30 settembre 2011

Emilio Miceli su acconto PdR Poste Italiane

Abbiamo sentito il dovere di invitare l’azienda ad erogare l’acconto per il premio di risultato perché sappiamo bene quanto incida una sua decurtazione sui bilanci familiari e sulle aspettative di vita delle lavoratrici e dei lavoratori. Per questo fine eravamo pronti a dichiarare lo sciopero, anche da soli.

Siamo anche convinti che le organizzazioni sindacali che contestano il nostro operato non rispettino le aspettative dei lavoratori preferendo, purtroppo, la via di una contestazione, a noi ed all’azienda, figlia di un mutamento dei rapporti tra questi sindacati e l’azienda stessa che nulla ha a che vedere con i bisogni immediati dei lavoratori.

La prova è che una trattativa, così come veniva immaginata dalle OO.SS. che dissentono, avrebbe comportato tempi lunghi perché, insieme all’acconto, questi ultimi avrebbero dovuto discutere anche la riorganizzazione dei Servizi Postali (ma non erano eccellenti!) e quella del cosiddetto Mercato Privati.

Insomma: un tempo lunghissimo, prima per capire cosa in effetti volessero e poi per negoziare con l’azienda.


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Lettera di Susanna Camusso (CGIL) a Repubblica

l'Europa si affaccia al tema della crescita e pone domande all'Italia dove il Governo ha prodotto manovra su manovra politiche recessive; e anche se adesso lancia annunci, bisogna constatare che piani decennali e decreti sono fuori tempo massimo e privi di risposte efficaci. Il Governo rappresenta gran parte del problema: la sua uscita di scena è condizione per recuperare credibilità sui mercati.


Nel frattempo bisogna dare una prospettiva al Paese e noi pensiamo che le risorse per il risanamento e la crescita si debbano reperire da una seria tassazione delle grandi ricchezze, dei grandi immobili e da un contributo di solidarietà sui redditi alti ed una rigorosa lotta all'evasione fiscale che non guardi in faccia a nessuno. La straordinaria partecipazione allo sciopero dello scorso 6 settembre testimonia, l'ampia condivisione di una politica di giustizia fiscale.


Confindustria non può pensare che la crescita della nostra economia possa derivare dall'allungamento dell'età pensionabile. Infatti il fondo lavoratori dipendenti è in equilibrio e non può essere intaccato per fare cassa. Soprattutto, se crescita significa occupazione, non si può allungare l'attesa dei giovani per l'ingresso al lavoro: il teorico risparmio dell'età pensionabile è in realtà un gigantesco costo che produce disoccupazione femminile e giovanile e dispersione all'estero delle intelligenze.


Parlare di crescita non significa parlare solo di Pil, ma di lavoro, di occupazione, di qualità


dei servizi, di sostenibilità ambientale. È indispensabile un piano per l'occupazione giovanile e la stabilizzazione del precariato. Lo si può aiutare con la riduzione del carico fiscale sulle aziende e con incentivi all'assunzione e alla stabilizzazione. Lo si può finanziare con il ripristino di una tassa di successione che non escluda i patrimoni societari.


L'obiettivo della crescita e della coesione sociale passa per un riconoscimento alle Regioni ed alle Autonomie Locali della loro funzione: welfare è sviluppo e gli investimenti li produce il territorio.


Per questo con loro occorre ragionare di qualificazione e stabilizzazione del lavoro pubblico e di qualificazione dei servizi pubblici locali. Non in una logica di privatizzazione e smantellamento, come sembra indicare Confindustria, ma di riorganizzazione e concentrazione.


Il potenziamento e la qualificazione del trasporto pubblico locale può rappresentare una filiera con cui modernizzare intere aree, sfruttare le capacità tecnologiche e industriali nazionali, produrre, difendere e favorire l'occupazione e la mobilità dei cittadini. Per fare ciò sono necessarie risorse adeguate, politiche mirate e coinvolgimento delle istituzioni locali, di tutti gli operatori locali e nazionali. In materia di Tpl proponiamo alle Regioni che svolgano una funzione di indirizzo e pianificazione costituendo un'unica società integrata per ogni Regione.


La crescita è possibile solo in una logica unitaria che assuma l'emergenza meridionale come priorità assoluta. La crisi minaccia interi settori produttivi e può produrre la deindustrializzazione di intere Regioni (a partire dalla Campania, dalla Sardegna e dalla Sicilia). La latitanza del Governo su questo tema è stata scandalosa e ha concorso al declino e al degrado del Paese. La responsabilità di una classe dirigente impone che le grandi imprese nazionali si facciano promotrici di un disegno che produca la difesa degli insediamenti e nuovi investimenti nel Mezzogiorno. Finmeccanica ed Eni sono chiamate a "fare la loro parte" di grandi gruppi a controllo pubblico con responsabilità sociali oltre che interessi aziendali cui rispondere, senza cedere a nessun richiamo di secessione nel Paese.


Quest'idea di Crescita presuppone occupazione stabile e qualificata, nonché un sistema di diritti e regole certe; facendo la nostra parte abbiamo definito l'accordo interconfederale del 28 giugno. Per lo stesso motivo siamo impegnati a cancellare l'articolo 8 della manovra, emblematico della negazione dello sviluppo da parte del Governo che pensa si possa cancellare il Diritto del Lavoro.


