31 dicembre 2012

Perché gli animali non dimenticano.....

PISTOIA – Toldo è un gatto con cuore e memoria. Toldo va ogni giorno sulla tomba del suo padrone e gli porta un dono. Toldo non ha dimenticato Renzo Iozzelli. Ce lo racconta Paolo Vannini sul Corriere della Sera.
Benvenuti a Montagnana, piccolo paese in provincia di Pistoia. Qui abita un gatto che è diventato la star del paese: ogni mattina i suoi “concittadini” lo salutano mentre lo vedono dirigersi verso il camposanto.
Nel camposanto sono custoditi i resti di Renzo Iozzelli, morto a 71 anni nel 22 settembre 2011. E da allora, dicono i testimoni (in primis la signora Ada, vedova di Renzo), non c’è giorno che Toldo manchi per recarsi sulla lapide.
Un giorno gli porta un ramoscello, un giorno un bicchiere, un giorno un fazzoletto. Perché l’amore che nutriva per il padrone vive ancora nel suo cuore e nella sua memoria. Perché gli animali non dimenticano..... cosa che invece a volte le persone sono portata a fare.

30 dicembre 2012

Rita Levi Montalcini è volata via a 103 anni.

Senatrice a vita, neurologa, premio nobel per la medicina nel 1986, prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze, varie lauree honoris causa… se ne va una donna che ha reso l’Italia grande nel mondo. E su internet è caccia alle sue foto private, quelle che raccontano la sua vita intensa, da quando era ragazza, agli anni dell’università e poi il conferimento del premio nobel e la carriera nel Senato, e i numerosi incontri con moltissime personalità importanti d’Italia e non solo.
Rita Levi Montalcini è morta in casa, vicino ai suoi cari, nella sua abitazione a Roma in via di Villa Massimo, a due passi da Villa Torlonia. Aveva 103 anni ed era nata a Torino. I suoi familiari si erano accorti subito che c’era qualcosa che non andava e hanno chiamato il 118, ma quando l’ambulanza è arrivata la scienziata era già morta.
Il cordoglio abbraccia il Paese. “Tutta Roma è addolorata per questa tristissima notizia”, ha commentato il sindaco della capitale Gianni Alemanno: “La scomparsa di Rita Levi Montalcini è un gravissimo lutto – ha continuato- per l’Italia e per tutta l’umanità”.

29 dicembre 2012

Antenna Sicilia: Diffida per la disdetta unilaterale del Contratto integrativo e del premio aziendale.

Oggetto: impugnativa disdetta accordo premio aziendale art.5 ccnl e del recesso dell’accordo integrativo aziendale In risposta alla Vs del 29/9/12 contenente il recesso dagli accordi in epigrafe in nome e per conto dei nostri iscritti codesta OO.SS ne impugna, prima della scadenza della vigenza (31/12/12), gli effetti.
  -- Invero, trattandosi di contratto aziendale integrativo a tempo indeterminato e di clausole di contratti aziendali integrativi recepite in singoli contratti individuali la facoltà di recesso è subordinata al consenso manifestato dai singoli lavoratori (sia pure mediante rinvio ad eventuali nuove determinazioni dell’autonomia collettiva).
Nel caso di specie non risulta che la SV abbia subordinato il recesso al predetto consenso né che abbia richiesto incontri con l’OO.SS a tal fine. Si diffida, pertanto, dalla soppressione della valenza degli accordi suindicati.
Catania, 29 dicembre 2012
Il Segretario Generale
Davide Foti

27 dicembre 2012

Il 30 dicembre si vota per le primarie del PD

Cari compagni,
domenica 30 dicembre si vota per le primarie del PD. 
In tale occasione verranno scelti i candidati che il PD presenterà nelle liste per il rinnovo del Parlamento. 
Per le primarie si potranno esprimere una o due preferenze . Nel caso di due preferenze una dovrà essere attribuita ad una donna e l'altra ad un uomo. Per le primarie del PD io sostengo la candidatura della compagna della CGIL  Luisa ALBANELLA con la quale ho condiviso , con entusiasmo, dure e lunghe battaglie a sostegno del diritto. Invito quanti condividono questa preferenza e questo pensiero a fare in modo che anche altri lo possano fare .
Giovanni Pistorio
NOTA DI REDAZIONE:
Nella foto la compagna della CGIL  Luisa Abanella

Catania: Il Bus rapido è in ritardo

www.giuseppeberretta.it
“IL COMUNE AVEVA PROMESSO L’ATTIVAZIONE ENTRO NATALE MA IL BUS RAPIDO RESTA UN MIRAGGIO”
Il sindaco Stancanelli dimentica una volta di troppo che ha una città da guidare, una città in cui ancora una volta le opere restano incompiute, i progetti sono solo proclami, tutto viene declinato al futuro senza che mai nulla venga realizzato. L’esempio più clamoroso che salta agli occhi in questi giorni riguarda il Brt, lo sbandierato progetto di realizzazione di una corsia veloce che dovrebbe collegare il parcheggio dei Due Obelischi a piazza Stesicoro. Ancora una volta questa amministrazione di centrodestra persevera nel prendere in giro i catanesi, ai quali era stato assicurato ad inizio lavori, i primi di ottobre, che entro Natale la linea del Brt sarebbe stata attivata. Siamo al 27 di dicembre e nonostante i disagi durati per settimane, ai quali gli automobilisti sono stati sottoposti, i lavori sono ancora in alto mare e l’attivazione del Brt sembra un miraggio.
E’ solo un esempio, l’ultimo di una lunga serie, del modo di agire dell’amministrazione Stancanelli che promette sempre e non mantiene mai.
Beffare i cittadini, poi, su una questione tanto importante come quella della mobilità, in una città grande come Catania dove il traffico è probabilmente il problema principale per i cittadini che ogni giorno vanno a lavorare con la propria auto, sembra ancora più grave. Stancanelli spenda un po’ del suo tempo per capire perché il Brt non funziona ancora e dica la verità spiegando ai catanesi quando finalmente potranno prendere per davvero un autobus senza arrivare in ritardo. Catania e i catanesi hanno bisogno di verità e certezze, di poche chiacchiere e più fatti concreti.

Caos a Mediaset, dipendenti protestano davanti alla sede di Roma

Mediaset ha deciso di trasferire a Milano decine di dipendenti delle sedi di Roma con l'inizio del 2013. Le rappresentanze unitarie sindacali hanno denunciato come l'azienda, nonostante non sia ufficialmente in stato di crisi, stia cercando di "sfoltire il personale imponendo un prendere o lasciare sulla base di incentivi economici".
Così chi non è disposto a trasferirsi, di fatto, viene invitato a lasciare l'azienda. Oggi qualche decina di dipendenti Mediaset sono scesi a protestare davanti alla sede di Via Aurelia Antica, a Roma, con dei cartelli inequivocabili contro Berlusconi e l'azienda. "Mamme licenziate, mignotte assunte", lo striscione più eloquente.


