29 aprile 2010

Telecom: Dichiarazione di Emilio Miceli Segretario Generale Slc/Cgil

29 aprile 2010

Apprezziamo il gesto di Bernabè nel donare il suo bonus a figli di dipendenti, ma questo atto, encomiabile, non cambia i termini del problema: dividendi e bonus mal si conciliano con la situazione aziendale. Telecom distribuisce un miliardo di euro su un miliardo e cinquecento milioni di utili agli azionisti; i bonus non si capisce da quali performance positive siano giustificati.

Sulla base del piano, solo nel 2009, sono 500 milioni i tagli agli investimenti e la riduzione del debito è più che triplicata, a cinque miliardi, rispetto ai tre anni precedenti. Il piano, dunque, non è solo dannoso: è anche irrealizzabile, se non a costo della scomparsa della Telecom che conosciamo.

Così si spiegano la forte mobilitazione dei lavoratori a Rozzano, promossa unitariamente da Slc/Cgil, Fistel/Cisl e Uilcom/Uil, la lettera dei dipendenti dell'informatica pubblicata sul Corriere della Sera di oggi e la nostra ferma opposizione a 6800 esuberi in azienda. Così non va.

Susanna Camusso in Cgil Catania: Intervento di Davide Foti su Telecom Italia

Care compagne e cari Compagni,

questa iniziativa organizzata dalla Segreteria Confederale di Catania alla presenza della compagna Susanna Camusso ritengo che sia delle più importanti organizzata negli ultimi anni e ciò per lo spirito confederale che la anima e che finirà col permetterci di poter elaborare la nostra proposta per uscire fuori dalla crisi. Quello di oggi, in termini calcistici, lo considero un bel assist fatto dalla confederazione.

Io, oltre che essere un componente della Segr SLC CGIL, sono anche una RSU Nazionale di Telecom Italia ed è di questa azienda che vorrei parlare.

Telecom, dopo la improvvisa privatizzazione avvenuta nel 94-95 , ha avuto un tracollo industriale ed occupazionale forse unico in Italia; aggiungo che si tratta di una azienda considerata strategica in quanto detiene ancora la concessione per la infrastrutturazione della rete telefonica nazionale e cioè determina la comunicazione globale di tutti i servizi pubblici essenziali nel nostro paese.

L’infrastruttura di rete, ormai ridotta ad un colabrodo, è stata oggetto di speculazioni sia finanziarie che politiche.

Quanto sopra esposto è tanto vero che, i diversi “PADRONI”che si sono succeduti alla guida di Telecom per la maggior parte finanzieri travestiti da imprenditori, non hanno fatto che trasformare strategicità e sviluppo in guadagni per gli

azionisti ( Colaninno, Tronchetti Provera fino ad arrivare oggi a Banca intesa, Unicredit, Generali e Telefonica ).

L’abbandono degli investimenti verso la Rete ( sviluppo della larga banda , adsl ) la corsa a fare calare il debito (circa 45 miliardi di euro ), ma soprattutto la continua spartizione dei dividendi hanno fatto si che gli unici a pagare, alla fine del percorso, fossero coloro che rappresentano la parte più debole ma anche più produttiva dell’azienda e cioè i LAVORATORI .

In un decennio l’occupazione in Telecom è calata del 50% . In Telecom lavoravano circa 110.000 persone, adesso alla fine del logorante processo di “efficientament”, così lo ama chiamare l’azienda, di ciò rischia di non rimanere più niente.

A Catania, in Telecom, 10 anni fa lavoravano circa 1200 addetti, adesso sono rimasti solo 550 lavoratori e sono state perse anche le attività più pregiate.

Giorno 19 aprile con la presentazione del nuovo piano industriale ancora una volta Telecom presenta alle parti sociali e soprattutto ai mercati finanziari un piano fatto non di investimenti strategicamente orientati alla crescita, allo sviluppo ed alla innovazione ma un misero piano finanziario fatto di ulteriori 7000 tagli da operare sui livelli occupazionali e ciò per garantire nel triennio un recupero del debito di circa 5 miliardi ).

Una politica di soli guadagni da perseguire senza il recupero di un solo cliente. Siamo alla follia più totale.

Come rappresentante dei lavoratori e come cittadino/utente chiedo alla camera del lavoro di Catania e alla Segretaria Nazionale un intervento forte ed immediato per far si che venga arrestata questa emorragia non solo occupazione che si consumerebbe a danno del territorio catanese e nazionale e per far si che si determini, in Telecom, una nuova stagione fatta di investimenti mirati alla modernizzazione della rete

Il nostro territorio e tutto il sistema paese in un momento in cui si parla di divario digitale, per crescere ha necessità che si investa modernizzazione della rete.

Non sono uguali cittadini che non possono contare su pari opportunità di ricerca così come non sono uguali le aziende che non possono contare su infrastrutture adeguate.In Sicilia la rete telefonica è al collasso, se non si investe nella rete non si investe nello sviluppo.

