"Vorremmo che la vetrina internazionale di Sanremo portasse maggiore attenzione per chi, in Italia, 'fa' la musica, e vive senza diritti e tutele, con il rischio di non avere neanche una pensione. Per quanti, chiuse le luci del Festival, tornano ad essere 'nessuno' dal punto di vista dei diritti".
E' questo l'appello che Emanuela Bizi, segretario nazionale della Slc Cgil, lancia, con Labitalia, in occasione dell'avvio della 64ma edizione del Festival di Sanremo.
"Quello della musica -spiega Bizi- e' un settore in cui i lavoratori non hanno alcun diritto, non esiste un contratto unico di lavoro. Per il sindacato, fare contrattazione e tutelare i diritti dei lavoratori in questo settore e' difficilissimo perche' non abbiamo
controparti e non abbiamo neanche una mappatura chiara di quanti sono gli addetti. Un musicista puo' esibirsi in un teatro, come anche in un bar o in altri locali". E, anche quando il lavoro e' regolato, "come nel caso delle 14 fondazioni sinfoniche -spiega Bizi- i tempi sono duri perche' il decreto Bray ha imposto norme stringenti per le fondazioni che non sono in attivo".
Per questi motivi, sottolinea ancora Bizi, "serve una legislazione 'ad hoc' per questo comparto: abbiamo bisogno che il legislatore certifichi le diverse figure professionali". "La situazione e' molto grave: i lavoratori - aggiunge- sono centinaia di migliaia, e conosco personalmente docenti di musica che sono costretti a suonare per strada per andare avanti.
Non hanno ammortizzatori sociali, non possono usufruire della mini-Aspi quando restano senza lavoro e anche la pensione e' un'eventualita' molto lontana".
E dal sindacato arriva anche una posizione ferma sulla Siae:
"Chi pensa di realizzare una liberalizzazione dei diritti della Siae -conclude- non si preoccupa che, cosi' facendo, si mette a rischio cio' che per i musicisti corrisponde al salario".