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Il trasferimento della sede di lavoro che risulti gravoso per il dipendente deve essere motivato. Altrimenti è illegittimo il licenziamento in seguito al rifiuto del lavoratore di passare a una sede molto distante da quella precedente. È quanto emerge dalla sentenza 21712/2012 della Cassazione depositata lo scorso 4 dicembre.
La vicenda vede coinvolti due magazzinieri di un'azienda commerciale, che erano stati licenziati per giustificato motivo oggettivo. In particolare, i dipendenti avevano inizialmente rifiutato il trasferimento a una filiale del l'azienda distante più di 100 chilometri dal luogo di residenza. Così, l'azienda aveva licenziato i lavoratori dando come motivazione la drastica riduzione del fatturato che aveva reso necessario sopprimere il magazzino. Sia in primo grado, sia in appello, i lavoratori avevano ottenuto pronunce favorevoli. I giudici avevano infatti affermato l'inefficacia del licenziamento e avevano disposto la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno.
In sostanza – come riepiloga la Cassazione – la Corte d'appello aveva affermato che per entrambi i licenziamenti il datore di lavoro non aveva offerto la prova dell'effettivo e non contingente calo del fatturato. Infatti, la ditta non aveva dimostrato neanche la possibilità di adibire i prestatori di lavoro ad altre mansioni in conseguenza della dismissione del magazzino. A riprova di ciò, il giudice del merito aveva spiegato che la relazione di bilancio non aveva attestato alcuna eccedenza di personale; anzi, tendenzialmente vi era stata una tendenza espansiva del fatturato, con ricorso aziendale al lavoro straordinario. Sul punto va ricordato che un filone giurisprudenziale ormai costante ammette la legittimità del licenziamento per soppressione del "posto" ma solo laddove lo stesso sia funzionale a una logica di contenimento dei costi piuttosto che di incremento del profitto.
In aggiunta a quanto esposto – si legge nella sentenza di Cassazione – non può assumere rilevanza il rifiuto opposto dai lavoratori al trasferimento poiché la nuova "offerta di lavoro" non può incidere negativamente sui dipendenti.
La Cassazione rigetta così il ricorso del datore di lavoro sostenendo che la Corte di appello aveva congruamente motivato l'illegittimità del licenziamento ritenendo, tra l'altro, non adeguate le motivazioni del trasferimento imposto ai magazzinieri.
In sostanza – affermano i giudici – la soppressione del posto di lavoro e l'assegnazione a una nuova sede, seppur rientranti in una scelta imprenditoriale, non devono essere gravose per il dipendente. Del resto, continua la pronuncia, l'obbligo di cooperazione del creditore (vale a dire il lavoratore) previsto dall'articolo 1227, comma 2, del Codice civile deve essere interpretato nel senso che, nell'ambito dell'ordinaria diligenza, possono essere comprese solo quelle attività che non siano gravose o eccezionali o, comunque, tali da comportare notevoli rischi e sacrifici per il creditore.