
Editore: Slc Cgil Catania - Direzione: Salvo Moschetto


- COMUNICATO SINDACALE -
Il giorno 26 gennaio 2012, c/o Assolombarda di Milano, si sono incontrate le Segreterie Nazionali e Territoriali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, il Coordinamento Nazionale delle RSU a seguito convocazione di BT Italia, per riprendere le relazioni industriali con l’azienda dopo l’ultimo incontro dell’ottobre scorso.
Si è appreso, invece, della continua necessità da parte di BT Italia di una forte riduzione dei costi e di programmare “chiusure collettive” entro la chiusura dell’anno fiscale (31 marzo 2012) utili a far cassa e creare le condizioni economiche per un Premio di Risultato ponte per l’anno 2012-2013 vista la scadenza del II livello e accertata l’indisponibilità ad una ripresa della piattaforma di II livello dichiarata l’anno scorso dalla dirigenza aziendale.
Più volte le OO.SS. hanno dichiarato, con senso di responsabilità, la volontà di trovare insieme forme diverse a tutela dei livelli occupazionali denunciando BT Italia di poca attenzione al capitale umano. Più volte sono stati denunciati gli sprechi e le ingiustizie presenti in azienda.
Già il precedente comunicato (6 dicembre 2011) esprimeva una posizione chiara delle OO.SS. e chiedeva a gran voce una ripresa delle trattative, richiamando ognuno dei protagonisti ad assumersi il proprio ruolo e le proprie responsabilità, per dare risposte e garanzia di futuro per i lavoratori e le lavoratrici di BT Italia.
Abbiamo quindi detto NO! NO ad un “cambio merce” alla pari che trasforma le ferie usufruite in PdR, NO al loro utilizzo per chi non ne ha, NO all’uso delle stesse maturate oltre il 2011, NO ad un accordo che non garantisca la ripresa delle tematiche ancora aperte, ivi compresa la presentazione dei Piani Industriali dell’azienda, del suo andamento e del suo posizionamento in Italia.
Vogliamo una discussione trasparente, corretta e aperta che porti a soluzioni condivise e che rispetti quanto sino ad ora realizzato e come già dichiarato “occorre serietà e voglia di fare”.
Solleciteremo BT Italia, dopo aver condiviso con tutti i lavoratori e le lavoratrici di quanto accaduto, ad una ripresa del tavolo negoziale. Nei prossimi giorni, informeremo e condivideremo soluzioni alternative perché questo avvenga, organizzando iniziative e vigilando sui comportamenti aziendali. Chiediamo a tutti la massima partecipazione!
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL

Guglielmo Epifani
Il confronto tra governo e parti sociali sul riordino del mercato del lavoro è oggetto di forti pressioni da parte dei due principali giornali del Paese. L’editoriale di ieri del «Corriere della sera» invitava il governo a procedere speditamente per non dare l'impressione di usare due pesi e due misure nei confronti delle costituency sociali di centrodestra e centrosinistra.
L’abolizione della cassa integrazione e il superamento dell’articolo 18, insomma, dovrebbero riequilibrare gli interventi sulle liberalizzazioni.
Si tratta evidentemente di una tesi senza capo né coda: infatti I durissimi interventi sulle pensioni come e dove andrebbero collocati?
E l’inopinato aumento delle accise sui carburanti con il conseguente effetto sull’inflazione? E come si può pensare di fare un confronto prescindendo dal merito e dal rapporto che questo ha con la condizione dell’occupazione, su cui la crisi continua a incidere, o con l’assenza confermata dal governo delle risorse necessarie per una profonda riforma che allarghi le tutele e non le riduca?
Ma anche Eugenio Scalfari su Repubblica ha ripreso ieri il tema della responsabilità del sindacato in occasione delle più gravi crisi del Paese, invitando la Cgil e le altre confederazioni a fare anche adesso la loro parte e a sostenere lo sforzo del governo. L’esortazione di Scalfari è comprensibile, ma meno convincente è mettere assieme stagioni politiche e sociali tanto diverse e soprattutto non affrontare i temi di merito e la natura delle questioni che possono dividere sindacati e governo.
Entrambi gli articoli in realtà sono figli di una medesima preoccupazione ma rimuovono il merito, mentre sarà proprio questo a segnare l’esito del confronto, tanto più necessario in quanto non è la concessione a un rito nostalgico o alla difesa di interessi corporativi, bensì il rispetto che si deve a chi da tre anni, giorno dopo giorno, è impegnato a governare crisi, ristrutturazioni e licenziamenti.