26 dicembre 2012

Fisco: dal 1 gennaio arriva la Res, una nuova tassa sulla casa

Appena dopo la stangata dell’Imu, c’è da pagare la prima rata di una nuova tassa sulla casa, la Tariffa comunale sui Rifiuti e Servizi - abbreviata in Res o Tares - destinata a sostituire la tassa sui rifiuti attualmente in vigore nel proprio comune. In alcuni comuni quest’ultima è la Tarsu (tassa o tariffa sui rifiuti solidi urbani); in altri è la Tia (tariffa di igiene ambientale).
La nuova tassa, però, sarà più salata, rispetto alle precedenti. La Res, infatti, a differenza di quanto avventiva con Tarsu e Tia, dovrà coprire per intero i costi sotenuti dal Comuine per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Inoltre, comprenderà, nell’importo totale, anche una maggiorazione, che servirà a finanziare i "servizi indivisibili e comunali", come l’illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade. L’importo di questa maggiorazione è di 30 centesimi a metro quadro, che però il Comune può portare fino a 40 centesimi, cioè 40 euro l’anno per una casa di 100 metri quadri.
La Res - il cui valore è proporzionale all’80 per cento della superficie dell’alloggio - si pagherà in quattro rate: a gennaio, aprile, luglio e dicembre. Per il versamento, sarà possibile utilizzare il modello F24, come per l’Imu, o il bollettino di conto corrente postale.

25 dicembre 2012

Imu 2013, più facile da pagare. Più cara per imprese e alberghi

Imu del 2013 sarà più facile da pagare. A scriverlo è Il Sole 24Ore in un articolo pubblicato lunedì 24 dicembre che spiega il fatto che per le famiglie che hanno seconde case vuote o affittate, o per i titolari di negozi, l’Imu del 2013 sarà più semplice da pagare rispetto a quella di quest’anno.
Ad andare in “soffitta” dopo solo un anno di problematica prova sul campo, è l’imposta in condominio fra Stato e Comuni, con la divisione fra il 50% del gettito ad aliquota standard destinato all’Erario e il resto dell’imposta girato invece al sindaco. Scrive Il Sole:
“L’Imu su abitazioni e negozi andrà infatti tutta al Comune, e bisogna capire se a questa semplificazione corrisponderà anche un alleggerimento del prelievo. In linea teorica, qualche speranza c’è, dal momento che gli aumenti delle aliquote registrati quest’anno si spiegano in parte anche con la confusione sui dati effettivi delle entrate, aumentata dal fatto che le stime governative su cui i Comuni hanno dovuto fare i bilanci hanno vissuto più di un’incertezza”.
Per evitare il rischio di buchi di bilancio, com’è noto le amministrazioni comunali hanno rivisto al rialzo le richieste ai contribuenti per evitare i buchi di bilancio portando il gettito a consuntivo sopra di  circa 2 miliardi i tagli inferti ai fondi di riequilibrio assegnati dallo Stato agli enti locali. Gli elementi di speranza però, scrive Il Sole 24Ore, si fermano qui.
“L’attribuzione integrale del gettito non rappresenta un “arricchimento” dei sindaci, che in cambio si vedono praticamente azzerati i fondi statali con un gioco che nel complesso è a somma zero. I correttivi parlamentari alla legge di stabilità, poi, hanno un po’ limato la nuova ondata di sacrifici già messa in calendario dal decreto di luglio sulla revisione di spesa, ma anche dopo la cura le richieste agli enti locali per il 2013 in questo capitolo rimangono quadruple rispetto a quelle introdotte a metà anno per il 2012″. 
“Per completare gli elementi di previsione, bisogna poi considerare che quest’anno gli aumenti dell’Imu, soprattutto sugli immobili diversi dalle abitazioni principali, sono stati parecchi ma molto lontani dall’esaurire lo spazio fiscale a disposizione dei sindaci. L’aliquota media “ordinaria” applicata nel 2012 è stata del 9,33 per mille (si veda anche il Sole 24 Ore del 19 dicembre), ma per arrivare al tetto del 10,6 per mille c’è spazio per altri aumenti del 13,6 per cento”. 
A non avere speranze di  alleggerimenti fiscali sono invece le  imprese e gli alberghi, e in generale tutti i proprietari dei fabbricati che il Catasto raggruppa nella categoria D. Ancora Il Sole:
Nel 2013, la loro Imu ad aliquota standard (7,6 per mille) andrà integralmente allo Stato, ma il Comune potrà applicare una maggiorazione del 3 per mille: una strada che probabilmente sceglieranno molti sindaci, soprattutto negli enti (in particolare quelli medio-piccoli del Nord e nelle aree turistiche) in cui imprese e alberghi offrono una quota consistente della base imponibile. A loro, poi, è riservato un infortunio normativo di non facile soluzione”.
“Nel cancellare la quota erariale dell’Imu delle altre categorie, il maxiemendamento alla legge di stabilità ha depennato un intero articolo il numero 13, comma 11, del Dl 201/2011, creando una serie di buchi normativi. Il comma 11, infatti, prevedeva la riserva ai Comuni del gettito dei fabbricati rurali strumentali, e questi tecnicamente sono fabbricati ad uso produttivo classificati in categoria D/10. Dal 2013, quindi, il il gettito dovrebbe essere riservato allo Stato, anche se ad aliquota agevolata del 2 per mille che però può essere ulteriormente ridotta dal Comune. È evidente che questa situazione necessità di una correzione per via normativa. Il comma abrogato conteneva poi il fatto che la quota statale fosse “versata allo Stato contestualmente” all’Imu. Ora i termini di versamento allo Stato non hanno più alcun riferimento normativo, anche se si potrà rimediare facendo riferimento alle scadenze dei versamenti comunali. Ciò che non potrà essere risolto senza una nuova norma è l’abrogazione dell’ultimo periodo del comma 11, dove si prevedeva che accertamento e riscossione dell’Imu statale fossero svolti dal Comune a cui spettano le maggiori somme a titolo di imposta, interessi e sanzioni. È ovvio che se il Comune delibera l’incremento dell’aliquota per i fabbricati D ha anche l’interesse a effettuare gli accertamenti per recuperare la propria quota, interesse che viene meno nell’ipotesi di conferma della sola aliquota standard. Ed è altrettanto ovvio che anche in questo caso occorre rimediare con un intervento normativo, magari prevedendo anche le modalità di effettuazione del rimborso della quota statale, che la circolare 2/DF del 13 dicembre ha chiarito essere di competenza del Comune solo per la parte relativa alla verifica delle legittimità delle istanze”. 

