Susanna Camusso in Cgil Catania
Giorno 28 aprile si è tenuta a Catania, sui temi della crisi occupazionale in corso, una riunione dei dipartimenti produttivi della CGIL.A tale riunione ha partecipato Susanna Camusso (segr.naz.cgil).Grande risalto è stato dato alla crisi occupazionale in corso nel settore dei call center in outsourcing ed alle delocalizzazioni delle attività in essere.Nel corso delle sue conclusioni Susanna Camusso si è soffermata a lungo sull'argomento ed ha condiviso larga parte delle nostre valutazioni e delle nostre proposte.In allegato, vi invio copia del mio intervento, che metto a disposizione per le eventuali considerazioni del caso. Ci tengo a precisare che i numeri esposti interessavano Catania ma l’analisi e le proposte interessano complessivamente il territorio regionale tanto è vero che particolare risalto è stato dato alla vertenza Alicos.Colgo lo spunto, infatti, per chiedere al Gruppo Almaviva informazioni su una delle questioni che ho sollevato nel corso del mio intervento e che riguarda una ulteriore delocalizzazione di quota parte delle attività della commessa Alitalia verso l'estero.Per quanto ci riguarda non siamo infatti disponibili a subire un ulteriore collasso occupazionale a causa delle politiche di indirizzo di Alitalia, o di chiunque altro, che per i più diversi fini mira a svuotare il nostro territorio delocalizzando soprattutto all'estero le attività.Preciso infine che ritengo il Governo Nazionale e quello della Regione Sicilia, che dell'italianità e della sicilianità ne hanno fatto un cavallo di battaglia a fini esclusivamente pubblicitari, i principali responsabili della deriva occupazionale che rischia di subire il nostro territorio. Su tali questioni anche da parte vostra è necessario fare chiarezza sui fatti sopra esposti. Il Coord Gen.SLC CGIL SiciliaGiovanni PistorioCrisi occupazione in atto nel settore delle telecomunicazioni con particolare riferimento all’area dei call center in outsourcing.
A seguito della circolare n. 17 del ministro Damiano, del 14 giugno 2006, nel territorio della Provincia di Catania, diverse aziende che operavano nel settore dei call center in outsourcing hanno provveduto a stabilizzare gradualmente, con contratto di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato, circa 1500 lavoratori. Successivamente molte altre aziende del settore hanno continuato ad assumere utilizzando tale tipologia contrattuale.Chiaramente tali aziende, al momento dell’assunzione, hanno utilizzato tutti i benefici previsti per legge compreso quelli di cui alla L.488/92 che prevede l’erogazione in conto capitale di contributi a favore delle imprese che intendono promuovere programmi di investimento nelle aree depresse e quelli di cui alla L. 407/90 che prevede, a fronte dell’assunzione di lavoratori con contratto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato sgravi contributivi e previdenziali per un periodo di 36 mesi.