C'è infatti una grande distanza tra gli schemi astratti e la realtà che si vive.
Ad esempio: superare la cassa straordinaria in questa crisi vuol dire licenziare centinaia di migliaia di lavoratori. Si vuole questo? Si abbia il coraggio di dirlo. Non lo si vuole? Allora si discuta.
La stessa questione della precarietà che va sradicata deve partire dal superamento delle 46 forme e tipologie di contratti oggi esistenti e dai differenziali di costo che rendono troppo conveniente il loro uso. In sostanza bisogna affrontare I punti di merito del documento unitario Cgil, Cisl, Uil e poi lavorare per trovare le soluzioni condivise.
Circola una strana teoria del tabù. Può qualcuno spiegare perché, a proposito diesperienze europee, nessuno mai fa riferimento al modellotedesco (che nella crisi ha persomeno lavoro e tiene i lavoratori in azienda, riducendo gli oraridi lavoro con lo Stato cheintegra le retribuzioni)?
E ancora: se si aumenta l’età di permanenza al lavoro, quandosi affronta il tema della seniority e cioè delle nuove tutele e possibilità dei lavoratori ultrasessantenni per evitare che le aziende li mettano fuori dall’organizzazione produttiva?
E quando si parla di mobilità a cosa ci si riferisce? Ai licenziamenti? Alla mobilità di un lavoratore sardo o siciliano?
A una presunta rigidità del lavoro italiano, magari a causa dell'articolo 18? Perché, se fosse così, è evidente la clamorosa inversione tra cause ed effetti nel leggere la situazione produttiva e sociale italiana.
Altri sono i temi da affrontare più utilmente: la formazione, la formazione permanente, l’apprendistato per i giovani e I contratti di inserimento per le persone svantaggiate, la flessibilità nell’organizzazione del lavoro. Tutti temi che possono far crescere la produttività aziendale insieme con gli investimenti e l’innovazione di prodotto.
Il governo ha di fronte a sé due strade: aprire un confronto vero, ascoltare le ragioni di chi giorno dopo giorno si sforza di governare gli effetti di una crisi devastante, ricercare le migliori soluzioni che su questa material sono quelle condivise; oppure procedere secondo le proprie convinzioni, magari dopo una serie di incontri rituali. In queste ultime settimane il Paese è stato attraversato da tanti e complessi movimenti di protesta, molti dei quali tuttora in corso. L’Italia non ha bisogno di altre divisioni e conflitti, semmai di coesione e giustizia nei sacrifici. Ci vuole perciò responsabilità e misura anche in questa occasione e in questo confronto. Anche perché una divisione sociale più profonda non lascerebbe inalterato lo stesso quadro politico.
L'Unità 30 Gennaio 2012

Il Decreto Semplificazioni affronta il nodo del digital divide e dell'accesso trasparente ai dati
Ecco quindi i quattro punti fondamentali del progetto, come riporta il documento ufficiale:
* Banda larga: la costituzione di una cabina di regia per lo sviluppo della banda larga e ultra-larga. Ancora oggi, il 5,6 % della popolazione, pari a 3,5 milioni di italiani si trovano in condizione di divario digitale e più di 3000 località soffrono un deficit infrastrutturale che rende più complessa la vita dei cittadini.
* Open Data: apertura all'ingresso dell’open data, ossia la diffusione in rete dei dati in possesso delle amministrazioni, nell'ottica della totale trasparenza.
* Cloud: utilizzo del cloud, ovvero la dematerializzazione e condivisione dei dati tra le pubbliche amministrazioni.
* Smart Communities: gli incentivi alle smart communities, gli spazi virtuali in cui i cittadini possono scambiare opinioni, discutere dei problemi e, soprattutto, stimolare soluzioni condivise.