Super-Iva al 22% da luglio 2013: pesa anche sulla ristrutturazione della casa

Neppure la casa si salva dall’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, previsto a partire da lunedì 1 luglio 2013 dalla legge di stabilità votata al Senato. A spiegare cosa accadrà è un articolo del Sole 24Ore pubblicato lunedì 24 dicembre.
L’Iva al 22% impatterà, scrive Il Sole 24Ore, su una buona parte degli interventi di risistemazione.
“Prima di tutto si applicherà alle parcelle professionali di geometri, architetti e ingegneri ingaggiati in occasione di lavori di ristrutturazione. Ma anche ai compensi per la certificazione energetica da allegare al rogito in caso di compravendita o da inserire negli annunci immobiliari di vendita o locazione. Ricade, poi, nel perimetro dell’Iva al 22% anche tutto il settore dell’arredamento, dei mobili e degli elettrodomestici”.
“Il quadro è più sfumato, invece, sui lavori veri propri, cioè sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nelle abitazioni. Quando il proprietario sceglie la via del fai-da-te o comunque acquista direttamente i materiali – come ad esempio vernice e pennelli – si applica semplicemente il 22 per cento. Al contrario, quando l’intervento su un edificio a prevalente destinazione abitativa è affidato a un’impresa, si rientra nel campo dell’Iva agevolata al 10% per l’edilizia, che è stata resa permanente dalla Finanziaria 2010″.
“Tra questi due estremi ci sono però una serie di situazioni intermedie più o meno complicate da gestire per i privati e le imprese, come l’acquisto con posa in opera o l’acquisto dei cosiddetti “beni finiti” (in pratica, prodotti pronti per l’installazione, come i termosifoni) o dei “beni significativi” (una serie di prodotti elencati da un decreto del 1999, dalle finestre ai sanitari del bagno, che scontano in parte l’Iva al 10% e in parte ad aliquota standard). E resterà anche un’area – piccola, per la verità – in cui si applicherà l’aliquota al 4%, prevista per l’acquisto e la costruzione della prima casa e per la rimozione delle barriere architettoniche”.
Quanto accadrà a luglio del 2013, coinciderà inoltre con la fine delle detrazione extra large del 50% sul recupero edilizio. Dal 1 luglio del 2013 anche la detrazione del 55% per il risparmio energetico, tornerà al 36 per cento. “Ecco perché non è escluso che il nuovo Governo decida di rimettere mano al dossier Iva – conclude Il Sole 24Ore –  per scongiurarne definitivamente il rincaro”. 



24 dicembre 2012

Davide Foti Segretario Generale Slc Cgil Catania:'' Auguri amico e compagno Arduino ovunque tu sia...''

Cari Compagni,
l'anno che finisce e' stato sicuramente uno dei più difficili che abbiamo passato, fatto di tante ingiustizie, disuguaglianze, perdite di diritti fondamentali come il diritto al lavoro. Le lavoratrici ed i lavoratori sono consapevoli del grande lavoro svolto dal nostro gruppo dirigente sempre nel rispetto delle regole e della legalità su di noi nutrono estrema fiducia e su questa fiducia dobbiamo ripartire per riuscire nel nostro piccolo a far cambiare le cose, riuscire a riconquistare diritti e soprattutto ad elevare socialmente il nostro popolo. Vi ringrazio per tutto il lavoro che avete fatto per i lavoratori e per la CGIL, senza di voi molti si sentirebbero soli, senza di voi molti avrebbero già abbandonato la speranza di una società migliore, grazie di cuore senza voi e senza il vostro aiuto io per primo non sarei capace di svolgere giornalmente il mio lavoro. Permettetemi un pensiero a chi oggi non può essere con noi, a chi oggi ci ha lasciato nella speranza di un mondo migliore, Auguri amico e compagno Arduino ovunque tu sia, auguri compagni a voi alle vostre famiglie e auguri a chi oggi un natale di festa non può permetterselo!
" la vera dote di un rivoluzionario e' l'amore" Ernesto Guevara De La Serna
Fraterni Saluti
Davide Foti

Imu, dopo il saldo tocca alla dichiarazione entro il 4 febbraio

 Imu, passato il saldo, arriva la dichiarazione. Un obbligo che riguarderà molti meno italiani di quelli che sono andati a pagare entro il 17 dicembre la seconda quota dell’imposta municipale sugli immobili. La dichiarazione Imu dovrà essere presentata entro il 4 febbraio 2013.
Tre le modalità d’invio:
1) consegna diretta al Comune, che ne rilascia ricevuta;
2) spedizione postale, con raccomandata senza avviso di ricevimento;
3) invio in modalità telematica con posta elettronica certificata.
Per la compilazione arriva ora il modello interattivo messo a disposizione proprio nelle ultime ore dal ministero dell’Economia. la versione editabile della dichiarazione consente di compilare i campi direttamente dalla tastiera del proprio computer o tablet. In questo modo a procedura completata, basterà stampare il modello per chi sceglierà la presentazione in forma cartacea. Bisogna prestare attenzione al fatto che la data di presentazione della dichiarazione corrisponde al giorno di invio e non quello di ricezione da parte dell’ente.



23 dicembre 2012

Mini patrimoniale di Capodanno: prelievi fino a 100€. Salvi conti correnti base

Mini patrimoniale sui risparmi. Altro che capodanno, il 31 dicembre l’erario del ministero del Tesoro passerà infatti al setaccio tutte le giacenze, conti correnti bancari e postali, libretti, polizze vita, applicando la nuova imposta di bollo sugli investimenti. Una sorta di baratto dell’1 per mille, destinato a rincarare dal 2013, quando il prelievo diventerà dell’1,5 per mille senza limiti.
Per ogni milione di titolari lo Stato porterà a casa 1.500 euro. A farne le spese saranno i risparmiatori medi, famiglie con due redditi fissi e alcune decine di migliaia di euro messi da parte in banca, tra conti correnti e depositi in titoli e obbligazioni.
Come spiega Repubblica, per un patrimonio finanziario di circa 80 mila euro, per esempio, il prelievo si aggirerà sui 100 euro alla fine del 2012 e sui 140 euro alla fine del 2013. Chi, al contrario, ha in banca un risparmi consistenti per 500 mila euro verserà circa 500 euro nel 2012 e 740 euro nel 2013.
Risparmiati dalla tassazione i conti correnti base, aperti per legge a chi ha un reddito fino a 7.500 euro annui, e a quelli con meno di 5 mila euro, circa la metà dei circa 23 milioni di conti bancari o postali, mentre su tutti gli altri conti correnti sarà applicato un prelievo minimo, che passerà, già alla fine del 2012, dai 22,8 ai 34,2 euro.
Tutti gli altri investimenti finanziari subiranno la tassazione senza sconti: dal 1 gennaio 2013, per esempio, l’imposta di bollo sui titoli sale allo 0,15%, arrivando all’1,5 per mille, senza più il tetto a 4.500 euro, che resta solo per le società giuridiche.

