30 maggio 2013

Telecom: Cgil e Slc Cgil, azienda convochi sindacati su societarizzazione rete

La decisione assunta oggi dal CdA di Telecom Italia di approvare il progetto di societarizzazione della rete di accesso solleva molti dubbi e necessita da subito di esplicitare una serie di elementi tutt'altro che marginali.

La decisione non corrisponde alla esigenza di chiarezza sulla politica industriale e sul futuro dell’azienda, e rispecchia invece la presa d’atto di uno stato di necessità che rimanda ai nodi irrisolti della vicenda Telecom Italia a partire dalle modalità con la quale è avvenuta la privatizzazione.

Allo stato non è dato sapere cosa si scorpora, quanti lavoratori sarebbero coinvolti, quali gli effetti sul perimetro dell'azienda, sui suoi conti e debiti, sugli investimenti e la redditività.

Si tratta di dettagli non marginali. A ciò si aggiunga che comunque si dovrà affrontare un percorso tutt’altro che semplice, denso di procedimenti autorizzativi nazionali ed europei che potrebbero in qualsiasi momento rimettere in discussione quanto oggi avviato dal CdA oltre alla difficoltà di definire il reale valore della nuova società, dato inprescindibile per valutarne i futuri assetti.

Per questo appaiono quanto meno intempestive le dichiarazioni rese a nome del Governo in Parlamento dal Sottosegretario per i rapporti con il Parlamento.

Una questione così delicata non può essere affrontata con sufficienza ed approssimazione in linea con gli errori che sono stati fatti dalla privatizzazione in avanti.

I punti da chiarire riguardano la tenuta di una azienda che, per quanto indebolita da un assetto azionario non adeguato, resta una delle principali del nostro Paese. Nella competizione internazionale la dimensione d’azienda è un requisito fondamentale, non è un caso se nel mondo nessuna impresa del settore si è fino ad oggi separata dalla propria rete.

Ancora andrà accertato il quadro degli investimenti richiesti dall'Europa per Agenda Digitale.

Per la CGIL e la SLC appare anche del tutto intempestivo qualsiasi prefigurazione, che senza affrontare i nodi di cui sopra, già anticipi assetti societari futuri, eventuali presenze del settore pubblico, la risoluzione automatica di complessi problemi regolamentari.

L'Azienda convochi subito i sindacati e spieghi cosa ha deciso e cosa intende fare, a partire dalle certezze da rendere ai 46 mila dipendenti a cui si aggiungono le migliaia degli appalti di rete e dei call centers.

Il Governo chiarisca meglio la sua posizione in un quadro trasparente di rapporti con l'Azienda e con le Organizzazioni sindacali in un’ottica di crescita dell’economia del Paese e della occupazione quanto mai necessari.

Di certo il sindacato non è disponibile a ripetere l'esperienza negativa di questi ultimi 15 anni e metterà in campo tutte le iniziative necessarie per stabilire un quadro di certezze e di trasparenza per i lavoratori e per il futuro del nostro Paese.

SLC CGIL lancia l'allarme: messaggi sessisti anche nei fumetti per bambini

Sono di ieri, ma non solo, le dichiarazioni della presidente della Camera Laura Boldrini in merito al ruolo che la comunicazione e la pubblicità svolgono nel veicolare messaggi che contribuiscono enormemente a creare la cultura di un paese.
Quella stessa cultura che alimenta comportamenti sessisti, prevaricatori, violenti, che con frequenza sempre maggiore sfociano in atti cruenti se non addirittura mortali nei confronti delle donne.
Ancor più delicato è il tema se riferito ai messaggi che arrivano alle bambine e ai bambini, attraverso la scuola, gli esempi familiari, ma anche e soprattutto attraverso gli strumenti e i mezzi cui hanno accesso, anche per gioco.
Le bambine e i bambini di oggi sono le donne e gli uomini di domani, per questo motivo è fondamentale creare le condizioni affinché quella cultura venga strutturalmente sradicata, con un’educazione improntata innanzitutto al rispetto reciproco.
Con questa consapevolezza, che fortunatamente comincia ad essere sempre più diffusa, registro con grande sconcerto il fatto che persino nei giornalini per bambini si trovino frasi che creano le precondizioni per alimentare una cultura maschilista e machista.
Parlo in particolare di un fumetto di Batman, in cui si trova una frase che, con un’ambiguità forse non immediatamente percepibile, ma che sicuramente si radica nella coscienza, fa affermare ad un maschio (nel caso specifico un super eroe!) che “le dimensioni contano”, attribuendo un punteggio più o meno grande allo stesso, in base a quanto riesca ad ingrandire o rimpicciolire il proprio corpo.
Io ho un figlio di soli 4 anni, va ancora all’asilo, ma ovviamente guarda i cartoni animati e inizia a sfogliare i primi giornalini. Quello di Batman era per lui. Per fortuna non sa ancora leggere!
Il linguaggio non è indifferente e la CGIL ha già fatto grandi battaglie per difendere le donne dal tentativo di mercificazione del corpo, come nel caso della Rinascente fiorentina, che pretendeva che le lavoratrici indossassero una spilla che, riferendosi alla card della catena, recitava: «Averla è facile, chiedimi come», esponendo, come è facilmente intuibile, le lavoratrici a battute pesanti, a sfondo sessuale.
Quella spilla è stata eliminata, ma non le ragioni che ancora alimentano l’idea che sia possibile considerare il corpo delle donne una “merce” fruibile, da possedere e da eliminare quando non risponde alle aspettative.
Si stanno facendo grandi sforzi per adeguare la legislazione vigente e garantire norme e tutele che arginino tali fenomeni, ma l’aspetto deterrente è soltanto un pilastro, che da sono non regge.
La sfida vera è culturale, per questo motivo non è pensabile che si possa tollerare, sin dall’origine dell’apprendimento, un’impostazione che consolida un’idea distorta e irrispettosa delle differenze di genere e che a veicolarla siano persino quei modelli che per i bambini costituiscono un riferimento, come i super eroi.
Barbara Apuzzo
Responsabile Coordinamento Donne Nazionale SLC CGIL

Telecom Italia dà l'ok allo scorporo

Telecom Italia dà il via libera allo scorporo delle rete. "Il Consiglio di Amministrazione, riunitosi oggi sotto la presidenza di Franco Bernabè, a seguito del mandato attribuito al management lo scorso 11 Aprile, concernente la definizione del percorso operativo di fattibilità per la separazione della rete di accesso di Telecom Italia si legge in una nota del gruppo - ha deliberato di approvare il progetto di societarizzazione della rete di accesso".

Nella nuova società confluiranno attività e risorse relative allo sviluppo e alla gestione della rete di accesso passiva, sia in rame sia in fibra, nonché alla componente attiva della fibra rappresentata da Olt (Optical Line Termination)  e Cabinet. Il nuovo soggetto garantirà a tutti gli operatori (Operatori alternativi e Telecom Italia) l’accesso alla rete fissa, applicando il modello di parità di trattamento denominato a livello europeo di “Equivalence of Input” (EoI). I servizi offerti dalla nuova società a tutti gli operatori comprenderanno, tra l’altro, l’Unbundling del Local Loop (Ull) e il Virtual Unbundling Local Access (Vula) per le reti di nuova generazione basate su architetture FttCab e Ftth.

