Care compagne, cari compagni,
è stata pubblicata, sul Supplemento Ordinario n. 243 della Gazzetta Ufficiale n. 262, la Legge n. 183/2010 (cosiddetto “collegato lavoro”). La norma entra in vigore il 24 novembre 2010.
La CGIL, durante i due anni di discussione parlamentare del provvedimento, ha costantemente denunciato il grave tentativo dell'attuale compagine governativa di indebolire le tutele del lavoro e ha definito l'intero disegno di legge una ‘contro-riforma’ in modo particolare per quanto riguarda le modifiche apportate al processo del lavoro.
In questa sede, noi affrontiamo le disposizioni contenute negli articoli 23 e 24 della legge n. 183/2010, poiché intervengono in materia di handicap e disabilità.
L'articolo 23 delega il governo a riordinare la disciplina in materia di congedi, aspettative e permessi, spettanti ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati. La delega, deve essere esercitata entro sei mesi dall'entrata in vigore del della legge.
Si tratta di più decreti legislativi che saranno elaborati dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione insieme al Ministro del lavoro, e di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
E' prevista una consultazione delle associazioni datoriali e dei lavoratori più rappresentative, nonché l'acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato-Regioni, che si deve esprimere nei successivi 30 giorni.
Tuttavia, decorsi i 30 giorni, il Governo “può comunque procedere” trasmettendo gli schemi dei decreti delegati alle Commissioni parlamentari che si devono esprimere entro 40 giorni. Decorso tale ulteriore termine, “i decreti possono comunque essere emanati.”
I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega sono:
• coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti in materia, con l'obiettivo di aggiornare e semplificare il quadro normativo;
• indicazione esplicita delle norme abrogate;
• riordino delle tipologie degli istituti in oggetto, tenuto conto del loro contenuto e della loro diretta correlazione a posizioni giuridiche costituzionalmente tutelate;
• ridefinizione dei presupposti oggettivi e dei requisiti soggettivi, nonché razionalizzazione e semplificazione dei criteri e delle modalità per la fruizione dei congedi, delle aspettative e dei permessi;
• razionalizzazione e semplificazione dei documenti da presentare con particolare riferimento ai soggetti in condizione di handicap grave, o affetti da patologie di tipo neuro degenerativo o oncologico.
L'articolo 24, invece, modifica parzialmente l'attuale disciplina dei permessi utilizzati dal lavoratore per assistere un familiare disabile.
Il Legislatore interviene sull’art. 33 della legge n. 104/1992, apportando una serie di modifiche valide sia per il settore pubblico che per quello privato. In particolare, i commi da 1 a 3 novellano, in termini più circoscritti rispetto alla disciplina vigente, le norme sia sul diritto a tre giorni di permesso mensile retribuito per l'assistenza ad un familiare, parente o affine con handicap in situazione di gravità, sia sulla conseguente possibilità di scelta della sede di lavoro.
I commi da 4 a 6 dispongono che le pubbliche amministrazioni comunichino alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica alcuni dati, relativi ai propri dipendenti che fruiscano dei permessi mensili retribuiti summenzionati o dei permessi retribuiti previsti per i minori con handicap in situazione di gravità e di età non superiore ai tre anni.
Si contempla altresì la costituzione, da parte del citato Dipartimento, di una banca dati, in cui confluiscano le comunicazioni.
Le modifiche apportate
L'articolo 24 della nuova legge interviene sull'articolo 33 della legge 104/92 apportando modifiche ai criteri che regolano la concessione delle agevolazioni lavorative per i lavoratori che assistono familiari con handicap grave.
La norma così modificata, valida sia per il settore pubblico che per quello privato, entra in vigore il 24 novembre 2010.
1) Il diritto ad assistere un familiare disabile : il lavoratore ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile, retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, per assistere un familiare disabile, a condizione che
· il familiare disabile non sia ricoverato a tempo pieno
· si tratti di coniuge, parente o affine entro il 2° grado . Nel caso di parenti sono ammessi i permessi per assistere figli, genitori, fratelli e sorelle, nonni e nipoti diretti; mentre sono esclusi gli zii del disabile , i nipoti di cui egli è zio, i bisnonni)1.
Nel caso di affini sono possibili i permessi per assistere suoceri, genero, nuora e cognati (o cognate).