Davide Foti

RSU Nazionale SLC Cgil


ALMAVIVA: LETTERA APERTA / COMUNICATO: A TUTTI I LAVORATORI

Susanna Camusso in Cgil Catania

Giorno 28 aprile si è tenuta a Catania, sui temi della crisi occupazionale in corso, una riunione dei dipartimenti produttivi della CGIL.
A tale riunione ha partecipato Susanna Camusso (segr.naz.cgil).
Grande risalto è stato dato alla crisi occupazionale in corso nel settore dei call center in outsourcing ed alle delocalizzazioni delle attività in essere.
Nel corso delle sue conclusioni Susanna Camusso si è soffermata a lungo sull'argomento ed ha condiviso larga parte delle nostre valutazioni e delle nostre proposte.
In allegato, vi invio copia del mio intervento, che metto a disposizione per le eventuali considerazioni del caso. Ci tengo a precisare che i numeri esposti interessavano Catania ma l’analisi e le proposte interessano complessivamente il territorio regionale tanto è vero che particolare risalto è stato dato alla vertenza Alicos.
Colgo lo spunto, infatti, per chiedere al Gruppo Almaviva informazioni su una delle questioni che ho sollevato nel corso del mio intervento e che riguarda una ulteriore delocalizzazione di quota parte delle attività della commessa Alitalia verso l'estero.
Per quanto ci riguarda non siamo infatti disponibili a subire un ulteriore collasso occupazionale a causa delle politiche di indirizzo di Alitalia, o di chiunque altro, che per i più diversi fini mira a svuotare il nostro territorio delocalizzando soprattutto all'estero le attività.
Preciso infine che ritengo il Governo Nazionale e quello della Regione Sicilia, che dell'italianità e della sicilianità ne hanno fatto un cavallo di battaglia a fini esclusivamente pubblicitari, i principali responsabili della deriva occupazionale che rischia di subire il nostro territorio. Su tali questioni anche da parte vostra è necessario fare chiarezza sui fatti sopra esposti.
Il Coord Gen.SLC CGIL Sicilia
Giovanni Pistorio
Crisi occupazione in atto nel settore delle telecomunicazioni con particolare riferimento all’area dei call center in outsourcing.

A seguito della circolare n. 17 del ministro Damiano, del 14 giugno 2006, nel territorio della Provincia di Catania, diverse aziende che operavano nel settore dei call center in outsourcing hanno provveduto a stabilizzare gradualmente, con contratto di lavoro subordinato ed a tempo indeterminato, circa 1500 lavoratori. Successivamente molte altre aziende del settore hanno continuato ad assumere utilizzando tale tipologia contrattuale.
Chiaramente tali aziende, al momento dell’assunzione, hanno utilizzato tutti i benefici previsti per legge compreso quelli di cui alla L.488/92 che prevede l’erogazione in conto capitale di contributi a favore delle imprese che intendono promuovere programmi di investimento nelle aree depresse e quelli di cui alla L. 407/90 che prevede, a fronte dell’assunzione di lavoratori con contratto di lavoro subordinato e a tempo indeterminato sgravi contributivi e previdenziali per un periodo di 36 mesi.

Susanna Camusso in Cgil Catania: Intervento di Giovanni Pistorio sui call-center

Nel corso dell’intervento del segr gen SLC CGIL di Catania Giovanni Pistorio sono state, ancora una volta, messe al centro della discussione le tematiche che riguardano la crisi che sta per investire il settore dei call center in outsourcing.
Ancora una volta, infatti, SLC CGIL Catania denuncia che per il venir meno dei benefici di cui alla L.407/90 , utilizzabili per un periodo massimo di 36 mesi , i costi per il personale, nelle singole aziende, inizieranno a lievitare, nonostante l’alta qualità del servizio reso all’utente ed è perciò che potrebbe essere finanziariamente più vantaggioso per tali aziende dismettere le attività in essere nel nostro territorio per trasferirle, in altre parti della nostra penisola e da lì fare ripartire la giostra della alta “precarizzazione implicita” dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Inoltre, sempre in tale settore è già in corso una delocalizzazione delle attività verso l’estero. Quest’ultima manovra viene pienamente sostenuta ed implicitamente sollecitata dalle grandi committenti del settore (Telecom, Wind, Fastweb, Vodafone,Enel, Tele 2, Sky) che operano anche in provincia di Catania.
A conferma di quanto sosteniamo in materia di delocalizzazione selvaggia, Giovanni Pistorio sottolinea che, “al di là delle dichiarazioni rese da parte del Governo Italiano, che della presunta “italianità” della compagnia di bandiera Alitalia ne aveva fatto un cavallo di battaglia, quest’ultima sta perseguendo pervicacemente la strada del trasferimento delle attività all’estero e ciò a partire dalle attività del call center”.
Giovanni Pistorio ha infatti denunciato che a quanto pare Alitalia, avrebbe intenzione di perseguire la strada delle delocalizzazioni trasferendo parte delle commesse, sino ad oggi affidate alla italianissima e sicilianissima Alicos, ad altri operatori delle telecomunicazioni che si appresterebbero a loro volta a trasferire all’estero la gestione di tali flussi telefonici.
“Il governo della Regione Sicilia e quello nazionale, hanno l’obbligo morale e civile, ha sottolineato Giovanni Pistorio, di intervenire in maniera chiara netta e decisa su questo versante. Non siamo disponibili a perdere le centinaia di posti di lavoro guadagnati a fatica nella nostra regione”.