"Il Consiglio di Amministrazione ha inoltre deliberato di dare mandato al management di adempiere alle formalità previste dall’articolo 50 ter del decreto legislativo 1° Agosto 2003, n.259 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche) in materia di separazione volontaria da parte di una impresa verticalmente integrata - sottolinea la nota - Telecom Italia informerà pertanto l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del progetto volontario di separazione della rete di accesso".

Telecom Italia aggiornerà l’Agcom in merito ad eventuali cambiamenti del progetto che si dovessero rendere necessari, anche alla luce delle risultanze che emergeranno dalla valutazione dell’Autorità sulla portata della modifica o revoca dei vigenti obblighi regolamentari.

"Il Consiglio di amministrazione - conclude la nota - ha altresì ribadito il mandato al management (già formalizzato in data 6 Dicembre 2012) affinchè proseguano i contatti in corso con la Cassa Depositi e Prestiti per un eventuale suo ingresso nel capitale della società della rete di accesso".

Esprimendo soddosfazione per la decisione del Cda, Asati sottolinea che la decisione sulla separazione della rete "dovrà anche essere l’occasione per portare avanti un processo di efficientamento delle strutture commerciali e tecniche che rimarranno in capo alla TI non scorporata, responsabili del business domestico ed oggi in difficoltà, proprio per recuperare quella competitività che il mercato richiede".

"Questo - spiega il presidente dell'associazione dei piccoli azionisti, Franco Lombardi - anche per salvaguardare gli interessi complessivi di tutti gli azionisti di TI, e soprattutto delle minorities e dei dipendenti della società che oggi sono 50.000".

Secondo Asati, il progetto di separazione della rete di accesso  è "strategico per il sistema Paese che  traguarda il raggiungimento degli sfidanti obiettivi posti dall’Agenda Digitale europea, recepiti di recente nell’ambito dell’Agenda Digitale italiana".

"Essendo il mercato non a conoscenza ancora dei valori economici e della sostenibilità finanziaria dell’operazione che riteniamo essere neutrale rispetto alla situazione attuale, riteniamo che i giudizi dei vari analisti finanziari sono solo delle ipotesi, mentre rimane valido l’inizio del percorso soprattutto per l’attenuazione/eliminazione dei vigenti obblighi regolamentari imposti da Agcom, resa possibile dal miglioramento dell’assetto competitivo - puntualizza Asati - La modifica del quadro delle regole si rende necessaria anche alla luce delle best practices europee e degli stessi orientamenti formulati dal commissario Kroes mirati a garantire la stabilita dei prezzi sul rame e una adeguata redditività agli ingenti investimenti sulle reti di nuova generazione".

"Con la separazione della rete di accesso e con la stabilizzazione del quadro regolamentare - concludono i piccoli azionisti - si creeranno i presupposti per eventuali nuovi ingressi nella newco da parte di Cdp e per il conferimento di assets, quali quelli di Metroweb e Infratel".

 Il Cda di Telecom Italia si riunirà il prossimo 5 giugno per analizzare il dossier 3 Italia.

29 maggio 2013

Sale l'attesa per il Cda del 30 maggio: Scorporo rete, per Telecom Italia boom degli utili

Dallo scorporo della rete Telecom Italia potrebbe ricavare utili boom. Lo scrive Il Messaggero, riportando il dettagli delle documentazione consegnata ai consiglieri formulata dagli advisor Banca Imi, Mediobanca, Morgan Stanley, più Barclays per i consiglieri indipendenti. L’Ebitda della newco a regime dovrebbe attestarsi al 50% del fatturato, in linea con le migliori società delle reti internazionali mentre l’Ebitda di Telecom post scorporo dovrebbe aggirarsi sul 30% dei ricavi. E proprio con questi numeri alla mano, Franco Bernabè avrebbe inviato i suoi uomini a Madrid per convincere Telefonica a dare l'ok allo spin off in vista del Cda del 30 maggio.
Secondo gli analisti i tempi dello spin off saranno comunque lunghi.  Bernstein rileva che "Telecom Italia può valere 1 euro ad azione, ma molto dipenderà da come verranno portati a termine spin off e integrazione con 3 Italia". Berenberg si aspetta che il prossimo Cda approvi prima la separazione, "ma l'intesa con Cdp non sarà a breve"

“Chiuso per fallimento”: nel 2013 record nero delle imprese, +12%

Chiuso per fallimento. Un messaggio che continua a comparire sempre più spesso sulle saracinesche delle imprese italiane. Nel primo trimestre 2013 in Italia i fallimenti delle imprese hanno toccato un nuovo record a 3.500 procedure avviate, +12% rispetto allo stesso periodo del 2012. Lo affermano dati Cerved visionati dall’ANSA: i concordati crescono del 76%, con un boom per quelli ‘in bianco’ introdotti dalla nuova legge di settore.
Complessivamente le chiusure aziendali hanno accelerato di molto la loro corsa: nei primi tre mesi si contano circa 23mila imprese che hanno avviato una procedura di insolvenza o una liquidazione volontaria, in aumento del 7% rispetto allo stesso periodo del 2012. Oltre ai fallimenti, continuano infatti a crescere anche le liquidazioni: hanno deciso di chiudere volontariamente l’attività 19mila aziende in bonis (senza precedenti procedure concorsuali), un dato in aumento del 5,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Secondo il Cerved, gruppo specializzato nell’analisi delle imprese e nei modelli di valutazione del rischio di credito, il fenomeno più rilevante è però il forte incremento dei concordati preventivi, che fanno registrare un aumento del 76% su base annua, un boom che porta al 13% l’incremento delle procedure di insolvenza diverse dai fallimenti.
”Un’analisi sui dati del Registro delle imprese – afferma lo studio – indica che all’origine di questo incremento vi sono le nuove norme con cui èstata riformata la disciplina fallimentare e, in particolare, l’introduzione del cosiddetto ‘concordato in bianco”’. La possibilità di presentare una domanda priva del piano di risanamento e di bloccare le azioni esecutive, anche con effetti retroattivi, è stata quindi molto apprezzata dalle aziende: tra l’entrata in vigore delle nuove norme, nel settembre 2012, e il 31 marzo scorso si stima che siano state presentate 2.700 istanze, oltre il doppio dei concordati tradizionali (quindi con piano di risanamento) presentati in tutto lo scorso anno.
I primi tre mesi del 2013 hanno segnato un cambio di tendenza dei fallimenti dal punto di vista territoriale: il Nord Est, in cui il numero di default era in diminuzione dalla metà del 2011, ha fatto registrare una forte impennata delle procedure, con un incremento di quasi un quarto rispetto al primo trimestre del 2012 (+24%). L’aumento dei fallimenti non risparmia comunque nessuna area del Paese: la corsa procede con tassi a due cifre nel Nord Ovest (+15%) e a ritmi leggermente inferiori nel Centro Italia (+9%), nel Sud e nelle Isole (+3%).

Le telecomunicazioni italiane sull’orlo del precipizio. Da dove ricominciare?

