perde il diritto al trattamento economico per i primi dieci giorni di malattia. L’assenza ingiustificata alla seconda visita di controllo comporta, invece, oltre alla sanzione precedente, anche la riduzione del 50% del trattamento economico spettante per il periodo successivo ai primi 10 giorni e sino alla conclusione del periodo di malattia. Da ultimo, se il lavoratore risulta ingiustificatamente assente anche a una terza visita di controllo, la corresponsione dell’indennità di malattia a carico dell’INPS viene interrotta.
A seguito della Riforma Fornero, che ha profondamente modificato la disciplina applicabile ai licenziamenti di lavoratori in aziende con più di 15 dipendenti, la legge oggi prevede che qualora il datore di lavoro licenzi il lavoratore ammalato, in violazione dell’obbligo di conservazione del posto di lavoro durante il periodo di comporto, il giudice lo condannerà alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento, a favore del dipendente, di un’indennità risarcitoria non superiore a dodici mensilità.
Quanto alle aziende con meno di 15 dipendenti, invece, nulla è mutato a seguito della Riforma Fornero: l’eventuale licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto continuerà, pertanto, a considerarsi nullo per violazione della norma imperativa prevista dall’art. 2110 c.c.



Art.18. Il reintegro esiste ovunque, toglierlo è un rischio


Intervista rilasciata a Paolo Baroni su “La Stampa” del 19 settembre 2014.

Certo, in Italia il solco tra lavoratori garantiti e lavoratori non garantiti è grande, ma questo problema non si risolve creando nuove divisioni. E se il nodo, invece, è quello di favorire la crescita il problema va rovesciato: non sono le regole del lavoro che favoriscono lo sviluppo quanto gli investimenti. Per cui, invece di cambiare di nuovo l’articolo 18, occorre mettere in primo piano politica industriale e politica fiscale. E’ vero c’è un problema di modernizzazione del mercato del lavoro, un mercato molto segmentato, dove negli anni si è accentuata la precarietà. Ora serve un riordino: ma non perché lo chiede l’Europa, ma perché lo chiede la condizione sociale del Paese.
La riforma alla fine deve rappresentare il punto comune di una valutazione che appartiene a tutto il Paese.
A mio modo di vedere, tutela del lavoro, dignità del lavoro, un diverso rapporto lavoratore-impresa devono far parte di un’idea di sviluppo che deve essere compatibile col fatto che dobbiamo competere con prodotti, servizi e aziende di qualità.

Quindi che riforma serve?
Il primo punto da cui partire è collegare formazione e lavoro in maniera più stabile e forte. Abbiamo bisogno di formare di più e meglio i lavoratori con un rapporto più stretto coi fabbisogni delle imprese, cambiando totalmente il rapporto tra scuola, università, ricerca e lavoro sull’esempio Usa. Poi, sul versante delle imprese, occorre migliorare la qualità della domanda, per evitare di vedere fuggire in Germania i nostri ingegneri. Bisogna puntare sulla qualità, perché a noi non serve un modello di sviluppo incentrato su decentramento delle produzioni, pressi bassi e grandi quantità. Questo è un modello di sviluppo “basso” che non risponde all’esigenza di arrestare il declino dell’Italia.

Detto ciò la questione apartheid resta però irrisolta.
È il secondo punto da affrontare: il nostro mercato del lavoro deve essere reso più inclusivo. Oggi ci sono lavoratori che non hanno diritti. Tra i giovani sono la maggioranza. Il diritto alla maternità va certamente esteso a tutti e va a superata la cassa in deroga, che è stata utile ma non può essere certamente “il modello” perché è troppo occasionale. Mentre invece bisogna poter garantire a chi resta senza lavoro una tutela più universale. E per far questo occorre riformare anche gli strumenti di avviamento e accompagnamento al lavoro, che da noi funzionano male. Inoltre col Jobs act bisogna trovare il modo di semplificare il numero di modelli contrattuali.