Come già detto, i benefici di cui alla L.407/90 sono utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi , quindi i benefici stanno per venire meno, per cui nel momento in cui i costi per il personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente, potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio per trasferirle, in altre parti della nostra penisola e da lì fare ripartire la giostra della “precarizzazione implicita” dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.Inoltre, sempre in tale settore è già in corso una delocalizzazione delle attività verso l’estero. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky) molte tra queste ultime operano anche nel nostro territorio.A conferma di quanto sosteniamo in materia di delocalizzazione selvaggia occorre sottolineare che, al di là delle dichiarazioni rese da parte del Governo Italiano, che della presunta “italianità” della compagnia di bandiera Alitalia ne aveva fatto un cavallo di battaglia, quest’ultima sta perseguendo pervicacemente la strada del trasferimento delle attività all’estero e ciò a partire dalle attività del call center.A quanto pare, infatti, Alitalia, avrebbe intenzione di perseguire la strada delle delocalizzazioni trasferendo parte delle commesse, sino ad oggi affidate alla italianissima e sicilianissima Alicos, ad altri operatori delle telecomunicazioni che si appresterebbero a loro volta a trasferire all’estero la gestione di tali flussi telefonici.Il governo della Regione Sicilia e quello nazionale, anche nei confronti di Alitalia, hanno l’obbligo morale e civile di intervenire in maniera chiara netta e decisa. Non siamo disponibili a perdere le centinaia di posti di lavoro guadagnati a fatica nella nostra regione.Il motivo che sta dietro questa sollecitazione alla delocalizzazione è semplice: fare profitto attraverso la compressione verso il basso del valore delle singole commesse assegnate agli outsourcer; tutto ciò anche a discapito della qualità del servizio reso all’utente. Qualità che dovrebbe essere recuperata, a detta di talune committenti, attraverso il controllo diretto e massiccio delle attività esercitate dagli outsourcer tramite il cosiddetto mass recording (a tal proposito è in atto un tentativo di smantellamento dei diritti sanciti dall’art.4 L.300/70 in materia di controllo a distanza)Sulla qualità del servizio reso all’utente e sul mass recording abbiamo già proposto di avviare iniziative comuni con le associazioni dei consumatori. Ci faremo sentire, sia come lavoratori che come cittadini/utenti, sia per la qualità del servizio erogato che per il rischio della perdita delle libertà individuali. Non dobbiamo permettere, in Italia così come in Iraq, che qualcuno possa immagazzinare uno dei nostri dati sensibili, il timbro della nostra voce, per i fini più reconditi ed inimmaginabili.In sintesi, per ritornare al punto, di che cosa ci preoccupiamo? Da qui a fine anno con il lievitare dei costi che deriva dal progressivo venir meno dei benefici previsti dalla L.407/90 e soggiogati dalle committenti che comprimono verso il basso il valore della commessa assegnata, molti call center in outsourcing potrebbero dismettere gradualmente le proprie attività per riavviarle in altre regioni d’Italia e/o all’estero.Migliaia di posti di lavoro sono da subito a rischio, ed in particolare a Catania chi rischia di più sono i 1.500 dipendenti di Almaviva (non Almaviva, società piuttosto solida dal punto di vista finanziario, ma i 1.500 lavoratori occupati) è perciò che proponiamo che tutti i soggetti che hanno interessi sociali nelle attività di impresa promuovano le seguenti proposte:1)far sì che si renda possibile, per tale settore di attività, l’estensione dei benefici di Legge di cui alla L.407/90 per ulteriori 24 mesi;2)lanciare una nuova campagna per la stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione, ciò con il duplice scopo di poter recuperare all’occupazione stabile una buona fetta della popolazione attiva che di contribuire ad abbassare, grazie all’utilizzo di specifici benefici quali il credito di imposta a fronte di nuove assunzioni, il costo complessivo del lavoro all’interno delle singole aziende . Ricordiamo a tutti che il ricorso alle agenzie interinali incide sul costo del lavoro mediamente intorno al 7-15% e che un maggiore costo del lavoro in settori di attività “work intensive” può pregiudicare la tenuta dei livelli occupazionali così come la sopravvivenza delle stesse aziende.3)Black List - prevedere che non vengano concessi i benefici di cui alla L.488/92 a tutte quelle aziende i cui assetti societari sono sostanzialmente