La crisi batte ormai sul mondo dal 2008 e uno dei settori che più ha accusato la recessione è proprio quello delle telecomunicazioni. E’ una considerazione che vale per l’Europa (non per il resto del mondo), ma che per l’Italia registra dimensioni drammatiche.
Le Tlc italiane perdono molto di più che nel resto d’Europa e contribuiscono molto di meno al PIL nazionale rispetto a qualunque altro paese tra i big five europei (appena il 2,7%).
Eppure c’è stato un lungo periodo in cui le Tlc italiane erano tra le più apprezzate a livello internazionale.
Oggi questo patrimonio non esiste più. Le Tlc italiane perdono quattrini su tutta la linea, sono in crisi d’identità, con alle spalle un vuoto di anni di decisioni governative in direzione delle infrastrutture di rete e con un passato recente di straordinaria conflittualità tra competitors a proposito del futuro della rete e della sua governance.
Il mercato accusa una contrazione sia sul fisso che sul mobile e questo proprio a cavallo dei più imponenti avanzamenti tecnologici del settore e della più ampia domanda potenziale in vista degli obiettivi della pur asfittica agenda digitale (non che la Digital Agenda europea se la passi meglio…).
Nulla di tutto questo è successo altrove nel mondo. Oggi le Tlc italiane sono un patrimonio in cerca di futuro. I quattro operatori principali accusano stati di difficoltà, gravi, anche se differenziati, che richiedono un ripensamento delle strategie e una nuova riformulazione delle politiche industriali del paese. Resta da vedere se gli operatori saranno in condizioni di esercitare le dovute pressioni sulla classe politica e se quest’ultima, in palese crisi d’ossigeno, sarà capace di un guizzo di efficienza per il futuro del paese che vada al di là della punta delle scarpe.
Ora, l’argomento del giorno è lo scorporo della rete, tema a cui tutti i soggetti arrivano con la lingua penzoloni. Difficile dire ciò che accadrà, ma ancor più difficile considerare come plausibili le soluzioni che si paventano qua e là.
Su tutto, pesa sull’industria di settore un sistema di impoverimento progressivo che ha ridotto all’osso i margini. E la colpa non è solo degli OTT, che parassitariamente bruciano banda.
Sarebbe sin troppo facile. Vi sono, come abbiamo visto sopra molte ragioni, cui va aggiunta una circostanza abbastanza unica in Europa.
Da lunghi anni nel mobile (una volta considerata come la gallina dalle uova d’oro) si assiste ad una condotta di abbattimento dei prezzi delle offerte, che appaiono ampiamente al di sotto dei costi. Sono operazioni che possono verificarsi per brevi periodi; operazioni che possono sostenere estemporaneamente delle scelte di politica commerciale, ma che non possono essere adottate sistematicamente in barba a qualunque regola di mercato.
Naturalmente ciascuno è libero di ripianare i debiti della propria azienda, tanto più se può attingere ad altri settori del gruppo di appartenenza ben più redditizi.
Ma se il fenomeno supera una certa scala è di diretta competenza delle autorità antitrust, che hanno l’obbligo di verificare l’eventuale verificarsi di processi di alterazione delle regole del mercato e della concorrenza.
L’Europa si è mossa con fermezza nelle ultime settimane, nei confronti di alcune imprese cinesi finite sotto l’occhio delle autorità di Bruxelles.
L’Italia e le sue Tlc hanno bisogno di mercato e competizione, senza cui è difficile immaginare condizioni attrattive per qualunque investitore.
E hanno innanzitutto bisogno di un sistema di regole meno rigido, adatto a un mercato maturo quale quello delle Tlc.
Su questo vedremo anche quale sarà l’orientamento di AgCom, nel quadro dei desiderata che la UE sta palesando per il futuro del settore, la cui prospettiva più importante (e forse l’unica che potrà assicurargli un futuro internazionale) è quella del mercato unico digitale europeo.
Ma su questo ci aspettiamo anche l'avvio di un processo di largo respiro del Governo, sì questo Governo, perchè l'Italia ha bisogno di una nuova politica industriale che guardi alla prospettiva della 'società connessa' e al cambio di passo che essa comporta.

28 maggio 2013

Violenza donne: Primo sì alla Convenzione contro la violenza sulle donne

L'aula della Camera approva all'unanimità la ratifica della Convenzione di Istanbul. I sì al trattato internazionale contro la violenza sulle donne sono stati 545. Il risultato è stato salutato da un applauso dell'emiciclo. Il testo passa ora all'esame del Senato.
La Convenzione  ha l’obiettivo di "proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire e eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell’applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica".


Telecom Italia: Con lo scorporo della rete la fine di un'Azienda

di Pier Luigi Tolardo
Zeus News
Con lo scorporo della rete, la parte rimanente di Telecom verrebbe declassata dalle agenzie di rating, diventando di fatto una ''bad company''.
La rete di Telecom Italia deve essere ceduta alla Cassa Depositi e Prestiti a un prezzo che la Cassa individuerebbe in 8 miliardi di euro e Bernabè intorno ai 13 miliardi di euro. A volerlo sono gli azionisti - Intesa San Paolo, Mediobanca, Generali - che hanno disperatamente bisogno di rientrare da un investimento che ritengono pessimo.
In questo modo la CDP, che già controlla la rete del gas della SNAM e la rete elettrica di Terna (ex Enel) diventerebbe una sorta di IRI delle reti del terzo millennio. Allo stesso tempo il governo darebbe così respiro a Mediobanca e a Intesa: in pratica ricapitalizzerebbe con i soldi del risparmio postale, gestito dalla CDP, le più grandi istituzioni bancarie del Paese, e ciò avverrebbe senza incappare nel no delle autorità europee di Bruxelles, contrarie a un maggiore debito pubblico e agli aiuti di Stato alle imprese private.
Una volta che gli azionisti di Telecom Italia avranno avuto ciò che ritengono il giusto, il destino di ciò che a quel punto resterebbe dell'azienda non interessa per niente.
Oggi il debito di Telecom è garantito dalla rete ma, se questa viene meno, le grandi agenzie di rating che già hanno declassato Telecom a un livello appena superiore a quello dei junkbond, cioè a poca distanza dai titoli spazzatura, dichiarerebbero l'azienda tecnicamente fallita, al di là del fatto che i suoi manager portino o meno i libri contabili in tribunale o chiedano la Prodi bis.
Accadrebbe insomma di nuovo quello che è successo a Seat, che è stata "la regina della Borsa italiana" fino al 2000 per poi essere distrutta dall’indebitamento e ora è tanto boccheggiante da essere arrivata sull’orlo del default nelle scorse settimane.
Il giorno successivo allo scorporo Telecom Italia diverebbe quindi una "balena spiaggiata" con 20.000 dipendenti di troppo: la pallida ombra di quello che fu.

Nokia Siemens Networks: Nuovo riassetto in arrivo a luglio

Nuova ristrutturazione in vista per Nokia Siemens Networks. Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’azienda starebbe per varare un nuovo piano di tagli del personale, a partire da luglio. Sud America ed Europa sarebbero le aree geografiche più toccate dal nuovo piano, con l’accentramento di diverse funzioni, finalizzato a raggiungere risparmi annui per 1 miliardo di euro. Il nuovo piano prevederebbe in particolare il taglio di diverse posizioni a livello di management.

 La joint venture fra Nokia e Siemens è in via di scioglimento. Nokia sarebbe propensa a mantenere in vita il business delle reti, mentre Siemens starebbe cercando acquirenti interessati a rilevare le quote detenute nella joint venture. 

Nel quadro della nuova ristrutturazione in vista per luglio potrebbe essere coinvolta anche l’Italia, dove non più tardi di un anno fa è stato varato un piano che prevede la cigs a rotazione per 445 dipendenti e la mobilità volontaria per 349, alla quale hanno aderito soltanto 147 persone. Secondo fonti sindacali riportate dal Sole 24 Ore si inseguono le voci di una possibile uscita di scena dell’ad di Nsn Italia Maria Elena Cappello.

