Un altro passo in avanti reso possibile grazie alla iniziativa di Andrea Lumino e dei compagni Slc Cgil di Taranto con i quali siamo costantemente in contatto nelle iniziative contro le delocalizzazioni per gli impatti sull'occupazione e sul trattamento dei dati personali.
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell’Interno.
Per sapere
-premesso che:
sin dagli anni novanta, con la liberalizzazione delle telecomunicazioni e grazie alle incentivazioni regionali ed agli sgravi fiscali, la Puglia è stata la meta di numerose iniziative imprenditoriali nel campo dell’assistenza ai clienti che ha vissuto in questi anni una intensa crescita;
sarebbero oltre 30 le società che gestiscono call center in Puglia, occupando oltre 8mila operatori telefonici, degli oltre 30mila su tutto il territorio nazionale;
a causa del basso salario, delle scarse possibilità di carriera, del bassissimo turn over, che ha provocato un innalzamento dell’età media dei lavoratori dei call center, un impiego nato come occupazione di passaggio verso una carriera migliore, in tempi di crisi, si è spesso trasformato nel lavoro di una vita;
nel comparto outbound, in cui sono gli operatori a contattare gli utenti, le condizioni dei lavoratori sono anche peggiori: i contratti più diffusi sono di 3 mesi e non superano i 300 euro mensili: in Puglia, secondo quanto denunciato dalle organizzazioni sindacali, sarebbero circa 3 mila i lavoratori di questo sistema;
con la fine degli sgravi fiscali e delle agevolazioni è iniziato un lento trasferimento delle sedi dei call center verso località estere, economicamente più convenienti;
ad oggi sarebbero circa 12.000 i posti di lavoro persi e circa 3.000 le richieste di ammortizzatori sociali, numeri che il prossimo anno potrebbero aumentare ulteriormente se si seguisse l’attuale trend di delocalizzazioni;
le destinazioni sono soprattutto l’Albania, la Romania, la Croazia, la Tunisia e l’Argentina, dove gli aspiranti operatori vengono scelti in base alla conoscenza dell’italiano;
tali Paesi sono contraddistinti da tutele sindacali minime o inesistenti e da bassissimi salari, lo stipendio medio per un operatore in Albania sarebbe di soli 80 euro al mese;
il trasferimento di tali attività verso l’estero ha comportato una grave crisi occupazionale, specie in città come Taranto, già fortemente segante dalla crisi economica;
tale pratica di delocalizzazione rischia soprattutto di indebolire complessivamente il sistema Paese a causa del trasferimento di quantità indefinite di dati personali sensibili di cittadini (codice fiscale, dati bancari, numeri di carte di credito) in Paesi che non garantiscono un’adeguata tutela dei dati sensibili e che sono tra i primi al mondo per tasso di pirateria informatica;
in riferimento a tale rischio, la Prefettura di Catania ha richiesto un parere al Ministero dell’Interno, dal quale emergerebbe che potrebbero essere effettuate delle verifiche sui casi di cui la Prefettura venisse a conoscenza;
considerata l’importanza dei dati e delle procedure di cui si occupano i call center, vengono periodicamente sottoposti ad ispezione da parte enti istituzionali come AGICOM e Guardia di Finanza in merito alle varie attività contrattuali,
-: se, in ottemperanza al d.lgs 30 giugno 2003, n. 196, gli ordinamenti di Albania, Romania, Croazia, Tunisia, l’Argentina, in cui aziende italiane hanno delocalizzato attività di call center assicurino livelli di tutela dei dati delle persone adeguati;
ovvero se tali trasferimenti siano stati autorizzati dal Garante per la protezione dei dati personali;
se i Paesi su menzionati adottino presso i call center che gestiscono dati personali e sensibili procedure di strong autentication, come avviene in quelli italiani;
quali iniziative intenda assumere, ai fini della tutela dei dati personali e sensibili dei cittadini italiani e per evitare che tali dati vengano trasferiti all’estero, specie in Paesi non appartenenti all’Unione Europea;
quali provvedimenti intenda assumere al fine di instaurare un sistema di controlli volti a verificare la piena attuazione del Codice in materia di protezione dei dati personali d.lgs 30 giugno 2003, n. 196 in merito al trasferimento di ingenti dati personali e sensibili di cittadini italiani all’estero;
se il Governo non ritenga di emanare indirizzi nei confronti delle aziende di cui detenga partecipazioni azionarie, ovvero controllate da esse, e nei confronti di aziende che gestiscano reti pubbliche, operatori assegnatari di licenze nazionali, per impedire il ricorso a società outsourcing, con localizzazione all’estero, per la gestione dei customer care o dei servizi in outbound;
se non ritenga che la pratica di delocalizzazione, specie nei Paesi non appartenenti all’Unione Europea, dei call center possa favorire una elusione delle norme contrattuali, penalizzando gli utenti/consumatori italiani che si troverebbero privi delle necessarie tutele.
Onorevole Vico