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti può essere la soluzione?
Questa è una buona soluzione, ma bisogna fare in modo che assorba e sostituisca una parte consistente delle forme spurie tipiche del lavoro. Soprattutto, occorre vedere bene la questione del reintegro.

Nel testo votato ieri non se ne fa cenno. Va lasciato o tolto?
Chiariamo subito che in molti paesi europei il reintegro, magari con forme diverse, c’è. Non è vero che non c’è. Ora però se lo si fa saltare totalmente per affidarsi unicamente al risarcimento monetario si crea una soluzione che ha un limite fondamentale, come ci dimostra la Spagna di oggi. Si parte con un risarcimento alto, alla prima difficoltà poi lo si dimezza, quindi con la crisi lo si fa saltare del tutto. Col risultato che il lavoratore resta senza tutela. Poi pensiamo ad un lavoratore licenziato con l’accusa di aver rubato, se poi si dimostra che questa accusa è falsa perché non può essere reintegrato? Il cuore della discussione è questo e per questo invito il Pd a riflettere.

Ma su questo tema si può davvero creare una frattura nel partito?
Dipende da come si risolve la questione: è chiaro che su questo punto possono maturare posizioni differenti. Ma, ripeto, per me questo è un tema importante, che non appartiene all’altro secolo ma attiene alla qualità del lavoro e all’idea di sviluppo di oggi e di domani.

Ma allora il reintegro va lasciato com’è, o si può affinare ulteriormente?
Si può affinare, ma già ipotizzare che scatti dopo tre anni è un bel salto. Detto questo, pensare che chi ce l’ha lo può tenere, mentre i neoassunti non lo possono avere mai più non mi convince. E’ questa la soluzione migliore: ridividere i lavoratori per generazioni?


Articolo 18. Vota anche tu.


"Tlc in forte crisi, ma la filiera continua a crederci"

 di Federica Meta
Regole pro investimenti e diffusione della cultura digitale. È questa, secondo il presidente di Asstel Cesare Avenia, utile a cambiare il trend della filiera delle Tlc che, nel 2013 come evidenziato “Rapporto sulla filiera delle Telecomunicazioni in Italia 2014” della School of Management del Politecnico di Milano , ha vissuto il suo annus horribilis con un calo del 7% del fatturato e del 2%.
“La filiera è in difficoltà, ma continua a crederci – ha però voluto evidenziare Avenia, in occasione del forum annuale di Asstel - In questo difficile contesto ci aspettiamo un’attenzione particolare delle istituzioni. Quella che va sottolineato con forza è che se la filiera delle Tlc soffre è il Paese stesso a soffrire, dato che quelle aziende hanno dato e continueranno a dare un contributo forte all’infrastrutturazione del Paese”.
“E' necessario – ha avvertito– è lavorare sul terreno della cultura digitale: l’Italia è il paese dove a fronte del 99% di copertura a banda larga e del 23 di ultralarga, esiste le penetrazione più bassa di tutta Europa. E la scarsa adozione del digitale non permette nemmeno la giusta remunerazione degli investimenti”.
In questo scenario favorire gli investimenti degli operatori tlc è fondamentale, ma per questo occorre un quadro regolamentare chiaro e a favore dell’innovazione. “Oggi il maggior ostacolo allo sviluppo dell’economia digitale è proprio l’inadeguatezza del processo normativo, troppo lento, farraginoso e poco capace di valorizzare le novità che la filiera delle Tlc, soggetta essa stessa a un processo evolutivo, sta generando nell’economia italiana – ha sottolineato Avenia -  Di questo rischio danno conto le difficoltà che si sono manifestate sulla definizione di normative tecniche che devono facilitare la realizzazione delle nuove infrastrutture di rete fissa e mobile. A ben due anni di distanza dall’emanazione della norma primaria (Crescita 2.0), permangono elementi di incertezza sul regolamento degli scavi per la posa in opera della fibra ottica. Nessun progresso si registra sul caso delle linee guida da emanare sulle nuove modalità di misurazione dell’emissione elettromagnetica, atto necessario per lo sviluppo della Lte”.