Il Segretario Generale della Cgil

Susanna Camusso

UDU CATANIA: COMUNICATO STAMPA

- 30 Settembre 2010 -

Il Sindacato studentesco UDU invita le categorie della Cgil Ct a partecipare all’iniziativa “l’università che vogliamo”, che si terrà in data 1 ottobre alle ore 10, in Piazza Università. Per l’occasione verrà allestito un manifesto di 100 metri quadrati, dove gli studenti e tutta la comunità accademica avranno la possibilità di esprimere in modo creativo le proprie idee e proposte sul mondo del sapere e della conoscenza. L’iniziativa ha carattere nazionale e si svolgerà in contemporanea di fronte ai rettorati dei principali Atenei italiani: tutti i manifesti realizzati verranno in seguito esposti a Roma in occasione della manifestazione conclusiva.

Riteniamo fondamentale la battaglia che la Cgil conduce a fianco degli universitari per la difesa dei diritti degli studenti e dei lavoratori all’Università; siamo inoltre fermamente convinti che la lotta per l’accesso democratico al sapere rappresenti il perno della battaglia sociale e generazionale di milioni di giovani, che rivendicano il proprio diritto al futuro: auspichiamo pertanto una partecipazione rinnovata di studenti e lavoratori alle mobilitazioni in difesa del mondo del sapere e conseguentemente del più vasto scenario sociale del nostro paese.


Fabio Tasinato

Coordinatore UDU CT

28 settembre 2011

26 SETTEMBRE 2011: CHIUSURA PROCEDURA DI RAFFREDDAMENTO ALTRE OO.SS.- SLP CISL, UILPOST, SAILP E UGL NON SI PRESENTANO AL TAVOLO

In data 26 settembre 2011 si è tenuto l’incontro con Poste Italiane S.p.A. che chiude la procedura di raffreddamento prevista dell’art. 17, lett. B), punto 3), CCNL 14 aprile 2011, attivata da SLP CISL, UILPOSTE, SAILP-COM e UGL-COM in data 14 settembre u.s. avente come oggetto Servizi Postali e Mercato Privati.

Come è noto, per effetto di quanto previsto dalla norma contrattuale sopra citata, gli effetti dell’apertura di un conflitto si estendono anche alle altre OO.SS. firmatarie del Contratto, motivo per cui, pur non condividendo il percorso adottato dalle 4 OO.SS., a seguito di regolare convocazione aziendale sul tema in oggetto, ricevuta in data 20 settembre u.s., la SLC CGIL era presente al tavolo, onorando anche in quella sede il suo impegno di rappresentanza.

Abbiamo tuttavia appurato, con grande stupore, che inspiegabilmente i promotori del conflitto, SLP CISL, UILPOSTE, SAILP-COM e UGL-COM non erano presenti, decidendo così di “abbandonare il campo”.

Al di là del giudizio politico sulla scelta dei 4 di proclamare uno sciopero prima di aver esperito per intero il tentativo di conciliazione previsto dal contratto, che risultava non essere ancora concluso, (conferma ne è il fatto che nessuna revoca dell’incontro era pervenuta da parte aziendale), pur in assenza del verbale, che l’azienda si è rifiutata di redigere, possiamo affermare che da oggi è formalmente conclusa la procedura di raffreddamento.

La SLC CGIL ha infatti ritenuto giusto, anche in una fase difficile per le relazioni sindacali come quella attuale, rispettare l’autonomia e la sovranità dei soggetti che hanno aperto il conflitto, motivo per cui abbiamo dichiarato che a nostro avviso la discussione non poteva essere avviata e la procedura poteva ritenersi conclusa per “impraticabilità del tavolo”.

Questo “riassunto” di quanto è accaduto era dovuto, per onore della cronaca.

A questo punto, senza voler ulteriormente polemizzare, riteniamo sia arrivato il momento di voltare pagina.

Chiusasi ieri anche la procedura di raffreddamento delle altre OO.SS. l’azienda ha oggi l’opportunità di convocare un nuovo tavolo, auspichiamo ancora una volta unitario, per dare il via ad una fase nuova.

Abbiamo più volte ribadito che una discussione seria non poteva essere credibilmente affrontata in un unico incontro, ma che necessitava di un serrato confronto con l’obiettivo di affrontare strutturalmente, e non per spot, le questioni che gravano su SP e MP, senza tralasciare il tema degli appalti, le stabilizzazioni/interinali e gli altri argomenti che negli scorsi mesi sono stati oggetto delle nostre puntuali e costanti rivendicazioni e che, insieme all’avvio della trattativa per il Contratto di Settore non sono più rinviabili.

Questo dobbiamo alle lavoratrici ed ai lavoratori di Poste Italiane. Noi siamo pronti come sempre a fare la nostra parte.

