06 luglio 2010

Call Center: Genovesi (Slc Cgil), consegnato a governo documento per rilancio settore call center

Roma, 5 luglio 2010 - Si è svolto nei giorni scorsi, al ministero dello Sviluppo Economico, il tavolo di confronto sulla situazione nel settore dei call center. L'incontro era finalizzato a predisporre tutti i materiali utili e le eventuali proposte condivise tra le parti sociali da trasferire poi alla presidenza del Consiglio. sindacati di categoria Slc-Cgil, insieme a Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, congiuntamente avevano infatti chiesto nelle settimane passate di trasferire il confronto.

"Come Slc-Cgil abbiamo consegnato al governo, all'associazione confindustriale sia degli outsourcer che dei committenti Tlc, oltre che alle altre forze sociali, la nostra piattaforma per un patto tra produttori per rilanciare il settore", afferma Alessandro Genovesi, segretario nazionale di Slc-Cgil. "Abbiamo avanzato una proposta articolata - spiega - discussa all'ultima assemblea nazionale dei quadri e delegati tenutasi il 28 giugno scorso, e che ha ottenuto consensi anche da parte delle imprese del settore. Serve un vero e proprio patto di sistema, con agevolazioni fiscali mirate, interventi sulla formazione, clausole sociali per impedire gare al massimo ribasso, accordi a tutela dei clienti evitando delocalizzazioni di attività all'estero (impedendo così che dati sensibili possano essere gestiti in paese e da aziende non italiane), pronti come sindacato a fare la nostra parte solo a condizione che il sistema delle imprese accetti una competizione sulla qualità e per il mantenimento dei livelli occupazionali e se il governo metta qualcosa sul piatto".

"Proprio il governo - conclude Genovesi - per troppo tempo ha fatto il pesce in barile, in alcuni casi assecondando le imprese più scorrette visto che ha azzerato ogni politica ispettiva e repressiva e visto che ora propone con l'articolo 40 del decreto anticrisi, di ridurre l'Irap solo al Sud e solo per le nuove imprese. L'articolo va ritirato o modificato profondamente per evitare che qualche azienda chiuda e magari riapra con altro nome a 100 metri, fenomeni già registrati nel nostro settore. Già si sono persi 10 mila posti di lavoro e altrettanti sono a rischio. Non si può condannare una generazione prima alla precarietà e poi alla disoccupazione. Il governo batta un colpo o si assuma la responsabilità di un altro disastro sociale annunciato".