"Con il decreto semplificazione, lo sviluppo dell'economia digitale è finalmente entrato anche in Italia a far parte delle priorità dell’agenda di governo", ha dichiarato il presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi. "L'istituzione di una cabina di regia per l'attuazione dell’agenda digitale posta in capo ai massimi responsabili della politica nazionale di sviluppo e modernizzazione del Paese, lo snellimento burocratico, l'obbligo di switch-off verso il digitale di una serie di transazioni aprono concretamente la strada a una stagione di cambiamenti per l'Italia imperniata sulla valorizzazione delle tecnologie digitali e del web come chiave strategica per affrontare i problemi di crescita, competitività e produttività".
di Giuseppe Portonera:
In Italia c’è un ostacolo enorme al libero sviluppo di Internet: un divario che è infrastrutturale, economico e culturale. Infrastrutturale, perché chi vorrebbe accedere a Internet non può per l’assenza della banda larga. Economico, perché quasi il 20% delle famiglie che non ha accesso a Internet trova troppo costoso il computer o l’accesso a Internet, o entrambe le cose. Culturale, perché il 23% di chi non accede a Internet la considera inutile e non interessante, mentre il 41% vorrebbe accedere, ma non ritiene di averne le capacità. Ecco a cosa serve un’Agenda Digitale. Bisogna colmare il digital device italiano creando una nuova e diffusa consapevolezza (o meglio ancora, un vero e proprio processo di alfabetizzazione) nel Paese che Internet migliora la qualità della nostra vita e il fatto che nel Decreto Semplificazioni sia stato inserito questo riferimento è già un’ottima notizia. Nel decreto sono già inserite importante novità: dal finanziamento delle infrastrutture per la banda larga e ultra-larga (in Italia ci sono 5,6 milioni di cittadini che soffrono di gravi disagi a causa del “divario digitale”); dalla condivisione attraverso la rete dei dati in possesso delle istituzioni pubbliche, per garantire la piena trasparenza nei confronti dei cittadini e la sburocratizzazione delle pratiche (visto che i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni saranno condivisi al loro interno, senza bisogno di inutili duplicazioni); dalla creazione di spazi virtuali sul web in cui i cittadini possono scambiare opinioni, discutere dei problemi e stimolare soluzioni condivise con la pubblica amministrazione; dall’incentivazione dell’e-commerce e delle transazioni finanziarie sul Web.

"Un protagonista della Costituente e strenuo difensore dei valori della Carta Costituzionale per tutta la sua vita”. Così la CGIL ricorda con affetto e commozione la figura del Presidente Scalfaro, nel giorno della sua scomparsa.
“Con la sua Presidenza, nel comitato 'Salviamo la Costituzione - si legge in una nota della CGIL - abbiamo partecipato alla campagna referendaria del 2006 per difendere i principi della nostra Carta, che lui aveva contribuito a realizzare. In quella occasione lo abbiamo potuto conoscere più da vicino e abbiamo imparato ad apprezzare il rigore ideale, ma anche le sue profonde doti di umanità e limpidezza che lo hanno reso così caro a tutti noi e ai tanti giovani che ha conquistato all'amore per la Carta con i suoi discorsi e i suoi insegnamenti”.
La CGIL esprime infinita riconoscenza al Presidente Oscar Luigi Scalfaro “per aver dedicato un'intera vita alla difesa e alla promozione dei valori sanciti nella nostra Carta Costituzionale, fin dalle sue origini, come componente dell'Assemblea Costituente, come Presidente della Repubblica, nella sua quotidiana attività da senatore e come presidente dell'Associazione Salviamo la Costituzione”. Conclude la nota.

Niente abolizione del valore legale della laurea: al suo posto, invece, qualche correttivo sul peso dei voti nei concorsi pubblici e un impegno generico ad un dibattito pubblico su un tema “delicato”. Il governo di Mario Monti, su lauree e concorsi, fa retromarcia. Troppo forte, forse, la pressione incrociata di rettori, baroni e studenti. O forse, come dice il presidente del Consiglio, troppo “delicata” la materia per affrontarla con il machete di un decreto legge.
Rimane il fatto che si era partiti con un obiettivo ambizioso, quello di abolire il valore legale della laurea e che si approda a molto meno. Significava, o meglio, avrebbe significato, come ha scritto su BlitzQuotidiano Lucio Fero, che le lauree avrebbero smesso di essere “tutte uguali”. A cambiare, soprattutto, sarebbero stati i criteri di selezione nei concorsi pubblici e il peso specifico delle singole università.
Non si trattava, ovviamente, di un dettaglio. Presentandosi ad un concorso pubblico, invece che il titolo di studio acquisito avrebbe finito per contare di più l’esame. Con la retromarcia del governo Monti, osserva invece Fero, si rimane nell’ambito del primato del titolo acquisito. Perché? Perché “il “titolo” rassicura, in fondo è alla portata di tutti. Il “titolo” protegge, sotto la copertura dei “titoli” tutti i laureati sono uguali. L’esame invece è rischio, impegno, selezione. Non sia mai: le fabbriche e le maestranze del “pezzo di carta”, gli aspiranti alla “patente” e i vigili urbani del traffico contingentato delle professioni vigilano perché nessun esame abbia mai il potere sfrontato di vedere e mostrare quanto vale il pezzo di carta chiamato laurea”.