La Segreteria Nazionale SLC CGIL


CGIL: STATUTO (APPROVATO AL XVI CONGRESSO - RIMINI 5-8 MAGGIO 2010)

La Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL) è un‟organizzazione sindacale generale di natura programmatica, unitaria, laica, democratica, plurietnica, di donne e uomini, che promuove la libera associazione e l‟autotutela solidale e collettiva delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti o eterodiretti, di quelli occupati in forme cooperative e autogestite, dei parasubordinati, dei disoccupati, inoccupati, o comunque in cerca di prima occupazione, delle pensionate e dei pensionati, delle anziane e degli anziani.

L‟adesione alla CGIL è volontaria.

Essa comporta piena eguaglianza di diritti e di doveri nel pieno rispetto dell‟appartenenza a gruppi etnici, nazionalità, lingua, orientamento sessuale, identità di genere, culture e formazioni politiche, diversità professionali, sociali e di interessi, dell‟essere credente o non credente.

Essa, inoltre, comporta l‟accettazione dei principi e delle norme del presente Statuto, in quanto assumono i valori delle libertà personali, civili, economiche, sociali, politiche e della giustizia sociale quali presupposti fondanti e fini irrinunciabili di una società democratica.

La CGIL è affiliata alla Confederazione Europea dei Sindacati (CES), alle cui corrispondenti strutture sono affiliate le Federazioni o Sindacati di categoria.

La CGIL, inoltre, è affiliata alla Confederazione Sindacale Internazionale (CSI) internazionale.


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CGIL: DELIBERE ATTUATIVE DELLO STATUTO

- Le Aree programmatiche congressuali -

1.3. Nel corso della prima seduta del Comitato direttivo eletto dal Congresso nazionale, e comunque entro due mesi dalla conclusione del Congresso nazionale, la/e mozione/i congressuale/i di minoranza potranno essere eventualmente confermate specificandone le caratteristiche.

Esse assumeranno la denominazione di “Aree programmatiche congressuali”.

Con la presentazione al Direttivo nazionale, le “Aree programmatiche congressuali” si intendono costituite in tutta l’organizzazione.

Gli appartenenti alla/e minoranza/e congressuale/i che non intendono aderire alle “Aree programmatiche congressuali” presentano la loro dichiarazione di non adesione negli organismi di appartenenza.

1.3.1. Alle “Aree programmatiche congressuali” e alle minoranze di cui sopra sono consentiti:

a) la piena agibilità delle sedi sindacali o, in casi eccezionali, di sedi convegnistiche diverse;

b) l’utilizzo degli strumenti interni di informazione;

c) l’accesso agli strumenti di informazione che implichi costi aggiuntivi, nelle modalità stabilite dalle Segreterie, compatibilmente con i vincoli finanziari;

d) il diritto di proposta per le sostituzioni negli organismi dirigenti inerenti alla propria area di riferimento.

1.3.2. Le iniziative interne ed esterne delle “Aree programmatiche congressuali” dovranno preventivamente essere concordate con la Segreteria di riferimento, ai fini delle compatibilità finanziarie.

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24 settembre 2011

Slc Cgil: Riprendiamoci la Rai, riprendiamoci il contratto nazionale

La Slc, da subito, inizierà un percorso democratico e assembleare in tutte le sedi.

La scelta era già stata annunciata dopo l’accordo sui Td di luglio 2011. Oggi, le distanze tra organizzazioni sindacali (a dire il vero non solo in azienda), l’indisponibilità aziendale a definire la novazione del Contratto Nazionale, la condizione del paese con ciò che la finanziaria implica dal punto di vista economico e di perdita di diritti e l’esigenza di una rappresentanza sindacale riconosciuta e rinnovata, il pesantissimo contesto aziendale: sperperi, scelte di palinsesto remissive, scelte industriali prive di ogni razionalità , non da ultimo l’annunciato taglio della terza edizione della Tgr, impongono un percorso complesso che deve necessariamente partire dal confronto con chi rappresentiamo.


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22 settembre 2011

Conflitto su PDR in Poste Italiane: La coerenza paga, questa volta anche economicamente!

- Roma, 22 settembre 2011-

Dopo un serrato confronto tra organizzazioni sindacali e azienda, nella giornata di ieri alle ore 21:30, la nostra organizzazione sindacale insieme al FAILP CISAL, ha siglato l’intesa con la quale si chiude positivamente la procedura di raffreddamento e conciliazione aperta dalla SLC CGIL in data 13 u.s.

Con l’intesa si restituisce ai Lavoratori l’anticipo del PDR del 2011 non erogato nel mese di settembre, un importo pari a 935 euro medi che verranno pagati con la busta paga di ottobre. Si stabilisce inoltre che a partire dal 26 Settembre proseguirà il confronto sul rinnovo dell’impianto complessivo del PDR per il triennio 2011/2013, che a nostro avviso deve partire dal recupero del saldo del 2010 e deve approdare ad una congrua rivalutazione economica per il prossimo triennio.

Questa è la risposta concreta che diamo alle Lavoratrici e ai Lavoratori che non potevano più “pagare” di tasca loro per gli effetti prodotti dalle strumentalizzazioni che hanno paralizzato, in questi mesi, il sistema delle relazioni industriali in Poste Italiane.

La nostra scelta di aprire il conflitto solo sul PDR è stata dettata da grande senso di responsabilità ma, soprattutto, dimostra, ancora una volta, che la nostra Organizzazione Sindacale rimane ancorata alle questioni di merito che riguardano le Lavoratrici e i Lavoratori e che poco si appassiona alle questioni che riguardano le nomine dei vertici aziendali.

