“Poste italiane è un contenitore, che oggi utilizza tecnologie moderne, peraltro non sempre correttamente funzionanti, per movimentare prodotti materiali e virtuali (dati, c/c, sistemi di pagamento) – ha affermato Barbara Apuzzo, segretaria nazionale Slc Cgil, nella sua relazione introduttiva al convegno “E’ tempo di risposte” dedicato ai servizi postali, in corso a Roma.
“Peccato però che entrando in un ufficio postale, si abbia la sensazione di muoversi in un suk, come un grande mercato all'aperto, in cui il personale risulta insufficiente, vengono esposte merci completamente differenti tra loro che danno l'idea di una gran confusione. Manca del tutto infatti, nel suk Poste Italiane, l’idea della specializzazione.”
“E’ positivo e legittimo ricercare nuove nicchie di mercato per competere e crescere – prosegue la sindacalista - ma va fatto seguendo una logica che, coniugando tradizione e innovazione, preveda una strategia di insieme che nella più grande azienda a rete d'Italia non può e non deve mancare. Operazioni come quella della Banca del Mezzogiorno, culminata con l'acquisto di Mediocredito Centrale (costato 136 milioni), non possono sprecare risorse e attenzione, distraendo da quello che deve continuare ad essere un asset fondamentale, il servizio postale. Poste è entrata con quella scelta in un nuovo settore pieno di incertezze, indebolendosi in quello tradizionale dove dal 2011 vige la piena liberalizzazione.”
“Non è neanche chiaro come intenda agire sui servizi affidati in appalto, ridotti ormai da un valore di circa 70 milioni di euro nel 2007, a 58 milioni nel 2008, a meno di 40 milioni nel 2011 – ricorda Apuzzo. Oggi le gare bandite da Poste Italiane prevedono l'affidamento di servizi per un valore non superiore a 28 milioni di euro, con ricadute significative sulle imprese e in termini di occupazione: chiediamo pertanto all’azienda di sospendere nell'immediato l'avvio dei nuovi bandi, perché l’impatto che si registra, anche in termini occupazionali, sta assumendo proporzioni rilevantissime.”
“Nella grave fase di recessione in cui ci troviamo si sta allargando la marginalizzazione sociale di categorie che godevano di un normale status e che oggi intravedono lo spettro della povertà: rientrano a pieno titolo tra questi anche gli "esodati". In un momento del genere, in cui i grandi gruppi stanno fermi anche per capire cosa succederà nell'ordinamento del mercato del lavoro, Poste Italiane si muove nella direzione sbagliata, proponendo l'ennesimo progetto di riorganizzazione dei Servizi Postali, che cancella il servizio da migliaia di zone e determinando migliaia di esuberi, oltre al taglio di 6000 lavoratori deciso a luglio 2010 dal piano di riorganizzazione che non ci aveva convinto totalmente, ma che abbiamo condiviso perché conteneva innovazioni utili ad una fase di sviluppo. Il piano è stato attuato dall'Azienda con velocità incredibile sui tagli, che hanno riguardato 8000 lavoratori, mentre nulla è stato fatto per realizzare la parte che riguardava lo sviluppo.”
“Poste Italiane ha firmato con quattro sigle sindacali, che insieme rappresentano il 22% delle lavoratrici e dei lavoratori dell’azienda, un accordo sul PDR che, nonostante l'ennesimo bilancio in attivo, non prevede alcun aumento nel triennio. A questo si aggiunge il taglio del bonus presenza di 140 euro annui per circa 35.000 lavoratori, tra cui le future mamme, che al pari dei lavoratori in infortunio, dei malati di gravi patologie anche oncologiche e di chi subisce ricoveri in ospedale. Peraltro le lavoratrici in gravidanza sono notevolmente diminuite negli ultimi due anni: dalle 2187 nel 2009 si è passati, a fine 2011, a 1776.