Così, quella che era partita come una sostanziale rivoluzione delle abitudini culturali e di selezione del nostro Paese, al primo vaglio si sgonfia. Dell’abolizione del valore legale resta un impegno generico, quello preso da Monti, ad un dibattito pubblico sul tema. Viste le premesse (il presidente del Consiglio parte da una citazione di Luigi Einaudi), la sensazione che la rivoluzione possa perdersi sotto la sabbia è più che concreta.
Monti, nell’annunciare il dietrofront, ha sottolineato come la questione del valore legale del titolo di studio ”sia un problema annoso per gli italiani. E’ un tema discusso dai tempi di Einaudi – ha osservato – che nel 1947 pubblicò uno scritto dal titolo ‘la vanita’ dei titoli di studiò e poi, nel 1955, un altro dal titolo ‘per l’abolizione del valore legale del titolo di studio”’.
Monti ha sottolineato quindi che si tratta ”di un dibattito sempre ravvivato” nel tempo e che il governo ha voluto ”affrontare con l’animo sgombro da ideologie”. Ciononostante, vista la “delicatezza dell’argomento”, il tema è stato posto al di fuori del decreto per le semplificazioni.
Cosa rimane allora nel decreto? Qualcosa di diverso, in termini di lauree e concorsi c’è. Il peso del voto di laurea, ad esempio perde peso. Fino ad oggi, infatti, per accedere ad alcuni concorsi bisognava avere una valutazione minima. Oggi almeno il voto finisce per contare meno. In attesa che dal “dibattito pubblico” esca qualcosa di definito e definitivo sul valore legale della laurea.

Nella giornata del 26 gennaio 2012 le OO.SS. e le Relazioni Sindacali della Rai hanno firmato il Verbale dell’incontro del 18 gennaio con la D.G. Lorenza Lei.
Le OO.SS. hanno ottenuto di rimettere in discussione quanto deliberato dal C.d.A. e detto Piano di Risanamento Economico.
La forte pressione esercitata dai Lavoratori e dai loro Rappresentanti ha indotto la D.G. ad aprire un tavolo di confronto che il 1° febbraio si concretizzerà con la consegna delle Delibere, la discussione nel merito e l’inizio delle trattative sulle compatibilità economiche per il rinnovo del CCNL.
Per rendere il confronto realmente costruttivo le OO.SS. hanno ottenuto che, per i 30 giorni successivi all’inizio della trattativa, l’Azienda non adotti provvedimenti operativi finalizzati alla attuazione delle Delibere contestate, questo per non compromettere la possibilità di intraprendere soluzioni alternative.
Il 1° febbraio quindi ci sarà la verifica per capire se le aperture della D.G. sui temi delle delibere, ma per ora solo scritte su un verbale, saranno reali. Le OO.SS. si attendono un confronto duro ma franco, altrimenti riprenderanno le azioni di contrasto ( prima fra tutte il referendum di sfiducia dei vertici aziendali) a una politica sconsiderata del management, a una ricerca spasmodica di risorse operata solo attraverso i tagli, mai con la dovuta serietà di mettersi in discussione con scelte alternative.
Registriamo inoltre che, mentre la Dott.ssa Lei ha dichiarato al tavolo con i Sindacati che Rai Way è patrimonio strategico della RAI considerate anche le ingenti risorse investite per la digitalizzazione (500 milioni di euro a fine Swich-off), spingendosi a chiedere alle OO.SS. una pressione comune sulla politica affinché si esprima negativamente sulla vendita delle torri ponti, sulla stampa è ieri uscita la notizia (non smentita dalla Rai) che “le banche riaprono il Dossier Rai Way – torna d’attualità il Piano di scorporo delle antenne di Viale Mazzini”, cioè sembrano all’orizzonte palesarsi gli acquirenti dell’intera Società che per la Rai gestisce segnali e torri ponti. Di questa operazione, che sarà sicuramente oggetto della discussione che si terrà domani nel Coordinamento unitario dei rappresentanti sindacali di Rai Way, le OO.SS. il 1° febbraio chiederanno, qualora non dovesse giungere prima, formale smentita all’Azienda.