Su questi ultimi è giusto che le organizzazioni sindacali diano un giudizio riferito all’operato, cosa diversa è pensare di determinare le scelte che qualsiasi azienda compie rispetto alla struttura di cui intende dotarsi.

Noi continuiamo a pensare che il sindacato sia e debba essere controparte, e in quanto tale non possa entrare in processi che riguardano la vita propria dell’azienda.

Invece, incomprensibilmente per noi, la SLP CISL e la UILPOSTE, con SAILP-COM e UGL-COM hanno rotto il tavolo sui temi che fanno parte del dibattito di tutti i giorni, ma che al momento non possono costituire in maniera strumentale rotture.

Da mesi, denunciamo cosa non va nelle diverse articolazioni di Poste Italiane, da SP a MP, senza dimenticare gli appalti, le stabilizzazioni degli interinali e dei tempi determinati, e l’elenco potrebbe continuare ancora.

Scoprire che qualcuno l’ha capito solo adesso è disarmante.

La verità è che si è smarrito il senso della rappresentanza sindacale.

Lo scontro di queste settimane non riguarda i Lavoratori, ma la prerogativa di continuare in una politica di cogestione malata dell’azienda.

Siamo preoccupati dal fatto che mentre nel Paese si cerca faticosamente di ricostruire un rapporto costruttivo tra CGIL , CISL e UIL, alle Poste questo non sembra essere possibile.

Adesso ci aspetta un’altra grande sfida: quella di lavorare per la costruzione del Contratto di settore. Speriamo che almeno su questo punto le 4 organizzazioni sindacali che ieri non hanno siglato l’intesa che restituisce il maltolto ai lavoratori facciano una riflessione seria, presentandosi al tavolo che nei prossimi giorni verrà convocato, rendendosi conto che per ritrovare la perduta sobrietà è necessario ricordarsi perché si fa questo “mestiere”.


La Segretaria Nazionale


21 settembre 2011

Accordo sui contratti, schiaffo al governo

- di Paolo Andruccioli -

Il valore da salvaguardare è l'autonomia delle parti. Lo ha ribadito questa mattina (21 settembre) il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, subito dopo avere firmato l'intesa con Confindustria, Cisl e Uil che conferma la validità dell'accordo interconfederale del 28 giugno su rappresentanza ed esigibilità dei contratti. Susanna Camusso ha detto però anche qualcosa di più. Rispondendo alle domande dei giornalisti che le chiedevano se ora le iniziative previste dalla Cgil contro l'articolo 8 della manovra economica verranno annullate, la leader della Cgil ha detto: "Assolutamente no".

L'obiettivo della Cgil rimane dunque valido e chiaro: cancellare l'articolo 8 della manovra che nella sostanza si pone in alternativa all'accordo del 28 giugno e quindi ora anche alla sua ratifica di oggi. E siccome le parti ribadiscono che il valore principale e fondante della contrattazione e delle relazioni sindacali in Italia rimane appunto l'autonomia dei soggetti, l'articolo 8 deve essere eliminato, nonostante le rassicuranti dichiarazioni di un ministro del welfare che dice di apprezzare la firma dell'intesa tra sindacati e Confindustria. Una specie di capolavoro di diplomazia politica (anzi politichese).

Ma mentre il ministro cerca di rimescolare come può le sue carte, gli industriali e i sindacati confederali oggi hanno ribadito con chiarezza la loro posizione (unitaria) su questi temi. Hanno fatto una scelta precisa. Ora risulta difficile utilizzare l'articolo 8 perché si tratterebbe di intervenire – di forza – su una materia su cui le parti già si sono accordate.

Per la Cgil, dunque, gli obiettivi rimangono due. Il primo – come ha appunto spiegato subito Susanna Camusso – riguarda la cancellazione dell'articolo 8 con una battaglia che se non dovesse ottenere un successo prima si concluderà nelle aule della Corte Costituzionale. Il secondo obiettivo riguarda l'estensione dell'intesa firmata oggi anche a tutte le altre organizzazioni, Confapi, artigianato, mondo della cooperazione. D'altra parte le relazioni industriali riguardano tutti. Così deve valere per le regole che le orientano. E detto per inciso: l'accordo del 28, ratificato oggi, introduce per la prima volta - a proposito di regole - il principio della misurazione della rappresentanza sindacale effettiva. Si può barare con le parole. Non con la democrazia.

"Diritto al futuro" - Un bonus alle aziende che li assumono -

- Precari:

Un incentivo di 5mila euro per favorire il passaggio al tempo indeterminato. Ecco tutti i requisiti. L'iniziativa è rivolta appunto ai giovani genitori che hanno una condizione lavorativa di precariato. Già da settembre le aziende potranno usufruire di un bonus di 5mila euro, in caso di assunzione di questi lavoratori svantaggiati.