22 dicembre 2012

Licenziamento individuale: disciplina attuale e modifiche della Legge Fornero

Il licenziamento individuale è senza dubbio, da sempre, l’atto giuridico soggetto a maggiori critiche da parte dell’opinione pubblica.
In questa sede ci interessa analizzare quella che è la disciplina attuale del licenziamento individuale alla luce della recente riforma dell’ambito giuslavoristico.
In un rapporto di lavoro subordinato standard (ex art. 2094 c.c.), il potere di licenziamento costituisce l’esercizio del diritto di recesso da parte del datore di lavoro.
Originariamente l’atto giuridico di licenziamento operava ad nutum, senza che il lavoratore ne ricevesse alcun preavviso; successivamente con l’elaborazione della disciplina protettiva e inderogabile posta a tutela dei lavoratori subordinati (es. Statuto dei Lavoratori) sono state introdotte delle importanti limitazioni a tale potere.
Nello specifico la L. n. 604/1966 e le successive modificazioni contenute nella L. n. 108/1990, hanno stabilito che l’atto giuridico di licenziamento individuale deve essere espressamente motivato, a pena di nullità, e deve essere comunicato con un certo preavviso al lavoratore.
Inoltre la sua legittimità è legata all’accertamento di tre elementi giuridici: la giusta causa, il giustificato motivo soggettivo e oggettivo.
Infatti qualora il lavoratore dovesse ritenere di essere stato illegittimamente licenziato può presentare ricorso; si apre così un processo civile speciale, il processo del lavoro, che dopo un tentativo di conciliazione obbligatorio non risolutivo, si svolge davanti al giudice del lavoro (tribunale monocratico).
Se alla conclusione di tale procedimento il giudice del lavoro dovesse accertare l’illegittimità del licenziamento, allora può applicare nei confronti del lavoratore (ricorrente) due regimi di tutela: la tutela obbligatoria e la tutela reale.
La tutela obbligatoria, disciplinata dall’art. 8 della L. n. 604/1966, stabilisce che in caso di licenziamento adottato in difetto di una giusta causa o un giustificato motivo, il datore di lavoro deve decidere se riassumere il lavoratore o se corrispondergli, in sostituzione, un’indennità che può essere quantificata da un minimo di 2,5 ad un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione percepita (se il lavoratore ha prestato servizio per oltre dieci anni, avrà diritto a 10 mensilità); il requisito dimensionale generale per l’applicazione della tutela obbligatoria è, a livello aziendale, un numero di dipendenti non superiore a 15.
La tutela reale, disciplinata dall’art. 18, L. n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), stabiliva originariamente che in caso di licenziamento adottato in difetto di giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro doveva procedere alla reintegrazione del lavoratore e contestualmente corrispondergli tutte le retribuzioni spettanti dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva riabilitazione (in ogni caso non può essere inferiore a 5 mensilità); il requisito dimensionale generale per l’applicazione della tutela reale è, a livello aziendale, un numero di dipendenti superiore a 15.
Attualmente la disciplina della tutela reale ha subito delle modifiche con l’entrata in vigore dellaL. n. 92/2012; nello specifico la nuova riforma del lavoro ha riformato l’art. 18, limitandone il campo di applicazione sulla base di fattispecie di licenziamento ben distinte:
  •  Licenziamento discriminatorio: in caso di licenziamento illegittimo per comportamento discriminatorio del datore di lavoro (es. ragioni di credo politico, religioso), l’atto giuridico di licenziamento è nullo e si applica la tutela reale originaria, ossia la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento del danno pari ad un’indennità corrispondente alle retribuzioni spettanti dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva riabilitazione.
  • Licenziamento disciplinare: è il licenziamento motivato da un comportamento del lavoratore tale da configurare una giusta causa, quando si verifica una circostanza così grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro e un giustificato motivo soggettivo, in caso di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali.  Il giudice può accertare l’illegittimità del licenziamento se il fatto non sussiste o se il fatto può essere punito con una sanzione di diverso tipo; con sentenza può quindi decidere se applicare come sanzione la reintegrazione con risarcimento limitato ad un massimo di 12 mensilità, oppure il pagamento di un’indennità compresa tra le 12 e le 24 mensilità.
  • Licenziamento economico: è il licenziamento motivato da un giustificato motivo oggettivo, ossia per ragioni inerenti l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro.  Se il giudice dovesse accertare l’illegittimità del licenziamento in quanto non ricorrono gli estremi per il giustificato motivo oggettivo, applica come sanzione un’indennità, da 12 a 24 mensilità; se però dovesse ritenere che l’atto è manifestatamente infondato, allora applica la stessa sanzione della reintegrazione prevista per il licenziamento disciplinare.
Tuttavia l’attuale riforma del lavoro, ha già fatto sorgere alcuni dubbi proprio in merito all’applicazione del nuovo art. 18 della L. 300/1970  nello specifico il Tribunale di Bologna sezione lavoro con sentenza n° 2631 del 15 ottobre 2012 ha evidenziato come in materia di illegittimità del licenziamento disciplinare, il 4° comma della stessa norma, che come sappiamo prevede in questi casi la reintegrazione del lavoratore con un risarcimento pari ad un’indennità quantificata nel massimo a 12 mensilità, riguardando sia l’insussistenza del fatto sia la possibilità di infliggere sanzioni conservative, includa così la maggior parte della casistica legata a tale fattispecie.
Pertanto il 5° comma, che prevede per le altre ipotesi diverse dalle precedenti la sanzione di un’indennità da 12 a 24 mensilità, risulterebbe avere un carattere decisamente residuale sul piano applicativo.
Concludendo la nuova formulazione dell’art. 18 ha posto, pone e porrà dei problemi di carattere sostanziale, in quanto la tipicità delle fattispecie create è caratterizzata da requisiti generali più che specifici.
 di Dario La Marchesina

Pensioni, ecco come cambiano dal primo gennaio 2013. Le tabelle



 Dal 2013 andare in pensione a 65 anni costerà 320 euro in più all’anno di contributi previdenziali. Se poi si vorrà avere una pensione pari a quella di chi è andato in pensione nel 1995 bisognerà pagare 1.588 euro all’anno.
(per leggere e scaricare la tabella del Sole 24 Ore clicca qui)
Tutto questo perché dal 2013 entra in vigore la riforma del Lavoro Fornero che adegua l’età pensionabile e l’ammontare della pensione all‘aspettativa di vita. Quindi i coefficienti di trasformazione (cioè i valori con cui si convertono in pensione i contributi accumulati e rivalutati nel tempo) verranno rivisti periodicamente.
Quindi più si riducono i coefficienti e minori saranno le rendite, cioè quanto si percepirà di pensione. E dal 2013 i coefficienti si ridurranno, facendo diminuire l’ammontare delle pensioni.

Telecom Italia, sim false: pm Milano chiede processo

Il procuratore aggiunto di Milano, Alberto Nobili, e il pm Francesco Cajani, hanno chiesto il processo per Telecom, imputata in base alla legge 231 del 2001 per la vicenda di oltre 500 mila schede sim ritenute false dall'accusa, perché intestate a persone inesistenti o inconsapevoli. Per la procura Telecom avrebbe realizzato un profitto illecito di oltre 129 milioni di euro. I pm hanno anche chiesto il rinvio a giudizio per 89 persone, tra cui 14 ex dipendenti della società.

Le indagini preliminari si erano chiuse a marzo e Telecom, come ricorda la stessa società nella sua relazione trimestrale, 'aveva presentato già nel corso del 2008 e del 2009 due atti di querela e aveva provveduto a sospendere i dipendenti coinvolti nel procedimento penale (sospensione alla quale è seguito il licenziamento)'.

L'inchiesta, partita tre anni fa, ha coinvolto, oltre al gruppo telefonico anche Lucio Cattaneo, ex responsabile del 'canale etnicò di tlc, i suoi due colleghi di allora Fabio Sommaruga e Michele Formisano (che hanno gestito rispettivamente il settore per il Centro-Nord e il Sud), 11 dipendenti e 85 dealer, cioè titolari o gestori di 66 punti vendita Tim sparsi in quasi tutte le regioni italiane, in particolare in Lombardia e Lazio. Nei loro confronti le accuse, che vanno dal marzo 2007 al marzo di tre anni fa, sono associazione per delinquere (solo per i dipendenti di Telecom) finalizzata alla ricettazione di schede sim e documenti di identità (intestati a persone mai esistite o inconsapevoli), e al falso in relazione, oltre agli stessi documenti di identità, ai contratti di attivazione delle schede e alle dichiarazioni di liberatoria per il trattamento dei dati personali. Inoltre è stato violato il decreto antiterrorismo che prevede l'identificazione degli utilizzatori con le schede sim.

Secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, gli ex dipendenti Telecom avrebbero preso accordi con i gestori dei punti vendita 'incriminatì per permettere la compilazioni di falsi contratti e, quindi, attivare illecitamente la scheda sim. I primi ottenevano bounus e incentivi per via dell'incremento di schede messe in circolazione, e i dealer il guadagno sul prezzo lievitato per il 'servizio' aggiuntivo offerto, ideale per chi voleva rimanere nell'anonimato per commettere reati. Telecom è stata indagata per non avere adottato modelli di prevenzione dei reati da parte dei responsabili del canale etnico e per non avere vigilato sulla correttezza del lavoro degli undici dipendenti.







20 dicembre 2012

Telecom da un lato dichiara esuberi, e, dall'altro lascia interi settori in cronica mancanza di personale.

COME TI CREO GLI ESUBERI
IL CASO CNSI
Con questo comunicato, le scriventi OO.SS. intendono denunciare il grave comportamento di Telecom Italia che, nel settore CNSI (Centro Nazionale Supervisione Infrastrutture), già sotto organico in seguito al raddoppio, nell’ultimo periodo, delle attività in capo alla struttura, ha provveduto ad integrare il personale con lavoratori di una ditta esterna. Questo comportamento risulta ancora più grave, se si pensa che molti colleghi avevano aderito a un job posting lanciato dall'Azienda per l’implementazione dell’organico, e da questa stessa prontamente lasciato nel dimenticatoio per far posto alla solita giungla degli appalti e subappalti. Ancora una volta quindi, Telecom Italia da una parte denuncia esuberi e promette di diminuirli con la reinternalizzazione del lavoro, dall'altra fa tutto il contrario affidando il lavoro a ditte esterne.
Ciò risulta tanto più intollerabile viste le continue voci di dichiarazioni di ulteriori eccedenze, che hanno ripreso forza dopo la conclusione del precedente accordo sugli esuberi del 4 agosto 2010. Un accordo, lo ricordiamo, che partendo da una dichiarazione di esubero per 3900 lavoratori, ha determinato il ricorso ai Contratti di Solidarietà di tipo difensivo per circa 29000 dipendenti, finalizzato a consentire la riconversione e conseguente ricollocazione dei lavoratori interessati.
La nostra denuncia su quanto avvenuto nel CNSI non deve pero' scambiarsi per un attacco verso quei lavoratori della ditta esterna chiamati a lavorare a fianco dei nostri colleghi che, con molta probabilità, subiscono condizioni salariali e normative
peggiori dei lavoratori di Telecom Italia. A loro va la nostra solidarietà, perché non ci sfugge, come sindacati confederali, che le aziende mettono in concorrenza i lavoratori gli uni con gli altri, allo scopo di abbassare salario e diritti a tutti quanti: se qualcuno
pensa, o auspica, di trascinare queste OO.SS. in una guerra fra lavoratori che va solamente a vantaggio delle aziende, rimarrà deluso.
La nostra intenzione e' semplicemente quella di chiedere all’azienda il rispetto degli accordi e smascherare la falsità delle dichiarazioni di Telecom che, da un lato dichiara esuberi, e, dall'altro lascia interi settori in cronica mancanza di personale,
(vedi il continuo ricorso alla flessibilità tempestiva) o addirittura li integra con personale esterno.
Le Segreterie Regionali Roma/Lazio di Slc- CGIL, Fistel Cisl Uilcom-UIL
Rsu u.p. roma di Slc- CGIL, Fistel Cisl, Uilcom –UIL.

19 dicembre 2012

Comdata Care o Fahrenheit 451?

Alle volte la parola, scritta o parlata, tradisce il pensiero e produce effetti che, spesso, hanno anche un che di comico. La comunicazione di servizio che la direzione di Comdata Care sta facendo girare in questi giorni ricade in pieno in questa tipologia.
Perché se il pensiero è pienamente condivisibile (quando si è al lavoro si lavora),
la parola, scritta in questo caso, è stata poco generosa col principio, anche abbastanza scontato, appena menzionato. E si perché diventa divertente immaginare un dipendente di Comdata Care al quale, per “valori aziendali” si badi bene, è proibito entrare in contatto con strumenti tecnologici e, per non farsi mancare nulla, libri e riviste. A questo punto attendiamo i primi responsabili aziendali dotati di lanciafiamme, proprio come nell’angosciante mondo tratteggiato da Ray Bradbury, scatenarsi contro le biblioteche clandestine dei dipendenti di Comdata Care!
Per non parlare del divieto di utilizzo di apparecchiature elettroniche! Talmente precettivo che hanno dovuto spiegarlo bene; giacché rispettandolo alla lettera un dipendente tipo di Comdata Care avrebbe dovuto astenersi dal toccare finanche il proprio computer di lavoro!
Sarebbe divertente immaginare una lettera simile inviata in un monastero cistercense dove vige la regola del “ora et labora”, ci troveremmo a leggere qualcosa tipo in questo luogo o si “ora” o si “labora”.
Noi riteniamo che, con questa comunicazione, la dirigenza di Comdata Care abbia perso un occasione d’oro per riflettere prima di agire e, al contempo, corra seriamente il rischio di rafforzare quel senso di disaffezione che caratterizza da
anni il clima aziendale.
L’etica del lavoro, la serietà professionale, non possono e non debbono essere confuse con un clima da caserma o, non si sa cosa sia peggio, da asilo. Lavori la dirigenza di Comdata Care a costruire un progetto serio e credibile per il futuro e
vedrà che i lavoratori potranno avere sulla scrivania tutta l’Enciclopedia Treccani o una postazione multimediale degna del centro di controllo della Nasa senza che la qualità del lavoro ed il senso di appartenenza dei propri dipendenti ne risenta
minimamente.
La Segreteria Nazionale di SLC-CGIL