I Sindacati scriventi indicono fin d’ora per il giorno 7 febbraio un Coordinamento unitario di tutte le Rappresentanze territoriali che sarà, come il precedente, trasmesso in streaming,
Coordinamento dal quale le scriventi Segreterie Nazionali si aspettano come sempre un momento di confronto e un contributo fattivo.
Slc Cgil, Fistel Cisl, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConFsal


" La Seconda Generazione " è un'associazione culturale nata per la promozione e la sensibilizzazione all'interculturalità, vista come risorsa importante per una società odierna in cui diverse culture e diverse generazioni delle medesime culture si fondono sullo stesso territorio e tessuto socio-culturale.
L'Associazione propone iniziative culturali all'interno delle università, delle scuole e del centro cittadino e progetti lavorativi con l'aiuto di aziende territoriali.
Il principio base dell'associazione è che i ragazzi appartenenti appunto alla " seconda generazione " siano la chiave di lettura e il ponte con cui collegare non solo generazioni differenti ma anche culture diverse.

ROMA (Reuters) - L'aula della Camera ha votato la fiducia chiesta dal governo sul decreto legge Milleproroghe con 469 voti favorevoli, 74 contrari e 5 astenuti su 548 deputati presenti.
Montecitorio licenzierà martedì prossimo il provvedimento, che poi andrà all'esame del Senato per la seconda lettura.
Durante l'esame in commissione Bilancio e Affari costituzionali, partiti e governo hanno inserito due emendamenti che introducono nuove deroghe alla riforma delle pensioni contenuta nella manovra correttiva di dicembre.
Il decreto riconosce ora un regime di favore per l'accesso alla pensione nei confronti di due categorie di lavoratori: gli "esodati" e i precoci. I primi sono i lavoratori che, accettando incentivi economici dall'azienda, si sono licenziati con la prospettiva di maturare il diritto alla pensione in tempi brevi in base ai requisiti anagrafici e contributivi precedenti alla riforma voluta dal ministro del Welfare, Elsa Fornero. I secondi sono coloro che hanno iniziato a lavorare molto presto, anche prima di 18 anni.
Per quel che riguarda gli esodati, il decreto riconosce l'accesso alla pensione in base al vecchio regime a condizione che la data di licenziamento sia precedente al 31 dicembre 2011 e risulti "da elementi certi ed oggettivi". Il lavoratore deve anche aver maturato i requisiti che, "in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato il conseguimento del trattamento medesimo entro un periodo non superiore a 24 mesi" dall'entrata in vigore del nuovo regime pensionistico.
La platea di beneficiari sarà individuata "nel limite delle risorse" già iscritte a bilancio per l'altra principale deroga alla riforma delle pensioni prevista in manovra, quella che riguarda i lavoratori posti in mobilità prima del 4 dicembre 2011.
In base all'articolo 24 della manovra, la copertura ammonta a 240 milioni di euro per il 2013, a 630 milioni per il 2014, a 1,04 miliardi per il 2015, a 1,220 miliardi per il 2016, a 1,030 miliardi per il 2017, a 610 milioni di euro per il 2018 e a 300 milioni per il 2019.
Quanto ai lavoratori "precoci", il decreto elimina le penalizzazioni previste dalla riforma Fornero nei confronti dei lavoratori dipendenti che raggiungono i nuovi requisiti contributivi ma intendono ritirarsi dal lavoro prima di aver compiuto 62 anni di età.
I lavoratori dovranno aver maturato il necessario requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017 "includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni".
La copertura delle maggiori spese pensionistiche viene assicurata da un aumento delle accise sui tabacchi che verrà stabilito dai Monopoli di Stato.

Spetta ai lavoratori che non possono far valere 52 contributi settimanali negli ultimi due anni ma che:
Spetta, di regola, per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno precedente e per un massimo di 180 giornate.
Quanto spetta
Dal 1° gennaio 2008, l’indennità con requisiti ridotti è pari al 35% della retribuzione media giornaliera per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi, fino a un massimo di 180 giorni. nei limiti di un importo massimo mensile lordo di 844,06 €, elevato a 1.014,48 € per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda mensile superiore a 1.826,07 €.
La domanda
La domanda di indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, a cui vanno allegati i documenti richiesti, può essere presentata alla sede INPS competente entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui si è cessato il rapporto di lavoro.