Il sostegno arriva nell'ambito del pacchetto di iniziative denominato "Diritto al futuro", concepito dal Ministero della Gioventù, dall'Abi e dall'Inps. È proprio quest'ultima ad aver istituito la Banca dati per l'occupazione dei giovani genitori, a cui possono iscriversi i giovani genitori di figli minori, in cerca di un occupazione stabile. L'incentivo è riconosciuto per l'assunzione a tempo indeterminato oppure per la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a tempo determinato. Ecco i requisiti: età non superiore a 35 anni; essere genitori di figli minori – legittimi, naturali o adottivi – ovvero affidati di minori; essere titolari di uno dei seguenti rapporti di lavoro: lavoro subordinato a tempo determinato, lavoro in somministrazione, lavoro intermittente, lavoro ripartito contratto di inserimento, collaborazione a progetto o occasionale, lavoro accessorio, collaborazione coordinata e continuativa, essere disoccupati, ma iscritti presso un centro pubblico per l'impiego. Le iscrizioni potranno essere effettuate sul sito dell'Inps a partire dalla data di pubblicazione di un avviso a cura dell'ente previdenziale sulla Gazzetta Ufficiale.

www.millionaire.it

Cgil, Cisl e Uil hanno firmato in via definitiva l'accordo sui contratti dello scorso 28 giugno

- 21 settembre 2011 -

ROMA - Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno firmato in via definitiva l'accordo sui contratti dello scorso 28 giugno. Alla firma hanno partecipato la presidente degli industriali Emma Marcegaglia e i tre segretari generali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.

Con la firma definitiva ''abbiamo ribadito che la contrattazione e' materia dell'autonomia delle parti e non del governo', ha affermato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Si tratta, ha spiegato Camusso al termine dell'incontro, ’dell'impegno formale all'applicazione dell'accordo del 28 giugno'' dopo le disposizioni previste in materia di rapporti di lavoro dall'articolo 8 della manovra del governo. La firma dell'accordo definitivo del 28 giugno ''e' un fatto importante che fuga ogni preoccupazione e distorsione che c'e' stata in seguito, hanno dichiarato all'unisono il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, e quello della Uil, Luigi Angeletti, al termine dell'incontro tra Confindustria e sindacati. L'accordo è stato firmato in via definitiva anche dall'Ugl con il segretario generale Giovanni Centrella.


LEGGI ACCORDO FIRMATO...


Malattia a causa datore di lavoro: ripartizione dell’onere probatorio tra datore di lavoro e lavoratore

(Cassazione, sez.lav. 10 gennaio 2011 n.306 - Avv. Adriana Pignataro)

La responsabilità del datore di lavoro ex art.2087 c.c. è di natura contrattuale, quindi, come prescrive detta norma, deve dimostrare di aver adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, la esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro; per contro il lavoratore deve provare il danno alla salute subito ed il nesso tra questo e l’ambiente di lavoro. La sentenza appare interessante in quanto chiarisce la natura della responsabilità gravante sul datore di lavoro ex articolo 2087 c.c ribadendo che è di natura contrattuale ed escludendo che trattasi di responsabilità oggettiva come aveva paventato la Corte di merito di Milano, ma nello stesso tempo, corregge i giudici di merito che avevano posto illegittimamente dei limiti all’onere probatorio gravante sul datore di lavoro.

Secondo la Corte di Milano “non esisterebbe un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare qualsiasi danno” in quanto ciò comporterebbe che il datore di lavoro sarebbe da ritenere responsabile ogni volta che il danno ci sia comunque stato. I giudici, da tali considerazioni, fanno derivare il convincimento che spetti, invece, al lavoratore provare che il datore di lavoro ha violato le misure di prevenzione idonee ad evitare il danno.

In sostanza la Corte di merito ha invertito l’onere di prova e la Suprema Corte lo ha prontamente rilevato.

Il datore di lavoro, proprio in quanto trattasi di responsabilità contrattuale, deve dimostrare che l’inadempimento delle sue obbligazioni è stato determinato da causa a lui non imputabile (art.1218 c.c.) e nella specie, provare di aver adottato tutte le cautele che sono necessarie ad impedire il verificarsi del danno, così come prescrive la norma di cui al citato art. 2087 c.c. Se così non fosse, si escluderebbe qualsiasi onere probatorio a carico dell’imprenditore, come rilevato dalla Corte di Cassazione, altro che responsabilità oggettiva del datore di lavoro! Sarebbe il riconoscimento di impunità.

Per contro, come precisa la Cassazione, il lavoratore deve anche lui provare alcuni elementi fondamentali della sua domanda di risarcimento.

Spetta, infatti, a lui dimostrare l’esistenza del danno alla sua salute ed il nesso causale con il lavoro svolto ovvero la natura professionale della malattia.

Va, infine osservato che la decisione della Cassazione, si riferiva, in particolare, alla domanda del lavoratore di risarcimento del danno morale non indennizzabile dall’Inail e che per i suddetti motivi era stata rigettata dalla Corte di merito.

Si coglie, quindi, l’occasione per considerare che implicitamente la sentenza ha riconosciuto la rilevanza penale della norma ex art. 2087 c.c. dalla cui inosservanza scaturisce il diritto al risarcimento del danno morale. In effetti, la violazione delle misure di sicurezza prescritte dal la citata norma, costituisce reato.