Tuttavia, questa limitazione può essere derogata ed é consentito al lavoratore di assistere un familiare o affine entro il 3° grado, nel caso in cui i genitori o il coniuge del disabile
a) abbiano compiuto i 65 anni
b) siano affetti da patologie invalidanti
c) siano deceduti
d) siano mancanti
Pertanto i beneficiari dei permessi sono: coniuge, genitori, parenti o affini entro il 2° grado o entro il 3° grado nei casi sopraelencati.
Non è chiaro cosa intenda il legislatore con il termine “mancanti”; attendiamo le disposizioni attuative.
L'articolo 33 così novellato inoltre dispone che non è consentito a più lavoratori di fruire dei permessi per assistere lo stesso familiare disabile2.
Per quanto riguarda la copertura contributiva dei permessi, la legge 183/2010 prevede il diritto alla contribuzione figurativa per tutti i lavoratori che fruiscono dei permessi dell'articolo 33.
Come noto, sinora i dipendenti pubblici beneficiavano di un accredito contributivo effettivo mentre i lavoratori privati di un accredito figurativo.
In forza della modifica apportata all'articolo 20 della legge 53/2000, i lavoratori che assistono un parente o affine entro il 2° grado, non devono essere con lui conviventi né dimostrare la continuità e l'esclusività dell'assistenza in caso di non convivenza.
Ricovero a tempo pieno: il nuovo comma 3 dell'articolo 33 della legge 104/92 ribadisce che la persona disabile non deve essere ricoverata a tempo pieno perché il familiare lavoratore abbia diritto ai permessi.
Ricordiamo che gli Istituti previdenziali ritengono che il “ricovero a tempo pieno” si perfeziona quando la persona gravemente disabile é ricoverata per le “intere 24 ore”.
Fanno eccezione:
a) il ricovero in struttura ospedaliera finalizzato ad intervento chirurgico o al ricovero a scopo riabilitativo di un bambino di età inferiore a 3 anni, con grave disabilità, per il quale gli stessi sanitari certificano il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare (parente o affine entro il 2°).
b) Il ricovero in struttura ospedaliera di una persona con grave disabilità che “si trovi in coma vigile e/o in situazione terminale”. Nel settore privato la compatibilità del ricovero con il permesso va valutata dal dirigente medico legale della sede INPS competente per territorio.
La convivenza non é richiesta ai fini del diritto ai permessi. Inoltre, la parziale modifica dell'articolo 20 della legge 53/2000 ha soppresso la previsione, in caso di non convivenza, della necessità di una assistenza continua ed esclusiva da parte del lavoratore che fruisce dei permessi per assistere un parente o affine.
Nota: l'eliminazione della necessità di convivenza con il familiare disabile ed anche dei requisiti sostitutivi della convivenza -l'esclusività e la continuità dell'assistenza prestata – è in linea con la giurisprudenza, richiamata anche dall'Inps nella circolare n. 90/2007.
2) Il diritto ad assistere il figlio disabile : entrambi i genitori, anche adottivi o affidatari, possono assistere il figlio disabile grave fruendo dei permessi alternativamente. Il genitore ha diritto alle agevolazioni dell'articolo 33 anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
Nel caso di figlio disabile di età superiore ai tre anni, entrambi i genitori possono fruire dei permessi alternativamente anche in maniera continuativa nel mese.
Si tratta di una modalità di fruizione dei permessi già ampiamente utilizzata.
Se il figlio da assistere è maggiorenne non è più necessario che sussista la condizione di convivenza con il figlio, come già indicato, e, in assenza di convivenza, npn è più richiesto che l'assistenza venga prestata in via continuativa ed esclusiva.
Nota: l'abrogazione del comma 3 dell'art. 42 del Dlgs 151/01 fa sì che non sia più necessario che i genitori che assistono un figlio non convivente- di dimostrare l'esclusività e la continuità dell'assistenza prestata.
3) Il diritto al trasferimento : il lavoratore che assiste un familiare disabile ha diritto a scegliere, se possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso.
Nota: precedentemente la norma prevedeva il diritto del lavoratore al trasferimento vicino al proprio domicilio. Diritto che è invece mantenuto nei confronti del lavoratore disabile per il quale la norma non è cambiata.