Nel gennaio del 2012 Nsn ha annunciato il taglio di 17mila dipendenti, il 23% del personale globale formato da 74mila persone.





Accordo detassazione

Addì 27 maggio 2013 in Catania, presso la sede di Confindustria Catania Tra Confindustria Catania, nella persona del Presidente Domenico Bonaccorsi di Reburdone, assistito dal Direttore, Dott. Alfio Franco Vinci, e dal Responsabile dell'Area Relazioni Industriali, Dott. Fabrizio Casicci, E C.G.I.L. di Catania, nella persona del Segretario Generale Angelo Villari, C.I.S.L. di Catania, nella persona del Segretario Generale Rosaria Rotolo, U.I.L. di Catania, nella persona del Segretario Generale Angelo Mattone,U.G .L. di Catania nella persona del Segretario Generale Carmelo Mazzeo....

Wind Retail: Verbale accordo 27 maggio 2013

VERBALE DI ACCORDO

In data 27.5.2013 si sono incontrate la Societa Wind Retail S.r.l. e le Segreterie nazionali dell OO.SS. SLC- CGIL, FISTEL- CISL, UILCOM- UIL per definire il modello di relazioni industriali di WIND Retail.
Premesso che
• le RSU rivestono un ruolo centrale nell' ambito del confronto aziendale su materie che abbiano rilevanza per le condizioni complessive di lavoro delle risorse di WIND Retail, cosi come riconosciuto anche dal vigente CCNL ivi applicato;
• e intenzione comune implementare e sviluppare il sistema di relazioni sindacali al fine di prevenire, strategicamente, i conflitti attraverso il confronto costante, mirato alia definizione di soluzioni reciprocamente convenienti,
• vi e un obiettivo condiviso di definire un modello di rappresentanza coerente con la specifica articolazione produttiva dell' Azienda
• le Parti riconoscono la validita dell'accordo interconfederale del 28.6.2011 , che si intende richiamato, ai fini dello sviluppo della contrattazione a livello aziendale
si cohviene quanto segue...

24 maggio 2013

L'Italia dei diritti negati

Nel 2012, in Italia, si è registrata una progressiva erosione dei diritti umani, con ritardi e vuoti legislativi non colmati e violazioni gravi e costanti, se non in peggioramento. E' quanto ha denunciato il Presidente di Amnesty Italia, nel lancio del Rapporto 2013 dell'organizzazione in difesa dei diritti umani.
In Italia ci troviamo davanti a "una situazione con molte ombre, tra cui spiccano la discriminazione nell'accesso a una serie di diritti fondamentali di molti italiani e stranieri, i rom segregati nei campi, i lavoratori migranti, spesso sfruttati dai loro datori di lavoro e che spesso non hanno accesso alla giustizia, l'allarmante livello raggiunto dalla violenza omicida contro le donne, gli ostacoli che incontra chi chiede verità e giustizia per coloro che sono morti mentre si trovavano nelle mani di agenti dello Stato o che sono stati torturati o maltrattati in custodia, e la stigmatizzazione pubblica sempre più accesa di chi è diverso per colore della pelle o origine etnica".
Riguardo alla violenze contro le donne, il 2012 ha fatto registrare circa 112 casi di omicidio. Nel rapporto Amnesty ricorda che, nel giugno 2012, la Relatrice speciale Onu sulla violenza contro le donne ha raccomandato la creazione di un'istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, con una sezione dedicata ai diritti delle donne, l'approvazione di una legge sulla violenza contro le donne e la modifica del reato di immigrazione irregolare, per garantire accesso alla giustizia alle donne migranti in situazioni di irregolarità.
"E' il momento di fare riforme serie nel campo dei diritti umani. Non ci sono alibi. Speriamo che Parlamento e governo trovino il coraggio di rendere l'Italia un Paese rispettoso dei diritti", è l'appello lanciato da Amnesty. Il Presidente di Amnesty Italia ha anche ricordato l'agenda in 10 punti lanciata all'inizio del 2013 e presentata ai leader delle coalizioni in corsa per le elezioni e a tutti i candidati in Parlamento. Un'agenda a cui hanno aderito Silvio Berlusconi, Pierluigi Bersani, Mario Monti e Marco Pannella, così come 117 degli attuali deputati e senatori.
"Ora è arrivato il momento di mantenere le promesse - chiede Amnesty - ci aspettiamo che coloro che hanno firmato l'agenda, in tutto o in parte, tengano fede agli impegni presi con Amnesty e con coloro che si sono informati, prima del voto, sulle loro posizioni in materia di diritti umani". I 10 punti dell'agenda sono: garantire la trasparenza delle forze di polizia e introdurre il reato di tortura; fermare il femminicidio e la violenza contro le donne; proteggere i rifugiati, fermare lo sfruttamento e la criminalizzazione dei migranti e sospendere gli accordi con la Libia sul controllo dell'immigrazione; assicurare condizioni dignitose e rispettose dei diritti umani nelle carceri; combattere l'omofobia e la transfobia e garantire tutti i diritti umani a lesbiche, gay, bisessauli e transgender; fermare la discriminazione, gli sgomberi forzati e la segregazione etnica dei rom; creare un'istituzione nazionale indipendente per la protezione dei diritti umani; imporre alle multinazionali italiane il rispetto dei diritti umani; lottare contro la pena di morte nel mondo e promuovere i diritti umani nei rapporti con gli altri Stati; infine, garantire il controllo sul commercio delle armi.