Rinnovo CCNL Telecomunicazioni Comunicato ai Lavoratori - del 19 dicembre 2012

Comunicato unitario del 19 dicembre 2012
Nella notte di sabato 15 dicembre u.s., dopo una trattativa proseguita ininterrottamente per quasi 40 ore, le Segreterie Nazionali, unitamente alla delegazione trattante presente al confronto, hanno dovuto prendere atto dell’assoluta indisponibilità delle controparti a definire un accordo per il rinnovo del contratto scaduto da 12 mesi.
Dopo una prima fase del confronto incentratasi sulle richieste d’incrementi di flessibilità e di contenimento dei costi avanzate dalle controparti datoriali, richieste che la delegazione sindacale ha analizzato nel merito respingendo alcuni punti irricevibili e negoziando sugli altri temi condizioni che potessero offrire possibilità d’incremento di orari (e quindi di salari) al personale operante nei customer, al momento di negoziare il tema delle clausole sociali ha visto riemergere il forte ostracismo di parte delle imprese e l’impossibilità a proseguire il confronto.
Tutto ciò nonostante l’invito rivolto dalla Commissione di Garanzia alle controparti datoriali a negoziare clausole sociali a tutela dell’occupazione nell’interesse generale del Paese.
Appare evidente il paradosso per cui, mentre le imprese si sentono legittimate a chiedere elementi di flessibilità e riduzione dei costi, al momento di impegnarsi con una norma che indichi, in caso di appalto di attività, come criterio vincolante per la
scelta dell’impresa il contratto delle telecomunicazioni, ci si trova di fronte ad imprese che invocano “la libertà d’impresa” per giustificare che vogliono avere mano libera sul futuro.
Così ne emergerebbe una condizione per cui i committenti si troverebbero a beneficiare delle novità introdotte mentre ci sarebbe la più totale deresponsabilizzazione rispetto a garantire quanto da loro stessi negoziato.
Il metodo utilizzato per respingere le richieste del sindacato appare ancora più spiacevole. Infatti, ci si nasconde dietro frasi incomprensibili che mettono in sequenza parole senza far assumere impegni precisi se non generici richiami all’eticità delle imprese coinvolte.
La replica della delegazione trattante è stata netta e precisa. L’unico codice etico da applicare è il contratto di lavoro. Questo rappresenta un vincolo per i lavoratori e le loro rappresentanze e stupisce apprendere che per le imprese non assume lo stesso
valore Per quanto attiene la parte economica, infine, pur non essendoci state le condizioni per approfondire la materia, le imprese hanno ripetutamente ricordato la pesante crisi che investe il nostro Paese che crea l’assoluta impossibilità di riconoscere un
adeguamento economico in grado di garantire il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni.
La rottura del confronto avrà un impatto molto negativo per l’assetto relazionale del settore. Infatti, il sindacato promuoverà azienda per azienda iniziative finalizzate a modificare l’impostazione sino a ora adottata.
Si tratta ora di attrezzare la vertenza per dare una risposta dura alle anacronistiche posizioni assunte dalle controparti al tavolo.
In particolare, le Segreterie Nazionali hanno individuato le seguenti linee di azione:
· Richiesta di spostare il confronto in sede di Ministero del Lavoro;
· Assemblee, entro il mese di gennaio, su tutti i luoghi di lavoro per informare i lavoratori e predisporre le future iniziative di lotta;
· Avvio delle procedure per la proclamazione del blocco delle prestazioni accessorie, straordinarie e della reperibilità non appena trascorso il periodo di franchigia imposto dalle leggi vigenti;
· Convocazione, nel mese di febbraio, di un attivo nazionale dei delegati per proclamare lo sciopero generale della categoria e definire le iniziative pubbliche a sostegno della vertenza.
Nel frattempo, ogni confronto aziendale, ad eccezione di quelli derivati dall’apertura di procedure di mobilità, teso a riorganizzare le aziende, firmare accordi formativi, definire nuove articolazioni degli orari dovrà essere sospeso sino al rinnovo del
contratto.
A livello territoriale andranno avviate tutte le iniziative di volantinaggio, presidio, manifestazione nei confronti di ogni iniziativa pubblica che coinvolga le aziende del settore. Le richieste avanzate dai lavoratori sono giuste, socialmente responsabili ed
economicamente compatibili, chi si è preso la responsabilità di respingerle dovrà assumersene tutte le responsabilità davanti ai lavoratori del settore e alle istituzioni.
C’è chi crede che questo Paese abbia un futuro e chi opera per affossare ogni speranza. Facciamo in modo che questi non vincano.

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL



TELECOM NON EROGA IL PDR MA ELARGISCE MBO E MERITOCRATICHE

Le Segreterie Nazionali in questi giorni sono tempestate da denunce da parte delle Strutture Territoriali e dalle RSU di Telecom, in merito all’erogazione di MBO ai responsabili e di meritocratiche e una tantum ad alcuni lavoratori, tutto ciò in spregio
alle migliaia di lavoratori/lavoratrici che ogni giorno compiono il proprio dovere e si sono visti negare il PDR nel mese di Novembre, nonostante i buoni risultati dell’azienda.
E’ evidente che Telecom Italia sta approfittando della scadenza dell’accordo sul PDR e della contestualità del rinnovo contrattuale per cambiare il modello di riconoscimento della produttività con l’obiettivo di superare gli accordi collettivi o
ridurne gli effetti al fine di utilizzare le risorse in modo unilaterale puntando al riconoscimento economico individuale.
Telecom Italia attraverso questa nuova politica, se da un lato realizza notevoli risparmi sul costo del lavoro, dall’altro sta generando una forte contrapposizione tra i lavoratori - mettendo gli uni contro gli altri - con gravi ripercussioni sugli obiettivi
aziendali. SLC – FISTEL – UILCOM ritengono che Telecom Italia ha commesso un gravissimo errore di valutazione nel negare l’erogazione del PDR ai lavoratori; in azienda si sta determinando una sfiducia collettiva sia nei confronti del management e dei
responsabili e sia nei confronti degli obiettivi e della missione aziendale in un momento di difficile contesto di mercato, nel quale l’apporto delle risorse umane è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi complessivi.
Purtroppo la tensione sui posti di lavoro cresce in modo incontrollabile perché spesso il riconoscimento individuale risponde più a logiche di manifesta subalternità nei confronti dei responsabili che ad effettivi riconoscimenti del merito o delle
competenze dei singoli.
Questa assurda situazione determinatasi in modo massiccio negli ultimi giorni viene respinta in modo categorico dai lavoratori e dal Sindacato, pertanto invitiamo Telecom Italia a rivedere le sue posizioni ed a riprendere il metodo di riconoscimento
della produttività attraverso le pratiche collettive.

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL

Azzola (Slc Cgil), Divisionalizzazione del Customer Service dichiarazione di guerra a lavoratori e sindacati

“Nelle stesse ore in cui Telecom Italia, insieme ad altre aziende, si è assunta la responsabilità di far naufragare il rinnovo contrattuale, opponendosi in maniera anacronistica a ricercare soluzioni che consentissero l’applicazione del CCNL delle Telecomunicazioni agli appalti di attività di Call Center, sono state emanate disposizioni organizzative con le quali è costituita la divisione dei Customer di Telecom.” Così dichiara Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil.
“La relazione tra i due argomenti è evidente. Il timore è che questa riorganizzazione sia propedeutica alla societarizzazione delle attività di Call Center e quindi ad una certa libertà di scelta sul contratto da applicare alla nuova società. A fronte dei pessimi risultati operativi che hanno contraddistinto Telecom rispetto ai competitor – prosegue Azzola -  il management decide di non intervenire sulle cause reali del “fallimento” e di tagliare il costo del personale.”
“Telecom deve iniziare a interrogarsi sul perché continui a perdere clienti e fatturato in maniera così consistente, e se ciò non rappresenti il fallimento di un management che non è stato in grado di dispiegare al meglio le enormi potenzialità presenti.”
“L’avvio di una societarizzazione del servizio di Customer sarà vissuto da sindacato e lavoratori come una vera e propria “dichiarazione di guerra” – conclude il sindacalista - a cui si risponderà in maniera altrettanto dura e decisa: saranno avviate forti azioni di contrasto al perpetuarsi di queste politiche chiedendo conto di un sistema retributivo che premia meritocrazie inesistenti e scarica le incapacità e le contraddizioni di chi dovrebbe decidere su chi ogni giorno porta avanti con dignità il proprio lavoro.”

