29 aprile 2010

Susanna Camusso in Cgil Catania: Intervento di Giovanni Pistorio sui call-center

Nel corso dell’intervento del segr gen SLC CGIL di Catania Giovanni Pistorio sono state, ancora una volta, messe al centro della discussione le tematiche che riguardano la crisi che sta per investire il settore dei call center in outsourcing.
Ancora una volta, infatti, SLC CGIL Catania denuncia che per il venir meno dei benefici di cui alla L.407/90 , utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi , i costi per il personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente ed è perciò che potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio per trasferirle, in altre parti della nostra penisola e da lì fare ripartire la giostra della alta “precarizzazione implicita” dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Inoltre, sempre in tale settore è già in corso una delocalizzazione delle attività verso l’estero. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky) che operano anche in provincia di Catania.
A conferma di quanto sosteniamo in materia di delocalizzazione selvaggia, Giovanni Pistorio sottolinea che, “al di là delle dichiarazioni rese da parte del Governo Italiano, che della presunta “italianità” della compagnia di bandiera Alitalia ne aveva fatto un cavallo di battaglia, quest’ultima sta perseguendo pervicacemente la strada del trasferimento delle attività all’estero e ciò a partire dalle attività del call center”.
Giovanni Pistorio ha infatti denunciato che a quanto pare Alitalia, avrebbe intenzione di perseguire la strada delle delocalizzazioni trasferendo parte delle commesse, sino ad oggi affidate alla italianissima e sicilianissima Alicos, ad altri operatori delle telecomunicazioni che si appresterebbero a loro volta a trasferire all’estero la gestione di tali flussi telefonici.
“Il governo della Regione Sicilia e quello nazionale, hanno l’obbligo morale e civile, ha sottolineato Giovanni Pistorio, di intervenire in maniera chiara netta e decisa su questo versante. Non siamo disponibili a perdere le centinaia di posti di lavoro guadagnati a fatica nella nostra regione”.