H3G Comunicato unitario 24 maggio 2013

Sembrerebbe che, durante le plenarie svolte in questi giorni, il massimo responsabile di H3G, parlando dell’ultima geniale trovata aziendale per combattere la presunta demotivazione di alcuni dipendenti, avrebbe raccontato come il sindacato avrebbe espresso, di fatto, ammirazione per cotanta trovata e, nel contempo, frustrazione per non essere nelle condizioni di accettare (“bello ma non siamo pronti” così riportano le cronache) questa “sfida” di modernità.
Ma quale sarebbe questa modernità troppo coraggiosa per questo sindacato? Semplice: affinare un sistema di controllo individuale in deroga alla legge vigente per identificare gli improduttivi e, testuale, “accompagnarli” fuori dell’azienda. Il colpo di teatro di questo “star gate” verso il futuro consisterebbe nello specificare che per ogni “accompagnamento” verrebbe effettuata una assunzione, forse due! Crepi l’avarizia!! Un’idea tanto nuova che sa di vecchio. Ci sembra già di vederli, gli uffici di H3G, trasformati nel set di quel gran film che fu “Un americano a Roma” dove un disincantato impresario teatrale ingiungeva ad un suo sottoposto, parlando di Alberto Sordi ballerino sui generis, “questo me lo cacci via al tempo del bruscolinaro”. Pillole di modernità! Per preparare bene i responsabili aziendali ci permettiamo di suggerire il personaggio del Padrone delle ferriere interpretato da Amedeo Nazzarri, sempre negli anni ’50.
Le cose sono più semplici di quanto si possa pensare: questa proposta aziendale è semplicemente irricevibile, non serve a nulla e prova a scaricare sul sindacato inefficienze tutte aziendali. H3G, insieme al sindacato, si è già dotata di strumenti molto avanzati per la verifica della qualità complessiva del lavoro svolto. Molto è stato fatto per aumentare il coinvolgimento di ognuno attraverso accordi per l’organizzazione del lavoro sfidanti (certo che non si aiuta a creare un senso di appartenenza collettiva se ogni volta che si parla dell’erogazione del PDR, vero strumento di redistribuzione e coinvolgimento in obbiettivi comuni e condivisi, la dirigenza aziendale finisca sempre per legarne l’erogazione a scambi impropri, come nel caso del premio per il 2012, o lo trasformi in generosa erogazione unilaterale)
La verità, caro Dottor Novari, è che ormai sempre più spesso questo sindacato rimane senza parole, e non per lo stupore di un’ammirazione inconfessabile ma perché di fronte ad una crisi tanto profonda da scuotere le fondamenta della nostra società, le aziende, e quella da Lei guidata non fa eccezione purtroppo, sono le prime a mancare di coraggio e finiscono per ricorrere sempre a vecchie ricette che di nuovo, di coraggioso e innovativo non hanno nulla.
Forse sarebbe l’ora che H3G la smettesse una buona volta di avere come unico strumento di comunicazione il monologo e scoprisse il forte valore del confronto. Si accantonino idee malsane che nulla portano in termini di miglioramento del clima e delle prestazioni lavorative. Si cominci anche in H3G ad avere più rispetto delle lavoratrici e dei lavoratori, a non considerarli solo come pubblico non pagante e obbligato di monologhi che rischiano di fare solo confusione e di inasprire un clima che, per la gravità del momento che sta attraversando il Paese e d il mondo del lavoro, avrebbe invece disperato bisogno di un clima di maggiore concordia e rispetto reciproci.
Noi non accetteremo mai di mortificare le relazioni industriali in H3G riducendole all’ennesimo monologo. Per quanto ci riguarda già a partire dal prossimo incontro del 31 maggio misureremo l’azienda sul terreno della concretezza, discutendo della Piattaforma rivendicativa per il contratto aziendale discussa con le lavoratrici ed i lavoratori di H3G e da loro votata: è bella e noi siamo pronti…e l’azienda??
P.S.: Speriamo che nessuno si offenda per queste poche righe, sarebbe un peccato saltare gli auguri di buone vacanze estive!
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL

Scorporo rete Telecom, tweet infuocati fra De Benedetti e Patuano

Botta e risposta su Twitter tra l’ex Ad di Tim, Marco De Benedetti e l’Ad di Telecom Italia, Marco Patuano, sullo scorporo della rete. "Lo scorporo della rete sarebbe per Telecom il bacio della morte – scrive sul microblog De Benedetti - Fermate questi pazzi incompetenti!". E rispondendo successivamente ai suoi follower, afferma: "Fammi nome di una telco di successo senza rete" e ancora "Qual è il progetto strategico? Non bisognerebbe partire da lì? Io non voglio dare lezioni a nessuno. Ma se non hai un progetto, dove lo trovi un socio?".

Pronta la risposta di Patuano che twitta: “Marco, il tema è stato ampiamente approfondito. Un caffè come ai vecchi tempi? Il tuo pazzo/incompetente preferito... ;-)". Al tweet di Patuano arriva, a stretto giro, la risposta di De Benedetti: “Un caffè sempre volentieri".

Ieri il Cda di Telecom Italia ha  proseguito l’esame del percorso operativo di fattibilità per la separazione della rete di accesso e ha deciso di riunirsi nuovamente il 30 maggio prossimo per assumere una decisione definitiva.  Stando a quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni l’intenzione emersa nel board sarebbe quella di conferire la rete in una società separata, al 100% di proprietà Telecom Italia. In una fase successiva sarebbe valutato l'ingresso della Cdp e di altri azionisti così come l’eventuale quotazione in Borsa.

 L'operazione potrebbe comportare anche un eventuale aumento di capitale su TI stessa, riservato alla Cassa Depositi e Prestiti. Una soluzione che vedrebbe favorevole l'azionista di maggioranza, alias la spagnola Telefonica.

L'operazione di scorporo comunque costerà caro: secondo alcune stime tra i 90 e 100 milioni. Quanto al valore della newco sarà certamente un terreno di scontro e discussione non facile: secndo alcune indiscrezioni Telecom Italia valuterebbe gli asset scorporati  15 miliardi al netto dei debiti. Una cifra ritenuta decisamente eccessiva da Cdp.

Intanto gli Olo hanno inviato una missiva - che il Corriere delle Comunicazioni ha potuto visionare - all'Agcom e all'Antitrust per chiedere il rispetto della concorrenza. Fastweb, Vodafone e Wind invitano a non “cedere – si legge - a qualsiasi  forma di condizionamento dell’operazione in parola a un allentamento come paventato da Telecom Italia, degli attuali vincoli in capo all’incumbent”.

L'ex Ad di Tim scrive su Twitter: "Per Telecom spin off sarebbe bacio della morte. Fermate questi pazzi incompetenti". Pronta la risposta dell'Ad di Telecom: "Il tema è stato ben appronfondito"



23 maggio 2013

Telecom, ok allo scorporo: via alla newco al 100% di proprietà Telecom

Conferire la rete in una società separata, al 100% di proprietà Telecom Italia. E in una fase successiva valutare l'ingresso della Cdp e di altri azionisti. Ed eventulamente la quotazione in Borsa. Questo secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni l'orientamenrso emerso nel corso del Cda odierno di Telecom Italia. La decisione definitiva verrà formalizzata  nel cda convocato il 30 maggio, quando si riunirà nuovamente il Consiglio di amministrazione dell'azienda di Tlc.

"Il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia, riunitosi oggi sotto la presidenza di Franco Bernabè, ha  proseguito l’esame del percorso operativo di fattibilità per la separazione della rete di accesso, in base al mandato attribuito al management lo scorso 11 aprile, e ha deciso di riunirsi nuovamente il 30 maggio prossimo per assumere una decisione definitiva", si legge nella nota emessa da Telecom Italia a seguito dell'incontro odierno.

La decisione di scorporare la rete appare dunque cosa fatta. Anche se vista la complessità dell'operazione, a partire dal perimetro industriale che verrà conferito alla newco, debito e dipendenti, richiederà probabilmente tempi non brevi. Nel frattempo andrà avanti la trattativa con Cassa depositi e prestiti ed eventualmente con altre aziende proprietarie di rete quali, Metroweb e Infratel. Più complicato appare l'ingresso nella newco di altri Olo (ieri l'Ad di Wind Maximo Ibarra ha espresso l'intenzione dell'azienda di mettere in campo parte delle infrastrutture proprietarie nella newco), anche perché la rete rimane comunque in capo a Telecom e non sarà così semplice che venga dato il via libera all'ingresso di un competitor nella società della rete. Anche sulla base delle trattative con Cdp verrà in un secondo momento valutato l'ingresso in Borsa della newco. Tra i nodi da sciogliere la valutazione dell'asset di rete e la governance.

"Come organizzare la nuova Società, la sua eventuale quotazione in borsa saranno passi successivi - commenta Franco Lombardi, presidente di Asati, l'associazione che rappresenta i piccoli azionisti di Telecom Italia - E’ fondamentale però che nella  società della rete confluiscano tutti quei soggetti che hanno reti significative nell’accesso in fibra ottica quali, in primis, Metroweb e  Infratel". Secondo Asati questa soluzione "ottimizzerebbe tutti gli investimenti fatti e ancora enormi da fare e rappresenterebbe anche un vero valore di crescita per l’intero Paese che vedrebbe accelerata la realizzazione di una rete fondamentale per il suo contributo al Pil e per il raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali posti dall’Agenda Digitale europea, recepita di recente nell’ordinamento nazionale".