28 aprile 2010

Telecom: Comunicato apertura procedura di raffreddamento per Piano Industriale

TELECOM: APERTE LE PROCEDURE CONTRO PIANO INDUSTRIALE

Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, a seguito della riunione dei rispettivi coordinamenti nazionali ribadiscono il giudizio negativo sul piano industriale presentato di Telecom, fatto di riduzione degli investimenti, tagli al personale, assenza di una strategia di rilancio e per tanto hanno deciso di aprire le procedure per la dichiarazione di sciopero nazionale a livello di gruppo.

Al fine di ottenere una visione più complessiva chiederemo inoltre all’azienda incontri informativi con lo scopo di avere visibilità su temi importanti ma ancora non chiari. In particolare sul tema delle dismissioni, sulle politiche di appalto, sul sistema della rete e relativi investimenti e sulle strategie internazionali. Questo al fine di completare un quadro e fornire ai lavoratori tutti i dettagli ancora mancanti.

Proseguiremo nella mobilitazione che ha visto già nella manifestazione del 23 marzo contro l’esternalizzazione dell’informatica un momento importante e chiederemo di ritirare i licenziamenti, garantire investimenti, dare una strategia di sviluppo industriale all’azienda.

Punti che dovranno vivere nel confronto con l’attuale management Telecom, partendo già dalla prossima verifica prevista per maggio sui colleghi dell’Ade.

Le Segreterie Nazionali invitano inoltre le strutture territoriali nel proseguire con le iniziative di sensibilizzazione verso i Lavoratori e l’opinione pubblica.

A termine della fase di integrazione dell’informativa sul piano industriale verrà effettuata una forte iniziativa di assemblee unitarie su tutti i luoghi di lavoro al fine di ampliare al massimo la partecipazione delle lavoratrici e lavoratori di Telecom Italia.


Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL

Cgil Catania: Quanto vale la crisi a Catania?

Quanto “vale” la crisi a Catania? Cosa ci dicono i numeri, le percentuali, le ricerche su industria, agricoltura, impresa e mercato del lavoro? A dare risposta a queste domande sarà la Cgil di Catania, lo fa a seguito all’impegno di portare all’attenzione del sindacato nazionale le difficoltà e le possibili soluzioni per i singoli casi, assunto in fase congressuale. Dei dati se ne discuterà nella mattinata di giovedì di fronte al segretario nazionale Cgil Susanna Camusso, al segretario regionale Mariella Maggio e al segretario provinciale Angelo Villari.

Durante la riunione, verrà consegnato ai presenti una ricerca frutto del confronto con tutte le categorie, in particolare con Flai, Filctem, Slc, Fiom e Fillea, ma anche con l’IRES, l’istituto di Ricerche Economico e Sociali della CGIL di Catania presieduto da Tuccio Cutugno, che ha preso in esame i dati elaborati dalla direzione provinciale dell’Ufficio del Lavoro in merito al numero delle assunzioni e dei licenziamenti effettuati nel corso del 2009 nella provincia di Catania. Ne verrà fuori un quadro completo e particolarmente accurato, tutti gli uffici sono già al lavoro da giorni sui dati.

Per avere un’idea approssimativa del disagio sociale nel nostro territorio, basti pensare che nel 2009 le ore di Cassa Integrazione ordinaria autorizzate nel settore industria, in provincia di Catania, sono state 1.588.163 a fronte delle 86.497 del 2008 e quelle di Cassa Integrazione Straordinaria dell’industria 1.103.483 nel 2009 contro le 695.949 ore nel 2008. Una situazione che non è assolutamente migliorata nei primi mesi del 2010. Questa è un’anticipazione dell’IRES.

Presente all’incontro anche Susanna Camusso, sindacalista di trentennale esperienza nonché una delle voci più autorevoli nel mondo del sindacato italiano, dice Angelo Villari “Con lei portiamo all’attenzione nazionale la crisi della città, così come abbiamo già fatto la prima volta nelle scorse settimane con Epifani. In quell’occasione abbiamo lanciato l’allarme e richiesto uno speciale Piano per il lavoro, oggi scendiamo nei particolari presentando i numeri della crisi. E sono numeri obiettivi, che vengono direttamente dalla base. Crediamo che sia opportuno iniziare con la cruda realtà”. “Questa crisi così profonda mette a rischio la tenuta civile ed economica della provincia di Catania” afferma il segretario confederale Giacomo Rota “Sono già in atto pesantissimi riverberi e il 2010 rischia di essere persino peggiore dei precedenti. A fronte di questa amara realtà le nostre menti più brillanti, i nostri giovani, scappano da Catania”.

