Il “principio della immediatezza” della contestazione di addebiti nei confronti del lavoratore trova fondamento nella legge_300_1970, art. 7, che riconosce al lavoratore incolpato il diritto di difesa, diritto da garantirsi nella sua effettività, soprattutto, in relazione a una contestazione a immediato ridosso dei fatti contestati, sì da poter consentire al lavoratore di mettere a punto il materiale difensivo per contrastare in modo efficace il contenuto delle accuse rivoltegli dal datore di lavoro.
In giurisprudenza, l’applicazione di tale principio è stata “temperata” nel senso che si è intesa l’immediatezza della contestazione dell’addebito in un’accezione “relativa” ritenendo la stessa compatibile con un intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal prestatore di lavoro. L’immediatezza si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, proprio perché la tardività della contestazione e del provvedimento di recesso induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento, ritenendo non grave o non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore. In altri termini, la tempestività della reazione del datore di lavoro all’inadempimento del lavoratore riveste un particolare rilievo in quanto, quando si tratti di licenziamento per giusta causa, il tempo trascorso tra l’accertamento del fatto attribuibile al lavoratore e la successiva contestazione e intimazione di licenziamento disciplinare può, in concreto, indicare l’assenza del requisito dell’incompatibilità del fatto contestato con la prosecuzione del rapporto di lavoro e essere, quindi, sintomatico della mancanza d’interesse all’esercizio del diritto potestativo di licenziare. Tale considerazione va, tuttavia, integrata con il rilievo secondo cui il requisito della immediatezza deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, di lunghezza variabile, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano il ritardo. La discrezionalità del giudice nel valutare il carattere della tempestività della contestazione disciplinare deve svolgersi nell’ambito dei presupposti alla base del principio dell’immediatezza, ossia del riconoscimento del pieno e effettivo diritto di difesa garantito ex lege al lavoratore e del comportamento datoriale secondo buona fede. Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 18772/2011. Il caso. Un lavoratore viene demansionato e poi licenziato. Licenziamento disciplinare. Il lavoratore impugna il licenziamento e contesta la legittimità del demansionamento. Il Tribunale di Catania dichiara l’illegittimità del denunciato mutamento in peius delle mansioni del ricorrente, condannando la società datrice di lavoro al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno subito dal lavoratore. Il Tribunale dichiara altresì l’illegittimità del licenziamento, in quanto privo di giusta causa e/o giustificato motivo, ordinando alla società di procedere alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro nelle mansioni dallo stesso disimpegnate prima del mutamento delle mansioni. La Corte di Appello conferma la pronuncia di primo grado. La società datrice di lavoro promuove ricorso per Cassazione. La ricorrente censura la sentenza di appello per aver il giudice fatto erronea applicazione del riparto dell’onere probatorio in tema di eccezione della intempestività del licenziamento e lamentando la carenza logica e/o motivazionale della sentenza impugnata, con riferimento all’esercizio dello ius variandi esercitato dalla stessa ricorrente. Censure infondate. La Corte di Appello, con argomentazione giuridicamente corretta, congrua e logica e, pertanto, esente dai vizi prospettati, ha ritenuto la tardività delle contestazioni affermando che, se anche il principio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, tenuto conto della specificità dell’illecito disciplinare, nonché del tempo per espletare le indagini, non può procrastinarsi per un tempo eccessivo l’esercizio del potere disciplinare, tanto da rendere al dipendente impossibile l’esercizio del diritto di difesa. la Corte d’Appello con motivazione congrua ha fatto, altresì, corretta applicazione del principio secondo cui in ragione dell’art. 2103 c.c., che sancisce: “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”, non vi è alcun obbligo per il datore di lavoro di tener ferme le mansioni di assunzione, ma in caso spostamento a altre mansioni, vi è obbligo di adibire il dipendente a mansioni equivalenti, da intendersi non solo nel senso di pari valore professionale delle mansioni stesse, considerate nella loro oggettività, ma anche quale attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l’arricchimento del patrimonio professionale dal lavoratore acquisito nella pregressa fase del rapporto, precisandosi, inoltre, che il divieto di variazioni in pejus (demansionamento) opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, per cui nell’indagine in merito a tale equivalenza non è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria, ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente in modo tale da salvaguardarne il livello professionale acquisito e da garantire lo svolgimento e l’accrescimento delle sue capacità professionali, con le conseguenti possibilità di miglioramento professionale, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacità di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.