Nei giorni scorsi abbiamo appreso l’intenzione del Governo di cedere ai privati, entro l’anno, una quota di partecipazione in Poste Italiane di circa il 30-40%.
Occorre grande attenzione quando si avviano processi di privatizzazione anche in casi come questo dove comunque la parte pubblica rimarrebbe largamente maggioritaria: questo ha la sua importanza, assunta la peculiarità di “servizio pubblico” svolto da Poste. Tuttavia i dubbi si infittiscono se consideriamo almeno due dati. Il primo riguarda la qualità imprenditoriale di quei soggetti privati che si sono misurati con la privatizzazione di asset strategici per il sistema paese; il secondo attiene alla considerazione che il progetto di parziale privatizzazione di Poste sia ispirato – ancora una volta – alla necessità di “fare cassa” e non ad una visione strategica che, invece, questa azienda deve avere. Poiché abbiamo sotto gli occhi tutta intera la vicenda Telecom, sappiamo con quali criteri sia stata fatta la sua privatizzazione; sappiamo che il privato ha fatto infinitamente peggio di quanto non abbia fatto il pubblico; sappiamo che proprio questo Governo e questo Presidente del Consiglio siano rei di una colpevole latitanza (non sapremmo dire anche quanto disinteressata) su una vicenda che, con ogni probabilità, porterà all’impoverimento di una azienda che è stata all’avanguardia a livello mondiale. Sappiamo, cioè, che questo è un paese incapace non solo di sviluppare, ma nemmeno semplicemente di tutelare le proprie eccellenze e ciò per via di una combinazione micidiale tra una politica miope coi pensieri cortissimi e “grandi” imprenditori privati con mani lunghissime.
Poste Italiane, privatizzazione del 30-40%. Catricalà: “In Borsa entro l’anno”
Poste Italiane verrà in parte privatizzata e sarà quotata in Borsa entro il 2014: l’annuncio arriva dalvice ministro allo Sviluppo economico con delega alle telecomunicazioni, Antonio Catricalà, che precisa: “Passerà ai privati il 30-40% del gruppo e la maggioranza resterà allo Stato. Spetterà al ministero dell’Economia decidere come ripartire le quote. Ma per l’ex garante della concorrenza sarebbe “opportuno” un coinvolgimento dei dipendenti nella privatizzazione.
Catricalà avverte che “Poste Italiane è un asset di cui lo Stato non potrà assolutamente perdere il controllo. E’ stato importante decidere di non fare uno spezzatino. Si tratta di privatizzare una quota variabile dal 30 al 40%. Soprattutto è importante la scelta del Governo di non fare uno spezzatino cioè di non vendere un asset che avrebbe poi lasciato probabilmente scoperta qualche esigenza finanziaria. Con questo percorso, rimane l’azienda nella sua interezza con il controllo completo dello Stato, solo che una quota viene privatizzata e questo consentirà di iniziare quel percorso virtuoso di cui ha parlato il presidente Letta per la riduzione del debito Paese”.
La privatizzazione parziale di Poste Italiane rientra nel piano del governo Letta di “valorizzare” diverse società a partecipazione statale, come Fincantieri, Terna e Snam.