coincidenti con le società che già hanno utilizzato detti benefici ma non hanno mantenuto i livelli occupazionali previsti;4) chiedere al Ministro delle Attività Produttive di intervenire in maniera pesante nei confronti di chi sostiene ed alimenta le delocalizzazioni all’estero (Telecom, Vodafone, Sky, Wind etc). Queste ultime operano gestendo servizi di pubblica utilità, utilizzando licenze nazionali e soprattutto, usufruiscono di benefici accordati dallo Stato.5)prevedere che nel territorio regionale possano essere messi a disposizione , per essere concessi in affitto a prezzi socialmente convenuti, gli immobili inutilizzati di proprietà degli EE.LL. e ciò a beneficio di tutte quelle aziende che ne fanno richiesta a condizione che sia stato incrementato negli anni il numero dei lavoratori occupati e che assicurano un ulteriore incremento del numero degli addetti. Ciò anche con lo scopo di limitare le eventuali ingerenze sul mercato degli affitti degli stabilimenti industriali che parte del malaffare finisce con il determinare. (il contrasto alla criminalità ed alla Mafia lo si pratica, anche, contrastandone gli interessi) 6)prevedere che si disciplinino nazionalmente, per legge, capitolati e contratti di appalto nel settore delle TCL in maniera tale da traguardare i seguenti obiettivi:a) maggiore qualità del servizio reso al cittadino/utente;b) certezza nella corresponsione, ai lavoratori dipendenti, della retribuzione prevista dal CCNL (anche in caso di insolvenza dell’azienda, tramite specifiche trattenute cauzionali da effettuare sul valore della singola commessa),c) prevedere l’istituzione delle clausole sociali di salvaguardia su base territoriale e volontaria. Il lavoratore che perde il lavoro per il venir meno di una commessa deve aver la possibilità di seguire il destino della commessa sul territorio.Non pretendiamo, certo che, le grandi committenti del settore possano, dall’oggi all’indomani, prendere coscienza delle proprie responsabilità sociali ma a nessuno deve essere permesso di agire così come ha agito Enel Energia a Catania.Se i 68 lavoratori di Ratio Consulta sono rimasti senza lavoro grandi responsabilità vanno attribuite anche ad Enel Energia.Per i ragazzi di Ratio Consulta dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per favorire la ricollocazione al lavoro anche in altre imprese che operano sulla stessa commessa o in commesse di pari interesse.d) trasparenza dei rapporti commerciali e nelle transazioni finanziarie nel settore delle TLC all’interno del quale gira oramai un flusso incommensurabile di dati sensibili che riguardano i cittadini e una valanga di denari e che non è ancora affatto immune da eventuali tentativi di infiltrazione criminale e di riciclaggio di denaro di illecita provenienza.Su queste proposte, a partire dalla metà dell’anno scorso abbiamo chiesto, per iscritto, alla Provincia Regionale di Catania ed al Governo della Regione Siciliana di aprire un confronto ma a fronte delle continue richieste non abbiamo avuto modo di poter apprezzare alcuna risposta concreta. Ed inoltre, quando abbiamo ricevuto qualche sporadica risposta ci è stato sempre detto che le risorse sono insufficiente anche perché lo Stato non trasferisce risorse utili allo scopo.7)E’vero quanto sostiene l’INPS; la richiesta per l’attribuzione del codice statistico contributivo la fa l’azienda, però è altrettanto vero che, aggiungiamo noi, che compete all’INPS assegnarlo in maniera corretta.I call center dovrebbero essere iscritti alle classi che permettono ai lavoratori addetti di poter utilizzare gli ammortizzatori sociali ordinari. Su tale questione, bisogna mettere su un tavolo di competenti per la risoluzione di tale problematica. Anche su tale questione le aziende che non versano le quote per cassa integrazione e mobilità agiscono sul mercato esercitando dumping.
Il punto su Telecom:A Catania nel 2000 erano occupati 2.000 lavoratori, di questi, oggi ne sono presenti al lavoro solo 550. Nella giornata di lunedì 19 aprile u.s. Telecom Italia ha illustrato, alle Segreterie Nazionali di categoria e a quelle Confederali, il piano industriale 2010/2012 che si concretizzerebbe in un residuo di eccedenze dei precedenti piani pari a 2300 lavoratori ed un’ulteriore eccedenza di 4522 unità nel periodo 2010/2012 per un totale di 6822 lavoratori. Se tali intenzioni aziendali dovessero malauguratamente concretizzarsi il perimetro dei lavoratori a Catania potrebbe subire una ulteriore drammatica riduzione che potrebbe impattare direttamente l’area del custumer service 187 all’interno del quale sono attualmente occupati 60 lavoratori.