Attenzione. I lavoratori extracomunitari, in attesa di rilascio del primo permesso di soggiorno o di rinnovo, devono presentare anche la seguente documentazione:
se in attesa di rilascio del primo permesso
se in attesa di rinnovo del permesso

Anche per chi ha almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 e la cui pensione veniva liquidata finora con il retributivo, dal 2012 le anzianità contributive saranno liquidate con il sistema contributivo. Il 31 dicembre 2011 è l’ultima scadenza pagata con il sistema retributivo. Un vantaggio per chi avrà liquidata la pensione con più di 40 anni di contributi: in questo caso, il cambio di regole della riforma senza il tetto dei 40 anni appunto, alzerà l’assegno facendo rientrare nel calcolo anche gli anni dopo il 40esimo, “ignorati” dal retributivo.
Il periodo preso in considerazione per la determinazione della retribuzione pensionabile, e la percentuale massima sulla quale calcolare l’importo della pensione, introdotti dal DPR 488/1968, hanno subito nel tempo modifiche, partendo dal 1° maggio 1968 con il 65% per arrivare dal 1° luglio 1982 all’80%. Il governo si è quindi posto la questione se al retributivo, con massimo 40 anni, si potevano aggiungere anche gli anni successivi al 31 dicembre 2011 da calcolare con il sistema contributivo, sforando quindi quelle percentuali.
Il nuovo criterio di calcolo, introdotto dall’articolo 24, comma 2, della legge 214/2011 risolve la questione. L’Inps ha diramato in proposito il messaggio 1405 che perfeziona la comunicazione e fornisce le istruzioni del caso. Riguardo ai requisiti per l’accesso alla pensione per i dipendenti, sia per quella di vecchiaia sia quella di anzianità, è sempre necessaria la cessazione del rapporto di lavoro. Requisito non previsto per gli autonomi.
Con l’abolizione delle le finestre mobili, dal 2012 le pensioni di vecchiaia e anticipate decorreranno dal mese successivo a quello di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi. Viene inoltre sottolineato che l’articolo 24, comma 6, prevede in generale 20 anni di contributi per accedere alla pensione di vecchiaia e che il requisito, oltre a quello anagrafico, sono da intendersi estesi anche alla pensione di vecchiaia contributiva dal 1° gennaio 2012.

Chi pagherà per trovare le risorse a sostegno dei lavoratori precoci, gli esodati e i troppo penalizzati dalla riforma? Non gli autonomi, visto che in Commissione il Pdl si è messo di traverso e rimesso in discussione il ritocco alle aliquote sui contributi previdenziali di artigiani, commercianti e coltivatori diretti iscritti alle relative gestioni autonome Inps. Un ritocco che a regime sarebbe stato dello 0,15% per il quale anche il ministro Fornero aveva manifestato pubblicamente tutta la sua contrarietà.
Se non gli autonomi, chi allora? Molto probabilmente toccherà ancora ai fumatori, grazie a un ulteriore aggravio sulle accise delle sigarette. Se invece verranno rispettati i criteri di equità e progressività, si potrebbe andare verso una maggiorazione del contributo di solidarietà imposto ai pensionati più ricchi, cioè a partire dagli assegni superiori ai 200 mila euro. Anche questa opzione non è gradita al Pdl, specie per l’entità della maggiorazione (che oscilla tra il 20 e il 25%). Alla copertura è stata aggiunta, sempre in Commissione alla Camera, una sorta di clausola di salvaguardia che prevede che nel caso in cui le risorse finanziarie non si rivelassero sufficienti, si potrà procedere anche con un aumento dei contributi che le imprese versano per gli ammortizzatori sociali. Ma anche questa misura vede contrario il ministero del Lavoro.
Il Pd, che ha spinto molto per garantire il salvagente previdenziale a “esodati” e “precoci”, è sospettoso riguardo allo stop al provvedimento deciso in Aula. “Non si capisce tutta questa sollevazione che rischia di essere strumentale a obiettivi politici e non di merito”, ha affermato Pier Paolo Baretta (Pd), che ha aggiunto: “Comunque per noi non ci sono pregiudiziali sulle coperture”. Secondo Giuliano Cazzola (Pdl), invece, “anziché scervellarsi a trovare una diversa copertura, dopo l’autogol sull’aumento dei contributi ai lavoratori autonomi, sarebbe meglio sopprimere la norma sostanziale poiché è corretto ed equo che sia applicata una modesta penalizzazione economica a quanti vanno in pensione anticipata prima di 62 anni di età”.