Telecom: Patuano, con solidarietà 'integenerazionale' assunzione giovani

Il contratto di solidarietà va ripensato "in una logica espansiva" tale da permettere l'assunzione di giovani. E la proposta giunge dall'ad di Telecom Italia, Marco Patuano, che nel corso del Forum promosso da Asstel spiega come "il comparto ha un bassissimo livello di turnover" e che le aziende stanno diventando meno giovani "come nel caso della stessa Telecom Italia dove l'età media è di 47 anni. Di qui, spiega il manager, "la necessità di ringiovanirci che dovrebbe avvenire con un nuovo utilizzo del contratto di solidarietà tale da permettere l'assunzione di ragazzi giovani in grado di portare nuovo know how". Patuano parla di un "contratto di solidarietà intergenerazionale che consentirebbe -dice- migliaia di assunzioni".Quanto al livello di turnover, giudicato dal manager "troppo basso", ci vorrebbe un "diverso riparto degli oneri" visto che ora la flessibilità in uscita "termina o con la penalizzazione del lavoratore o con un carico troppo forte per la parte datoriale".

Art.18, è di nuovo battaglia


Torna la battaglia sull'Art.18 dello Statuto dei lavoratori, divenuto ormai un simbolo dopo lo scontro nel 2002 tra il governo e la Cgil guidata allora da Sergio Cofferati. Un dibattito che emerge ciclicamente. Perchè dopo i profondi mutamenti intervenuti in questi anni nel tessuto produttivo, la sua solidita' - secondo l'opinione dei suoi detrattori - si  è ormai incrinata, rappresenta un elemento di rigidità del mercato del lavoro, ma anche un freno agli investimenti stranieri. Ma c'è chi continua a difenderlo e a sostenerne il valore ancora oggi. Tra loro innanzitutto ci sono i sindacati, convinti - come ha detto in questi giorni l'attuale numero uno della Cgil, Susanna Camusso - che un intervento sull'Art.18 sarebbe solo "uno scalpo per i falchi dell'Ue".

L'entrata in vigore della legge numero 300 del 20 maggio del 1970, segnò all'epoca uno spartiacque nelle relazioni industriali contribuendo all'evoluzione civile del Paese. Lo Statuto riformò i rapporti di lavoro in azienda, mettendo in primo piano la dignita' della 'persona-lavoratore', rafforzando la posizione del sindacato nell'impresa, capovolgendo il modello imperante fino a quel momento nella fabbrica: autoritario e paternalistico.

Sulla legge hanno pesato l'autunno caldo del '69 e ancor prima i movimenti del '68. Un collegamento non negato da chi e' stato considerato il padre stesso dello Statuto, Gino Giugni, (scomparso a ottobre del 2009, proprio alla vigilia del quarantennale della legge) che la defini' ''il frutto di una felice congiunzione tra la cultura giuridica e il movimento di massa''. Con lo Statuto - si disse allora e anche negli anni successivi - la Costituzione varco' i cancelli della fabbrica . Il primo a sottolineare la necessita' di uno Statuto dei diritti dei lavoratori fu Giuseppe Di Vittorio, leader carismatico della Cgil del dopoguerra, nel congresso di Napoli del 1952.