Alcuni accenni al settore delle emittenze private.Segnaliamo inoltre l’emergere di un pericoloso focolaio di crisi all’interno di uno specifico settore di attività che è quello della emittenza televisiva privata che nel territorio della Provincia di Catania occupa da anni numerosi lavoratori addetti.Di tale questione ne parlo perché, superato il primo pioneristico periodo, quello della cosiddetta “onda libera” il settore è oramai strutturato in maniera industriale.Entro il 2012 i concessionari delle frequenze televisive terrestri dovranno cambiare il sistema di trasmissione da analogico a digitale. In molte regioni lo switch off è già avvenuto: in Sardegna, Campania, Lazio, Piemonte e Valle d’Aosta la televisione terrestre è ormai solo digitale. La Sicilia sarà tra le ultime regioni che passeranno al nuovo sistema, ma già da qualche tempo molte delle emittenti storiche della regione stanno trasmettendo, in via sperimentale, anche in digitale. Quali potranno essere le ricadute di questo cambiamento sul mercato pubblicitario, sugli investimenti tecnologici e quindi sull’occupazione e sull’organizzazione del lavoro è chiarente evidente a tutti noi. L’occupazione è a rischio così come è a rischio la libertà di espressione. Gli eventuali esuberi rischiano di gravare sia sul settore tecnico, a causa di un più massiccio utilizzo dei format che sui giornalisti soggetti ai soli vincoli dei C.d.R. (la legge sulla professione giornalistica L. 69/1963) e ciò senza la copertura di adeguati ammortizzatori sociali (dal 1982 l’ente previdenziale di riferimento è l’ENPALS).I nostri timori riguardano sia una possibile crisi del settore nel nostro territorio che una complessiva riduzione della libertà di espressione che da tali tagli potrebbe derivarne. L’eventuale licenziamento dei giornalisti ed un più massiccio ricorso di telereporter (non soggetti alla L.69/1963) è il pericolo che noi segnaliamo. I Telereporter devono essere, anche loro, soggetti alla L.69/1963Il Coord Gen.SLC CGIL SiciliaGiovanni PistorioNOTA DI DIREZIONE:Susanna Camusso nata a Milano. Comincia la sua attività sindacale nel 1975 coordinando le politiche delle 150 ore e diritto allo studio per la FLM di Milano, la categoria unitaria dei metalmeccanici.Dal settembre del 1993 alla fine del 1997 è in segreteria nazionale della FIOM con la responsabilità del settore auto prima e, in seguito, della siderurgia. Nel dicembre del 1997 viene eletta segretaria generale della Federazione Lavoratori Agro Industria (FLAI) Lombardia, incarico che ricopre fino all'elezione a Segretario Generale della CGIL Lombardia nel luglio del 2001.Dal 1977 dirige la Federazione Impiegati Operai Metallurgici (FIOM) in una zona di Milano per poi cominciare a seguire le politiche del gruppo Ansaldo. Nel 1980 entra nella segreteria Fiom di Milano e nel 1986 in quella regionale della Lombardia.Eletta in Segreteria confederale il 16 Giugno 2008 è responsabile di:
- Agricoltura
- Artigianato
- Cooperazione
- Politiche dei Settori produttivi (Piccola, Media e Grande Impresa)
Crisi occupazione in atto nel settore delle telecomunicazioni con particolare riferimento all’area dei call center in outsourcing.
A seguito della circolare n. 17 del ministro Damiano, del 14 giugno 2006, nel territorio della Provincia di Catania, diverse aziende che operavano nel settore dei call center in outsourcing hanno provveduto a stabilizzare gradualmente, con contratto di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato, circa 1500 lavoratori. Successivamente molte altre aziende del settore hanno continuato ad assumere utilizzando tale tipologia contrattuale.
