01 aprile 2010

Scatole vuote... Telecom È la nuova Alitalia?

Scatole e scatoloni come in un maxi trasloco, a questo somiglia Telecom in questi giorni, anche se non è affatto chiaro dove si stia andando. I prossimi a partire saranno 2200 informatici, che Telecom si appresta a cedere alla controllata Ssc. Una società a responsabilità limitata che già conta 600 dipendenti (tra Torino, Roma e Napoli), che ha bilanci in rosso in seguito a un'operazione finanziaria con cui Telecom l'anno scorso le ha tagliato drasticamente il budget, e che, dice pomposamente l'azienda, «una volta efficientata», diventerà «la fabbrica del software del gruppo». Peccato che ad essere cedute saranno solo le persone; macchinari e apparecchiature resteranno infatti in capo a Telecom. «Informatici senza computer, come esternalizzare operai Fiat senza catena di montaggio», dicono alla Slc, il sindacato delle telecomunicazioni Cgil. Non è casuale il paragone Fiat. C'è chi teme che dal bilancio 2009 - rimandato nuovamente due giorni fa al 12 aprile, causa «approfondimenti in corso su TI Sparkle» ha spiegato Bernabè - possa uscire l'annuncio di altri 5 mila esuberi. Altri 5 mila, dopo le 5 mila mobilità del 2008 (risoltesi in quasi 4 mila uscite effettive), i 1400 lavoratori e più messi i contratto di solidarietà nel 2009, e gli altri 4 mila tagli minacciati (e per ora fortunatamente scongiurati) sempre l'anno scorso. Dal giugno 2008 - dati Slc Cgil - sono uscite dalla società oltre 6 mila lavoratori. E ora rischiano di fare la stessa fine i 2800 dipendenti che faranno parte della Ssc, «una società informatica pronta a essere venduta integralmente», è sicuro Emilio Miceli, segretario Slc Cgil.

In tutti i principali paesi europei le compagnie di telecomunicazioni pensano a integrarsi con l'informatica, perchè Telecom va in direzione opposta? Una direzione opposta per di più anche alle scelte aziendali di appena cinque anni fa: nel 2005 la società reinternalizzò 5 mila informatici di «It Telecom» - troppi passaggi intermedi per una funzione decisamente core, motivò - e ora parte di quelle stesse persone - che i giorni scorsi hanno sonoramente protestato, con lo sciopero proclamato dai sindacati - vengono rispedite indietro con un'operazione «la cui sostenibilità giuridica è tutta da dimostrare». Per i sindacati, tutto ciò avvalora il sospetto dell'assenza di un piano industriale. «Sotto la pressione del governo per la rete, stanno spolpando la società trasformandola da azienda industriale a commerciale, al pari di qualsiasi operatore virtuale», dice Miceli.

Già pronta per l'uso, anche se per il momento vuota, c'è anche un'altra scatola. La società, creata di recente, si chiama Hrs (Human resource service) e a quanto pare Telecom vorrebbe riempirla con i settori amministrativi: «Una sorta di società degli impiegati, ma cosa significa?». Completano il quadro una «vertiginosa» caduta degli investimenti negli appalti della rete infrastrutturale, e una «costante diminuzione dei volumi» delle telefonate dei call center della società (sia il 119 sia il 187). Perciò c'è attesa per la presentazione del bilancio. I sindacati temono un'ulteriore riduzione dei volumi delle telefonate 'in casa', premessa certa per una conseguente riduzione di personale. «Telecom sta esternalizzando le chiamate - dice Alessandro Genovesi (Slc Cgil) - nel 2009, al 60 per cento delle telefonate risponde un esternalizzato». Per i già esternalizzati parlano i 60 ex dipendenti della scuola di formazione aziendale, la Tils, ex Reiss Romolis, prestigiosa scuola manager ceduta nel 2003 all'imprenditore Renzo Bracciali, poi finito indagato per associazione a delinquere. La società è fallita e Telecom, a gennaio, ha reinternalizzato parte dei dipendenti. Tutti tranne 60 (sessanta!) che ogni giorno da allora presidiano la sede romana del gruppo a per i quali a luglio scade l'indennità di mobilità.

Ma tra tutti questi pacchi e pacchetti, cosa resta all'azienda? La rete, su cui convergono le mire di molti, comprese quelle del presidente del consiglio. L'ultimo atto della «madre di tutte le privatizzazioni», evidentemente, deve ancora essere scritto.

di Sara Farolfi