Il motivo che starebbe dietro questa sollecitazione alla delocalizzazione è semplice: “fare profitto attraverso la compressione verso il basso del valore delle singole commesse assegnate agli outsourcer; tutto ciò anche a discapito della qualità del servizio reso all’utente”.
In sintesi, per ritornare al punto, di che cosa ci preoccupiamo? Da qui a fine anno con il lievitare dei costi che deriva dal progressivo venir meno dei benefici previsti dalla L.407/90 e soggiogati dalle committenti che comprimono verso il basso il valore della commessa assegnata, molti call center in outsourcing potrebbero dismettere gradualmente le proprie attività per riavviarle in altre regioni d’Italia e/o all’estero.
“A Catania chi rischia di più, continua Pistorio sono i 1.500 dipendenti di Almaviva (non la società Almaviva, società piuttosto solida dal punto di vista finanziario, ma i 1.500 lavoratori occupati) è perciò che proponiamo che tutti i soggetti che hanno interessi sociali nelle attività di impresa sostengano le proposte di SLC CGIL che di seguito riportiamo:
1)far sì che si renda possibile, per tale settore di attività, l’estensione dei benefici di Legge di cui alla L.407/90 per ulteriori 24 mesi;
2)lanciare una nuova campagna per la stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione, ciò con il duplice scopo di poter recuperare all’occupazione stabile una buona fetta della popolazione attiva che di contribuire ad abbassare, grazie all’utilizzo di specifici benefici quali il credito di imposta a fronte di nuove assunzioni, il costo complessivo del lavoro all’interno delle singole aziende . Ricordiamo a tutti che il ricorso alle agenzie interinali incide sul costo del lavoro mediamente intorno al 7-15% e che un maggiore costo del lavoro in settori di attività “work intensive” può pregiudicare la tenuta dei livelli occupazionali così come la sopravvivenza delle stesse aziende.
3)Black List - prevedere che non vengano concessi i benefici di cui alla L.488/92 a tutte quelle aziende i cui assetti societari sono sostanzialmente coincidenti con le società che già hanno utilizzato detti benefici ma non hanno mantenuto i livelli occupazionali previsti;
4) chiedere al Ministro delle Attività Produttive di intervenire in maniera pesante nei confronti di chi sostiene ed alimenta le delocalizzazioni all’estero (Telecom, Vodafone, Sky, Wind etc). Queste ultime operano gestendo servizi di pubblica utilità, utilizzando licenze nazionali e soprattutto, usufruiscono di benefici accordati dallo Stato.
5)prevedere che nel territorio regionale possano essere messi a disposizione , per essere concessi in affitto a prezzi socialmente convenuti, gli immobili inutilizzati di proprietà degli EE.LL. e ciò a beneficio di tutte quelle aziende che ne fanno richiesta a condizione che sia stato incrementato negli anni il numero dei lavoratori occupati e che assicurano un ulteriore incremento del numero degli addetti. Ciò anche con lo scopo di limitare le eventuali ingerenze sul mercato degli affitti degli stabilimenti industriali che parte del malaffare finisce con il determinare. (il contrasto alla criminalità ed alla Mafia lo si pratica, anche, contrastandone gli interessi)
6)prevedere che si disciplinino nazionalmente, per legge, capitolati e contratti di appalto nel settore delle TCL in maniera tale da traguardare i seguenti obiettivi:
a) maggiore qualità del servizio reso al cittadino/utente;
b) certezza nella corresponsione, ai lavoratori dipendenti, della retribuzione prevista dal CCNL (anche in caso di insolvenza dell’azienda, tramite specifiche trattenute cauzionali da effettuare sul valore della singola commessa),
c) prevedere l’istituzione delle clausole sociali di salvaguardia su base territoriale e volontaria. Il lavoratore che perde il lavoro per il venir meno di una commessa deve aver la possibilità di seguire il destino della commessa sul territorio.
Con particolare riferimento al rapporto con le committenti, Pistorio rincara la dose aggiungendo “Non pretendiamo, certo che, le grandi committenti del settore possano, dall’oggi all’indomani, prendere coscienza delle proprie responsabilità sociali ma a nessuno deve essere permesso di agire così come ha agito Enel Energia a Catania.
Se i 68 lavoratori di Ratio Consulta sono rimasti senza lavoro grandi responsabilità vanno attribuite anche ad Enel Energia.
Per i ragazzi di Ratio Consulta dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per favorire la ricollocazione al lavoro anche in altre imprese che operano sulla stessa commessa o in commesse di pari interesse.”
d) trasparenza dei rapporti commerciali e nelle transazioni finanziarie nel settore delle TLC all’interno del quale gira oramai un flusso incommensurabile di dati sensibili che riguardano i cittadini e una valanga di denari e che non è ancora affatto immune da eventuali tentativi di infiltrazione criminale e di riciclaggio di denaro di illecita provenienza.
7)E’vero quanto sostiene l’INPS; la richiesta per l’attribuzione del codice statistico contributivo la fa l’azienda, però è altrettanto vero che, aggiungiamo noi, che compete all’INPS assegnarlo in maniera corretta. I call center dovrebbero essere iscritti alle classi che permettono ai lavoratori addetti di poter utilizzare gli ammortizzatori sociali ordinari. Su tale questione, bisogna mettere su un tavolo di competenti per la risoluzione di tale problematica. Anche su tale questione le aziende che non versano le quote per cassa integrazione e mobilità agiscono sul mercato esercitando dumping.
Per quanto riguarda il settore delle emittenze private, riportiamo per intero l’intervento
Segnaliamo inoltre l’emergere di un pericoloso focolaio di crisi all’interno di uno specifico settore di attività che è quello della emittenza televisiva privata che nel territorio della Provincia di Catania occupa da anni numerosi lavoratori addetti.
Di tale questione ne parlo perché, superato il primo pioneristico periodo, quello della cosiddetta “onda libera” il settore è oramai strutturato in maniera industriale.
Entro il 2012 i concessionari delle frequenze televisive terrestri dovranno cambiare il sistema di trasmissione da analogico a digitale. In molte regioni lo switch off è già avvenuto: in Sardegna, Campania, Lazio, Piemonte e Valle d’Aosta la televisione terrestre è ormai solo digitale. La Sicilia sarà tra le ultime regioni che passeranno al nuovo sistema, ma già da qualche tempo molte delle emittenti storiche della regione stanno trasmettendo, in via sperimentale, anche in digitale. Quali potranno essere le ricadute di questo cambiamento sul mercato pubblicitario, sugli investimenti tecnologici e quindi sull’occupazione e sull’organizzazione del lavoro è chiarente evidente a tutti noi. L’occupazione è a rischio così come è a rischio la libertà di espressione. Gli eventuali esuberi rischiano di gravare sia sul settore tecnico, a causa di un più massiccio utilizzo dei format che sui giornalisti soggetti ai soli vincoli dei C.d.R. (la legge sulla professione giornalistica L. 69/1963) e ciò senza la copertura di adeguati ammortizzatori sociali (dal 1982 l’ente previdenziale di riferimento è l’ENPALS).
I nostri timori riguardano sia una possibile crisi del settore nel nostro territorio che una complessiva riduzione della libertà di espressione che da tali tagli potrebbe derivarne. L’eventuale licenziamento dei giornalisti ed un più massiccio ricorso di telereporter (non soggetti alla L.69/1963) è il pericolo che noi segnaliamo. Anche le attività dei telereporter dovrebbe essere soggetta alla disciplina di cui alla L.69/1963.