Tutto da rifare? Ricordiamo che le risorse su cui si è acceso lo scontro riguarda il provvedimento di compensazione, diciamo così, ai troppo penalizzati dalla riforma, vale a dire i lavoratori precoci (che hanno iniziato a versare i contributi in giovane età e hanno raggiunto i 40 anni di contributi prima dei 62 anni) e gli esodati. Per i primi è previsto (se si trova la copertura) di ridurre la penalizzazione sulla quota di assegno calcolata con il contributivo fissata dalla riforma all’1% per gli ultimi due anni prima dei 62 e al 2% per gli anni precedenti: ci sarà un ritocco verso il basso, una penalità meno onerosa per il pensionato. Aggiustamenti e correzioni riguarderanno gli “esodati”, coloro che a un passo dalla pensione hanno accettato gli incentivi delle aziende per uscire. L’incentivo serviva a compensare i contributi mancanti: con le nuove regole dovrebbero aspettare anche 5 anni, o comunque lunghi periodi nella terra di nessuno dei senza reddito e senza assegno previdenziale.

Da più di 7 mesi in Poste italiane, per esplicita volontà di alcune Organizzazioni Sindacali (ma la “passività” aziendale è quanto meno sospetta), sono state sospese le relazioni sindacali.
Un’era geologica! E’ come se i sindacati delle Poste fossero cosa diversa dalle proprie Confederazioni e i lavoratori delle Poste, a differenza del resto dei lavoratori italiani, non avessero il diritto di incidere concretamente sulle trasformazioni aziendali e sulle conseguenti prospettive che li riguardano.
Il riferimento è al completamento del processo di liberalizzazione dei servizi postali che è oramai inevitabile e che si è tentato di utilizzare come alibi per giustificare presunti nuovi esuberi, concentrati principalmente sul recapito.
Noi pensiamo che non possa e non debba essere così. I problemi del recapito, ma più in generale della qualità/efficienza dei servizi postali, non nascono dalla liberalizzazione (rispetto alla quale andrebbe piuttosto riaccesa la discussione sul Contratto di settore, per tutelare i lavoratori e metterli al riparo, ovunque, dai fenomeni di dumping), ma dalla mancanza di un’idea organica di sviluppo.
Persino il progetto Banca del Sud, sul quale c’era grande attenzione, ha dimostrato tutta la sua debolezza, mentre veniva confermata, di contro, la gravissima perdita d’interesse nei confronti degli asset fondamentali di Poste Italiane: i servizi postali.
Bisognerebbe investire sulla logistica, sul trasporto e sui pacchi (il cui volume cresce ovunque nel mondo), piuttosto che immaginare riduzioni di personale e tagliare i servizi (vedi Contratto di Programma stipulato col precedente Ministro Romani), o ripercorrere gli stessi errori gestionali già commessi, che ne minano profondamente la qualità (la mancanza di scorte, la non sostituzione delle lunghe assenze, il mancato rinnovo del parco macchine quale elemento di garanzia reale per la sicurezza degli addetti).
Un’altra grande preoccupazione riguarda l’idea che lo scorporo del Banco Posta, momentaneamente scongiurato, sia semplicemente rimandato. Per quanto ci riguarda l’unicità del Gruppo va mantenuta.
E’ evidente però che in attesa che le organizzazioni sindacali superino le proprie divisioni neanche l’Azienda rimane immobile! E allora ecco la gestione degli accordi e, cosa ancor più grave, l’attuazione di nuovi processi di riorganizzazione avvengono senza alcun confronto.
Questo è quanto sta accadendo anche nell’ambito di mercato privati dove l’ennesima riorganizzazione, impatta sugli orari e sulle procedure, attraverso modifiche organizzative che provocano la rivisitazione delle dotazioni organiche degli uffici, evidenziando il tentativo di fare a meno del Sindacato.
Così come è già avvenuto che l’assenza di confronto sindacale sta determinando il fallimento del CRAL.
Per non parlare di tutti gli altri argomenti, non meno urgenti, che da mesi sono rimasti in sospeso: la necessità di definire, dopo l’avvenuta erogazione dell’anticipo, l’accordo sul PDR; la verifica delle graduatorie per la mobilità; le stabilizzazioni dei precari; gli interinali (solo per citarne alcuni).
Le preoccupazioni e le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori di Poste Italiane che abbiamo provato a sintetizzare in questo documento sono anche le nostre.
