A rischio anche molti altri lavoratori, pesanti le conseguenze sul benessere e sulla produttività
Passare diverse ore al giorno a cercare di vendere prodotti, rispondere alle lamentele e i bisogni dei clienti, dare informazioni è un lavoro sicuramente stressante, oltre che oggigiorno poco remunerato. Ma ora si scopre che lavorare in un call center è anche pericoloso per la salute, visto che secondo un'indagine dell'università dell'Ulster un impiegato su quattro deve fare i conti con problemi di voce. E i disturbi vocali, rincara la dose uno studio americano presentato all'ultimo congresso dell'American Laryngological Association, incidono sulla produttività tanto quanto malattie croniche con un impatto notoriamente elevato in termini di disabilità come l'asma, la depressione o le patologie cardiovascolari.
CALL CENTER – La prima ricerca, commissionata dall'Institution of Occupational Safety and Health inglese, ha esaminato circa seicento lavoratori di 14 call center inglesi e irlandesi, verificando che nel 25 per cento dei casi questi avevano avuto mal di gola, afonie, disfonie e anche episodi di respiro corto riconducibili all'uso della voce per motivi lavorativi. Sarebbero particolarmente a rischio le donne e gli impiegati alle prime armi, che non sanno ancora «dosare» la propria voce a sufficienza: infatti, spiega l'autrice Diane Hazlett, «abbiamo osservato che ci sono molti programmi per il training in azienda dei nuovi impiegati, ma pochissimo si fa per avvertirli dei rischi che corre la loro voce e per insegnare precauzioni utili. Invece, bisognerebbe pensare a programmi di prevenzione per spiegare ai lavoratori quanto sia importante mantenere una salute vocale ottimale».
PRODUTTIVITÀ – Quanto conti avere una voce che funziona lo sottolinea pure lo studio statunitense condotto da Seth Cohen, otorinolaringoiatra del Voice Center della Duke University: andando a calcolare i giorni di lavoro persi a causa di disfonie di varia natura, l'esperto si è accorto che l'impatto di questi problemi sulla produttività è tutt'altro che irrisorio. «Abbiamo stimato, valutando i dati di circa 19mila lavoratori, che i disturbi della voce sono coinvolti in circa il 2 per cento dei casi in cui si ha una disabilità temporanea; è probabile peraltro che si tratti di una sottostima, visto che studi precedenti hanno dimostrato come la prevalenza di questi problemi sia pari a circa il 7 per cento della popolazione adulta – riferisce Cohen –. In media i pazienti con disfonie hanno 45 anni e si assentano dal lavoro per circa 40 giorni all'anno: più degli asmatici, che perdono in media sei-sette giorni, e in maniera paragonabile a chi soffre di malattie cardiovascolari, che è in malattia circa 47 giorni all'anno». Tutto questo ovviamente ha un peso anche economico: i costi per l'assistenza si aggirano attorno ai 3.500 dollari all'anno, quelli relativi alla mancata produttività sfiorano i 4.500 dollari annui.
CONSIGLI – Secondo le stime riferite dallo specialista americano, dal 5 al 10 per cento dei lavoratori ha nella propria voce il principale strumento di lavoro, per un'ulteriore 20 per cento è comunque un mezzo importante: non ci sono infatti solo i lavoratori di call center, gli attori o i cantanti a non poter fare a meno della voce, pensiamo agli insegnanti, i commercianti, chiunque abbia a che fare con un pubblico. «Purtroppo solo dal 5 al 20 per cento di chi ha un disturbo della voce si rivolge a un medico: chi è a rischio di disfonie deve esserne consapevole e chiedere aiuto a uno specialista per prevenire problemi, oltre che assistenza per il trattamento quando c'è qualcosa che non va», dice Cohen. I ricercatori irlandesi, dal canto loro, hanno redatto una serie di consigli utili per chi ha un impiego a rischio: fare pause frequenti, mantenere una buona postura e far sì che gli ambienti abbiano un'adeguata umidità, ventilazione e temperatura aiuta molto a ridurre la probabilità di fastidi. «Infine un semplice consiglio di buonsenso, ovvero bere spesso per mantenere ben idratate le mucose della gola: costa poco ma è un modo estremamente efficace per prevenire le disfonie», conclude Hazlett.
Elena Meli - Corriere della Sera -