La crisi occupazionale è in atto nel settore delle telecomunicazioni all’area dei call center in outsourcing. Telecom assiste ad una vera e propria emorragia di posti di lavoro. Difficili e in certi casi drammatiche le condizioni dello stato di crisi del settore agroalimentare ambientale di Catania, e la crisi non risparmia il settore delle costruzioni. Basti pensare che nel corso dell’anno 2009, in Sicilia si è registrato un vistoso calo degli appalti pubblici rispetto all’ultimo biennio pari al 50% circa, il dato e tra i più bassi riscontrati negli ultimi 20 anni.

La speranza che il settore dell’elettronica assicuri qualche certezza in più dipende molto dalla “tenuta” della St “che pur accendendo nuove speranza con il fotovoltaico, rischia di annullare le grandi professionalità maturate a Catania e le nuove potenzialità dei nostri laureati” spiegano i rappresentanti della Cgil, “ciò potrebbe avvenire se le attività tecnologicamente avanzate dovessero spostarsi a Milano. Le ricadute negative si sentirebbero su vari fronti”. Tra i settori più colpiti c’è anche quello del farmaceutico con i suoi 1200 addetti”, spiega il segretario confederale Margherita Patti, “centinaia di lavoratrici e lavoratori rischiano di non uscire indenni da una pericolosa stagnazione di settore. La riduzione del personale è all’ordine del giorno e la situazione è quella di piena emergenza”.

di Dario La Rosa

Telecom: Esplode la crisi di Telecom Italia


Roma 27 aprile 2010
I 15 mila dipendenti Telecom di Roma e del Lazio si preparano ad affrontare una nuova stagione di corposi tagli nel personale, la quarta in un decennio. Una pesante sforbiciata tra i 2 mila e i 2.500 lavoratori tra staff, call center e rete, nei prossimi due anni, secondo le stime dei sindacati. Sono coinvolte le sedi di Parco dei Medici e Val Cannuta, con impatti anche su Pomezia. Gli esuberi sono il frutto avvelenato dell'aggiornato piano industriale presentato da Franco Bernabè il 13 aprile che prevede, a livello nazionale, 6.800 lavoratori in meno entro il 2012 e di questi 2.300 entro il 2011.

Sommati ai tagli degli ultimi due anni, oltre 13mila persone usciranno dal gruppo, il 20% del personale in Italia. La preoccupazione è percepibile nei corridoi di Parco dei Medici dove si rincorrono da giorni le voci ancora non confermate dal management sul numero totale delle fuoriuscite. Di sicuro 774 lavoratori del settore informatico, l'It operation, saranno esternalizzati, ceduti cioè a una società esterna ma del gruppo Telecom, la Ssc srl, che però ha già annunciato ulteriori "efficientamenti di personale". Gli informatici romani temono che questa cessione di ramo d'azienda si trasformi in disoccupazione vera e propria e da alcuni giorni espongono fuori dai cancelli striscioni di protesta visibili anche dalla Roma-Fiumicino. D'altronde la soluzione dei contratti di solidarietà, studiata un anno fa per oltre 100 colleghi del 1254 e del centralino, si sta rivelando un vicolo cieco.

Nessun percorso formativo è stato finora messo in campo e i sindacati hanno chiesto per il 5-6 maggio un incontro presso il ministero del Lavoro per discutere il futuro di questi lavoratori il cui contratto scadrà tra un anno. Nessuno tra loro e degli altri ha i requisiti per il prepensionamento, visto lo svecchiamento già compiuto dall'azienda negli ultimi dieci anni. Così migliaia di lavoratori Telecom, a breve, potrebbero entrare in cassa integrazione per uno o due anni e poi in mobilità per altri tre. "Siamo molto preoccupati e il 29 saremo tutti a Rozzano per protestare in occasione dell'assemblea della Telecom", dice Fabio Opimo della Rsu Telecom Italia Slc-Cgil. "La cosa più insopportabile è che l'obiettivo di Telecom è giungere ad un aumento del dividendo e alla riduzione del debito di 5 miliardi: nessun cliente in più, nessun piano di rilancio, nessun investimento per innovare", aggiunge Emilio Miceli, segretario Slc-Cgil.

Davide Foti: Vertenza su Telecom Italia

Roma: 26 aprile 2010

Cari Colleghi

come ben sapete, lunedì si è svolta una riunione di coordinamento nazionale RSU Telecom della SLC CGIL, data anche l'indisponibilità a partecipare delle altre sigle sindacali. Si sono fatte le prime considerazioni sul nuovo piano industriale di Telecom presentato il 19 aprile u.s. Le prime analisi del P.I. hanno evidenziato dal punto di vista macro economico di un flusso di cassa di 660 milioni viziato dalla vendita di Hansnet ( controllata tedesca venduta ) e cioè liquidità dovuta non da scelte azzeccate del vecchio piano con tutto quello che abbiamo subito dal punto di vista occupazionale ma soltanto da vendite di asset internazionali, quindi l'utile netto di telecom si aggira intorno a 600 milioni, al netto del miliardo di euro di dividendo agli azionisti ( questa è la cosa vergognosa ).