4) L'accertamento dei requisiti : il lavoratore che assiste un familiare disabile perde il diritto alle agevolazioni lavorative se il datore di lavoro o l'Inps accertano l'insussistenza o il venir meno dei requisiti richiesti per la loro fruizione. E' prevista la possibilità di un'azione disciplinare nei confronti del lavoratore.
Sino ad oggi i requisiti necessari alla fruizione dei permessi venivano certificati dal lavoratore richiedente con l’autocertificazione ai sensi del d.p.r. 445/2000 (art. 39, L. 448/98). L’amministrazione o il datore di lavoro potevano eseguire delle verifiche rispetto ai requisiti autocertificati dal lavoratore richiedente; l’INPS3, per parte sua, «controlla la regolarità delle richieste in ordine ai requisiti previsti».
La disposizione relativa all'accertamento dei requisiti è la più insidiosa. E' probabile che gli accertamenti svolti dall'Inps riguardino il requisito sanitario e, solo per i dipendenti privati, i requisiti amministrativi; non è chiaro quali accertamenti invece possa svolgere il datore di lavoro oltre a quelli già indicati.
Va ricordato, inoltre, che per il settore privato l'Inps, con circolare n. 53/08, ha affermato che al datore di lavoro compete il raggiungimento di un’intesa con il lavoratore circa le modalità di fruizione dei permessi.
Anche in questa occasione ribadiamo, a scanso di equivoci, che la fruizione di permessi e congedi per handicap è un diritto esigibile che il datore di lavoro non può negare al lavoratore.
In proposito citiamo la sentenza della Corte di Cassazione4 del 2005 dove si afferma che il datore di lavoro «…è legittimato a verificare l’esistenza dei presupposti di legge per la concessione rispetto alla quale non ha alcuna ulteriore discrezionalità…». Questo significa che il datore di lavoro non può rifiutare i permessi al lavoratore, ma ha l’obbligo solo di controllare la regolarità della fruizione dei permessi in base alla legge.
La giurisprudenza sostiene che il diritto alle agevolazioni lavorative non è subordinato alla disponibilità del datore di lavoro, mentre la regolare modalità di fruizione dei permessi è invece oggetto di un accordo fra le parti. Lo stesso principio è ribadito dal Ministero del Lavoro con l'interpello n. 31 del 2010.
Nel settore pubblico, invece, è l’Ente datore di lavoro che accerta il diritto alle agevolazioni verificando la sussistenza dei requisiti di legge5, e retribuisce direttamente i giorni o le ore di permesso, concordando con il dipendente la modalità di fruizione degli stessi. Dichiarazioni difformi dal vero possono avere conseguenze penali6 alle quali si aggiunge la revoca del provvedimento concessivo del beneficio. Infatti richiamandosi all’articolo 11 del d.p.r. 403/98, l’INPDAP già nel 2000 ha sollecitato le amministrazioni a procedere ad idonei controlli, anche a campione, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive.
Inoltre, il dipendente pubblico deve rilasciare annualmente, con atto notorio, una dichiarazione di vigenza dei requisiti prescritti.
5) Costruzione di una banca dati- obblighi delle Pubbliche Amministrazioni :debbono comunicare, entro il 31 marzo di ogni anno, al Dipartimento della Funzione Pubblica i nominativi dei lavoratori che fruiscono delle agevolazioni disposte con legge 104, specificando il nominativo ed il grado di parentela o affinità delle persona per la quale godono del permesso e il comune di residenza del familiare disabile.
Questa comunicazione è necessaria anche per i genitori che fruiscono dei permessi per assistere il figlio disabile che debbono anche specificare l'età del figlio, in particolare se maggiore o minore di tre anni.
Inoltre l'amministrazione deve comunicare il numero complessivo di ore e di giorni di permesso che il dipendente ha fruito nell'anno precedente e per ciascun mese.
Queste informazioni, definite “di rilevante interesse pubblico”, verranno convogliate dal Dipartimento della Funzione Pubblica in una banca dati informatica nel rispetto delle misure di sicurezza e della privacy.
Infine, in coda all'articolo 24 della legge 183/2010 trova spazio, in modo sibillino, una disposizione non nuova: si ribadisce che le Asl devono inviare obbligatoriamente gli elenchi delle persone sottoposte ad accertamenti sanitari, ad ENS, ANMIC e UIC. Gli elenchi possono contenere soltanto il nome, il cognome e l'indirizzo dell'interessato.