Chiaramente tali aziende, al momento dell’assunzione, hanno utilizzato tutti i benefici previsti per legge compreso quelli di cui alla L.488/92 che prevede l’erogazione in conto capitale di contributi a favore delle imprese che intendono promuovere programmi di investimento nelle aree depresse e quelli di cui alla L. 407/90 che prevede, a fronte dell’assunzione di lavoratori con contratto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato sgravi contributivi e previdenziali per un periodo di 36 mesi.
Come già detto, i benefici di cui alla L.407/90 sono utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi , quindi i benefici stanno per venire meno, per cui nel momento in cui i costi per il personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente, potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio per trasferirle, in altre parti della nostra penisola e da lì fare ripartire la giostra della “precarizzazione implicita” dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Inoltre, sempre in tale settore è già in corso una delocalizzazione delle attività verso l’estero. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky) molte tra queste ultime operano anche nel nostro territorio.
A conferma di quanto sosteniamo in materia di delocalizzazione selvaggia occorre sottolineare che, al di là delle dichiarazioni rese da parte del Governo Italiano, che della presunta “italianità” della compagnia di bandiera Alitalia ne aveva fatto un cavallo di battaglia, quest’ultima sta perseguendo pervicacemente la strada del trasferimento delle attività all’estero e ciò a partire dalle attività del call center.
A quanto pare, infatti, Alitalia, avrebbe intenzione di perseguire la strada delle delocalizzazioni trasferendo parte delle commesse, sino ad oggi affidate alla italianissima e sicilianissima Alicos, ad altri operatori delle telecomunicazioni che si appresterebbero a loro volta a trasferire all’estero la gestione di tali flussi telefonici.
Il governo della Regione Sicilia e quello nazionale, anche nei confronti di Alitalia, hanno l’obbligo morale e civile di intervenire in maniera chiara netta e decisa. Non siamo disponibili a perdere le centinaia di posti di lavoro guadagnati a fatica nella nostra regione.
Il motivo che sta dietro questa sollecitazione alla delocalizzazione è semplice: fare profitto attraverso la compressione verso il basso del valore delle singole commesse assegnate agli outsourcer; tutto ciò anche a discapito della qualità del servizio reso all’utente. Qualità che dovrebbe essere recuperata, a detta di talune committenti, attraverso il controllo diretto e massiccio delle attività esercitate dagli outsourcer tramite il cosiddetto mass recording (a tal proposito è in atto un tentativo di smantellamento dei diritti sanciti dall’art.4 L.300/70 in materia di controllo a distanza)
Sulla qualità del servizio reso all’utente e sul mass recording abbiamo già proposto di avviare iniziative comuni con le associazioni dei consumatori. Ci faremo sentire, sia come lavoratori che come cittadini/utenti, sia per la qualità del servizio erogato che per il rischio della perdita delle libertà individuali. Non dobbiamo permettere, in Italia così come in Iraq, che qualcuno possa immagazzinare uno dei nostri dati sensibili, il timbro della nostra voce, per i fini più reconditi ed inimmaginabili.
In sintesi, per ritornare al punto, di che cosa ci preoccupiamo? Da qui a fine anno con il lievitare dei costi che deriva dal progressivo venir meno dei benefici previsti dalla L.407/90 e soggiogati dalle committenti che comprimono verso il basso il valore della commessa assegnata, molti call center in outsourcing potrebbero dismettere gradualmente le proprie attività per riavviarle in altre regioni d’Italia e/o all’estero.