Dal punto di vista degli investimenti il management fa acqua da tutte le parti, su un totale di 1,8 miliardi di risparmio è previsto una riduzione di 500 milioni sulla rete ( su un calo complessivo 700 milioni in investimenti ), 1,1 sono tagli operativi, di cui 400 milioni sul costo del personale e si prevede nel P.I. un ulteriore risparmio nei customer, assurance ( appalti a canone ) e delivery per un totale di 100 milioni. Dal punto di vista industriale dato lo scarso investimento sulla rete, quindi la fibra, il modello di riferimento per questa azienda è lo shering dei ponti radiomobili con gli altri operatori ( dove gli unici a guadagnarci fino ad oggi è stata Vodafone e domani saranno wind, h3g etc. ) e la ristrutturazione anche se in parte della rete RAME. Stendo un velo pietoso dal punto di vista della parte internazionale dove oltre al gioiello TIM Brasil, le uniche aziende che rimangono sono Cuba e Telecom Argentina, prossime a prendere il volo come Hansnet.

E ora veniamo al punto degli esuberi, volgarmente chiamati dalla dirigenza Telecom "efficientamento" . Il dichiarato da Telecom risulta 6822 nel triennio 2010-2012 di cui 2300 entro la fine dell'anno ed il restante entro il 2012. Dei 6822 secondo l'amministratore delegato, 890 rientreranno nella mobilità in corso, 786 sono i così detti irriducibili, colleghi che hanno rifiutato la mobilità, 559 i colleghi con la possibilità fin da subito di andare in pensione, 288 colleghi che con una futura mobilità potrebbero essere accompagnati in pensione, per un totale di 1.633, con un altra informazione in più, questa azienda vorrebbe ridurre il debito di 5 miliardi di euro e se pensiamo che col vecchio piano la riduzione è stata di 600 milioni ,facciamoci un pò due calcoli!!!. Adesso le prime considerazioni: Non siamo più nell'azienda in cui vivevamo qualche anno indietro, le varie dismissioni di rami e non ultima la forzata presa di posizione sull'informatica ci fa capire come si sveste da azienda industriale per vestirsi da azienda commerciale.

Quello dei dividendi e gli stipendi megagalattici dei dirigenti ci fa capire che questo non è un piano industriale ma solo finanziario, fatto di sperperi e di non investimenti ma solo di recupero di denaro sempre sulla pelle dei LAVORATORI, che rimangono gli unici e veri baluardi.

Se fino ad oggi si è fatto di tutto per garantire i lavoratori in esubero, penso sia arrivato il momento di garantire soprattutto chi rimane dato che circa 4000 dei 6.822 sono esuberi scoperti da ammortizzatori sociali ( si attaccano al tram nel vero senso della parola ). E' arrivato il momento di spingere l'azienda a ritirare queste manovre palesemente finanziarie e modificarle in maniera tale da rendere solido il tessuto industriale di Telecom e soprattutto di garantire l'occupazione in azienda ed è proprio per questo motivo che diligentemente il coordinamento nazionale CGIL Telecom ha valutato e dato mandato alla Segreteria Nazionale di intervenire prima di tutto con i colleghi delle altre sigle sindacali ( per noi rimanere uniti è un valore ) per iniziative unitarie e di aprire ,dopo, le procedure di raffreddamento ( atti di legge prima dello sciopero ).

Queste prime informazioni/riflessioni ci devono servire per valutare attentamente di come sarà dura questa battaglia, e che servirà l'aiuto e la partecipazione di tutti. Sciolto il nodo della unitarietà della vertenza sicuramente organizzeremo anche sui territorio non solo assemblee ma iniziative di lotte adeguate a supporto della vertenza nazionale. Ovviamente queste poche parole non sono esaustive data la delicatezza del momento, a breve cercherò di darvi altre informazioni.

"Svegliamoci, è l'ora di fare qualcosa di grande per tutti noi"

Davide Foti

RSU Nazionale SLC Cgil

27 aprile 2010

Telecom: Nota SLC Prime analisi sul Piano industriale 2010-2012 di Telecom Italia

Prime analisi sul Piano industriale 2010-2012 di Telecom Italia
Quelle che seguono sono alcune prime analisi e prime valutazioni alla luce tanto dei testi presentati alle OO.SS. il 19 Aprile u.s. che soprattutto dei documenti ufficiali presentati da Telecom Italia alla comunità industriale e finanziaria.

Il quadro del 2009 rispetto al 2008
Il cash flow è aumentato di 660 milioni (pesando però l’operazione di anticipo di quota della vendita Hansenet, più l’emissione di un nuovo bond per 4 miliardi circa che ha sterilizzato parte degli interessi).
L’Ebitda è diminuito del 2,1% (il consolidato è pari a 10,1 miliardi); sono stati fatti 0,9 miliardi di risparmi; l’Ebitda di Tim Brasil è cresciuto del 9,6% a 1,289 miliardi; la cessione di Hansenet ha prodotto entrate straordinarie per 0,9 miliardi.
L’utile netto è stato di 1,581 miliardi (681 milioni se scorporiamo la vendita dl Hansenet; 550 se scorporiamo l’utile di Tim Brasil).
Il debito si è ridotto di meno di 600 milioni.
Se si considera che la composizione azionaria di Telecom Italia è fatta per:
13.380.670.771 azioni ordinarie per un dividendo 2010 di circa 669 milioni;
6.026.120.661 azioni risparmio per un dividendo di 361 milioni;
e al netto delle azioni possedute da Telecom Italia Finance e Telecom Italia (124.544.373 detenute da T.I Finanze e 1.272.014 da T.I) il dividendo complessivo produrrà un’uscita di circa 850 milioni.
Ogni ulteriore dividendo – alle condizioni date – brucerà quindi cassa e farà aumentare il debito (da qui la totale impossibilità di garantire dividendi ulteriori e di ridurre il debito agendo sui ricavi!)
In relazione ad un sommario quadro relativo ai parametri di efficienza segnaliamo che:
- la CSI è passata dal 2008 al 1° trimestre 2010 da 7,05 punti a 7,56; Continua....