Cassazione: no al licenziamento per abbandono del posto di lavoro

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18955 del 16 settembre 2011, ha affermato che il lavoratore, che abbandona il posto di lavoro in preda ad un attacco d'ira, non può essere licenziato poichè tale comportamento di per sè non costituisce giusta causa di recesso. Nel caso di specie la Corte d'Appello ha ritenuto che il comportamento del lavoratore non potesse essere considerato come "grave insubordinazione" o comportamento arrecante un pregiudizio tale da consistere in una violazione dei doveri fondamentali e quindi da poter costituire, si per sè, giusta causa di recesso. La Suprema Corte, nel disporre la reintegra dell'operaio licenziato, ha precisato che la previsione della sanzione espulsiva nel codice disciplinare aziendale, presupponeva la pubblica affissione dello stesso all'interno dei locali dell'impresa e doveva considerarsi indispensabile, essendo la condotta del lavoratore violatrice non di generali obblighi di legge ma di puntuali regole di comportamento negozialmente previste. La Suprema Corte ha sottolineato inoltre che dalla contrattazione collettiva l'abbandono del posto di lavoro senza giustificato motivo è valutato sanzionabile al più con l'ammonizione, una multa o la sospensione.

Telecom Italia: Gravi defezioni riguardante lo stress da lavoro correlato ed i ritmi e controlli dei call center.

Questo quanto emerso giorno 14 settembre 2011 dalla relazione fatta da Laganà Giuseppe a nome del CPSST Sud.

Tutto già evidenziato e denunciato ai responsabili di tutt' Italia nei mesi precedenti con comunicati ed incontri che non hanno risolto nulla, anzi hanno stimolato la cattiveria e la pochezza interiore di alcuni dirigenti che come se non bastassero gli enormi disagi dei lavoratori hanno pure messo in discussione le inidonietà parziali facendo un gravissimo attacco alla dignità umana ed un atto di forza su quanto scritto dai medici di fabbrica smentendoli pure nelle prescrizioni.

Una pagina molto squallida e triste scritta in questo anno da Telecom Italia che ha costretto alcuni lavoratori a rivolgersi e consigliarsi direttamente a magistrati e giuslavoristi per chiarire la posizione imbarazzante in cui è stata messa l'Azienda da parte di (I)responsabili che pur avendo chiara la filosofia generale del management vero (quello che conta) è riuscita a mettere in ridicolo la Proprietà smentendo tutti quei progetti creati sia dall'Amministratore Delegato che dalle Risorse Umane che dovevano garantire il giusto equilibrio tra lavoro, famiglia e tempo libero, ma sopratutto salvaguardare quello che è il bene primario per eccellenza:" la salute fisica, psichica e mentale dei lavoratori".

Un confronto che questa volta andrà al di la dei punti intemedi che si trovano nei territori ed a Napoli ma si rivolgerà alla testa di un acqua che forse non è neppure a conoscenza di certi comportamenti deplorevoli e che non tengono conto di nessun parametro ne giuridico ne morale.

Un ringraziamento doveroso va a tutte le RLS che come sempre si sono dimostrate corrette, puntuali nel loro lavoro ed oneste nell'evidenziare le palesi storture e nell'invitare l'Azienda, anzi, alcuni uomini di azienda a riflettere sulle criticità rilevate e messe all'ordine del giorno:

- Stress da lavoro correlato

- Documento di valutazione rischi

- Call Center (ritmi, controlli)

- Centrali e Stazioni Radio Base (pulizia e microclima)

- Parco Auto sociali

- Completamento della Formazione degli RLS


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20 settembre 2011

Nelle Piattaforme per il rinnovo dei CCNL nuove norme a salvaguardia del diritto del lavoro

- 20 settembre 2011 -

Quando una fonte, che disciplina il rapporto di lavoro, è gerarchicamente sovraordinata rispetto ad un'altra, la fonte inferiore (il contratto individuale rispetto al CCNL e il CCNL rispetto alla legge) possa derogare a quella superiore solo a condizione che sia più favorevole al lavoratore (derogabilità in melius) e mai se sfavorevole (inderogabilità in peius).

Fatta questa semplice premessa emerge l'abomio che potrebbe determinarsi per l'applicazione del vergognoso art 8 della manovra finanziaria.

Per fare d ue esempi:


1) anche se chi ha provveduto a scrivere l'art 8 c.2 lettera a) relativo agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie intendeva liberare le mani alle aziende che intendevano controllare a distanza i propri dipendenti, in virtù dei principi di cui sopra in grassetto , consegna nei fatti a chi si vuole opporre al controllo gli strumenti per una buona azione legale contro i controlli.


2) lettera e) ...alle conseguenze del recesso del rapporto di lavoro. Anche in questo caso viene fuori l'abominio ideologico partorito da chi ha scritto la norma.