Nei fatti, prima dello Statuto gli articoli 39 e 40 della Costituzione (rispettivamente la liberta' di organizzazione sindacale e il diritto di sciopero) non erano stati applicati. Era il codice civile, con i contratti collettivi, a disciplinare i rapporti di lavoro. Mancava, dunque, un 'cappello legislativo' ai diritti gradualmente riconosciuti e conquistati negli anni Cinquanta e Sessanta. Il disegno di legge fu proposto dal ministro del Lavoro socialista, Giacomo Brodolini, ex sindacalista (fu vice segretario generale con Di Vittorio) morto troppo presto, a soli 48 anni, per vedere approvata la legge. Fu lui ad affidare ad una commissione di esperti, presieduta appunto dal giovane giurista Giugni, il compito di elaborare il testo. Cosi' come fu decisivo, per l'approvazione della legge, il ruolo di Carlo Donat Cattin, successore di Brodolini alla guida del ministero che prosegui' nella sua linea d'azione. L'articolo sicuramente piu' conosciuto dello Statuto e' il diciottesimo, quello che disciplina il reintegro in azienda del lavoratore licenziato senza giusta causa.

Renzi, giù la maschera!

Renzi in un videomessaggio attacca il sindacato dicendo che difende ideologie e non i lavoratori...premessa la sua evidente connotazione berlusconiana,io vorrei ancora capire lui cosa vuole fare,abbattendo i diritti dei lavoratori e costringendo tutti alla precarietà: ma pensa che siamo idioti credendo alla favola che un datore di lavoro,dopo 3 anni,assuma una persona anzichè licenziarla e sostituirla con un'altra precaria? E perché il cancellare la norma secondo cui sono illegittimi i trasferimenti discriminatori,non quelli economici o per giusta causa,dovrebbe portare nuovi posti di lavoro?


Nota di redazione:
Nella foto il Segretario Generale Slc Cgil Taranto Andrea Lumino



Tlc, Forum Asstel, sintesi intervento di Massimo Cestaro del 18 settembre 2014

Il rapporto sulla filiera delle Tlc ci dice che esiste un problema del sistema paese nel modo con cui affronta l'innovazione tecnologica: fatti salvi gli investimenti, c'è evidentemente un problema culturale a partire dalla PA, mondo fortemente arretrato per l'uso delle nuove piattaforme.
Sul versante del lavoro sono d'accordo con l'AD Telecom Patuano: è necessario passare da un welfare difensivo ad uno espansivo, perché le aziende non possono stare ferme sul ricambio generazionale. Con l'allungamento dei requisiti per accedere alla pensione e la corrispondente riduzione dei tempi degli ammortizzatori sociali, si rischia una esplosione di conflittualità. E’ arrivato il momento di discutere come il diritto del lavoro fotografi il nuovo millennio.
Infine, il paese non ha bisogno di ulteriori conflitti sociali. Nessuno può immaginare che si modifichino arbitrariamente i principi fondamentali dello statuto dei lavoratori senza che si determini un arretramento dei livelli delle relazioni industriali anche nei nostri settori. Il mondo del lavoro rappresenta una straordinaria complessità che non può essere rappresentato con qualche tweet. La complessità e i cambiamenti in essa contenuti si affrontano attraverso l'ascolto di quelli che quella complessità rappresentano.




