Sono di ieri, ma non solo, le dichiarazioni della presidente della Camera Laura Boldrini in merito al ruolo che la comunicazione e la pubblicità svolgono nel veicolare messaggi che contribuiscono enormemente a creare la cultura di un paese.
Quella stessa cultura che alimenta comportamenti sessisti, prevaricatori, violenti, che con frequenza sempre maggiore sfociano in atti cruenti se non addirittura mortali nei confronti delle donne.
Ancor più delicato è il tema se riferito ai messaggi che arrivano alle bambine e ai bambini, attraverso la scuola, gli esempi familiari, ma anche e soprattutto attraverso gli strumenti e i mezzi cui hanno accesso, anche per gioco.
Le bambine e i bambini di oggi sono le donne e gli uomini di domani, per questo motivo è fondamentale creare le condizioni affinché quella cultura venga strutturalmente sradicata, con un’educazione improntata innanzitutto al rispetto reciproco.
Con questa consapevolezza, che fortunatamente comincia ad essere sempre più diffusa, registro con grande sconcerto il fatto che persino nei giornalini per bambini si trovino frasi che creano le precondizioni per alimentare una cultura maschilista e machista.
Parlo in particolare di un fumetto di Batman, in cui si trova una frase che, con un’ambiguità forse non immediatamente percepibile, ma che sicuramente si radica nella coscienza, fa affermare ad un maschio (nel caso specifico un super eroe!) che “le dimensioni contano”, attribuendo un punteggio più o meno grande allo stesso, in base a quanto riesca ad ingrandire o rimpicciolire il proprio corpo.
Io ho un figlio di soli 4 anni, va ancora all’asilo, ma ovviamente guarda i cartoni animati e inizia a sfogliare i primi giornalini. Quello di Batman era per lui. Per fortuna non sa ancora leggere!
Il linguaggio non è indifferente e la CGIL ha già fatto grandi battaglie per difendere le donne dal tentativo di mercificazione del corpo, come nel caso della Rinascente fiorentina, che pretendeva che le lavoratrici indossassero una spilla che, riferendosi alla card della catena, recitava: «Averla è facile, chiedimi come», esponendo, come è facilmente intuibile, le lavoratrici a battute pesanti, a sfondo sessuale.
Quella spilla è stata eliminata, ma non le ragioni che ancora alimentano l’idea che sia possibile considerare il corpo delle donne una “merce” fruibile, da possedere e da eliminare quando non risponde alle aspettative.
Si stanno facendo grandi sforzi per adeguare la legislazione vigente e garantire norme e tutele che arginino tali fenomeni, ma l’aspetto deterrente è soltanto un pilastro, che da sono non regge.
La sfida vera è culturale, per questo motivo non è pensabile che si possa tollerare, sin dall’origine dell’apprendimento, un’impostazione che consolida un’idea distorta e irrispettosa delle differenze di genere e che a veicolarla siano persino quei modelli che per i bambini costituiscono un riferimento, come i super eroi.
Barbara Apuzzo
Responsabile Coordinamento Donne Nazionale SLC CGIL