Telecom Italia, divisione Caring Services al via
Sono partiti ieri sera gli ordini di servizio di Telecom Italia, con cui l’azienda dà il via operativo alla nascita della nuova divisione Caring Services, in cui confluiscono tutte le attività di Customer Operations diffusi su tutto il territorio in 70 città, che comprendono i numeri verdi 187 e 119 e riguardano tutti i servizi dalla fatturazione al credito.  La nuova divisione Caring Services,  raggrupperà circa 12mila dipendenti fino a ieri frammentati in diverse micro aree divise, è stata affidata a Stefano Ciurli, manager interno già responsabile degli acquisti. Il timore è che la riorganizzazione sia propedeutica alla societarizzazione delle attività di Call Center

Tlc: H3G comunicato unitario 19-12-12


In questi giorni siamo venuti a conoscenza di comportamenti arroganti al limite dell’anti sindacale da parte del management di H3G.
Comportamenti vessatori e minatori nella maggior parte delle sedi lavorative che hanno avuto il massimo risultato con una lettera di licenziamento e lettere di contestazione con relativi giorni di sospensione nella sede di Genova.

Il management H3G non è nuovo a comportamenti da primi della classe, anche alla luce di richieste assurde pervenute, in materie di licenziamenti facili, nei recenti e improduttivi incontri sul rinnovo del CCNL TLC.

Come abbiamo ricordato al tavolo, per chi di questa azienda avesse memoria corta, spesso nei call center le regole non esistono o meglio, molte volte da parte dell’azienda si fa finta di ricordarsene. La memoria riappare improvvisamente solo quando si vuole fare “piazza pulita” di persone indesiderate.

Troppo spesso anche in questa azienda per la gestione di clienti 4 o 5 stelle nel fare retention gli stessi capi, che oggi fanno finta di non sapere, hanno permesso di intervenire in qualsiasi modo pur di mantenere un cliente, anche con utilizzo non completamente corretto di login personali, che tanto “personali” poi non sono risultate.

Il Sindacato non coprirà mai chi vuole approfittare del suo lavoro per fini personali, ma allo stesso tempo chiediamo alle aziende regolamenti certi, chiari senza seguire scorciatoie pericolose con il solo scopo di mantenere clientela altrettanto incerta e non fidelizzabile.

Se il management H3G ha deciso di percorrere la strada del “terrore” sappia che troverà un Sindacato non consenziente e pronto a reagire di conseguenza, anche nel verificare se da parte di zelanti manager ci siano comportamenti in violazione dell’art. 28/ Legge 300 (attività antisindacale).

A tutti i lavoratori di H3G l’invito ad attenersi alle regole o regolamenti, di pretendere autorizzazioni preventive e scritte da parte dei propri manager per richieste ulteriori, non ultimo di segnalare tempestivamente alle RSU eventuali pressioni intimidatorie nei loro confronti. Saremo attenti che nessuno violi le regole, soprattutto chi dovrebbe essere da esempio al rispetto, salvo poi dimenticarsene, per raggiungere obiettivi e target.


LE SEGRETERIE NAZIONALI
SLC-CGIL FISTEL-CISL- UILCOM-UIL

18 dicembre 2012

Michele Azzola, su Agenda Digitale e scorporo rete

Critico sull’Agenda Digitale anche Michele Azzola, segretario generale della Slc-Cgil: “L’Agenda Digitale per ora è soltanto un insieme di titoli e di buone intenzioni – dice Azzola – Bisogna affrontare i nodi veri, che riguardano in primo luogo l’accesso alla banda larga e la digitalizzazione della PA, perché temi come le start up hanno ricevuto molta enfasi  dal governo, ma non sono così importanti. Un tema importante, poi, è se possiamo permetterci di metterci nelle mani di Huawei e delle aziende cinesi senza colpo ferire. Il tema dello scorporo della rete e degli appalti, poi, sono fondamentali”. E sullo scorporo Azzola è piuttosto scettico. “Non c’è nessun paese in Europa che abbia scorporato la rete – dice Azzola – nel contempo, Telecom Italia non è in grado di fare investimenti nella rete, a causa di un debito superiore a 27 miliardi di euro. La cessione della rete rischia di abbattere Telecom Italia, rendendola un player provinciale. E’ pur vero che oggi grazie al vectoring è possibile una forte rivalutazione della rete in rame e quella potrebbe essere una soluzione percorribile”. Un altro punto interrogativo, secondo il sindacalista, riguarda la moltiplicazione delle reti: “Abbiamo bisogno di più reti concorrenti fra loro, ad esempio di un soggetto come Metroweb in campo per le Ngn in 30 città?”, domanda Azzola. Tanto più che la qualità delle reti esistenti, a causa di gare al massimo ribasso, oggi sta scadendo. “Fuori dalle grandi città le reti mobili trasmettono male e prende soltanto il vecchio gsm – dice Azzola – tablet e smartphone fuori dal raccordo anulare non funzionano”.



Landini (Fiom): "Rete Telecom torni pubblica"

La rete fissa di Telecom Italia deve “tornare ad essere pubblica” perché è necessaria una “politica industriale che porti la banda larga a tutto il paese. Senza banda larga, l’Agenda Digitale è a rischio”. Lo ha detto oggi Maurizio Landini, segretario generale della Fiom-Cgil, all’assemblea nazionale del sindacato dedicata alla banda larga, nella quale sono emersi tutti i problemi di un settore in forte crisi, che occupa 50mila persone nel paese, sommando le aziende di produzione di apparati e l’impiantistica.   

A proposito dello scorporo Landini chiede che “la discussione tra Telecom e Cdp in merito alla rete sia aperta, pubblica e coinvolga anche i sindacati, perché non può essere una questione privata del gruppo telefonico, visto che riguarda tutto il Paese”. Secondo Landini, in sostanza, “un nuovo intervento pubblico nell'economia è necessario” e “sarebbe anche utile che le forze politiche dicano cosa vogliono fare su queste materie”.

Secondo Roberta Turi, segretario nazionale della Fiom-Cgil e responsabile Ict, la ripubblicizzazione della rete Telecom dovrebbe portare anche a regole diverse per gli appalti "che favoriscano la buona occupazione attraverso l'utilizzo di clausole di salvaguardia occupazionale in caso di cambio appalto e il superamento delle gare al massimo ribasso a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa". I 750 milioni di euro a copertura dell’Agenda Digitale, aggiunge il sindacato, sono “insufficienti rispetto a quello di cui avrebbe bisogno il paese per eliminare il digital divide e dotare il paese di un’infrastruttura che, entro il 2020, dovrebbe vedere una vasta porzione del territorio raggiungere la velocità di 100 mega, come prevede l’agenda digitale europea”.

In questo contesto, le tute blu delle aziende tlc sono in crisi. I maggiori produttori di apparati di rete, vale a dire Italtel, Alcatel Lucent, Nokia Siemens Networks e Ericsson, sono tutti alle prese con piani di ristrutturazione, esuberi e cassa integrazione, “pressate dalla concorrenza cinese (Huawei e Zte ndr), l’Europa e l’Italia sono sempre meno redditizie”. Il sindacato auspica un maggior intervento del governo italiano, come avviene negli Usa e anche a livello ue, per “far competere le aziende cinesi alla pari con le altre”.