L'operazione potrebbe comportare anche un eventuale aumento di capitale su TI stessa, riservato alla Cassa Depositi e Prestiti. Una soluzione che vedrebbe favorevole l'azionista di maggioranza, alias la spagnola Telefonica.

L'operazione di scorporo comunque costerà caro: secondo alcune stime tra i 90 e 100 milioni. Quanto al valore della newco sarà certamente un terreno di scontro e discussione non facile: secndo alcune indiscrezioni Telecom Italia valuterebbe gli asset scorporati  15 miliardi al netto dei debiti. Una cifra ritenuta decisamente eccessiva da Cdp.

di Mila Fiordalisi

Scorporo rete, gli Olo: "No a vantaggi per Telecom"

Sì allo scorporo della rete di Telecom, ma solo mantenendo – e in alcuni casi rafforzando – le regole poste a tutela della concorrenza nelle settore delle Tlc fisse in Italia.  In una missiva inviata ad Agcom e Antitrust, Fastweb, Vodafone e Wind invitano a non “cedere – si legge - a qualsiasi  forma di condizionamento dell’operazione in parola a un allentamento come paventato da Telecom Italia, degli attuali vincoli in capo all’incumbent”.

Gli operatori sottolineano come i potenziali vantaggi collegati allo spin off – in termini di sviluppo e sostenibilità degli investimenti – “possano concretizzarsi solo se incardinati in un quadro di regole capace di assicurare  effettiva parità di condizioni competitive per tutti gli operatori”. In caso contrario – si precisa nella lettera – “Telecom Italia acquisirebbe tutti i vantaggi dell’operazione scaricandone i relativi costi sul mercato, vale a dire su concorrenti e consumatori finali”.

Un’operazione che mirasse a “risolvere i problemi del solo incumbent” sarebbe “ultimo atto di una strategia dio chiusura del mercato volta a massimizzare le rendite derivanti dal controllo dell’unica rete di accesso italiana”.

Per gli Olo dunque “un allentamento degli obblighi” sarebbe “inaccettabile” e avrebbe come unico effetto “ quello di ridurre ulteriormente e forse definitivamente gli spazi per la concorrenza, pregiudicandola e danneggiando, in ultima analisi, i consumatori italiani”.

Ma se sulle regole gli Olo si trovano d'accordo meno lo sono sulla disponibilità a conferire gli asset nella newco. Ieri Fastweb e Wind avevano annunciato le loro posizioni per bocca dei due numeri uno, Alberto Calcagno e Maximo Ibarra: il primo contrario all’ipotesi di conferire gli asset della rete nella newco della Rete di Telecom in caso di spin off, il secondo invece pronto “a conferire parte dei propri asset” alla nuova entità in caso di scorporo.

Il ceo di Wind Maximo Ibarra, in un’intervista al Sole 24 Ore, aveva detto che "lo scorporo della rete Telecom sarebbe una decisione di buon senso. Una società delle reti sarebbe un progetto strategico che serve al Paese" e se questo dovesse avvenire "Wind Infostrada sarebbe disponibile a conferire una parte dei propri asset di rete fissa per avere una quota di minoranza nella società".

Ibarra definisce lo spin off “un'idea interessante.  A condizioni precise però: una governance indipendente, con un perimetro chiaro e con un livello dell'unbundling non penalizzante rispetto a quello che ci attendiamo”. Per l’Ad di Wind lo scorporo, a livello più generale, “ può accelerare la realizzazione di un’infrastruttura di cui l’Italia ha estremamente bisogno” e di cui ha bisogno anche il settore delle Tlc “che oggi presenta nel mercato della telefonia mobile una situazione non facile”.

Posizione opposta quella Alberto Calcagno, ad di Fastweb. Sullo scorporo della rete di Telecom Italia "siamo neutrali", anche se "è importante il ruolo dell'Agcom affinché garantisca la trasparenza e il rispetto delle regole". Rispetto invece alla possibilità che Fastweb partecipi conferendo i propri asset all'eventuale newco della rete che nascerebbe dopo lo scorporo, Calcagno precisava: "Noi abbiamo una strategia opposta (rispetto a quella di Wind ndr), crediamo nello sviluppo della nostra rete proprietaria e indipendente dalla rete di Telecom Italia per offrire servizi superiori". Per Fastweb "è fondamentale poter gestire in maniera diretta la nostra rete".
di Federica Meta

Almaviva Contact Comunicato unitario incontri 20 e 21 maggio 2013

E’ proseguito nelle giornate del 20 e 21 maggio il confronto con i vertici di Almaviva sul piano di riorganizzazione.
AlmavivA Contact S.p.A. nel corso degli incontri ha illustrato la situazione aziendale, evidenziando l’aggravarsi della criticità del mercato di riferimento, caratterizzato da forti riduzioni dei ricavi e della redditività, soprattutto in conseguenza delle azioni di contrazione dei costi operate dalla maggior parte dei principali committenti.
La contrazione dei volumi ha aggravato ulteriormente lo squilibrio tra organico e carichi di lavoro che già aveva determinato il ricorso al Contratto di Solidarietà difensivo a Palermo e la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria a Roma.
Considerando anche le commesse che andranno certamente a cessare in corso d’anno, il numero di lavoratori eccedenti dichiarato dall’azienda è pari a 1.200 unità f.t.e. (circa 2.000 lavoratori).
La conferma di AlmavivA Contact S.p.A. di non voler procedere a delocalizzazione delle attività per ridurre il costo del lavoro unitamente all’indisponibilità delle OO.SS. di procedere a deroghe contrattuali sulle voci retributive ha imposto la definizione di un piano industriale che contenga nuovi approcci operativi, organizzativi e commerciali che consentano incrementi di qualità, produttività ed efficienza al fine di sostenere il maggior costo del lavoro rispetto ad altri operatori del settore.
Il piano comunicato dall’Azienda ha come obiettivo primario il rivoluzionamento del proprio modello di business, con le naturali modifiche dei processi operativi, industriali e commerciali, reso possibile dall’utilizzo di soluzioni tecnologiche molto innovative sviluppate in questi anni dal Gruppo AlmavivA.
Il piano industriale definito dovrà essere accompagnato da:
·         gestione delle eccedenze evitando licenziamenti collettivi.
·         evoluzione del modello di business supportato da nuove tecnologie e da nuovi modelli organizzativi evoluti per qualità e produttività;
·         disponibilità di leve per recuperare flessibilità ed efficienza;
·         coinvolgimento dei clienti rispetto ai presupposti principali;
·         che per l’azienda sono da realizzarsi in maniera imprescindibile.
 Su tali basi, l’azienda ha accettato una gestione delle eccedenze attraverso ‘utilizzo del contratto di solidarietà, evitando in questo modo il ricorso a licenziamenti collettivi, reintegrando anche i lavoratori collocati in cigs per cessazione di attività dopo la chiusura di via Lamaro.
Con tali premesse, alla ripresa del confronto, prevista per il giorno 29 maggio p.v., si tenterà di raggiungere un accordo sulla base dei seguenti punti:
Gestione delle eccedenze
Definizione di un contratto di solidarietà che coinvolga l’insieme dei lavoratori occupati presso tutte le sedi di Almaviva. La solidarietà dovrà essere distribuita in maniera equa anche a seguito di un periodo transitorio necessario a riequilibrare gli attuali rilevanti squilibri di carico tra i siti e per riassorbire i lavoratori in cigs. Il tempo necessario (complesso e articolato processo di formazione e riqualificazione che coinvolgerà migliaia di persone, interventi tecnologici sui sistemi e le infrastrutture) sarà articolato in 3 fasi:
-              prima fase per riequilibrare le commesse all’interno di ogni sito e per riassorbire progressivamente, su Roma, i lavoratori  attualmente in cigs;
-              seconda fase per riequilibrare i volumi di attività tra i diversi siti (è previsto anche il coinvolgimento di Milano e Rende);
-              la terza fase per portare a regime il meccanismo che prevederà una armonizzazione delle riduzioni di orario.
In tale ambito dovrà essere previsto il ricorso a tale istituto anche alla figure di staff e a quelle non direttamente legate all’operatività del servizio.
Infine, nell’accordo sarà necessario ricercate puntuali soluzioni che non determinino, a causa della chiusura di sedi territoriali, la strutturalità delle eccedenze dichiarate attraverso l’impegno di Almaviva a non effettuare concentrazioni di personale su un’unica sede con perdite di volumi di attività.
Evoluzione modello di business
Il Gruppo AlmavivA ha sviluppato un modello basato su propria tecnologia che, integrato alla profonda conoscenza delle problematiche di processo del settore, permetterà di:
·         supportare l’operatore nella gestione del cliente;
·         definire e implementare processi formativi declinati sulle esigenze di gruppi omogenei di operatori;
·         analizzare in modo integrato e in tempo reale il comportamento e le richieste della clientela rispetto ai vari canali di contatto;
·         fornire analisi che consentano l’implementazione di processi innovativi;
·         permettere l’evoluzione di nuovi modelli commerciali.