25 aprile 2010

Telecom Italia: Iniziative per la situazione Telecom a tutela dei livelli occupazionali

Interrogazione a risposta scritta

Numero: 406867

Luisa Bossa

21-04-2010

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:

in data 4 marzo 2010, Telecom Italia dichiara di voler trasferire il proprio ramo di azienda rappresentato dalla funzione «IT Operation», attiva nell'ambito della direzione technology & Operations/Information technology, alla società Shared service Center (SSC);

la Shared Service Center srl è nata nel 2003 dall'unione delle strutture IT di Pirelli, Telecol Italia, TIM e Olivetti, specializzandosi nella gestione dei sistemi ERP, SAP in particolare;

la SSC è attualmente una società a responsabilità limitata che è stata oggetto, nei mesi scorsi, di un lungo braccio di ferro tra azienda e sindacato per la sua vendita;

la Shared service Center (Ssc), società satellite fortemente indebitata, che nel 2008 ha dichiarato una perdita pari a circa 60 milioni di euro, avrà il compito, dichiarato nel verbale che l'azienda ha consegnato ai sindacati, di «avviare tutte le iniziative di razionalizzazione dei costi industriali, compreso l'efficientamento dell'organico in forza, al fine di conseguire i livelli di competitività necessari»;

il passaggio investe circa 2150 lavoratori distribuiti in diverse sedi dislocate sul territorio nazionale, tra cui Roma, Napoli, Bari;

il timore di sindacati e lavoratori è che l'esternalizzazione del ramo dell'information technology non sia che il primo passo verso una drastica riduzione dei posti di lavoro, visti, i ripetuti tagli praticati da Telecom negli ultimi anni nella misura di 5mila mobilità nel 2008, oltre 1.400 lavoratori messi in contratto di solidarietà nel 2009 e ulteriori 4mila tagli nel 2009;

la preoccupazione sull'operazione è aggravata dai risvolti di carattere legale, aziendale e sociale prodotti dalla politica di outsourcing attuata da Telecom Italia negli ultimi anni; dal 2000 al 2006, infatti, Telecom Italia ha ceduto 15 rami d'azienda con circa 2700 lavoratori. Le attività esternalizzate sono riconducibili a svariate funzioni: gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare; fatturazione bollette telefoniche; gestione autoparco; amministrazione del personale; manutenzione hardware e software; gestione logistica; gestione delle polizze sinistri; gestione protocollo, posta ed archivi cartacei; manutenzioni e servizi ambientali; gestione servizi di sicurezza; gestione servizi radio marittimi -:

se il Governo intenda assumere iniziative volte a monitorare la situazione di cui in premessa a tutela dei livelli occupazionali per evitare che altre migliaia di lavoratori possano trovarsi in situazioni precarie o peggio ancora di perdita del posto di lavoro.

22 aprile 2010

Call center a un punto di non ritorno?

Economia

Di Ignazio Dessì

A volte rappresentano l’ultima spiaggia, l’approdo dove pescare uno stipendio altrimenti introvabile. Ma i call center hanno portato, sia pure con modalità talvolta discutibili, sollievo a territori afflitti da storiche sofferenze occupazionali. Il loro modello sembra però in crisi, stritolato da violenti ribassi negli appalti, avvelenato da sfruttamento degli addetti, spinte alla delocalizzazione, ricatti occupazionali e dichiarazioni di fallimento. I casi più eclatanti sono quelli di Phonemedia e Omnia Network, con migliaia di lavoratori senza retribuzione e in bilico sul precipizio della disoccupazione, ma emergono nuove ombre e il sindacato è preoccupato. Per Emilio Miceli, segretario nazionale della Slc-Cgil, si rischia di “arrivare a un punto di non ritorno” se non si trasforma quella del settore in “vera attività industriale”.

“Ci sono difficoltà in tutti gli outsourcer, sia tra quelli solidissimi che – ovviamente - tra quelli deboli, con il rischio che ai casi citati ne seguano altri, con un effetto catastrofico sul comparto”, spiega il leader sindacale. Troppi sono ancora i casi di lavoratori costretti a operare in locali angusti, senza contributi e, spesso, senza stipendio. Mentre l’andazzo generale mette in difficoltà anche i “virtuosi” che applicano contratti regolari e offrono servizi di qualità. Una quindicina, secondo fonti sindacali, sulle 50 società presenti sul mercato italiano con oltre 50 mila addetti.