Anche le aziende di installazioni telefoniche sono in sofferenza, con un nutrito elenco di imprese in crisi: fra queste Ciet, Mazzoni, Icot, Sielte e Sirti. Sul comparto, secondo la Fiom, "pesa il ricorso sfrenato alla pratica del subappalto e delle gare al massimo ribasso", sfociata in una guerra dei prezzi che abbatte i margini aziendali.

Una boccata d'ossigeno per il settore Tlc dovrebbe arrivare dalla telefoni a mobile e in particolare dall'avvento dell’Lte, anche se sull’accensione del segnale sulle frequenze a 800 Mhz il primo gennaio del 2013 pesa l’incognita delle interferenze con il segnale del digitale terrestre televisivo, che rischi di accecare fino a 700 mila abitazioni secondo stime della Fondazione Ugo Bordoni, braccio operativo del Mise anch’esso in crisi di finanziamenti.

La crisi delle Tlc, secondo la Fiom-Cgil, affonda le sue radici nella “privatizzazione disastrosa” di Telecom Italia” e nella scarsa considerazione che la politica dimostra per la banda larga. “Il costo della copertura del paese con la banda ultralarga è assimilabile a quello di una ‘grande opera’, tra i 15 e i 20 miliardi di euro, il costo della Tav Torino-Lione – si legge nella relazione della Fiom – Non sarebbe stato meglio spendere la stessa cifra per collegare il 100% dei cittadini a 30 mbps e il 50% a 100 Mbps, piuttosto che utilizzarla per devastare la Val di Susa contro il valore di chi ci abita?”.

Giudizio non troppo lusinghiero per l’Agenda Digitale arriva da Vincenzo Vita, deputato del Pd: “L’Agenda Digitale vista da vicino è stata un’occasione perduta – ha detto Vita – E’ un pasticcio normativo, con qualche contenuto innovativo, e soprattutto non tocca temi fondamentali come la rete e lo spettro radio”. In tema di spettro radio, il senatore del Pd attacca la gara per l’assegnazione delle frequenze (ex beauty contest), che starebbe provocando “la chiusura di tre quinti delle emittenti locali – denuncia Vita – questo è il paradosso del digitale”. Per quanto riguarda la posizione della Fiom, Vita è dell'avviso che si tratti di materiale prezioso, che dovrebbe essere proposto al Pd per la prossima campagna elettorale.

Critico sull’Agenda Digitale anche Michele Azzola, segretario generale della Slc-Cgil: “L’Agenda Digitale per ora è soltanto un insieme di titoli e di buone intenzioni – dice Azzola – Bisogna affrontare i nodi veri, che riguardano in primo luogo l’accesso alla banda larga e la digitalizzazione della PA, perché temi come le start up hanno ricevuto molta enfasi  dal governo, ma non sono così importanti. Un tema importante, poi, è se possiamo permetterci di metterci nelle mani di Huawei e delle aziende cinesi senza colpo ferire. Il tema dello scorporo della rete e degli appalti, poi, sono fondamentali”. E sullo scorporo Azzola è piuttosto scettico. “Non c’è nessun paese in Europa che abbia scorporato la rete – dice Azzola – nel contempo, Telecom Italia non è in grado di fare investimenti nella rete, a causa di un debito superiore a 27 miliardi di euro. La cessione della rete rischia di abbattere Telecom Italia, rendendola un player provinciale. E’ pur vero che oggi grazie al vectoring è possibile una forte rivalutazione della rete in rame e quella potrebbe essere una soluzione percorribile”. Un altro punto interrogativo, secondo il sindacalista, riguarda la moltiplicazione delle reti: “Abbiamo bisogno di più reti concorrenti fra loro, ad esempio di un soggetto come Metroweb in campo per le Ngn in 30 città?”, domanda Azzola. Tanto più che la qualità delle reti esistenti, a causa di gare al massimo ribasso, oggi sta scadendo. “Fuori dalle grandi città le reti mobili trasmettono male e prende soltanto il vecchio gsm – dice Azzola – tablet e smartphone fuori dal raccordo anulare non funzionano”.

Troppo pochi “750 milioni di euro nominali” per finanziare l’Agenda Digitale. La pensa così  Maurizio Décina, commissario dell’Agcom, secondo cui “L’Agenda Digitale è fatta di infrastrutture di rete e applicazioni – dice Décina – le infrastrutture sono una summa di reti radio e reti fisse in rame o in fibra. Fra 12 mesi, secondo l’Agenda Digitale europea, tutti i cittadini europei dovrebbero avere un accesso a 2 megabit. In Italia sono 4,5 milioni i cittadini che non hanno accesso alla banda larga, pari a 1,5 milioni di abitazioni”. Ma senza reti non si faranno le applicazioni e anche con le reti non è detto che le applicazioni si facciano".

In questo contesto, l’Ftth (Fiber to the home) è un’impresa costosa (700 – 800 euro a unità abitativa) e in più i cittadini non sono disposti a pagare. “Il rame è fondamentale e lo sarà ancora per 40 anni – dice Décina – con il vectoring, tramite la tecnologia Gfast, è possibile potenziare la rete in rame con un investimento complessivo di 8 miliardi”. Per quanto riguarda lo scorporo della rete, Décina concede che “nessun incumbent europeo ha effettuato lo scorporo della rete, ma è altrattanto vero che nessuno ha il debito di Telecom Italia – aggiunge il commissario Agcom – lo scorporo è una splendida occasione perché aumenterebbe la competizione nel fisso, dove la concorrenza non è molto elevata”, avendo Telecomk più del 50% degli accessi. Regolamentando a dovere la nuova società della rete, si potrebbe riservare la maggioranza a Telecom Italia, stabilendo a priori che tutte le decisioni su come e dove effettuare i cablaggi fossero prese insieme con tutti gli azionisti". Con una rete scorporata l’Agcom potrebbe  inoltre cambiare i prezzi d’accesso favorendo gli investimenti.

Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, chiude il cerchio dicendo che “montagne di studi e ricerche dicono che investire in infrastrutture è un fattore di crescita – dice – Gli investimenti pubblici in Italia negli ultimi tre anni sono dimezzati. L’infrastruttura di rete, come già diceva il rapporto Caio, è strategica. Investire nelle Ngn è una cosa ovvia, ma Telecom non ha la possibilità di accelerare i suoi investimenti sulla rete – dice – Dobbiamo quindi pensare ad un mix di tecnologie per rispondere agli obiettivi dell’Agenda Digitale. La fibra può arrivare forse al 20% delle abitazioni del paese, l’Ftth avrà come clienti anche gli operatori mobili. Di certo la Cdp, che è uno strano animale, potrebbe fare un investimento sulla rete a lungo termine (15-20 anni). Non penso che si tratterebbe di ripubblicizzare la rete Telecom,  penso che sia possibile incentivare un accordo per cui la rete Telecom venga scorporata. Si potrebbe così garantire l’eguaglianza di accesso (equivalence of input), stabilire regole per incentivare gli investimenti, la Cdp con una quota del 30%-35% e altri potrebbero portare capitale, Metroweb potrebbe finire all’interno della nuova società della rete insieme a tutti i pezzi di rete che oggi fanno capo agli enti locali. Questo sarebbe utile e si potrebbe fare grazie ai 220 miliardi di euro di risparmio postale in pancia alla Cdp, di cui 130 miliardi liquidi”.