Questa disposizione inserita nel citato articolo, che ripropone la vigenza di una normativa datata, peraltro spesso disattesa dalle stesse ASL, avviene mentre in Parlamento è depositato un disegno di legge7 che equipara le associazioni ai patronati e che rivendica l'applicazione anche a loro della legge 152/2001.
Una valutazione completa e approfondita delle novità e delle modifiche apportate all'articolo 33 della legge 104, sarà possibile successivamente alle circolari applicative degli istituti previdenziali e dei ministeri.
E' evidente la volontà di avviare una riforma dell'intera disciplina relativa a permessi e congedi che, con l'articolo 24 della legge 183/2010, viene iniziata modificando i cirteri per il diritto ai permessi per assistere un familiare disabile.
L'appuntamento è pertanto rinviato; saranno i decreti delegati a ridisegnare le regole per tutti i permessi, aspettative e congedi fruibili dai lavoratori pubblici e privati.
Ciò nondimeno queste prime modifiche non sono indolori poiché vanno ad incidere anche sul livello di tutela ed assistenza garantita dal Legislatore alle persone disabili.
Non si può negare che vi siano lavoratori che, approfittando dei benefici che la legge 104 riconosce ai familiari delle persone disabili bisognose di assistenza, si assentano dal lavoro in modo improprio. E' un fenomeno reale ma marginale rispetto a quello ben più esteso e drammatico dei 2 milioni e 800 mila disabili (pari al 5,2 per cento della popolazione con un età superiore ai 6 anni) e delle loro famiglie che devono fare i conti con la quotidianità.
Il controllo e il monitoraggio di chi, fra i dipendenti pubblici, utilizza i permessi ed i congedi, non deve e non può portare ad una diminuzione della tutela alle persone disabili che patiscono forse più di altri l'inadeguatezza della rete di servizi sociali territoriali. Invece, l'intenzione di ridurre il numero dei pubblici dipendenti che utilizzano i permessi, conferma la tendenza delle istituzioni italiane a non occuparsi seriamente dei problemi che la disabilità e l'assistenza impongono nel complesso.
Vogliamo ricordare che in Italia, dopo anni di battaglie sindacali, soltanto nel 2000 il Parlamento ha varato una legge quadro sull'assistenza istitutiva del fondo nazionale per la non autosufficienza. Da allora, le risorse destinate ad alimentarlo sono state versate con il contagocce. Con l'attuale governo la situazione è ulteriormente peggiorata e sembra prevalere sulla materia un orientamento punitivo, piuttosto che la volontà di aiutare effettivamente le famiglie e con loro i disabili.
Indicazioni
Con l'entrata in vigore del dispositivo cambiano le disposizioni che regolano il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori ai permessi per assistere un familiare disabile.
Le nuove regole relative la grado di parentela o affinità con il disabile stabiliscono che dal 24 novembre 2010 il rapporto di parentela o di affinità, con il familiare da assistere, é limitato al 2° grado, salvo i casi per i quali è prevista la deroga.
Le nuove domande di permessi devono rispettare le nuove disposizioni.
Inoltre, coloro che hanno sinora beneficiato dei tre giorni retribuiti al mese per l'assistenza al familiare, con un grado di parentela o affinità del 3° grado, si vedranno revocare il diritto alle agevolazioni concesse, salvo che si possano avvalere della deroga.
Inoltre, anche il diritto al trasferimento in una sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile, viene modificato poiché anche in questo caso il rapporto di parentela o affinità deve essere entro il 2° grado, salvo le deroghe indicate.
E' opportuno che siano monitorate insieme alla categoria interessata le ricadute di questa modifica della precedente normativa.
Invitiamo infine le nostre sedi ad avvertire le lavoratrice ed i lavoratori che si sono rivolti a noi delle nuove regole disposte con la legge n. 183/2010.
Inoltre, chiediamo alle nostre sedi di segnalarci i casi per i quali l'applicazione della nuova normativa comporti una inutilmente dannosa diminuzione di tutela del disabile e del suo nucleo famigliare.
Infine, ricordiamo che queste nuove disposizioni saranno oggetto di circolari applicative ministeriali e degli istituti previdenziali.