Migliaia di posti di lavoro sono da subito a rischio, ed in particolare a Catania chi rischia di più sono i 1.500 dipendenti di Almaviva (non Almaviva, società piuttosto solida dal punto di vista finanziario, ma i 1.500 lavoratori occupati) è perciò che proponiamo che tutti i soggetti che hanno interessi sociali nelle attività di impresa promuovano le seguenti proposte:
1)far sì che si renda possibile, per tale settore di attività, l’estensione dei benefici di Legge di cui alla L.407/90 per ulteriori 24 mesi;
2)lanciare una nuova campagna per la stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione, ciò con il duplice scopo di poter recuperare all’occupazione stabile una buona fetta della popolazione attiva che di contribuire ad abbassare, grazie all’utilizzo di specifici benefici quali il credito di imposta a fronte di nuove assunzioni, il costo complessivo del lavoro all’interno delle singole aziende . Ricordiamo a tutti che il ricorso alle agenzie interinali incide sul costo del lavoro mediamente intorno al 7-15% e che un maggiore costo del lavoro in settori di attività “work intensive” può pregiudicare la tenuta dei livelli occupazionali così come la sopravvivenza delle stesse aziende.
3)Black List - prevedere che non vengano concessi i benefici di cui alla L.488/92 a tutte quelle aziende i cui assetti societari sono sostanzialmente coincidenti con le società che già hanno utilizzato detti benefici ma non hanno mantenuto i livelli occupazionali previsti;
4) chiedere al Ministro delle Attività Produttive di intervenire in maniera pesante nei confronti di chi sostiene ed alimenta le delocalizzazioni all’estero (Telecom, Vodafone, Sky, Wind etc). Queste ultime operano gestendo servizi di pubblica utilità, utilizzando licenze nazionali e soprattutto, usufruiscono di benefici accordati dallo Stato.
5)prevedere che nel territorio regionale possano essere messi a disposizione , per essere concessi in affitto a prezzi socialmente convenuti, gli immobili inutilizzati di proprietà degli EE.LL. e ciò a beneficio di tutte quelle aziende che ne fanno richiesta a condizione che sia stato incrementato negli anni il numero dei lavoratori occupati e che assicurano un ulteriore incremento del numero degli addetti. Ciò anche con lo scopo di limitare le eventuali ingerenze sul mercato degli affitti degli stabilimenti industriali che parte del malaffare finisce con il determinare. (il contrasto alla criminalità ed alla Mafia lo si pratica, anche, contrastandone gli interessi)
6)prevedere che si disciplinino nazionalmente, per legge, capitolati e contratti di appalto nel settore delle TCL in maniera tale da traguardare i seguenti obiettivi:
a) maggiore qualità del servizio reso al cittadino/utente;
b) certezza nella corresponsione, ai lavoratori dipendenti, della retribuzione prevista dal CCNL (anche in caso di insolvenza dell’azienda, tramite specifiche trattenute cauzionali da effettuare sul valore della singola commessa),
c) prevedere l’istituzione delle clausole sociali di salvaguardia su base territoriale e volontaria. Il lavoratore che perde il lavoro per il venir meno di una commessa deve aver la possibilità di seguire il destino della commessa sul territorio.
Non pretendiamo, certo che, le grandi committenti del settore possano, dall’oggi all’indomani, prendere coscienza delle proprie responsabilità sociali ma a nessuno deve essere permesso di agire così come ha agito Enel Energia a Catania.
Se i 68 lavoratori di Ratio Consulta sono rimasti senza lavoro grandi responsabilità vanno attribuite anche ad Enel Energia.
Per i ragazzi di Ratio Consulta dobbiamo fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per favorire la ricollocazione al lavoro anche in altre imprese che operano sulla stessa commessa o in commesse di pari interesse.
d) trasparenza dei rapporti commerciali e nelle transazioni finanziarie nel settore delle TLC all’interno del quale gira oramai un flusso incommensurabile di dati sensibili che riguardano i cittadini e una valanga di denari e che non è ancora affatto immune da eventuali tentativi di infiltrazione criminale e di riciclaggio di denaro di illecita provenienza.