L’implementazione di queste tecnologie, prima della loro applicazione, dovrà formare oggetto di illustrazione al Garante per la Privacy in un incontro congiunto che le parti formalizzeranno subito dopo sottoscritto l’accordo. L’azienda ritiene che tale incontro debba realizzarsi entro 30 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo per evitare il rischio che l’insieme dell’accordo sia depotenziato e irrealizzabile.
Sarà istituita una Commissione Tecnica Paritetica per condividere l’evoluzione del modello di business e la corretta applicazione di quanto stabilito.
Efficienza / Flessibilità
Al fine di consentire il miglior allineamento della presenza con i flussi di traffico, saranno utilizzati gli istituti contrattuali per la gestione della flessibilità della prestazione lavorativa come di seguito individuati.
·         l’attestazione della presenza in servizio degli operatori e del personale di coordinamento avverrà sulla postazione di lavoro mediante registrazione on line sul sistema aziendale, secondo le modalità in atto a Palermo e in sperimentazione a Catania;
·         le festività cadenti di domenica saranno smonetizzate e convertite in permessi retribuiti che si andranno ad aggiungere a quelli in sostituzione delle festività soppresse e saranno soggette alle stesse regole di fruizione.
Infine, l’azienda ha avanzato la richiesta di definire una procedura per lo smaltimento dei Rol per la quale il sindacato ha ribadito che tale materia è già disciplinata dal Ccnl.
La delicatezza dei temi in discussione ha portato le Segreterie Nazionali unitamente al Coordinamento Nazionale, a sospendere il confronto per avviare una campagna di assemblee con i lavoratori per richiedere il mandato a riprendere e, se ci saranno le condizioni, terminare il negoziato.
Le assemblee, pertanto, dovranno pronunciarsi, entro il giorno 28 maggio p.v. per consentire l’eventuale ripresa del confronto.

LE SEGRETERIE NAZIONALI

22 maggio 2013

Il Pd "ritrova" Crocetta

Rispetto per tutti gli attori sociali e quindi per la democrazia. A qualsiasi politico bidogna chiedere moralità ed adesione ai principi etici di lealtà e responsabilità. Una sola di queste tre condizioni può solo essere necessaria ma non dufficuente. Lealtà rispetto agli impegni presi con tuuti gli elettori e responsabilità nell aziibe di governo
Giovanni Pistorio

da livesicilia.it
PALERMO -  Un po' come si dice alla fine di certi film, “è stato bello, ho pianto tanto”. Il vertice di ieri sera tra Rosario Crocetta e il gruppo parlamentare del Partito democratico è stata una riunione più che animata, tra grida, pugni sul tavolo e parole grosse e molti momenti di tensione. Ma alla fine, tutti hanno lasciato Palazzo dei Normanni contenti, per un dialogo ritrovato tra il partito e il “suo” presidente. Un confronto che in questi mesi era mancato e che a più riprese diversi esponenti del partito era stato sollecitato. Tensioni e incomprensioni covate per mesi sono esplose fragorosamente ieri in una riunione lunga e senza censure. Ma hanno permesso al partito e al governatore di riallacciare un dialogo che guardi alla prossima fase della legislatura in modo costruttivo.

"C'è voglia di condivisione nel rispetto di tutti. Si è consapevoli che bisogna guardare all'orizzonte comune", scriveva ieri sera sul suo blog Fabrizio Ferrandelli, in tempo reale. Ma è proprio con lui che Crocetta ha avuto uno degli scontri più duri nella riunione di ieri. Il governatore ha attaccato il deputato palermitano per i suoi strali al governo sulla vicenda del Muos di Niscemi. Crocetta si è infervorato, parlando di “iniziative non concordate” che hanno messo in cattiva luce il governo: “Non mi hai fatto neanche una telefonata – avrebbe detto il presidente a Ferrandelli – Tu vuoi prendere i voti e lasciare le rogne al governo”. “Non puoi fare l'antimilitarista in campagna elettorale prendendo i voti e poi non agire di conseguenza”, ha risposto Ferrandelli, che è stato contestato da Crocetta anche per la sua gestione della vicenda ex Pip.

Scontro duro, e ad altissimo volume, anche con la deputata Concetta Raia per alcune vicende catanesi, tra cui la polemica relativa ai teatri. "In un momento di crisi c'è l'esigenza di condividere un percorso con gli attori sociali", ha attaccato la Raia, chiedendo "un maggiore coinvolgimento" dei sindacati e delle associazioni di categoria. E lì il governatore, raccontano, è andato giù duro. Crocetta ha manifestato stupore per alcuni attacchi della Cgil nei suoi confronti e ha accusato i deputati più vicini al sindacato di strumentalizzare queste polemiche (“Mi mandate la Cgil sotto casa”, avrebbe detto il governatore). La Raia, come altri deputati, ha chiesto un rapporto più intenso tra partiti e giunta e una svolta "politica" del governo "tecnico" di Crocetta. "L'interesse che abbiamo tutti è quello di cambiare la Sicilia. E in questo processo, il Partito democratico deve essere protagonista", dice la Raia.

Toni duri nel confronto con Antonello Cracolici e con gli altri deputati della sua area, un tempo, prima del voto, quella più vicina a Crocetta. È stato proprio l'ex capogruppo, attivissimo in questi giorni, a surriscaldare l'atmosfera con il suo intervento: "Si può pensare che il presidente della Regione possa affrontare da solo la complessità dei problemi della Sicilia?", ha domandato Cracolici. E ancora: "Come si può credere di affrontare quei problemi sminuendo il ruolo dei partiti e nel silenzio imbarazzante del Pd, che è la prima forza della maggioranza ma che in questa fase è come se fosse solo un ospite".