Cari saluti.
p. il Settore p. Il Collegio di Presidenza
M.P. Sparti F. Gasparri
1 Sono compresi nel 2° grado di parentela: genitori e figli (1° grado), nonni e nipoti (2° grado)
Sono compresi nel 2° grado di affinità : suoceri (1° grado), cognati e nonni del coniuge (2° grado)
2 Possibilità già non utilizzata nel settore privato
3 Messaggio INPS n. 12274/2009.
4 Sentenza n. 175/2005
5 DPF 26 giugno 1992 e circolare INPDAP n. 34/2000 «La pubblica amministrazione ha la possibilità di compiere eventuali verifiche […] l’eventuale difformità rispetto alla realtà delle dichiarazioni sostitutive o degli atti notori implica il rischio della commissione del reato di falso e la decadenza del beneficio in esame».
6 INPDAP 34/2000.
7 Ddl n. 1732 (Porcu e altri) “Disposizioni sulle associazioni di tutela delle persone disabili”
Legge 104 del 1992
così come modificata dalla L. 183/2010
in vigore dal 24.11.2010
Art. 33 - (Agevolazioni) [1] [2]
1. [3]
2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il 2° grado, ovvero entro il 3° grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all'articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso. [7]
7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.
7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Note:
1 Per la facoltà di non prestare lavoro notturno da parte dei lavoratori che abbiano a proprio carico un soggetto disabile, vedi l'art. 5, comma 2, L. 9 dicembre 1977, n. 903.
2 Per l'estensione delle agevolazioni di cui al presente articolo, vedi l'art. 20, L. 8 marzo 2000, n. 53.
3 Comma abrogato dall'art. 86, comma 2, lett. i), D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
7 Comma modificato dall'art. 19, comma 1, lettera c), L. 8 marzo 2000, n. 53.
Lavoro notturno: il dl 112/2008 ha modificato il dlgs 66/2003 in materia di disciplina dei tempi di lavoro. Il lavoratore notturno è colui che svolge almeno 3 ore di lavoro notturno per un minimo di 80 giorni all'anno. Non vi è più l'obbligo di comunicare l'esecuzione del lavoro notturno alla Dpl.
Legge 53/2000
così come modificata dalla L. 183/2010
(… omissis...)
CAPO V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Art. 19.
(Permessi per l'assistenza a portatori di handicap)
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, dopo le parole: "permesso mensile" sono inserite le seguenti: "coperti da contribuzione figurativa";
b) al comma 5, le parole ", con lui convivente," sono soppresse;
c) al comma 6, dopo le parole: "può usufruire " è inserita la seguente: "alternativamente".
Art. 20.
(Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di handicap)
1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto.
DLGS 151/2001
così come modificato dalla L. 183/2010
Art. 42.
Riposi e permessi per i figli con handicap grave
(legge 8 marzo 2000, n. 53, articoli 4, comma 4-bis, e 20)
1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l’articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito.
2. Successivamente al compimento del 3° anno di età del bambino con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire dei permessi di cui all'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, è riconosciuto ad entrambi i genitori ,anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del mese.
3. ABROGATO
4. I riposi e i permessi, ai sensi dell’articolo 33, comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.
5. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge medesima e che abbiano titolo a fruire dei benefici di cui all’articolo 33, commi 1, 2 e 3, della medesima legge per l’assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di lire 70 milioni annue per il congedo di durata annuale. Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno 2002, sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Il congedo fruito ai sensi del presente comma alternativamente da entrambi i genitori non può superare la durata complessiva di due anni; durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei benefici di cui all’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fatte salve le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo. (6) (7) (8) (9)
6. I riposi, i permessi e i congedi di cui al presente articolo spettano anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
(6) Il comma 106 dell'articolo 3 della della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha soppresso il limite di cinque anni di certificazione dell'handicap grave precedentemente posto come condizione per accedere ai congedi in parola.
(7) la Corte Costituzionale con Sentenza 8 giugno 2005, n. 233, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con soggetto con handicap in situazione di gravità a fruire del congedo ivi indicato, nell'ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio handicappato perché totalmente inabili.
(8) La Corte Costituzionale con Sentenza 18 aprile 2007, n. 158, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con "soggetto con handicap in situazione di gravità", il diritto a fruire del congedo ivi indicato.
(9) La Corte Costituzionale con Sentenza 26 gennaio 2009, n. 19 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.