Su queste proposte, a partire dalla metà dell’anno scorso abbiamo chiesto, per iscritto, alla Provincia Regionale di Catania ed al Governo della Regione Siciliana di aprire un confronto ma a fronte delle continue richieste non abbiamo avuto modo di poter apprezzare alcuna risposta concreta. Ed inoltre, quando abbiamo ricevuto qualche sporadica risposta ci è stato sempre detto che le risorse sono insufficiente anche perché lo Stato non trasferisce risorse utili allo scopo.
7)E’vero quanto sostiene l’INPS; la richiesta per l’attribuzione del codice statistico contributivo la fa l’azienda, però è altrettanto vero che, aggiungiamo noi, che compete all’INPS assegnarlo in maniera corretta.
I call center dovrebbero essere iscritti alle classi che permettono ai lavoratori addetti di poter utilizzare gli ammortizzatori sociali ordinari. Su tale questione, bisogna mettere su un tavolo di competenti per la risoluzione di tale problematica. Anche su tale questione le aziende che non versano le quote per cassa integrazione e mobilità agiscono sul mercato esercitando dumping.
Il punto su Telecom:
A Catania nel 2000 erano occupati 2.000 lavoratori, di questi, oggi ne sono presenti al lavoro solo 550. Nella giornata di lunedì 19 aprile u.s. Telecom Italia ha illustrato, alle Segreterie Nazionali di categoria e a quelle Confederali, il piano industriale 2010/2012 che si concretizzerebbe in un residuo di eccedenze dei precedenti piani pari a 2300 lavoratori ed un’ulteriore eccedenza di 4522 unità nel periodo 2010/2012 per un totale di 6822 lavoratori. Se tali intenzioni aziendali dovessero malauguratamente concretizzarsi il perimetro dei lavoratori a Catania potrebbe subire una ulteriore drammatica riduzione che potrebbe impattare direttamente l’area del custumer service 187 all’interno del quale sono attualmente occupati 60 lavoratori.
Alcuni accenni al settore delle emittenze private.
Segnaliamo inoltre l’emergere di un pericoloso focolaio di crisi all’interno di uno specifico settore di attività che è quello della emittenza televisiva privata che nel territorio della Provincia di Catania occupa da anni numerosi lavoratori addetti.
Di tale questione ne parlo perché, superato il primo pioneristico periodo, quello della cosiddetta “onda libera” il settore è oramai strutturato in maniera industriale.
Entro il 2012 i concessionari delle frequenze televisive terrestri dovranno cambiare il sistema di trasmissione da analogico a digitale. In molte regioni lo switch off è già avvenuto: in Sardegna, Campania, Lazio, Piemonte e Valle d’Aosta la televisione terrestre è ormai solo digitale. La Sicilia sarà tra le ultime regioni che passeranno al nuovo sistema, ma già da qualche tempo molte delle emittenti storiche della regione stanno trasmettendo, in via sperimentale, anche in digitale. Quali potranno essere le ricadute di questo cambiamento sul mercato pubblicitario, sugli investimenti tecnologici e quindi sull’occupazione e sull’organizzazione del lavoro è chiarente evidente a tutti noi. L’occupazione è a rischio così come è a rischio la libertà di espressione. Gli eventuali esuberi rischiano di gravare sia sul settore tecnico, a causa di un più massiccio utilizzo dei format che sui giornalisti soggetti ai soli vincoli dei C.d.R. (la legge sulla professione giornalistica L. 69/1963) e ciò senza la copertura di adeguati ammortizzatori sociali (dal 1982 l’ente previdenziale di riferimento è l’ENPALS).
I nostri timori riguardano sia una possibile crisi del settore nel nostro territorio che una complessiva riduzione della libertà di espressione che da tali tagli potrebbe derivarne. L’eventuale licenziamento dei giornalisti ed un più massiccio ricorso di telereporter (non soggetti alla L.69/1963) è il pericolo che noi segnaliamo. I Telereporter devono essere, anche loro, soggetti alla L.69/1963