Miceli: "Un punto di equilibrio per evitare il tracollo" - Alcuni imprenditori dei call center si sono buttati sul settore per fare soldi in fretta e, quando le cose hanno cominciato ad andar male, hanno chiuso i battenti, lasciandosi dietro macerie e disoccupazione. Adesso è necessario “stabilire un punto di equilibrio per evitare il tracollo”. Il primo requisito, per il segretario del SLC, è però che “l’abbassamento violento dei prezzi” nelle gare d’appalto non conduca a “condizioni di dumping o a lavoro sottocosto”. Per questo servono regole certe, altrimenti – afferma Miceli - sarà “una frana per la qualità dei servizi, per i lavoratori ma anche per le imprese”.


Ferlinghetti e Di Cola: serve un patto - Sulla stessa scia il segretario nazionale della Fistel-Cisl Tomasino Ferlinghetti, e quello generale della Uilcom Bruno Di Cola.”Diciamo che in linea di massima la bomba è esplosa con Phonemedia e Omnia, per colpa di protagonisti dotati di poca etica industriale, Altri call center vanno però avanti nonostante la corsa al ribasso”, spiega il responsabile sindacale. “La crisi ha toccato le telecomunicazioni e le imprese intervengono sui costi cercando di ricontrattare i contenuti con le aziende di outsourcing - incalza Di Cola - ma a certe condizioni si possono prevenire molti danni". Bisogna mettere mano al settore, stringere un patto tra aziende, sindacati, ministero del lavoro, e dotarsi di regole precise, cercando magari di “intervenire sull’Irap”, visto che in questa tipologia aziendale, il lavoro incide per il 75% sui costi industriali. Altrimenti secondo i tre leader sindacali, dopo aver imposto la stabilizzazione di 50 mila persone con la circolare Damiano, “rischiamo di mandarne a casa 200 mila”. Si deve “intervenire – sottolinea Di Cola –perché, al di là di tutto, nei call center i giovani hanno ancora possibilità di inserimento e possono guardare nel frattempo ad altri campi”. Ma ci sono altre realtà pronte ad esplodere? “Pericoli ce ne sono – conferma Ferlinghetti - perché anche i grossi committenti, da Vodafone a Telecom, hanno giocato al ribasso”.


Indispensabile il rinnovo degli incentivi - Quelli dei Call Center sono posti di sovente esposti alla precarietà. Al Sud hanno spesso trovato però stabilizzazione in virtù delle agevolazioni concesse dallo Stato. Ma cosa accadrà se – come evidenzia Miceli – gli “incentivi in scadenza non saranno rinnovati?” La situazione potrebbe divenire drammatica e si rischierebbe di causare una frana disastrosa. E’ indispensabile quindi rinnovare gli incentivi, favorendo le aziende “virtuose” e agevolando il passaggio dei lavoratori espulsi dalle cosiddette imprese riders in modo da offrire loro un contratto serio”.


Nel Mezzogiorno ci sono in linea di massima le condizioni più delicate. Avendo barattato l’assunzione a tempo indeterminato con i benefici fiscali e altro, le aziende sostengono spesso costi più alti e con margini di guadagno più risicati, perché il valore delle commesse si è abbassato. “Così ora – nota Ferlinghetti - finita la manna in Calabria, Puglia e Campania, molti potrebbero chiudere e spostarsi altrove". Comportamento senza etica né responsabilità, ma non infrequente. "Io comunque vedo il bicchiere mezzo pieno, nonostante le difficoltà – confessa il segretario della Fistel Cisl – a patto di rimboccarsi tutti le maniche per venirne fuori”.


Escludere chi non rispetta le regole - Nel rispetto della legalità, ovviamente. “Chi fa gli appalti – precisa al proposito Di Cola – è ovvio voglia guadagnare, ma se si va al ribasso senza regole, se si consente alle aziende che non rispettano le norme di partecipare alle gare, non c’è storia: siamo alla legge della giungla". Per questo il sindacato chiede un tavolo per trovare soluzioni, perché se le parti dialogano con senso di responsabilità, "e il ministero fa i provvedimenti necessari, prevedendo anche ammortizzatori sociali in deroga per superare i momenti di crisi", questo difficile momento "si può governare". Nessuno del resto può parlare di assistenzialismo, visto che "certi interventi vengono fatti anche in altri settori". Senza contare che gli incentivi che hanno sostenuto i call center ci sono stati sia al Sud che (al 50%) al Nord. Nel Mezzogiorno in modo particolare, si tratta tuttavia di rinnovarli per “superare la nottata”, salvaguardando i posti di lavoro. Poi si vedrà. “Altrimenti si rischia di mettere fuori dal mercato decine di imprese e decine di migliaia di lavoratori”, chiarisce Miceli. Un prezzo che l’Italia, in questo momento, non può certo permettersi di pagare.