Cracolici ha lasciato la riunione prima degli altri, per impegni già presi, ma ci hanno pensato gli altri deputati della sua corrente, come Filippo Panarello e Giovanni Panepinto, a svolgere interventi molto critici non solo all'indirizzo del governo (e lì raccontano che Crocetta abbia rinfacciato ai deputati la storia dei soldi per i vigili urbani di Messina inseriti in finanziaria con un colpo di mano) ma anche verso i vertici del partito. Ma c'è anche chi ha sottolineato la tenuta del gruppo parlamentare del Pd guidato da Baldo Gucciardi. “Siamo l'unico gruppo rimasto integro e compatto”, ha fatto notare il catanese Anthony Barbagallo, chiedendo, come gli altri colleghi, un maggiore coinvolgimento dei gruppi parlamentari nella definizione della linea del governo.

Il segretario Giuseppe Lupo, seduto accanto al governatore, dal canto suo ha rivendicato i risultati in positivo della sua gestione. “Siamo andati a Palazzo d'Orleans per la prima volta vincendo le elezioni”, ha ricordato il segretario a chi lo avesse già dimenticato.

Alla fine, però, il clima era di generale soddisfazione. “Se c'è qualcosa che non va, sempre meglio dirselo in faccia che sui giornali”, commenta un deputato. “Credo che incontri come quello di oggi servano a rendere più fluido e proficuo il rapporto fra governo e maggioranza, nell’interesse della Sicilia”, diceva ieri sera Baldo Gucciardi, soddisfatto per i temi concreti individuati nell'incontro, sui quali concentrare l'azione politica in questa fase due della legislatura: dal lavoro ai precari, passando per imprese e impiego dei fondi europei, un'ideale elenco di priorità su cui la maggioranza, Pd in testa, vuole concentrarsi. Anche a costo di qualche altra serata movimentata.

Intanto, dentro il partito, sono scattate le grandi manovre in vista del congresso. Del quale la seduta di ieri è parsa a qualche deputato un antipasto. Un Antonello Cracolici molto attivo, ha chiesto al partito un'apertura a Leoluca Orlando e ha chiamato a raccolta le sue truppe per venerdì pomeriggio, pronto ad avviare il percorso che porterà all'assise di partito e alla corsa alla successione di Giuseppe Lupo. Che a sua volta non ha escluso una candidatura. In quota Renzi dovrebbe maturare invece la candidatura di Ferrandelli. Ma qualcosa si muove anche nell'area Crisafulli-Capodicasa. Proprio da queste parti ha preso corpo una nuova iniziativa politica, battezzata ad Enna. Si chiama "Nuovo corso Pd" e chiede che si apra "una fase di necessari cambiamenti nel partito".
Salvo Toscano

Tlc motore della crescita

di Cesare Avenia
 presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel
Dalla diffusione estesa, concorrenziale, qualitativa delle Telecomunicazioni dipendono oggi lo sviluppo, la crescita e la competitività dell’intero sistema Paese. Questa affermazione non è un assioma, ma un risultato consolidato nella letteratura economica, confermato ormai da diversi studi sia sulla realtà italiana che internazionale, in cui si evidenzia come nelle società globalizzate le Tlc rivestano il ruolo chiave di motore della crescita.
Uno studio della Società italiana di statistica ha evidenziato che la spinta propulsiva sull’intero sistema produttivo da parte del settore informatico e delle Tlc - costituito da 6 comparti - è pari circa a quella generata dal resto dell’economia nazionale, che è l’insieme di ben 53 settori eterogenei fra loro. Vale a dire che l’Ict, pur corrispondendo solo al 6% della domanda complessiva, contribuisce all’aumento della produzione quasi quanto tutti i restanti settori.


In Italia, tuttavia, si ha spesso la sensazione che la comprensione del valore strategico di questo settore sia soprattutto a parole, perché se così non fosse il suo sviluppo, come avviene nei paesi più avanzati, dovrebbe essere al centro delle politiche economiche, non relegato a una delega contesa da questo o quel ministero. Per le caratteristiche di elevata pervasività e trasversalità, le Tlc e le altre infrastrutture digitali non sono assimilabili a quelle tradizionali e la loro governance non può essere il frutto di una visione parziale. Pensare oggi al settore delle Tlc, infatti, significa considerare un processo dinamico di cambiamento, composto da una pluralità di elementi, con effetti su molte categorie di attori economici, che produce una molteplicità di impatti sul sistema Paese, coinvolgendo lo sviluppo delle reti fisse e mobili verso la banda larga e ultralarga, Internet e l’universo di scambi che avvengono sul web, il commercio online, le smart cities, l’evoluzione della normativa, la concorrenza, fino a riguardare diritti fondamentali come quelli attinenti l’identità della persona, la privacy, la libertà di espressione. La cornice dell’Agenda digitale, così com’è stata pensata dall’Ue, dovrebbe costituire il disegno organico in cui tutti questi elementi convergono verso il raggiungimento di obiettivi temporali e qualitativi individuati.


Se alla base della governance non vi è tale visione globale, se la leadership politica non ha ancora acquisito la consapevolezza che dotare il Paese di infrastrutture digitali costituisce una vera e propria priorità nazionale, ecco che la mancata emanazione di una semplice norma di tipo amministrativo - concepita per semplificare, ridurre l’impatto, favorire e omogenizzare a livello nazionale le tecniche di scavo per la posa in opera della fibra ottica, che secondo il decreto Crescita 2.0 avrebbe dovuto essere emanata entro il 30 aprile - possa diventare un ostacolo alla diffusione della banda larga in Italia. In assenza di una volontà politica espressa ai massimi livelli, che stabilisca con chiarezza le priorità, anche un atto strettamente tecnico-operativo come il “regolamento scavi” si è così trasformato in una vicenda assurda, ma emblematica, in cui gli interessi particolari di chi gestisce le strade sono stati in grado di prevalere sul rispetto della norma primaria e sull’interesse generale, che è quello di usufruire dei vantaggi diretti e indiretti che la fibra ottica porta alla comunità nazionale, non solo in termini di velocità e qualità delle comunicazioni, ma anche agli utenti delle strade e agli stessi gestori che possono beneficiare dei sistemi di mobilità intelligente.


Quindi, cosa si aspetta il settore delle Tlc dal nuovo Esecutivo? Che con chiarezza e determinazione lo sviluppo delle Tlc e dell’economia digitale, nella cornice dell’Agenda digitale, venga posto in cima all’agenda di Governo, come percorso strategico per modernizzare il Paese e aprirlo a nuove opportunità di crescita. Che tale sviluppo sia perseguito in modo sistematico, conducendo a bilanciare in modo finalmente favorevole all’innovazione l’azione istituzionale. Affinché ciò si verifichi occorre che la responsabilità politica di questo percorso faccia capo direttamente alla Presidenza del Consiglio, con un forte commitment politico, in grado di assicurare la convergenza verso gli obiettivi dell’Agenda digitale tutti gli sforzi e gli interessi dei diversi enti e istituzioni coinvolti a vario titolo dai cambiamenti che le nuove tecnologie della comunicazione comportano nella vita sociale ed economica.