(Cassazione, Sentenza 7.6.2012 n. 9201)
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata violazione ed erronea applicazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, degli artt. 1, 2, 4, della Convenzione ONU del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità, recepita dalla L. n. 15 del 2009. Si duole il ricorrente che l'interpretazione seguita dalla corte territoriale, che riferisce la disposizione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, alle sole persone con handicap in situazione di gravità, non sia sorretta dall'interpretazione letterale nè costituzionalmente orientata, producendo l'effetto di privare i disabili in condizione di sola disabilità della tutela agevolativa indispensabile alla loro assistenza, tutela psico-fisica ed integrazione nella famiglia e nella collettività, tutela che risulta ora rafforzata dalla L. n. 15 del 2009 di recepimento della Convezione ONU sui diritti delle persone con disabilità. L'interpretazione restrittiva che conduce a negare tutela alla disabilità permanente sol perchè la gravità non sia stata dichiarata dalla competente Commissione, crea una grave discriminazione ed insufficienza di tutela per il soggetto disabile già in condizione di svantaggio nella vita, nei rapporti interfamiliari e di partecipazione sociale. 6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, in relazione all'art. 4 della stessa legge e insufficiente ed illogica motivazione su fatti decisivi. Si addebita alla sentenza impugnata di aver introdotto l'equivalenza tra il concetto di assistenza continua e quello di patologia con profili di gravità senza alcun riscontro normativo nel comma 5 citato e si censura la statuizione gravata per aver omesso qualsiasi motivazione in ordine alla richiesta di prova testimoniale su fatti decisivi per dimostrare la prestazione di assistenza continuativa e globale del parente, trascrivendo il relativo capitolo di prova. 7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, in relazione agli artt. 2103 e 2697 c.c.. Assume il ricorrente la necessità della verifica giurisdizionale, non compiuta dalla corte territoriale, in ordine alle limitazioni del diritto del familiare lavoratore in caso di mobilità connessa ad ordinarie esigenze tecnico-produttive dell'azienda, con onere probatorio, gravante sul datore di lavoro, nella specie non assolto dalla Telecom che non avrebbe offerto prova delle particolari ed eccezionali urgenze tali da rendere indispensabile il trasferimento. 8. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia omessa e insufficiente motivazione per aver la corte territoriale omesso qualsiasi esame e motivazione in ordine agli elementi di fatto decisivi ai fini del riconoscimento dei benefici invocati, con la valutazione delle prove documentali comprovanti l'incapacità del soggetto di provvedere da solo alla vita privata e di relazione, essendosi, invece, limitata a prendere atto della dichiarazione della compente Commissione. 9. La vicenda che investe il Collegio concerne la tutela riconosciuta dall'ordinamento alla disabilità nella peculiare forma delle agevolazioni per il lavoratore e la lavoratrice che assistono familiari con disabilità, con particolare riferimento alla disciplina del trasferimento della sede lavorativa. 10. Il giudizio è incentrato sul trasferimento del lavoratore, accudiente il familiare con disabilita, disposto in un'epoca temporale, esattamente nel 1997, in cui vigeva la disciplina non ancora novellata della L. n. 104 del 1992, disciplina della quale, con il primo motivo di censura, il ricorrente sollecita una rivisitazione dell'interpretazione restrittiva fin qui seguita da questa Corte di legittimità. 11. Si appalesa utile, innanzitutto, ricostruire la cornice normativa in cui la vicenda si inscrive e delineare l'evoluzione, nel tempo, delle agevolazioni accordate, dall'ordinamento, al familiare lavoratore che versi in tale peculiare condizione (v., in argomento, Cass., SU, 16102/2009). 12. La L. 5 febbraio 1992, n. 104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) ha introdotto, all'art. 33, agevolazioni per i lavoratori che assistono soggetti portatori di handicap. 13. In particolare, il quinto comma dispone che: "Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede". 14. Occorre rimarcare, pur omettendone per brevità il testuale richiamo, che dalla lettura di tutte le agevolazioni disciplinate dal dettato originario dell'art. 33, si evince che il legislatore del 1992 ha espressamente connotato della "gravità" la situazione del familiare del lavoratore, minorenne o maggiorenne, necessitato dell'accudimento sotteso alle agevolazioni introdotte in tutti i commi del menzionato articolo 33, fatta eccezione proprio del comma che si sta esaminando ove quel medesimo legislatore ha piuttosto adoperato la correlazione, tra lavoratore e familiare, fondata sull'assistenza con continuità e sulla convivenza...