Siamo convinti che la necessità di dare risposte al malessere che circola in azienda sia più importante del fatto che la SLC CGIL ha una opinione diversa sul collegato lavoro e la clausola compromissoria, motivo per cui, nonostante l’orgoglio di essere portatori di valori e di idee che ci contraddistinguono, continuiamo a ritenere che nei momenti più difficili devono essere ricercati gli elementi che uniscono piuttosto che quelli che dividono.
Vogliamo dunque rivolgere un appello alle altre OO.SS., confidando su quel senso di responsabilità messo in campo dalle nostre Confederazioni, che dopo anni di separazione, nell’interesse dei lavoratori, hanno saputo ritrovare le “ragioni dell’unità”.
Con questo spirito già ad ottobre avevamo chiesto a tutte le OO.SS. firmatarie del CCNL la condivisione del percorso per il rinnovo delle RSU, per garantire il diritto dei lavoratori ad eleggere le loro rappresentanze unitarie. Anche questo passaggio non è più rinviabile, motivo per cui, in assenza di accordo saremo costretti nostro malgrado, comunque, a procedere. Le lavoratrici e i lavoratori delle Poste non possono più aspettare.
La Segreteria Nazionale SLC CGIL

Durante l’incontro sindacale nazionale del 28 novembre 2011, Telecom aveva annunciato che, causa le note difficoltà economiche, non avrebbe dato corso, o avrebbe dato corso in forme strettamente ridotte, ai “classici” emolumenti economici individuali di fine anno (premi individuali/meritocratica).
Nel corso dell’incontro sindacale nazionale del 13 dicembre 2011, Telecom aveva ulteriormente annunciato che per problemi di budget, non avrebbe dato corso agli avanzamenti inquadramentali 3°-4°, 4°-5° e addirittura ai collocamenti al 5°S.
Su questi ultimi il Coordinamento Nazionale RSU e le Segreterie sindacali avevano dichiarato l'inammissibilità dell'intento aziendale, in quanto tali collocamenti sono il frutto di accordo sindacale tra le parti. In conseguenza della nostra azione di protesta l'azienda aveva successivamente fatto retromarcia.
Sulle rimanenti dichiarazioni aziendali, la delegazione sindacale non poteva che prendere atto al di là delle valutazioni di merito.
E' con perplessità che veniamo a conoscenza che nel mese di dicembre 2011 diversi premi individuali sono stati comunque erogati a vari livelli inquadramentali, in contraddizione alle reiterate dichiarazioni aziendali.
Perplessità che si rafforza di fronte a notizie di cene natalizie tra lavoratori di alcuni reparti, dove i responsabili hanno inteso gratificare con regali di vario genere alcuni lavoratori.
Premesso che siamo al cospetto di erogazioni economiche unilaterali aziendali (quindi non regolate da nessun accordo sindacale), riteniamo che le cifre economiche così impiegate potessero essere -diversamente e con criteri più equi - utilizzate per remunerare i lavoratori.
Soprattutto in questa fase economica che richiede sobrietà e rispetto per i sacrifici -che a parole sono chiesti a tutti ma che gravano come sempre sui lavoratori- riteniamo condannabile tale pratica, quali che siano le quantità economiche in gioco.
Sia chiaro che non abbiamo nessuna intenzione di avvalorare in qualche modo i prevedibili “mal di pancia” di chi nulla ha ricevuto, né tantomeno mettere in discussione gli eventuali meriti di chi ha beneficiato delle erogazioni, non possiamo però esimerci dal richiedere una riflessione a tutti i livelli sull’opportunità di erogare queste somme attraverso tali modalità.
Pur disponibili al confronto in merito, le nostre riflessioni non possono che partire dal fatto che Telecom ha dichiarato migliaia di esuberi, che ci sono 38 lavoratori di CEVA Logistics (ex lavoratori Telecom esternalizzati) che a febbraio 2012 saranno licenziati in quanto esuberi e per i quali non cesseremo di chiedere a gran voce a Telecom di farsene carico.
Rammentiamo che ci sono i mancati passaggi di livello di cui sopra, che se per i 5°S sono in via di risoluzione, per gli altri nutriamo tuttora forti dubbi che possano realizzarsi a breve.
Inoltre abbiamo un Premio di Risultato regolato da accordo sindacale che andrebbe economicamente rafforzato.
Insomma riteniamo ci siano tutta una serie di capitoli ben più meritevoli e nobili sui quali vale la pena concentrare le scarse risorse economiche a disposizione.
E’ una questione di equità e di giustizia sociale!
SLC-FISTel-UILCOM
RSU Telecom Italia
Emilia Romagna