Comunque, a mio avviso, sin da subito e per ogni singola piattaforma contrattuale in corso di discussione si potrebbe sottoporre alle parti l'inserimento di una clausola contrattuale attraverso la quale" le parti si impegnano a non fare ricorso, per i diversi livelli di contrattazione, alle misure previste dall'art. 8 della legge finanziaria 2011"


Ci si dovrebbe provare per due distinte ragioni 1) in sede di negoziato ognuna delle sigle trattanti dovrebbe assumersi le proprie responsabilità di fronte all'intera delegazione;

2) se l'inserimento va a buon fine, si pone rimedio ad un ignobile tentativo di sovvertimento delle norme di legge e dei principi che stanno alla base della nostra legislazione.

di Luca Pancaldi

RLS CPAT: Verbale di Riunione del 14-09-2011

- VERBALE DI INCONTRO -

14 settembre 2011

Si è svolto giorno 14 settembre 2011 a Napoli presso la sede Telecom del CDN Isola B/1, l’incontro annuale tra Comitato Paritetico Territoriale Sicurezza e Salute Sud di parte Sindacale ed i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Sud, previsto dall’accordo del 5 Febbraio 2009.

Alla riunione era presente il collega Gavino Appeddu in rappresentanza unitaria del Comitato Paritetico Sicurezza e Salute Nazionale. La relazione fatta dal collega Laganà Giuseppe a nome del CPSST Sud sulla traccia degli argomenti messi all’ordine del giorno:

- Stress da lavoro correlato

- Documento di valutazione rischi

- Call Center (ritmi, controlli)

- Centrali e Stazioni Radio Base (pulizia e microclima)

- Parco Auto sociali

- Completamento della Formazione degli RLS

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19 settembre 2011

Lavori usuranti D.Lgs. n. 67/2011 – Nota sulle prime indicazioni operative emanate da Ministero del Lavoro

Il decreto interministeriale che deve stabilire le modalità attuative in merito al riconoscimento dei benefici per i lavori usuranti, decreto che doveva essere emesso entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 67/2011 (26 maggio 2011), non è ancora stato emanato. Il Ministero del lavoro, in attesa del predetto decreto “attualmente in corso di perfezionamento,” ha dato le prime indicazioni operative sulla questione con la circolare n. 22 del 10 agosto.

Con questa circolare la Direzione Generale per le Politiche Previdenziali e quella per l’Attività Ispettiva forniscono le prime indicazioni operative per l’accesso anticipato al pensionamento in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti individuati dal D.Lgs 67/2011. In attesa della definizione della disciplina sulle modalità attuative del provvedimento, il Ministero ritiene necessario fornire indicazioni operative rivolte in particolare a coloro che sono tenuti a trasmettere la domanda di accesso al beneficio entro il 30 settembre 2011. La circolare specifica le categorie di lavoratori interessati, le condizioni per l’esercizio del diritto, la misura del beneficio, la documentazione necessaria, l’istruttoria delle domande, gli obblighi comunicazionali e l’attività di accertamento.


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Cassazione Catania: Se la contestazione degli addebiti non è tempestiva il licenziamento è illegittimo

Il “principio della immediatezza” della contestazione di addebiti nei confronti del lavoratore trova fondamento nella legge_300_1970, art. 7, che riconosce al lavoratore incolpato il diritto di difesa, diritto da garantirsi nella sua effettività, soprattutto, in relazione a una contestazione a immediato ridosso dei fatti contestati, sì da poter consentire al lavoratore di mettere a punto il materiale difensivo per contrastare in modo efficace il contenuto delle accuse rivoltegli dal datore di lavoro.

In giurisprudenza, l’applicazione di tale principio è stata “temperata” nel senso che si è intesa l’immediatezza della contestazione dell’addebito in un’accezione “relativa” ritenendo la stessa compatibile con un intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal prestatore di lavoro. L’immediatezza si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, proprio perché la tardività della contestazione e del provvedimento di recesso induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento, ritenendo non grave o non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore. In altri termini, la tempestività della reazione del datore di lavoro all’inadempimento del lavoratore riveste un particolare rilievo in quanto, quando si tratti di licenziamento per giusta causa, il tempo trascorso tra l’accertamento del fatto attribuibile al lavoratore e la successiva contestazione e intimazione di licenziamento disciplinare può, in concreto, indicare l’assenza del requisito dell’incompatibilità del fatto contestato con la prosecuzione del rapporto di lavoro e essere, quindi, sintomatico della mancanza d’interesse all’esercizio del diritto potestativo di licenziare. Tale considerazione va, tuttavia, integrata con il rilievo secondo cui il requisito della immediatezza deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, di lunghezza variabile, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano il ritardo. La discrezionalità del giudice nel valutare il carattere della tempestività della contestazione disciplinare deve svolgersi nell’ambito dei presupposti alla base del principio dell’immediatezza, ossia del riconoscimento del pieno e effettivo diritto di difesa garantito ex lege al lavoratore e del comportamento datoriale secondo buona fede. Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 18772/2011. Il caso. Un lavoratore viene demansionato e poi licenziato. Licenziamento disciplinare. Il lavoratore impugna il licenziamento e contesta la legittimità del demansionamento. Il Tribunale di Catania dichiara l’illegittimità del denunciato mutamento in peius delle mansioni del ricorrente, condannando la società datrice di lavoro al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno subito dal lavoratore. Il Tribunale dichiara altresì l’illegittimità del licenziamento, in quanto privo di giusta causa e/o giustificato motivo, ordinando alla società di procedere alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro nelle mansioni dallo stesso disimpegnate prima del mutamento delle mansioni. La Corte di Appello conferma la pronuncia di primo grado. La società datrice di lavoro promuove ricorso per Cassazione. La ricorrente censura la sentenza di appello per aver il giudice fatto erronea applicazione del riparto dell’onere probatorio in tema di eccezione della intempestività del licenziamento e lamentando la carenza logica e/o motivazionale della sentenza impugnata, con riferimento all’esercizio dello ius variandi esercitato dalla stessa ricorrente. Censure infondate. La Corte di Appello, con argomentazione giuridicamente corretta, congrua e logica e, pertanto, esente dai vizi prospettati, ha ritenuto la tardività delle contestazioni affermando che, se anche il principio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, tenuto conto della specificità dell’illecito disciplinare, nonché del tempo per espletare le indagini, non può procrastinarsi per un tempo eccessivo l’esercizio del potere disciplinare, tanto da rendere al dipendente impossibile l’esercizio del diritto di difesa. la Corte d’Appello con motivazione congrua ha fatto, altresì, corretta applicazione del principio secondo cui in ragione dell’art. 2103 c.c., che sancisce: “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”, non vi è alcun obbligo per il datore di lavoro di tener ferme le mansioni di assunzione, ma in caso spostamento a altre mansioni, vi è obbligo di adibire il dipendente a mansioni equivalenti, da intendersi non solo nel senso di pari valore professionale delle mansioni stesse, considerate nella loro oggettività, ma anche quale attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l’arricchimento del patrimonio professionale dal lavoratore acquisito nella pregressa fase del rapporto, precisandosi, inoltre, che il divieto di variazioni in pejus (demansionamento) opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, per cui nell’indagine in merito a tale equivalenza non è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente in modo tale da salvaguardarne il livello professionale acquisito e da garantire lo svolgimento e l’accrescimento delle sue capacità professionali, con le conseguenti possibilità di miglioramento professionale, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacità di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.