Impedire ai filibustieri di lucrare - Senza dimenticare, in ogni caso, di impedire ai filibustieri di turno di lucrare sulla pelle dei lavoratori, arraffando i soldi pubblici. "Com'è successo in casi anche recenti – fa notare Bruno Di Cola - quando pretesi imprenditori hanno comprato le aziende, sono andati al Sud per intascare i contributi e poi hanno smobilitato in gran fretta". Bisogna, insomma, vigilare e far rispettare le regole, per guardare al futuro dei call center con ottimismo.


21 aprile 2010

Slc Cgil Nazionale: Comunicato del 21 aprile su Piano Industriale Telecom

COMUNICATO

Roma, 21 aprile 2010

Nella giornata di lunedì 19/4/2010, si è tenuto un incontro tra Telecom Italia e le Segreterie Nazionali SLC-CGIL, FISTeL- CISL e UILCOM-UIL congiuntamente alle Segreterie Confederali di CGIL, CISL e UIL per un’illustrazione del piano industriale 2010/2012.

In premessa Telecom Italia ha spiegato che in coerenza con le prassi in essere già da qualche anno siamo in presenza di un aggiornamento annuale dei precedenti Piani Industriali del 2008/2010 e 2009/2011, ribadendo la persistenza di uno scenario macroeconomico che vede l’Italia con una crescita più bassa della media dell’Europa occidentale pari ad un P.I.L. al 1,4 nel triennio 2010/2012 (Italia 1,1), ed una riduzione dei ricavi sui servizi voce fissa.

In una fase congiunturale come quella che l’economia ha vissuto nell’ultimo anno, sempre secondo Telecom Italia, i gestori di telefonia mobile come TIM, che si caratterizzavano con un posizionamento delle tariffe medio alte, sono stati fortemente penalizzati dalla crisi del mercato.

L’eccesso di capacità produttiva, lo scenario competitivo che sta fortemente mutando con l’avvento di nuovi competitori (vedi google) che si avvalgono di piccole strutture di costo pur raggiungendo quote considerevoli di fatturato, sarebbero gli ulteriori elementi dello scenario attuale, di fronte ai quali la priorità del gruppo è rappresentato dal mantenimento dei margini.

In sostanza Telecom ha presentato un progetto che prevede nell’arco del triennio una serie di razionalizzazioni che ammontano a circa 1,8 MLD distribuito su tutte le aree dell’azienda, una riduzione del cash flow ed una posizione finanziaria netta che porterebbe il debito netto nel 2012 a circa 28 MLD con una riduzione di 5 MLD di euro rispetto all’attuale, ribadendo inoltre che il processo di efficentamento previsto per il personale ammonta a 0,4 MLD e si concretizza in un residuo di eccedenze dei precedenti piani pari a 2300 lavoratori ed un’ulteriore eccedenza di 4522 unità nel periodo 2010/2012 per un totale di 6822 lavoratori.


SLC-CGIL, unitamente alla confederazione, ha espresso un giudizio complessivo fortemente negativo nei confronti di un piano che:

• Sul piano occupazionale prevede ulteriori 6822 esuberi, senza considerare quelli già effettuati negli scorsi anni e quelli preannunciati per la parte informatica ed ancora non quantificati.

• Riduce fortemente gli investimenti.

• Prevede solo ulteriori dismissioni (tranne che per il Brasile), prefigurando il ruolo di Telecom Italia sempre più lontano da quello di un grande operatore internazionale, ruolo ormai sempre più necessario per competere con gli altri grandi concorrenti presenti sul mercato.


Inoltre la forte perplessità sul raggiungimento di un obbiettivo così ambizioso come quello della riduzione del debito, unitamente al mantenimento del dividendo per gli azionisti ed agli ulteriori tagli preannunciati prefigurano ancora una volta uno scenario nel quale i soli a pagare scelte industriali sbagliate, secondo Telecom Italia, dovranno essere ancora una volta i lavoratori.

Come SLC ricordiamo inoltre che sono ancora tutti aperti i temi riguardanti i contratti di solidarietà in ambito Directory Assistance, le delocalizzazioni di quote di lavoro sempre più consistenti in ambito 119, lo scenario confuso in cui sta avvenendo lo scorporo di IT Operation, la questione ormai vergognosa legata alla sorte dei lavoratori ex TILS oramai quasi da un anno senza lavoro e, non ultimo, il rapporto con gli outsourcers (vedi il rinnovo dei contratti con le aziende esternalizzate ex Telecom) che, in nome di principi esclusivamente ragionieristici, continua a produrre esuberi direttamente imputabili a Telecom Italia anche in quelle aziende.

Per tutti questi motivi SLC-CGIL conferma il suo giudizio nettamente negativo nel merito del piano industriale ed auspica il rafforzamento dell’iniziativa unitaria per contrastare un disegno assolutamente penalizzante per l’azienda e per i lavoratori.

Riteniamo che Telecom Italia sia ancora e debba rimanere un valore per tutto il paese ed una vertenza che ancora una volta preannuncia solo ulteriori riduzioni di personale, taglio degli investimenti e riduzione del perimetro debba vedere coinvolti tutti i soggetti responsabili: azienda, istituzioni, governo e parti sociali.

Oggi è in discussione se debba o no avere un futuro la Telecom.

LA SEGRETERIA NAZIONALE