19 settembre 2014

Telecom Catania: Comunicato Unitario delle RSU su momentanea chiusura mensa


GAMBERO ROSSO GUIDA MICHELIN  O PANINO CON LA MORTADELLA ?
Il mese di agosto, generalmente con una minore presenza di personale e relative proteste, aiuta a far digerire “ le varie purghe”  dichiarando che tali modifiche ormai sono state effettuate e conseguentemente diventavano immodificabili, così come a successo a Catania.
La mensa di Catania che in qualche modo,  da tempo, l’azienda tentava di chiudere è stata oggetto   del blitz delle “ teste di cuoio” della società di ristorazione Elior ( nuova aggiudicataria dei buoni pasto in Sicilia), la quale avendo riscontrato che le cucine, non sono a norma, ne ha deciso unilateralmente la chiusura , senza neanche chiedere alle competenti Autorità eventuali proroghe o slittamenti per il tempo necessario per realizzare le modifiche previste; per altro Telecom, negli ultimi anni  non ha effettuato alcun intervento che si armonizzasse con quanto previsto dalle nuove normative  legiferate; evidentemente il progetto aziendale era ed è quello di chiudere e smantellare il tutto, senza dirlo apertamente, ma alzando “ un muro di gomma” alle relative richieste sindacali.      
Tale progetto aziendale o  meglio definibile in “ arriangiatevi come potete”   attuato  grazie ai solerti  rappresentanti della nuova società di ristorazione,  contestualmente alla chiusura dei locali della mensa (  effettuata con un blitz di poche ore) di via Monsignor Domenico Orlando, oltre a magnificare le  qualità della nuova società  ( da gambero rosso o da guida michelin ?) prevedeva,  per addolcire la pillola, così come riferito alle Organizzazioni Sindacali, la predisposizione in tempi rapidi di locali consoni ( facendo supporre che siano sempre  quelli vecchi)  adeguandoli alle nuove normative, rendendoli  usufruibili con la formula “ lunch bar”,  che consiste in  delle consumazioni  da bar,  precotti con cottura da completare e dei piatti freddi già preparati, quali insalate, mozzarelle e similari, servite da apposito personale ( quello che vi era in precedenza?); nelle more di questa ristrutturazione locali i lavoratori potevano ordinare dei menù prestabiliti che venivano consegnati  dal loro centro di preparazione, evidentemente non c’è bisogno di essere degli chef pluristellati per capire che questo tipo di soluzione può andare bene solamente più che  per dei  piatti freddi  per qualche “panino con la mortadella”; tantomeno è alquanto aleatoria e precaria l’altra soluzione tampone di fare spostare il personale all’esterno dei locali sociali, fino ad arrivare  ai locali interni dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia del Territorio dove è ubicata altra mensa “ Elior”, il cui scopo, attrezzature, dimensioni ed orari sono per il personale della p.a., tant’è che si accede da locali ufficialmente non aperti al pubblico ma riservati al personale interno e la presenza di estranei può essere tollerata come non lo può essere.   
Le motivazioni di cui sopra, i gravi ed ingiustificati ritardi, ci pongono il dovere di richiamare alle loro responsabilità l’azienda che deve fornire, in tempi rapidi, dei  locali adeguati e dall’altro questa società di ristorazione a fornire degli effettivi servizi di ristorazione nei locali aziendali e non di arrangiarci con il mangiare di strada perché siamo in Sicilia, che  a detta degli esperti culinari è tra i migliori che si possa trovare.