Cassazione penale sez. VI, 15 aprile n. 20326: Usare facebook durante l'orario di lavoro può comportare sanzioni disciplinari

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Usare facebook durante l'orario di lavoro può comportare sanzioni disciplinari sia nel settore pubblico sia privato. Si può arrivare fino al licenziamento se la connessione è ripetuta e implica un calo nel rendimento e nella prestazione lavorativa complessiva.

Legalmente non esiste un limite quantitativo che fa scattare la perdita del posto. Si può andare da da licenziamenti leciti irrogati per accessi ripetuti di oltre due ore al giorno, fino a collegamenti di mezz'ora al giorno, se monitorati per un lungo periodo.

L'utilizzo dei social network è più insidioso. Le sanzioni, sul piano teorico, possono scattare anche se il profilo è inattivo, ma tenuto costantemente aperto sul pc aziendale.

Il sistema di notifiche e l'avviso dei messaggi in arrivo possono distrarle ripetutamente il lavoratore, dando luogo a condotte sanzionabili. Per i dipendenti pubblici il rischio è maggiore.

A Forlì quest'anno cinque dipendenti pubblici sono stati indagati per peculato per aver usato facebook durante l'orario di lavoro. Non importa che il lavoratore abbia con la sua condotta comportato un danno patrimoniale all'ente pubblico di appartenenza perché oggetto di tutela è il buon andamento della pubblica amministrazione, che può essere compromesso anche da un uso privato degli strumenti informatici a disposizione (Tra le tante, v. Cassazione penale sez. VI, 15 aprile n. 20326).

17 settembre 2011

Call Center: A rischio non è solo il lavoro in Italia ma anche la privacy

Vite in standby nei call center di tutta Italia. Di quest’universo composto, per lo più, da donne under-40 laureate e precarie, hanno parlato film, documentari, libri e inchieste giornalistiche. Guadagnano meno di mille euro al mese. Fanno orari massacranti. Eppure rischiano di vedersi soffiare il posto da «colleghi» albanesi, romeni e tunisini che parlano un italiano più stentato ma costano molto meno. E l'ultima frontiera del precariato, la delocalizzazione dei call center.

A mettere a rischio il settore sono i repentini fallimenti e cessioni di rami d’azienda dei call center in outsourcing. «La Slc-Cgil ha chiesto di legare i contratti alle commesse – spiega la Treossi - cosicché se l’azienda fallisce o viene ceduta, i lavoratori continueranno a svolgere le stesse mansioni, ma saranno pagati da chi subentra».

IL «DUMPING» SALARIALE - Dietro alcuni fallimenti o cessioni, però, non si nasconde la crisi economica. Le società preferiscono delocalizzare il servizio in Paesi dove il salario costa meno (Albania, Romania e Tunisia appunto). Bisogna inserire una clausola sociale contro il dumping salariale nel contratto nazionale perché questa gara a ribasso non tutela né l’occupazione né la qualità del servizio.

In effetti, a rischio non è solo il lavoro in Italia (più costoso che altrove), ma anche la privacy. La nostra normativa è molto garantista sul trattamento dei dati personali ma non possiamo certo sapere se lo siano anche quelle albanesi, tunisine o romene. E non si tratta di un problema minore: molto spesso, al telefono forniamo dati sensibili come il numero della carta di credito o informazioni che riguardano la nostra salute».