20 giugno 2012

I benefici della cultura ed il costo dell'ignoranza

Prendiamo spunto dalla nota congiunta delle RSA del Teatro Stabile di Catania attraverso la quale viene affermato che il dibattito in corso sul finanziamento alle attività culturali, ed in particolare al Teatro Stabile di Catania, permette finalmente di collocare la discussione nella sua eccezione più alta, per affermare quali sono le i vantaggi sociali ed economici per l’intero territorio che derivano dalla cultura.

Infatti, così come sostenuto da più fonti e non ultimo dal prof. Giarrizzo, di fronte all’ insostenibilità di un modello di sviluppo basato sull’assalto al territorio ed ai beni naturali e sullo spreco di intelligenze, in assenza di risorse da destinare agli investimenti industriali la cultura può dare valore a condizione che venga adeguatamente custodita e valorizzata.

Così come ci avverte il CENSIS, inoltre, in una società che allo stato attuale non riesce a nutrire fiducia nel proprio futuro e appare incapace di progettare, si ricrea, proprio attraverso la cultura, il desiderio e la voglia di futuro.

Ci meraviglia quindi, ma non troppo, che la politica soprattutto nel momento in cui per le scarse risorse a disposizione dovrebbe essere chiamata a scegliere, per non scontentare i propri “clienti,” si inabissa per non scegliere e decide di tagliare indiscriminatamente e linearmente le risorse da destinare al territorio.

A chi non sa, e a chi fa finta di non sapere, ricordiamo che la cultura, anche per le Regioni del nostro paese meno dotate di patrimonio culturale, è il vero core business. Essa genera difatti un valore pari al 2,6% del Pil e dà lavoro a circa 1,4 mln di occupati. Il solo turismo culturale genera, inoltre, un valore pari al 3% del Pil e quindi complessivamente il settore cultura è uno dei più rilevanti settori dell’economia nazionale.

Per essere ancora più precisi a fronte di un’economia turistica che vale il 10% del Pil, il turismo culturale rappresenta il 30% del mercato turistico totale; nelle città tale percentuale è molto più alta. Solo attraverso la densità e la qualità delle iniziative culturali si può fare concorrenza all’offerta turistico balneare delle altre parti del mondo.

Quanto detto è noto e chiaro a tutti . Sull’argomento anche l’Anci si è spesa tanto nei dettagli, così come è chiaro il valore della cultura nei processi attraverso i quali in tutto il mondo è stato ridisegnato il volto delle città e dei distretti industriali dopo i grandi processi di ristrutturazione industriale degli anni ’80.

Appare a dir poco deficitaria, quindi, la linea di pensiero attraverso la quale la Regione Sicilia, forse per tutelare una miriade di propri clienti che operano a vario titolo nel settore, ha promosso i tagli alla cultura ed ai Teatri in particolare.

Ma la cultura non è solo numeri Pil ed occupazione; lo è anche!

Sappiamo già che è essenziale promuovere l’identità specifica, nella globalizzazione. Questa è stata anche l’attualissima visione di Jacques Delors. E’ attraverso la cultura e la conoscenza che si saldano competitività e coesione sociale.

Quando il Mediterraneo era anche Assoud, e nei porti del Mediterraneo si parlava una lingua franca chiamata Sabìr e si approfondiva la reciproca conoscenza attraverso le musiche e le tradizioni reciprocamente contaminate e ciò nonostante le guerre in corso tra i potenti, era la cultura l’elemento attraverso il quale si rendeva possibile la conoscenza altrui e si superavano le reciproche diffidenze; e ciò era fondamentale per poter moltiplicare gli scambi commerciali.


La cultura è la precondizione fondamentale per ogni forma di civile convivenza così come lo è per ogni sano progetto di sviluppo sostenibile.

Chi nel mondo si interessa a noi lo è in primo luogo perché lo è per le nostre tradizioni e la nostra cultura, per le sfumature espressive dei nostri attori che recitano Verga e Pirandello, per le inflessioni emotive attraverso le quali i nostri musicisti interpretano Bellini, per la sapienza tecnica dei nostri addetti alla scenografia e ai costumi, per le nostre comunità creative; poi viene il resto.

Ma è sempre più difficile riuscire a spiegare a chi ci governa che così come un italiano va in Giappone piuttosto che in altre parti dell’Asia per vedere il teatro del No ed il Kabuki, un giapponese viene in Sicilia per assistere ad una rappresentazione di Bellini o per apprezzare Verga.

Assicurare il rifinanziamento del Teatro Stabile di Catania potrebbe essere un primo passo per far riconciliare la politica e la cittadinanza; metterlo nelle condizioni di produrne ancora di più sarebbe ancora più utile.

Se non verrà prodotta più cultura saremmo costretti a viverla solo attraverso il consumo ed a quale punto anziché calcolare le ricadute economiche della cultura bisognerà a cominciare a calcolare quali saranno i costi dell’ignoranza.

Inshallah

di Giovanni Pistorio

(Segretario Confederale CGIL Catania)