 Catania 18/09/2014   

17 settembre 2014

Vodafone: Comunicato del 15 settembre 2014


Lunedì 15 Settembre 2014 si è svolto l’incontro tra Vodafone, OO.SS Nazionali e territoriali nonché con le RSU, sull’informativa annuale sul piano Industriale. L’azienda sottolinea che ci siamo lasciati alle spalle un brutto periodo e conferma la
strategicità dell’accordo del 2013 per contrarre i costi, ma precisa anche che la guerra dei prezzi tra operatori, la presenza ancora di quattro operatori su un mercato ormai saturo, i continui interventi sulle terminazioni mobili, sono fattori che contribuiscono ad un abbassamento sostanziale dei ricavi del settore TLC con ripercussione sui ricavi di Vodafone stessa.
Nonostante il contesto socio economico sopra descritto Vodafone ha deciso strategicamente di voler continuare ad essere leader sul mercato mobile e challenger sul fisso, investendo 3 miliardi ed 800 milioni. Sul fisso in particolare non soltanto investendo sulla classica ADSL ma con particolare attenzione sul mondo della fibra creando nuove infrastrutture.
Nell Call Center, pur confermando il calo sia della customer base che delle chiamate, ci si sta orientando in un cambio di strategia verso le richieste on line, perché sempre più il cliente si orienta in un settore come il self care. E l’azienda sottolinea ancora una volta la strategicità del Call center interno.
Stanno incrementando la gestione del traffico in ambito strutture di gruppo e diminuendo le attività di offshoring anche grazie all’automazione delle stesse. Continuano con l’innovazione tecnologica dei servizi, sviluppano idee nate nei forum interni, migliorando gli strumenti con lo scopo di efficientare le capacità di problem solving verso i clienti. Si Introducono nelle Vodafone Country, “centri di eccellenza” con obiettivo primario della semplificazione.
L’Azienda evidenzia il grande sforzo sostenuto dal settore rete nel progetto SPRING, con un indotto di circa 3000 persone e relativa diminuzione dei consulenti. In tre anni si pongono l’obiettivo di cablare in fibra ottica 150 città, provando a raggiungere, in alcuni casi direttamente il cliente.
I dipendenti Vodafone ad oggi sono 6669 di cui circa 3100 nel CC, circa 1750 in Technology, circa 1200 nel commerciale e circa 550 in aree di staff. Nei negozi sono circa 100 i dipendenti Vodafone gestione. Sono stati erogati circa 26000 giorni di formazione, di cui 23000 per la formazione funzionale, ripartita in 12000 giorni per il CC, 4400 giorni in Technology, 3286 giorni nelle vendite e 3222 per la sicurezza sul lavoro. Le altre 3000 giornate sono state erogate in formazione comportamentale, manageriale e linguistica.
In particolare la formazione è finalizzata a massimizzare l’efficacia della vendita dei servizi. L’azienda ha quindi dato vita a due progetti quali: il RETAIL Transformation ed il SALES Academy. Infine continueranno lo sviluppo del “job posting” con nuove logiche e prospettive che valorizzeranno competenze e potenzialità, rendendo quindi le persone partecipi e responsabili nelle richieste di cambiamento attraverso un processo aziendale di selezione trasparente ed efficace.
Le OO.SS riconoscono a Vodafone che pure in un contesto di forte contrazione dell’intero settore TLC, continua in una politica di investimenti. Rimangono invece le perplessità sul mantenimento complessivo del perimetro aziendale e l’obiettivo che ci si deve porre è quello di mantenere i volumi all’interno di Vodafone Italia, diminuendo ulteriormente il ricorso all’off shoring, nonostante i primi dati positivi fornitici dall’azienda.
Le OO.SS evidenziano la necessità di investire ancor più sulla forza lavoro, in particolare nel Call center, accettando la sfida di riconvertire le professionalità dei lavoratori verso le nuove attività ed i nuovi orientamenti aziendali, sia sull’integrazione fisso/mobile che sulla trasmissione dei contenuti TV.
Sollecitiamo ancora una volta l’utilizzo della Commissione Call Center come previsto nell’accordo del 2013. Rivendichiamo altresì una formazione mirata negli ambiti professionali di competenza evitando differenzazioni territoriali così come invece avvenuto a seguito dell’ultima riorganizzazione.
Le OO.SS evidenziano il buon lavoro fatto con l’accordo del 2013 anche rispetto all’incidenza sul valore di bilancio EBITDA. Richiedono inoltre la giusta attenzione in merito ai parametri ed ai target del PDR vista la continua discesa dei ricavi.
Registriamo ancora oggi, nonostante l’uscita non traumatica di 700 lavoratori, tra l’altro non prevista neanche dalla stessa azienda, pressione inutili e dannose per il clima interno che vengono esercitate su alcuni lavoratori verso ulteriori uscite.
Evitiamo di ripercorrere strade, vedi “Perfomance Dialogue”, che hanno arrecato nel recente passato inutili danni.
Sul tema degli investimenti nel call center, che facevano parte dell’accordo del 2013 abbiamo ribadito come ancor oggi questi risultati non si vedano, non c’è stato alcun ricambio di sistemi e apparecchiature informatiche, che penalizzano ulteriormente il lavoro quotidiano degli operatori. L’azienda ha riconosciuto tali problematiche ma non ha saputo dare tempistiche di risoluzione.
Sul tema consulenze le OO.SS. non sono affatto convinte del calo numerico affermato dall’azienda, si riservano comunque di approfondire, già a livello territoriale la consistenza e la vera necessità del ricorso alle stesse. Vodafone conferma l’accordo in essere in materia di ROL e Ferie, vista l’importanza di usufruire delle suddette spettanze annue con tempi e modi descritti e previsti. Si è convenuta una possibile verifica in merito a situazioni critiche che si potrebbero creare. L’invito che rivolgiamo ai lavoratori è di esigere quanto di loro pertinenza nei tempi e modi previsti dall’accordo attraverso le modalità ufficiali che comprovino inequivocabilmente la richiesta stessa.
Le OO.SS. a conclusione dell’incontro registrano la volontà aziendale di proseguire la strada degli investimenti tecnologici, e la continua ricerca delle soluzioni per risolvere il calo dei ricavi precondizione per traghettare Vodafone fuori dalla crisi.
Confermiamo altresì la valenza dell’accordo in essere, ribadendo comunque che lo stesso potrà continuare a generare nuove efficienze a parità di perimetro di gruppo ed al mantenimento degli attuali assetti occupazionali.
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL



Accenture: Dichiarazione di Davide Foti Coordinatore Regionale TLC SLC CGIL Sicilia


"La grande crisi dei call center è così davvero  iniziata ed in particolare è il nostro territorio a subirne l' effetto che rischia di essere catastrofico per la tenuta dei livelli occupazionali e ciò soprattutto a causa della sordità di chi ci governa ai diversi livelli.
I 262 lavoratori palermitani di Accenture che secondo i piani della multinazionale americana della consulenza da novembre dovrebbero essere licenziati perché la committente British Telecom per la quale lavoravano sino al 2005, ha disdetto il contratto di fornitura , per il mancato adeguamento della normativa nazionale alla disciplina comunitaria in materia di cambio di appalto rischiano dall'oggi all'indomani di trovarsi nel bel mezzo del nulla.
"Ciò, purtroppo, rispecchia in piene quanto denunciato da parecchi mesi dalle OO.SS. in materia di delocalizzazioni e cambio di appalto e ci preoccupa che nonostante le proposte da noi avanzate la politica stia agendo nei tempi che non sono quelli posti dalla problematica in corso" dichiara Davide Foti  coord reg Tlc SLC CGIL Sicilia.
"Se continua così- aggiunge Foti-  ed in assenza di regole nel settore l'attività di call center,  a partire dalla Sicilia,  rischia di essere annientato nel giro di qualche mese. Tra l'altro chi della assenza di regole in materia ne approfitta di più sono le committenti che operano sul nostro territorio grazie a specifiche concessioni governative. Se non si interviene subito altre committenti potrebbero agire nella stessa maniera. A tal punto mi viene da pensare che siano queste multinazionali a dettare le proprie condizioni alla politica nazionale e regionale e ciò non è possibile in nessun altro paese europeo" "ma se a Roma comunque qualcuno batte un colpo in Sicilia il governo regionale continua ad essere presente solo sporadicamente e non ha nessuna capacità di incidere, laddove invece sarebbe possibile farlo, nè ha ancora maturato una propria idea su ciò che bisognerebbe fare; anzi a sentire qualche autorevole esponente di maggioranza gli eventuali rimedi  che propongono (estensione 407 o similari)possono essere peggiori dei mali"
"In Sicilia , nel settore dei call center, ha trovato lavoro una intera generazione , altamente scolarizzata che in mancanza d'altra occupazione così ha costruito il proprio percorso di vita. Prendere sottogamba l'argomento equivale alla condanna all'esclusione sociale dei lavoratori. Il governo regionale convochi le multinazionali del settore operanti in Sicilia e faccia valere la propria eventuale autorevolezza"