il D.Lgs. n. 81/2008 art. 42 prevede che il datore di lavoro, qualora il medico competente giudichi un lavoratore inidoneo alla mansione specifica, debba adibirlo, “ove possibile”, ad altra mansione equivalente, superiore o inferiore che sia, compatibile con il suo stato di salute, con diritto alla conservazione della retribuzione corrispondente alle mansioni precedenti. Nel caso in cui il medico competente esprima un giudizio di inidoneità parziale o temporanea o totale, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.Il decreto non indica limiti temporali per l'invio di tale comunicazione, ma è evidente che essa debba avvenire in tempi rapidi onde non esporre ulteriormente il lavoratore a un rischio che, secondo le conclusioni del medico, ha già iniziato a determinare un danno alla salute.
Dunque il primo atto è fare sì che, anche alla luce dei protocolli sanitari e delle risultanze diagnostiche, siano attuate tutte le misure di prevenzione e protezione finalizzate all'abolizione o quantomeno alla riduzione del rischio.
Nel caso di sopravvenuta inidoneità alle mansioni lavorative assegnate va riconosciuto al lavoratore il diritto di pretendere, e correlativamente affermato l'obbligo, ex art. 2087, c.c., del datore di lavoro di ricercare, una collocazione lavorativa non pretestuosa, idonea a salvaguardare la salute del dipendente, nel rispetto dell'organizzazione aziendale, dimensionata in modo plausibile e rispettosa delle regole poste a salvaguardia della salute (...), che costituiscono, nel loro insieme, la disposizione di legge (art. 32 Cost., v. Cass. 10339/2000, cit.), che sancisce, anche sanzionandone le omissioni, gli obblighi posti dall'ordinamento a presidio della salute dei collaboratori del datore di lavoro.In altre parole, se non è garantita al lavoratore l'assegnazione a mansioni diverse da quelle che incidono sul suo stato di salute, per l'impossibilità oggettiva di offrirgli, in base all'assetto aziendale, una collocazione alternativa dirimente (per dirla tutta: una mansione sedentaria), tuttavia questo dato non esime l'imprenditore dall'obbligo di ricercare ed assicurare che il contesto operativo delle mansioni da espletare sia in linea con le disposizioni appena citate, poste non inutilmente a salvaguardia della salute dei lavoratori, attuando quelle riconversioni strutturali che ricadono nel normale sviluppo delle tecnologie applicate. Lo jus variandi non identifica solo una posizione soggettiva tutelata, a certe condizioni, in capo al datore di lavoro, bensì è soprattutto diretto a tutelare il lavoratore, attribuendogli il diritto di sindacare la scelta imprenditoriale, pur formalmente diretta alla conservazione delle mansioni, in tutti quei casi in cui si verifichi, obiettivamente, un pregiudizio per la sua salute, che non sia tale, ovviamente, da precludergli il diritto allo svolgimento di un'attività lavorativa alternativa, apprezzabile anche dalla controparte.
I valori espressi dall'art. 41 della Costituzione " giustificano una valutazione negativa, da parte del legislatore, dei comportamenti dell'imprenditore che, per imprudenza, negligenza o imperizia, non si adoperi, anche al di là degli obblighi specificamente sanzionati, per ridurre l'esposizione al rischio dei propri dipendenti.
Ciò implica per il datore non solo il divieto di compiere qualsiasi comportamento lesivo dell'integrità fisica e della personalità morale del dipendente, ma anche il dovere di prevenire e scoraggiare simili condotte nell'ambito dello svolgimento dell'attività lavorativa. L'inadempimento di tale obbligo genera la responsabilità contrattuale del datore di lavoro.